Just We Being Ourselves

Era incredibile come il padre fosse così sicuro di sé, era riuscito a governare una nazione fin da giovane e farla arrivare ai suoi migliori anni. L'Inghilterra non era più quella di una volta ma manteneva comunque il suo prestigio.

Stefano aveva sempre pensato di poter pensare a lui in un'altra maniera, non al gran Re d'Inghilterra, ma a suo padre. Spesso non ci riusciva e riconosceva soltanto quella figura autoritaria, come se lui stesso fosse un suddito e non suo figlio. Eppure Giulio non gliene aveva mai dato motivo, lo aveva sempre trattato come se fosse un diamante, il miglior membro della famiglia, ma Stefano attribuiva quel suo comportamento al suo ruolo futuro in quel paese e non al loro rapporto padre-figlio.

Giulio era seduto alla sua scrivania, guardava davanti a sé la foto dei suoi due figli scattata anni prima.

Qualcuno bussò alla porta e lui si riprese, cercando di staccarsi dalle distrazioni.

"Sua maestà, Sascha Burci regnante spagnolo." annunciò una delle guardie dietro la persona di Sascha.

"Signore" disse stupito Giulio "non l'aspettavo, quale buon vento la portava da queste parti?"

Sascha sospirò, varcò l'entrata e sedette nella sedia davanti al Re.

"sono giorni che mi chiedo, sin da quando ho firmato il documento, perché io sia ancora qui." inziò il sovrano. "Insomma io e sua figlia siamo ancorati da una promessa di matrimonio ormai resa effettiva, mi ero recato qui perché codesto proposito si realizasse ma ora che tutto è stato reso ufficiale nella più veritiera e fedele maniera, desidererei tornare in patria per concludere alcuni altri miei doveri." il corvino era stato il più esaustivo possibile, ma non si era accorto che dietro di lui, per tutta la durata del discorso, c'era stato Stefano.

Lui era entrato solo per lasciare una lettera al padre, ma quando aveva sentito la voce di Sascha aveva deciso di aspettare. Buone maniere come bussare alla porta non erano richieste alla sua persona, lui era l'unico che aveva il permesso di entrare in quella stanza e disturbare il padre, e approfittava sempre di tale privilegio.

"Tornerete in Spagna?" chiese il castano scettico.

"Stefano!" disse sopreso Sascha.

"Potrebbe anche farlo, appena il matrimonio sarà cosa effettiva. I preparativi sono già iniziati, se ne sta occupando Alessia, pensavo te ne avesse parlato." rispose Giulio alla precedente richiesta del genero.

"No, non me ne ha parlato."

"Dovresti iniziare ad abituarla a comunicare con te, qualunque cosa dovrebbe arrivare al tuo orecchio e tua moglie dovrebbe essere la tua migliore alleata, in questa e tante altre cose." Giulio si avvicinò a Sascha e gli diede due pacche sulla spalla, prima di sorridere al figlio e uscire dalla stanza.

Stefano e Sascha erano rimasti soli nella stanza. E il castano stava cercando nella sua testa una qualsiasi scusa per poter evadere da quella situazione.

"Io...devo buttarmi sui libri, ho un'esame molto complicato e.. Beh, sai com'è, devo avere i voti perfetti..." detto ciò, in maniera abbastanza strana, aprì la porta per uscire ma fu fermato dalla voce del corvino: "La prego, stia un attimo. Non le ruberò più di un minuto." Disse Sascha, in un leggero tono di supplica.

Stefano si girò verso di lui e annuì dopo aver sospirato.

"Ricorda quel ristorante in cui siamo stati l'ultima volta che sono stato da queste parti? Ecco, vorrei che lei, se non reco troppo disturbo con questa richiesta, mi ci riportasse. Non fraintenda, il cibo del castello è squisito ma quel ristorante non ha lasciato la mia testa da quando ci siamo andati."

Stefano sorrise leggermente, con la testa abbassata per non farsi notare.

"Certo nessun problema. I libri possono aspettare per un pranzo."
Stefano gli fece cenno di seguirlo.

"Sapete non mi aspettavo che vi ricordaste di quella sera."

