𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 𝟓
La data di nascita risultava del 1989, La foto era una di quelle che lei, Sara e Marghe si erano scattate nelle cabine dello stabilimento, per gioco: non dimostrava diciotto anni nemmeno lontanamente. Diletta sgranò gli occhi «Ma stai fuori?!»
«Dai, che vuoi che sia, ci compriamo qualcosa di alcolico, scaldiamo la serata!» replicò la Marghe, prendendola per le spalle, evidentemente su di giri.
Diletta abbassò lo sguardo sulle due bottiglie.
«E va bene.» alla fine cedette, passando per la cassa sotto l'occhio pigro di un ragazzo cingalese, e raggiunse gli altri davanti al negozietto dove si apriva una vasta piazza pedonale a pochi metri dalla spiaggia.
Si spostarono verso quest'ultima e fecero un po' sboccia, girando poi per la strada principale e fermandosi a fare gli scemi davanti ai negozi, in mezzo agli sguardi severi delle attempate turiste. Davide, più di una volta la strinse e lei ne percepì il calore sulla pelle. Lui sapeva di estate, sapeva di consapevolezza di come erano le estati in Riviera.
Quando si fecero le dieci e un quarto, Sara chiamò Diletta.
«Oh, ma dove cazzo siete?! È una vita che vi aspetto! Ho fatto la muffa!» abbaiò, aggiungendo alcune parolacce irripetibili.
Diletta si sentì in colpa, promise di arrivare immediatamente e iniziò a pregare gli altri di tornare a Milano Marittima. Ma sia la Marghe che Davide non sembravano molto per l'idea.
«Ti ci riporto io.» disse improvvisamente Adry, lasciando di stucco gli altri due.
Davide, ripresosi, gli lanciò una occhiata infuocata, ma il ragazzo non mollò la presa. Anche a lui non dispiaceva per nulla l'idea di sentire Diletta appoggiarsi alla sua schiena. Quest'ultima fu contentissima e senza pensarci si disse «Grazie! Andiamo!»
«Dai, Dile, aspetta dieci minuti e veniamo via tutti.» provò la Marghe.
«No dai, mi dispiace per lei, è da sola là e ci aspetta!»
Adry e Diletta arrivarono allo scooter. Lui le disse di tenersi ben stretta ed era quasi pronto a partire quando vide arrivare anche Davide e Margherita. Probabilmente l'altro si aspettava che si dividessero le ragazze come all'andata, ma non ottenne nessun tipo di gesto in tal senso.
Così ripartirono alla volta di Milano Marittima, dove arrivarono in circa venti minuti. Toltisi i caschi, Davide dedicò un lungo e ostile sguardo a Adry, e si mise immediatamente a caccia di Diletta, mettendosi alle sue spalle e avvolgendola con un abbraccio.
«La Marghe è troppo alta e mi fa sbilanciare in scooter» disse, cercando di destare ilarità «se non fossimo parenti, l'avrei lasciata a piedi.»
«Non siamo parenti, sei stato adottato, si vede da come nuoti.» replicò la Marghe.
Poi si fece vicino a Diletta, alquanto allegra sia per aver ritrovato Sara, sia per aver scolato un paio di cubalibre artigianali di troppo.
«A Sara ci pensiamo io e Adry» le sussurrò «tu vai tranquilla con Davi. Ve lo meritate.»
E così, passando direttamente dallo stabilimento davanti a cui si erano incontrati, Davide e Diletta si appartarono in spiaggia con lui che non nascondeva nulla dell'accesissimo interesse per lei, dimostrato da quelle mani che le teneva sui fianchi mentre lei accennava a ballare la musica sparata a tutto volume dalle casse.
Mentre Diletta si muoveva a ritmo di musica, Davide la assecondava, andandole sempre più vicino, stringendole sempre di più i fianchi fino a quando la fece ritrovare schiacciata al suo petto. Diletta non fece molto caso alla posizione in cui erano finiti, a lei piaceva l'idea di essere finalmente a una festa in spiaggia, a qualcosa di molto simile a una serata in un club come sentiva raccontare dalla cugina o dalle ragazze più grandi che a volte incrociava a Milano sui mezzi o a studiare in biblioteca.
