Parte 31
Kageyama's POV
Restiamo ancora un po' distesi, l'uno di fianco all'altro.
Ci rivestiamo dei soli indumenti intimi, per poi rimetterci nuovamente sdraiati sul letto.
Il senso di euforia in me, non è ancora svanito del tutto.
Pare che fare sesso con te sia stato un toccasana anche per il mio mal di testa post sbornia.
Tu, in tutto ciò, non riesci a smettere di ridere.
-Ma si può sapere perché ridi?-
Non riesco a trattenermi neanche io, il tuo viso divertito e la tua risata soffocata sono contagiosi.
Vedo come strizzi gli occhi, ogni qual volta sorridi, ed è un dettaglio di te che mi ritrovo sempre a guardare.
-Ma ti ricordi quando eravamo soliti odiarci e bisticciare?-
Dici, voltandoti verso di me.
Io arrossisco, senza dire una parola.
-E adesso, ho avuto il tuo membro stretto stretto nel sedere.-
Riprendi a ridere mentre io nascondo il viso per la vergogna nel tuo cuscino.
Vorrei soffocarmi dentro il tessuto, per l'imbarazzo di quello che hai appena detto.
Se mi soffermo a pensare alla prima volta che ti ho visto, in quella palestra per il corridoio, posso ancora ricordare come ti guardai dall'alto in basso.
All'epoca ero ancora il Re altezzoso del Campo.
Ero estremamente infelice, pieno di rabbia e risentimento ed eccessivamente solo.
Mi torna alla memoria, come se mi stessi affacciando su uno specchio d'acqua tremolante, la mia patetica immagine riflessa.
Mi sentivo a pezzi dentro di me, nel guardarmi allo specchio quando tentavo invano di fare un sorriso.
Le mie giornate procedevano lunghe, monotone e solitarie, sempre uguali ogni giorno. Mi esercitavo alla pallavolo fino a quando i miei calli non prendevano a sanguinare e fin quando le mie braccia non avevano più forza per sollevarsi.
Quando ti rividi, il primo giorno di liceo al Karasuno, tutta la rabbia che mi suscitasti durante quella partita mi tornò a galla.
Volevo riversare su di te la mia frustrazione e solitudine.
Mi faceva male vederti così spensierato e felice.
Mi inorridiva il tuo essere così ottimista, pieno di energie e cordiale con tutti.
Cercavo in ogni modo di scoraggiarti, di aggredirti e di allontanarti, poiché non sopportavo la tua vista.
Più mi sforzavo di farlo e più tu non mollavi la presa.
Mi gironzolavi intorno, mi assordavi con la tua voce troppo alta, non mi davi un attimo di tregua per starmene da solo con i miei pensieri.
Eri un vulcano di energie in campo, non vedevi l'ora di schiacciare le mie alzate e di allenarti con me.
Non mi era mai successo che qualcuno volesse così tanto restare da solo con me, più del necessario.
Il mio orgoglio ne risentiva.
La mia arroganza vacillava.
La mia presunzione arretrava.
Fino al punto in cui non desideravo altro che tornare in palestra, per stare assieme a te.
Immaginavo sempre nuove strategie perché tu stavi inaspettatamente al mio passo.
Le nostre bisticciate divennero sempre meno frequenti e molto più spensierate.
Iniziai ad invidiare il tuo modo di fare, iniziai a sentirmi geloso quando ti vedevo dare attenzioni ad un'altra persona.
Ti ho sempre visto come un cagnolino scodinzolante, alla richiesta costante di interesse da parte degli altri. Eri sempre ben voluto, sempre ben accetto.
Non sapevo che in realtà ero io, alla disperata ricerca delle tue attenzioni.
Ero io che bramavo i tuoi occhi su di me.
Volevo che mi vedessi, volevo che mi dicessi che ero stato bravo.
Volevo distaccarmi dall'idea che tu potessi essere mio amico, per non restarne deluso, ma più provavo e più avevo bisogno della tua invadente presenza.
