𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 𝟕
Tommy, con un pacco da ventiquattro di birre ghiacciate sulla spalla, si diresse giù in spiaggia dal suo collega.
«Ce l'hai fatta! Che stavi facendo su al bar da tutto 'sto tempo?» abbaiò Morena, che al bar aveva un modo piuttosto spiccio.
«Sarà mica arrivata la tua punta?» rincarò Alex a mezza voce. Tommy a quella domanda si sfregò le mani e gli sorrise.
«Poi ti spiego.» rispose e gli fece l'occhiolino.
Nel frattempo la musica continuava incessantemente e Tommy aveva ripreso normalmente a raccogliere bicchieri e bottiglie e a servire drink, smezzandosi in continuazione tra il bar su e il mare giù. La folla si era leggermente sparpagliata e Tommy finalmente poteva vedere un pezzo di riva, sulla quale poco dopo comparve una figura che sembrava essersi seduta
«Alex!» diede di gomito Tommy al collega per farlo girare «Ma quella là? Che sta facendo?»
«Se non lo sai te, figurati io!»
Tommy ed Alex strizzarono gli occhi cercando di capire chi fosse quella figura, che ora erano diventate due, sembrava che stessero litigando ma nessuno dei due ne era certo.
«Se litigano, chiama Gek o uno della sicurezza.» disse seccamente Morena, tirando un mojito a una ragazzetta dalle guance ormai rosso fuoco.
Una delle due figure che sembravano litigare se ne andò e quella che prima era seduta aveva tutta l'aria di essere Diletta.
«Aspetta ma quella-» Alex lesse nel pensiero a Tommy e subito questo esclamò un "Si."
La vedeva andare a zig zag, non si reggeva in piedi e sospirò, convinto che avesse combinato qualche disastro alcolico.
«Invece di sospirare vai da lei, che tra poco manco si regge in piedi. Forza, corri, ti copro io!» gli ordinò Alex.
«Non vado da nessuna parte. Si è fatta i fatti suoi tutta la sera e poi si presenta qui sbronza. Non sono il babysitter di nessuna.»
«In vino veritas.» urlò Morena, che non sapeva farsi i fatti propri «Vai da lei. Ora.»
Tommy rimase pensieroso. Poteva anche andare da lei, ma a che pro? In tasca sentiva il cellulare, dove aveva appena registrato il numero di una che pareva aver molte meno remore di quella bimbetta umorale. Tornò a guardare verso la riva, ma Diletta era scomparsa.
«È già sparita, ma porco mondo.» gemette Tommy, che fece vagare lo sguardo impazzito per lo stabilimento. Che idiota che era: le sue reazioni dicevano molto sul fatto che la "bimbetta umorale" aveva ancora uno spazio piuttosto ampio nei suoi pensieri.
Non più tardi di venti secondi dopo, spuntò l'indice di Alex che gli indicò un punto nei pressi dell'uscita, Diletta che era arrivata da quelle parti. Così lui si beccò una spinta dal collega per non fargli perdere tempo, e si fece largo tra la gente. Sentì Morena che gli urlava dietro «Dieci minuti, ma non andare a limonare, non andare a bere e non andare a fumare che giuro quando torni primo, me ne accorgo, secondo, ti piglio a schiaffi.»
Tommy non capì bene, ma si fece forza. Urlò il nome di Diletta, lei si alzò in piedi dal muretto e quasi cadde, poi finalmente le arrivò davanti.
«Diletta stai bene?» le chiese mettendole le mani sulle spalle
«Cazzo, ora anche tu?» biascicò anche lei.
Sì. Era decisamente ubriaca, ma quello in fondo lo pensava davvero, semplicemente l'alcol le dava più coraggio per parlare.
«Sei ubriaca Dilè?» Tommy chiese l'ovvio mentre lei si stava stendendo sul muretto, mettendosi le mani sul viso che le soffocarono il «No.» che diede come risposta, scuotendo pure la testa.
Tommy, a dire il vero un po' impacciato, non ci fece molto caso e continuò con le sue domande.
«Brutta la prima sbronza eh? Fammi indovinare: Cubalibre? È cocacola quella macchia sulla maglietta?»
Diletta mugolò «Non mi parlare di quella roba!»
Tommy sospirò, si avvicinò di due passi, chinandosi leggermente su di lei. Aveva il trucco in fase di sfaldamento e i capelli non certo in ordine, ma continuava a essere una creatura a dir poco meravigliosa.
«Dilè ti squilla il telefono.» le fece notare Tommy indicandole lo schermo del suo cellulare illuminato che vibrava
«E 'sti cazzi!?»
Tommaso, prima scoppiò in una risata per il tono che Diletta aveva da ubriaca, poi fece presente alla ragazza che al telefono erano i suoi, e lei letteralmente impazzì.
«Devo andare a casa! Devo! Mi ammazzano! Stavolta mi ammazzano.»
«Intanto rispondi. Così non chiamano gli SWAT.» propose Tommy, con una vena di sarcasmo.
«Rispondi te. Digli che. Sono. Al.» rallentò lei, fino ad ammutolirsi.
Tommy sbuffò, poi prese il telefono.
«Pronto, signora Todisco. Buongiorno. Cioè, buonasera. Guardi ci hanno riportato il cellulare di Diletta, la stavamo cercando. O meglio, lei sta tornando a prenderlo. No, guardi, non si preoccupi. È successo qui allo stabilimento, ce l'ha riportato un cliente. Questione di minuti. Lei stava già andando dai carabinieri a sporgere denuncia di smarrimento. Sta tornando indietro. Si guardi, per sicurezza magari la riaccompagna a casa uno di noi dello stabilimento, non si sa mai con la gente che gira.»
Lei, alla fine della telefonata, aveva gli occhi a cuoricino, ma anche lo stomaco a pezzi. Tommaso era girato un po' male perchè l'aveva dovuta salvare dopo che non l'aveva cagato per tutta la sera.
Però lei era lì, e aveva gli occhi a cuoricino.
Però i suoi la rivolevano a casa al più presto.
Però lei era lì, e aveva gli occhi a cuoricino.
Però era mezza sbronza.
E lui non poteva. No, non poteva farlo. Immaginò i titoli dei giornali:
ABUSA DELLA TURISTA QUATTORDICENNE UBRIACA: DICIOTTENNE IN MANETTE.
E lui sbattuto in galera, con la chiave buttata in un tombino per essere sicuri che nessuno venisse ad aprirgli.
«Non puoi presentarti a casa messa così. E non puoi stare qui in questo casino sperando che ti passi.» disse, quasi esasperato.
«Dottore di stocazzo.» si lamentò lei, che aveva sperato in ben altri commenti.
Preoccupato per il benessere dell'amica, si sporse su di lei e cercò comunque di convincerla a spostarsi in un luogo più tranquillo per permetterle di smaltire un po' gli effetti dell'alcol. Lei tornò ad avere gli occhi a cuoricino.
La fontana in fondo allo stradello di accesso, vicino al chiosco della piadina sembrava essere la destinazione ideale e con un po' di cibo nello stomaco gli effetti dell'alcol magari sarebbero spariti più in fretta.
Mentre si avviavano verso la fontana, con lei che un po' saltellava come una fatina, e un po' si appoggiava a lui, Tommy pensò che fosse veramente crudele la vita, che gli serviva un'occasione del genere ma con tre coca&rhum di troppo. Poi una figura familiare apparve all'orizzonte: Sara.
Le lacrime erano appena appena trattenute nei suoi occhi, e la sua espressione preoccupata rivelava che c'era qualcosa che la tormentava. Senza alcuna esitazione, sbarrò la strada al duo, bloccandoli
«Che cosa è successo?» chiese Tommaso esaminandole il volto, poi ipotizzò: «Sbronza triste?»
«Fatti gli affari tuoi.» abbaiò lei, per poi rivolgersi all'amica «Dile, scusa, scusa tantissimo! Non volevo dirti quelle cose.»