"Come potevo dimenticarmene? Voi avevate, come dirlo in modo gentile, deliziato ogni piatto." Disse ridendo il corvino.

"E voi ordinato un vino, pur sapendo che non ci era permesso bere!"

"Devo ricordarvi chi ha bevuto ogni sorso di quella bottiglia e tutte le altre?" Continuò Sascha, sempre ridendo.

"Non credo sia necessario. Non ho ricordi di quella notte, e credo sia propio questa la risposta alla vostra domanda..."
Stefano si avvicinò ad una cameriera, e gli disse di non contarli a pranzo.

"Stefano, c'è una domanda che vorrei porvi..." disse il corvino.

I due continuavano a camminare nel palazzo, dirigendosi verso l'uscita.

"Mi dica pure sua Maestà" disse Stefano, sicuro di potergli togliere qualsiasi curiosità.

"Mi chiedevo se siete interessato a qualcuno, oppure siete già promesso a qualche donzella. Quando eravate piccolo dicevate che il vostro cuore era per una persona sola, e che prima o poi l'avreste trovata." disse a bassa voce.

Stefano non ricordava quelle parole, eppure Sascha ce le aveva scolpite nella sua mente.

Il ragazzo non ci diede troppo peso ed entrò nell'auto accompagnato dall'amico di lunga data.

"Niente di serio, qualche scappatella. Ma spero di trovare qualcosa di reale il più presto possibile." Ammise.

Gli piaceva stare solo, ma a volte si sentiva talmente solo da temere di non importare a nessuno, come se, se scomparisse da un momento all'altro, nessuno se ne sarebbe accorto.

"Sapete, il tornare a quel ristorante non è la vera ragione per cui siamo qui seduti ora. Avrei bisogno di parlarvi." confesso Sascha.

Stefano si voltò verso di lui curioso, e gli fece cenno di procedere.

"Ho ricevuto la benedizione di vostro padre, come ben sapete, per sposare vostra sorella." cominciò il corvino, iniziando già ad avere dei problemi nel continuare quel discorso.

"Solo che...vedete quel qualcosa di reale di cui parlavate prima, io e lei... Non ce l'abbiamo. Non è scattato nulla, è una bellissima ragazza non fraintendete ma... Non provo quello che dovrei provare."

Stefano deglutì, non era ciò che si aspettava di sentire.

"Quindi al fine di essere il miglior marito possibile, e per rendere la nostra convivenza pacifica, vorrei chiedervi di illuminarmi su vostra sorella, di farmi sapere tutto di lei. Forse in questo modo potrò porre rimedio e queste sensazioni si faranno vive nel mio petto." disse Sascha.

Era realmente dispiaciuto di non poter dare ad Alessia quel che meritava, e perciò aveva intenzione di provarci con tutto se stesso. E Stefano aveva capito dalla sua espressione che le sue parole scaturivano dalla più pura verità.

"Certo. Iniziamo però con il sistemare qualcosa." Stefano da una parte era contento di questa notizia, ma d'altra parte adorava sua sorella. "Mi dia del tu, ci conosciamo da anni e non è necessario essere così formali, e in secondo luogo, lasci che arriviamo al ristorante. Parlerò di mia sorella finché la mia lingua non si stancherà." Promise sorridendo.

"Faccia la stess-" Sascha ricevette un occhiataccia da Stefano, gli stava nuovamente dando del voi, cosa che gli aveva appena chiesto di non fare.

Sascha ridacchiò. "Fai la stessa cosa con me, dammi pure del tu. Infondo abbiamo assecondato fin troppo i nostri genitori, ora è il nostro turno per essere degli ordinari ragazzi del ventunesimo secolo."

"Ammiro questa tua versione più tranquilla e rilassata sai?"

"E io Ammiro il tuo essere single, facciamo scambio?" chiese Sascha ridendo.

"No, no grazie ne faccio volentieri a meno."
Era da tempo che non ridevano così fra di loro. Sascha si era accorto in quel momento quanto Stefano potesse essere divertente quando non era soggetto alle pressioni esercitate dal padre.

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