𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 𝟏𝟐

Adry e Davide erano riusciti ad accaparrarsi il pingpong del Bagno Ostrica e si sfidavano insultandosi a vicenda, ridendo sguaiatamente a facendo sorridere persino le gemelle Giuliani, che erano state agganciate da Adry nella tarda mattinata, in acqua, mentre facevano il bagno aggrappate al loro enorme storico delfino gonfiabile.

Cico non se la poteva prendere. Si era incaricato di buttare la spazzatura già tre volte pur di andare a dare un'occhiata a come andava.

La Sara se ne stava da una parte, facendo qualche stanco commento. Della Marghe nemmeno la traccia. Vittoria era tornata al Bagno Milano, senza più nemmeno mandare un messaggio a Tommaso, dato che Gianmarco ora sostava sotto l'ombrellone della zia, appresso a Diletta.

Tommaso da due giorni era nero, arrabbiato con sé stesso e con il mondo. Ma soprattutto con sé stesso per essersi fatto prendere dalla frenesia. Essere scappato alla prima difficoltà. E ora cosa gli rimaneva? Guardare Diletta giocare pigramente con il cugino a Uno, mentre quest'ultimo le guardava spudoratamente il seno. Quel seno che non più tardi di una settimana prima lui teneva nelle mani e poi nella bocca, e il mondo era fuori dalla bolla di Tommy e Diletta, e i fuochi artificiali esplodevano per loro.

«Si ma non è possibile che ci sono quattro fighe in questo bagno e due vanno a passare il pomeriggio da un'altra parte.» si lamentò Cico tornando dall'ennesimo giro-immondizia.

«Tu hai delle pretese troppo alte, è per quello che non combini mai nulla.» lo prese in giro Alex.

«Perchè tu invece sguazzi in una mezza gamba di figa.» replicò Cico, astioso.

Tommy non partecipava. Fissava quasi di continuo il tavolo di Diletta. Lavorò come un robot fino a sera, e poi se ne andò a casa incazzato, e dormì male.

In realtà non è che proprio dormì. O almeno, ci provò. Ma poi, piuttosto agitato, decise per accendere il pc e fare una sessione depressurizzante di siti porno, a cui si dedicò con passione un po' sconclusionata. Poi uno squillo, poi un altro. Prese il cellulare e guardò il display.

«Vittoria?» quasi esclamò sottovoce, aprendo la chiamata.

«Questo io l'ho pagato tremila fottuti euro, hai capito?!» urlò dall'altra parte del telefono.

Tommy capì che non stava bene.

«Si, ok, lo hai pagato tremila euro, vuoi una mano per tornare a casa?»

«Voglio che mi scopi cazzo, sei il bagnino e mi devi scopare! