𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 𝟐

Diletta aveva appena aperto gli occhi nel suo letto dalle lenzuola azzurre, nella sua casa a Milano Marittima. La sera prima era tornata distrutta e pervasa dai ricordi di ciò che aveva fatto. Ancora la scuoteva il pensiero delle mani di Tommaso su di lei, solo a ripensarci avvampava.

Era così diverso dagli altri ragazzi che aveva conosciuto, questo pensava. Forse perché non aveva mai veramente permesso a ragazzi più grandi di avvicinarsi così tanto.

A Milano la situazione per lei era molto particolare: le persone che aveva attorno erano essenzialmente i compagni di scuola, che l'avevano vista crescere nelle forme, e il suo corpo era più spesso oggetto di battute che di vero e completo interesse. Quando i ragazzi le si avvicinavano lo facevano con una vena di ilarità che automaticamente la faceva diventare rigida, quasi velenosa.

Viceversa, i ragazzi che non la conoscevano, in una realtà così grande e spersonalizzante come Milano, la guardavano essenzialmente per il suo corpo. Era già stata oggetto di fischi, di battute, di richieste di seguire qualcuno in bagno. Se cercavano un contatto, aveva l'impressione che fosse per provocarla, per vedere se fosse all'altezza di quel corpo che portava in giro.

Con le ragazze non andava molto meglio: vedeva quelle più grandi che la guardavano in maniera altezzosa, mentre le donne adulte spesso assumevano un'espressione di biasimo, alla "Ma i tuoi genitori sanno che vai in giro così?".

Tutto questo le metteva ansia, in una continua altalena tra il mostrare sempre di più il proprio corpo e la paura di vederselo giudicato da quegli sguardi.

Ma sentiva che lì, lontano dai posti che frequentava tutti i giorni, in mezzo a decine, centinaia, di corpi spogliati degli abiti di tutti i giorni, le cose erano cambiate, e tanto. Tommaso le dava un brivido diverso, un nuovo stimolo e ciò la faceva impazzire.

Diletta era ancora nel suo letto. Ci pensava e ci ripensava. Spostò lo sguardo dal soffitto alla sveglia, erano appena le 9:30. Cinque minuti dopo sua madre bussò alla sua porta chiedendole se volesse andare al mare, che era sulla stessa via di casa loro.

Diletta come risposta alzò la testa e la scosse facendo segno di no: non aveva un piano su come comportarsi con Tommaso, e non poteva limitarsi a salutarlo appena e scappare in riva del mare sotto i suoi occhi. O almeno così in quel momento pensava.
Quando i suoi uscirono di casa diretti allo stabilimento, prese il suo telefono, appoggiato sul mobiletto bianco accanto al letto, scorse le notifiche per capire se la cugina Vittoria fosse in dirittura d'arrivo. Doveva assolutamente parlarci per avere un parere su quello che era successo.

Ignorò un paio di messaggi del cugino Gianmarco che faceva il simpatico dicendole che non vedeva l'ora di lanciarla di peso in acqua, e si concentrò sui messaggi incazzati di Vittoria perché il fratello era partito assai in ritardo da Cortina ed erano rimasti imbottigliati in autostrada. Prevedeva di arrivare non prima delle tre e mezza.

La cugina e suo fratello Gianmarco erano i figli del fratello di sua madre. A differenza loro, erano chiaramente di Milano centro, tanto che a Cortina avevano un appartamento che non distava molto dal Grand Hotel Savoia. Il rapporto tra Diletta e Vittoria non era facile, perché la più grande, ormai diciassettenne, ultimamente faceva cadere tutto molto dall'alto, e la più piccola non era proprio il carattere più morbido del circondario. Ma vedeva nella cugina un faro, una dispensatrice di consigli.

Intristita, scorse nella rubrica fino al numero di Sara, il suo Piano B.

Sara era di Bologna, per questo Diletta la vedeva fisicamente quasi solamente d'estate, si potevano definire "amiche di mare". Tommaso la conosceva come cliente e la vedeva ogni tanto chiacchierare con Diletta sulla riva, le aveva parlato soltanto la sera dei fuochi. Era una abbastanza a posto, dal corpo minuto, i capelli corti e il viso sporco dalle lentiggini.

Diletta era prossima ad entrare alle scuole superiori, si era iscritta al liceo scientifico su a Milano, mentre Sara si avviava verso il secondo anno. Nonostante fosse più grande di Diletta, non se ne intendeva molto di ragazzi, ma era l'unica persona con la quale si sentiva tranquilla a parlare della situazione con Tommaso.