Tommaso incrociò lo sguardo di Diletta, cercando di comprenderne le emozioni. Era chiaro che non fosse completamente a suo agio nel raccontare tutto, quello che non sapeva lui era che la parte di cui si vergognava lei non era l'alcol, ma i contatti così ravvicinati con Davide.
«Tranquilla Sara. Tutto a posto.» disse semplicemente, poi aggiunse «Devo tornare o mi ammazzano. Magari ne parliamo domani.»
"O magari mai." pensò, ma se lo tenne per sé, si limitò a fare un rumoroso rutto al sapore di coca e rhum che lì per lì lasciò Tommy di stucco.
«Non ti preoccupare, Diletta» disse poi Sara «racconteremo ai tuoi genitori una versione diversa della serata. Ok? Sennò quando mai ti fanno uscire di nuovo.»
Con un sospiro di sollievo, Diletta accettò il gesto di premura. La fontana si rivelò un luogo perfetto per sedersi e continuare a parlare, la ragazza mangiucchiò una piadina vuota e ingoiò una Fisherman's che per poco non la fece vomitare.
«Ma che schifo!» si lamentò.
«Impara ad apprezzarle, sono la salvezza degli ubriaconi come te.» ironizzò Tommaso.
Iniziarono a pianificare una storia alternativa da raccontare ai genitori di Diletta per spiegare il ritardo di mezz'ora sul coprifuoco. Decisero di trasformare la serata in un'esperienza divertente, fatta di tanto ballo e poca confidenza ai ragazzi, sottolineando le risate e le gioie condivise. Ci misero su lo smarrimento del cellulare e il ritrovamento da parte di un cliente che poi lo aveva consegnato a Tommaso, che poi le aveva riaccompagnate a casa "per sicurezza".
Ogni dettaglio della storia doveva essere perfettamente calibrato per dare ai genitori l'illusione di una serata divertente ma innocua, se si esclude lo smarrimento del telefono.
Arrivati alla villa, suonarono il campanello e il cancello si aprì, si aprì pure il portone, da cui spuntò il signor Todisco che avanzò a falcate ampie.
«Diletta, ma quanto ci fai stare in pensiero con 'sto telefono! Ma non potevi mandarci un messaggio da quello di Sara?!»
Poi mise a fuoco Tommaso.
Bagnino.
Diciottenne.
Bella presenza.
Che aveva risposto al cellulare della figlia al termine di un buco temporale di circa tre quarti d'ora.
Il delitto perfetto.
Tommy non ci mise molto a capire che il signor Todisco supponeva qualcosa di marcio.
«Salve, Signor Todisco.»
«Tu eri a lavorare?»
«Certo, con i miei colleghi. Li conosce.»
Si fece più vicino, come ad annusarlo. Per lo meno non sapeva di alcol, e aveva il vestiario in ordine. Tommy sostenne lo sguardo, avrebbe tanto voluto urlargli che lui era un eroe, e non certo un approfittatore. Era un eroe, dal suo punto di vista di adolescente pieno di ormoni, perché aveva resistito a quella situazione assurda senza nemmeno sfiorare quella mina vagante di sua figlia.
«Signor Todisco. Capisco l'ansia. Ma in queste sere io lavoro come uno schiavo. Per certe cose non ho tempo, lo chieda ai miei colleghi, che stanno sgobbando anche per me in questo momento. Non ho avuto tempo nemmeno per fare la pipì! E sono venuto a riportare io sua figlia a casa perchè dei tre bagnini sono l'unico maggiorenne. E sua figlia, ha solo avuto la sfiga di lasciare in giro il cellulare. Non ho manco il suo numero. Se vuole può controllare.»
Tommy aveva retto l'urto delle domande, il signor Todisco gli diede un'ultimo sguardo un po' torvo, ma poi mollò la presa. Solo uno stupido, se avesse combinato qualcosa con la sua amata figliola, l'avrebbe ricondotta a casa affrontandolo a quattr'occhi. Quel bagnino un po' troppo di bella presenza, evidentemente, non era uno stupido.
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