E poi, particolare non indifferente, era stordita da quel paio di cubalibre potenti che aveva in corpo che le stavano facendo sempre più effetto.
Lui le metteva le mani tra i capelli, la prendeva per la testa avvicinandola al suo viso, lei cercò di mettere un minimo di distanza tra i loro corpi, ma questa veniva puntualmente annullata dalla insistenti mani di Davide, così si girò, dandogli la schiena ma pur sempre rimanendo pressochè appiccati.
«Dilè così non so se ti conviene.» le sussurrò all'orecchio Davide mentre lei muoveva sempre di più il bacino, strusciando contro il suo corpo che andava eccitandosi.
«Cosa hai detto?!» urlò Diletta cercando di sovrastare il suono della musica. Di riflesso, per cercare di sentire meglio la risposta di lui, finì per spingere i suoi fianchi sulla vita di Davide. Trovando qualcosa di già piuttosto ingombrante.
Lui le prese i capelli e le fece girare la testa. Si guardarono negli occhi, l'effetto dell'alcol a Diletta saliva sempre di più. Sentiva caldo, sentiva un caldo che non aveva mai avvertito. Il momento in cui i loro sguardi si incrociarono a Davide sembrò durare una vita.
Lui non resistette più: avvicinò le labbra alle sue, le mise le mani dietro la nuca e la spinse verso la sua bocca vincendo la resistenza. Le loro lingue non fecero in tempo ad intrecciarsi che Diletta, mettendogli entrambe le mani sul petto, lo spinse facendolo staccare dal bacio.
«Dilè dai ti prego. Sai che ho bisogno di te.» disse Davide sbiascicando, anche lui eccessivamente sbronzo e con un'erezione ormai incontrollata.
Ma lei, involontariamente, ripensò a quanto era stato diverso l'approccio di Tommy la sera dei fuochi: un abbraccio dolce al posto di una erezione spinta contro il vestito, un "Ti va di...?" al posto di un bacio rubato, al sapore di rhum. Anche lei non era lucida, e questo forse non la aiutò ad avere una reazione controllata, ma quell'atteggiamento così poco empatico di lui, la fece andare in escandescenze.
«Toglimi le mani di dosso, cazzo!» gli urlò contro appena fece un passo verso di lei e prendendola per le spalle.
I due sguardi si ritrovarono di nuovo. Quello di lui era desideroso e iniettato di sangue, quello di lei era rabbioso e vagamente annebbiato. Diletta, aprì e chiuse le dita delle mani svariate volte, prima di girarsi e scappare di corsa, sparendo tra i lettini.
Sparì dalla vista di lui che, barcollante, si sedette a terra sussurrando tra sé e sé, più volte la parola "Cazzo".
Diletta corse per la spiaggia, era diretta verso le altre persone, lontana dalle altre coppiette che pomiciavano e si strusciavano lungo l'arenile.
"Dove cazzo sta Sara?!" continuava a pensare mentre cercava di scorgerla tra quelli che sembrano essere mille corpi tutti appiccicati, caldi e su di giri.
Davide, confuso ma anche arrabbiato, prese per la direzione opposta, convinto di aver buttato via la serata appresso a una che non valeva la pena. Ma sapeva che non era vero, lo sapeva ripensando all'effetto che aveva fatto quel corpo contro il suo. Ormai però la serata era assolutamente irrecuperabile e, nello stesso tempo, il ragazzo non voleva ritrovarsi faccia a faccia con la Marghe, men che meno con Adry.
Scrisse un messaggio alla cugina "Torno a casa", ma non fece nemmeno in tempo a inviarlo che si trovò davanti Sara e un paio di tipi del Bagno Ostrica.
«Ma dov'è Diletta?!» ruggì lei.
«Cazzo me ne frega di quella troia» buttò fuori d'impeto, poi cercò inutilmente di correggersi «Non lo so, l'ho vista in spiaggia cinque minuti fa.»
L'aria colpevole, frammista a una ubriachezza assolutamente palese, fece ancora più arrabbiare Sara.
«Che cazzo avete combinato, che l'hai mollata in spiaggia da sola?» sibilò lei.
«Un bel cazzo di niente. Stai calmina che oggi sono arrivato.» rispose Davide, dandole una mezza spinta con la spalla per divincolarsi e allontanarsi al più presto da quella situazione che gli stava facendo esplodere la testa.