Diletta non lo sapeva, ma Sara non era nelle migliori condizioni per giudicare la situazione dell'amica: arrivava fresca fresca da una gita fatta a Roma con la scuola, un paio di mesi prima. Aveva sperato di riuscire a combinare qualcosa con la sua eterna crush Marco, e di tenere a bada le ansie e le tensioni causate dal rapporto tra lei e le sue compagne.

Dopo un primo giorno volato via semplicemente perdendo tempo a disfare le valige e a cenare al ristorante dell'albergo, il vero scoop era arrivato durante la notte.

Le sue due compagne in stanza avevano fatto l'una di notte a forza di mormorare, e fino a quell'ora lei si era sorbita da sotto le coperte i loro incessanti bisbigli corredati da continui scambi di messaggi. Era rimasta sveglia anche quando le due pettegole avevano finalmente annunciato di voler dormire; quindi ci era voluto ben poco tempo per sentire il respiro di Sofia diventare regolare e profondo. Al contrario di Rebecca che aveva ripreso il telefono in mano cominciando a messaggiare.

Il rapporto tra Sara e Rebecca non era rose e fiori. Da quando avevano capito che entrambe avevano una cotta per Marco, un compagno che sapeva bene come stregare le ragazze con i suoi occhi verdi. Rebecca con lui ci parlava costantemente, ci scherzava, lo toccava, ciò aveva fatto ingelosire ed infuriare Sara, che aveva trovato un pretesto per discutere, mandarla a fanculo e darle della stronza. E per la grande gioia di Sara, quei due avevano discusso sul pullman perchè pareva che Marco avesse fatto una battuta un po' troppo pesante.

Quando Sara si stava quasi per addormentare era stata accecata da uno spiraglio di luce proveniente dalla porta della stanza, c'era una figura maschile sulla soglia, manco a dirlo si era rivelata essere proprio la sua cotta, Marco. L'aveva visto avvicinarsi al letto di Rebecca.

«Finalmente.» aveva sussurrato lei.

«Non vorrai farlo tra le tue amiche che dormono?» aveva detto lui «Leo ci lascia la camera per scopare.»

I due erano usciti, e Sara si era ritrovata in lacrime, preda di un vero colpo basso. Il prosieguo della storia era pure peggio, perché aveva goffamente tentato la carta della gelosia, rimediando solo uno squallido rapporto orale con un tizio di un'altra classe, che puntualmente lo aveva raccontato a tutti.

Nel frattempo Diletta dopo aver camminato per una ventina di minuti buoni, si ritrovò a casa dell'amica, sdraiata sul pavimento fresco della sua camera, mentre si sventolava il viso accaldato con le mani.

«Insomma? Che mi dovevi dire?» fece Sara guardando dall'alto la ragazza mentre si spazzolava i capelli mossi, buttando di continuo occhiate allo specchio che le restituiva un viso affilato e uno sguardo un po' indurito, disilluso.

«C'entra Tommaso. Il tipo che lavora allo stabilimento.»

«Ci scommettevo cazzo! Vi ho visti quando vi siete allontanati ieri sera. Anzi mi correggo, vi abbiamo visto.»

Diletta alzò un sopracciglio chiedendole che cosa voleva dire.
«Dai che lo sai: Davide. Fa il duro ma gli rodeva tantissimo che fossi sparita con Tommaso. Pensa che abbiate fatto qualcosa, non sai quanto gli brucia.»

Davide faceva il bad boy con la sigaretta sull'orecchio e i boxer di Calvin Klein fuori dai pantaloncini dell'Adidas, ma pendeva dalle sue labbra. Sì lo sapeva, ma di certo non aveva pensato a lui. Era un bel ragazzo, alto e abbronzato, non aveva niente da invidiare a Tommaso pur avendo un anno in meno. Qualcosa con lui se fosse andata male con Tommy ce l'avrebbe fatta, ma potete star certi che mai si era immaginata a fare sesso con Davide.

«Davide. Un po' mi dispiace per lui.»

«Vabbè dai. Limonare con il bagnino non vuol dire che non puoi fare più nulla con nessuno.»

Appena finita la frase guardò negli occhi Diletta. In quello sguardo vi lesse qualcosa di inaspettato, e capì che l'amica, pur più giovane, aveva già raggiunto traguardi che lei aveva solo immaginato, con il bagnino.

Cosa aveva provato?

Fuochi d'artificio.

Non li aveva solo visti ma anche sentiti.

Lui era entrato dentro di lei cambiandola, smontandole ogni emozione per rimontarle nuovamente in una maniera diversa, meravigliosa.

«Aspetta aspetta, non dirai sul serio? L'avete fatto?!»

Sara cercò di non essere morbosa nella propria curiosità. E cercò di tenere sempre l'obiettivo su Diletta, per evitare che si finisse a parlare delle sue scarse esperienze.

«Ma quindi, fammi capire, ti piace? State già insieme?»

Diletta si fece pensierosa.

«Non lo so, non so come comportarmi. Cioè io adesso torno in spiaggia, lo vedo, poi lo vedrò tutti i giorni. Che devo fare? Non so, tipo, come devo salutarlo?»

«Stai attenta, i ragazzi sono infidi. Tu devi esigere che sia lui a fare il primo passo, altrimenti penserà che tu cadi ai suoi piedi, e non può essere così!»

«E... e se lui fa finta di nulla? Cioè, sarebbe come dire che ci ho fatto sesso per una sera e basta. Non mi piace l'idea.»

«Perché pensi di passare per zoccola?»

«No, non per quello. È proprio perché non vorrei che fosse una cosa di una sera. Non volevo iniziare così di botto, ma è successo.»

«Dile, fidati, non cagarlo. Vedrai che si fa avanti lui, al massimo fallo ingelosire un po'. C'è Davide.» disse Sara, strizzandole l'occhio.

Diletta rimase un po' nei pensieri. Così l'amica le fece la proposta per risollevarle la giornata.

«Senti, a proposito di Davide, perché non andiamo da Marghe, ci facciamo una nuotata e prendiamo il sole senza tanti ragazzi tra le scatole?»

Diletta si ridestò, abbracciò l'amica e iniziò a pensare a quale costume mettersi.

Margherita, per le amiche Marghe, abitava proprio lì a Cervia. La madre faceva corsi di nuoto nella piscina dell'albergo di uno zio, in cui la ragazza era praticamente di casa. Da piccole, Sara e Diletta avevano frequentato, con alterne fortune, i corsi di nuoto della madre e avevano conosciuto la figlia, di cui erano diventate amiche e di cui invidiavano la nuotata perfettamente fluida.

La Marghe era una ragazzona per avere quindici anni, con spalle larghe, fianchi relativamente stretti e una statura che si avviava al metro e settanta. Si ostinava a portare i capelli ricci cortissimi per cui quando andavano in giro, Sara la prendeva in giro dicendo che era la loro bodyguard.

Quando si erano ritrovate all'ingresso dell'albergo, si erano sciolte in baci e abbracci, nonostante si fossero viste non più tardi di quarantotto ore prima.

A Diletta servivano quelle ore di svago. Parlarono in maniera leggera, fecero progetti per i giorni successivi, finché quella scema di Sara non disse qualcosa come: «Sempre che non si faccia avanti qualcuno con Dile.»

«Si fanno avanti tutti i giorni, ma li tiene a bada.» scherzò Margherita, sapendo dell'assalto che subiva Diletta ogni volta che si presentava al mare.

Ma l'involontario breve silenzio che seguì questa replica, insospettì la ragazza.

«Voi mi nascondete qualcosa.»

«No.» tagliò corto Diletta, buttandola in piscina, ma fu afferrata per un fianco e finì per seguirla tra mille schizzi.

Avevano sguazzato per un tempo infinito, poi andarono a pranzare in un chioschettino di piadine poco distante dall'albergo. Era relativamente presto e c'era ancora poca gente. Le ragazze si beavano dell'ombra di un grosso pino.

«Dopo andate giù al mare?» chiese la Marghe.

Sara, automaticamente, si girò verso Diletta. Era quest'ultima l'ago della bilancia.

«Non so. Non avevo una gran voglia.» sospirò.

Sara alzò lo sguardo al cielo per l'esasperazione.

La Marghe, che pure non era proprio un fulmine di guerra come perspicacia, si scosse.

«No-o! Sul serio c'entra un bagnino?» chiese a voce troppo alta, poi si fece pensierosa «Ma quale?»

«Marghe. Smettila.» cercò di fermarla Sara.

«Che palle, mi tenete sempre all'oscuro di tutto. Sarà mica Cico?! È troppo bimbominkia per te. Fidati.»

«Marghe. Basta.»

E in effetti, smise, ma la curiosità le rimase. non vedeva l'ora di rimanere da sola con Diletta per torchiarla a dovere e farsi rivelare di quale bagnino stessero parlando.

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