Il calore che emanavi, la luce di cui risplendevi, mi sembrava frutto della mia immaginazione.
Come può un essere umano essere così radioso?
Come faccio io, invece, ad essere così insensibile e malinconico?
Le cose tra di noi mutarono ancora.
Cercavi di dirmi qualcosa che non riuscivo a capire, spingevi nella mia direzione e io... ho avuto paura.
Avevo paura di lasciarmi andare e di accettare quel che provavi a dirmi.
Avevo paura di non sapere come fare a rispondere alle tue domande, poiché credevo che per me la pallavolo fosse tutto.
Credevo non ci fossero altre risposte.
Quando ho capito, dentro di me, che eri tu a dare un senso al mio gioco adesso ... io sono stato sopraffatto dal panico.
Ti ho ferito in molti modi, sono stato gelido con te, ho fatto nuovamente di tutto per allontanarti.
E tu sei rimasto, ancora una volta.
Sollevo lo sguardo dalla mia trincea di cuscini e ti osservo, mentre divertito imiti la mia faccia arrabbiata:
"Hinata idiota come ti permetti a dire queste cose inopportune." dici.
È esattamente una cosa che potrei dire, effettivamente.
Adesso non ho più paura Hinata.
Adesso so che esiste redenzione anche per la mia triste anima; so che, qualora dovessi smarrirmi tu resterai al mio fianco, indicandomi la via.
Eravamo soliti odiarci e poi ti ho baciato.
Eravamo soliti odiarci e adesso ho finito per fare l'amore con te.
Eravamo soliti odiarci mentre adesso...
-Hinata, sono sicuro di amarti.-
Tu smetti di ridere e mi guardi serio.
La tua bocca si apre e resta tale senza dire una sola parola.
Posso vedere come rapidamente le lacrime ti arrivano agli occhi e di come, senza che tu muova un muscolo, queste prendano a scorrerti sulle guance.
Leggo nei tuoi occhi una sincera felicità.
Non hai bisogno di rispondermi, anzi forse è meglio così.
Preferisco essere io, per una volta, a lasciarti senza parole.
La giornata riprende, come se si fosse semplicemente interrotta per noi.
Impavidi e sprezzanti del pericolo, decidiamo di farci una doccia assieme.
Molto rapida e molto stretta.
Non mi sono sprecato di baciarti nonostante tu mi implorassi semplicemente di sbrigarmi.
Ti vedevo iniziare a piegarti su te stesso.
Forse le tue natiche avevano preso a far male, tanto che a stento riuscivi a stare dritto.
Camminavi a gambe larghe e con piccoli passi.
Mi sentivo decisamente divertito per quella situazione, mentre tu mi sbraitavi addosso qualsiasi tipo di maledizione.
Mentre siamo in cucina a preparare il pranzo, tua madre si sveglia, seguita da Natsu che aveva decisamente dormito troppo.
La vedo correre nella tua direzione e saltarti addosso.
Non riesco a trattenere una risata quando tu, con le lacrime agli occhi accusi il colpo di lei che si lancia su di te.
Come farai a spiegare alla tua dolce sorellina il perché non la puoi prendere il braccio?
Come farai a farle capire il perché non puoi farla roteare in aria?
Il tuo sguardo mi fulmina, ma non riesco a fare a meno di sentirmi trionfante.
-Buongiorno Tobio o meglio, buon pomeriggio.-
Tua madre è appena entrata in cucina.
-Salve, Signora.- dico facendole un cenno.
-Shoyo, ti ho detto mille volte di non esercitarti in camera.- inizia lei, rivolgendo la sua attenzione a te.
Lo sguardo di Hinata si posa, confuso e terrorizzato, sulla madre.
-Sembrava che il muro stesse per venire giù con quel pallone. Devi fare i tuoi esercizi in giardino, quante volte ancora te lo devo dire.-
Il mio viso prese fuoco, nel giro di qualche secondo.
L'aria mi mancò e mi ritrovai a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.
In quel momento sono certo di aver visto l'anima di Hinata staccarsi dal suo corpo; e lui ricadere a terra come corpo morto.