Diletta, nel frattempo, si era accasciata sul limitare della spiaggia. Seduta sul muretto in cui correvano le vetrate che dividevano lo stabilimento dai lettini, si stringeva le tempie con le mani. Non riusciva a distinguere il cuore dai bassi della musica, annaspava con una terribile fame d'aria. Voleva essere altrove, in qualsiasi altro posto.
Cercò di regolarizzare il respiro per un tempo infinito, poi sentì due mani prenderla da dietro per le spalle.
«Ma dove stracazzo stavi!?» abbaiò Sara, con la voce quasi rotta dalla rabbia per l'amica che, per tutta la sera si era resa irreperibile dopo aver promesso di passare la serata assieme.
«Sara! Oddio non ci credo che ti ho trovata! Davide-»
Sara non le diede il tempo di finire la frase che la interruppe ergendosi su di lei essendo in piedi «Davide!? Ah bhe, giusto, tu eri a fare le lingue e chissà cos'altro con Davide e mi hai lasciata qui, come una rincoglionita, in mezzo a tutta 'sta gente!»
«Sara dai fammi spiegare, è stata colpa di Margherita, mi ha messa in mezzo!» Diletta ribatté cercando di tirarsi fuori dalla merda.
«Ma che cazzo dici che ho visto dieci minuti fa Davide ubriaco marcio e con la faccia da uno che s'è rubato tutto il vasetto della Nutella! Ma quanto mi fai incazzare adesso che metti questi quattro scemi prima delle amiche!» urlò Sara, superando di gran lunga il rumore della festa.
L'altra cercò di ribattere, ma con scarsi risultati: l'amica, livida di rabbia, aggiunse il carico dandole della stronza e girò i tacchi incamminandosi verso chissà dove.
«Merda!» cercò di urlare Diletta calciando la sabbia con qualche lacrima lungo le guance, ma uscì una specie di lamento, una cosa più da gatto a cui pestano la coda. Ricadde sulla spiaggia, prendendosi di nuovo la testa tra le mani.
Alla fine si fece forza, si passò in modo frustrato una mano tra i capelli e si incamminò verso casa, o per lo meno cercò di farlo, dato che non riusciva a fare appena due passi dritti. Sentiva le gambe pesantissime, l'adrenalina di inizio serata se n'era andata, l'alcol era ancora in circolo e la combinazione fu micidiale sul suo fisico non abituato.
Dal limitare della spiaggia, si fece strada nella calca con non poche imprecazioni, arrivando all'uscita dello stabilimento.
Prima di andarsene definitivamente con l'intenzione di non mettere mai più piede in quel posto dopo il tramonto del sole, si appoggiò con le mani ad un muretto, rivolta verso il viale principale distante una cinquantina di metri in fondo allo stradello. Doveva riprendersi al più presto per tornare a casa da sola, oppure una macchina molto probabilmente l'avrebbe messa sotto, data la sua rotta a zig zag e i suoi riflessi pressochè azzerati.
Chiuse gli occhi facendosi accarezzare il viso dall'aria piena di salsedine e buttò indietro la testa. La musica continuava a martellarle le orecchie. Che serataccia per lei.
«Diletta!»
Si sentì chiamare da una voce maschile che proveniva dalla calca e sobbalzò sul muretto aprendo subito gli occhi. Non voleva di nuovo avere a che fare con Davide. Non voleva e per quella sera le era bastato. Ma non si sentiva la forza di togliersi da quel posto. I cubalibre le tagliavano ancora le gambe.
Tuttavia provò ad alzarsi lo stesso e fare qualche passo malfermo. Al secondo «Diletta!!» allungò la mano con il palmo aperto come farlo stare lontano. Era ben misera difesa a ben pensarci.
Ma non successe niente, nessun tentativo di sbaciucchiamento alcolico, nessun "Posso spiegarti." o cose del genere. Solo la musica che continuava a martellare. Pur con la vista annebbiata dal sostanziale buio e dall'alcol, scorse una figura alta e con una maglietta rossa, il suo cuore fece una capriola vedendo Tommaso che si avvicinava sempre di più a lei.
«Diletta, tutto bene?»
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