-HAI RAGIONE MAMMA, SCUSA.-
Disse a testa bassa mentre, facendo appello a tutte le sue forze per camminare normalmente, mi trascina fuori dalla cucina.
Mentre raggiungiamo il giardino, mi soffermo a dirgli:
-Hinata, devi fare più piano con quella... anzi con quelle palle.-
Il viso del più piccolo si infiamma di nuovo.
Mi viene sotto la faccia con aria di sfida, terribilmente adirato.
Ancora una volta lo guardo, divertito, dall'alto in basso.
-Senti un po' tu, poche storie. Io non riesco a camminare, ED È TUTTA COLPA TUA.- sibila per non farsi sentire dalla cucina.
-Potevi benissimo dirmi di smettere, poco fa.-
Lo stringo con un abbraccio, dal quale lui cerca disperatamente di divincolarsi, invano.
È così semplice renderti inerme: mi basta prenderti tra le braccia e baciarti per zittirti.
La madre ci chiama per il pranzo.
La scena di vederlo sedere, morsicandosi il labbro e facendo appello a tutte le sue forze, rimarrà impressa nella mia mente per sempre.
Sono le 16:50.
Il mio telefono è ancora spento, ma il peso delle mie azioni di ieri sera continua a gravarmi sul petto.
I miei vestiti di ieri sono finalmente asciutti e tua madre, gentilmente si è offerta di stirarmeli.
Ti restituisco le tue cose formato mini per tornare a respirare nei miei vestiti.
" Devo tornare a casa."
È un pensiero fisso, che mi annebbia la vista e mi fa stringere la gola.
Sono rimasto troppo a lungo a cullarmi tra le tue braccia Hinata, mi sono trattenuto fin troppo nella dolce bolla che mi circonda quando sono con te.
Non ti posso trascinare in questa faccenda.
Spero solo, con tutto me stesso, di riuscire a vedere il tuo contagioso sorriso anche domani.
Fantastico sul poterti guardare negli occhi, domani, e sprofondarci dentro.
Spero, desidero... o forse dovrei dire mi illudo.
-Adesso vado.-
Ti dico dopo un po'.
Ti vedo intristirti, demoralizzarti ed avvilirti.
I tuoi occhi si spengono e la tua voce diventa cupa.
" Non fare questa faccia, ti prego."
Mi sforzo di sorriderti, al meglio che posso.
-Ci vediamo... domani?- mi chiedi con un filo di voce.
Sospiro.
Non voglio mentirti nuovamente, non voglio non essere degno della tua fiducia.
Lotto contro me stesso per non dirti l'ennesima bugia, per non mettere un'ulteriore mattone sul muro del dubbio, tra di noi.
Non meriti questo da parte mia e credimi, quando dico che vorrei essere sincero con te.
Vorrei davvero aprirti le porte di questa faccenda, ma temo che non potresti reggere.
Neanche tu, che quando cadi ti rialzi sempre.
Lo vedo come sei debole quando si tratta di me.
Lo vedo come senti tutto più amplificato quando ci sono io di mezzo e davvero non posso permetterlo.
Vorrei dirti la verità, Hinata, vorrei che fosse una verità semplice come fare l'amore con te.
Vorrei che fosse una verità giusta, che non mi faccia vergognare e temere da dire.
Vorrei, tanto, che fosse una verità lieve da mandar giù per tutti e due.
Vorrei che fosse una verità che tu fossi in grado di sopportare, di accettare e che non ti faccia troppo male; vorrei essere in grado di dirtela ma non riesco, in alcun modo.
Sono abituato, Hinata, a subire quello che mi aspetterà oltre la porta di casa.
Perdonami, anche questa volta, se riesci.
Perdonami nuovamente per aver pensato egoisticamente che questa fosse la strada giusta per proteggerti.
Con il cuore in gola e le lacrime che spingono per uscire dai miei occhi, ti lascio un bacio a stampo sulle labbra.
-Certo. Ci vediamo domani.-
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top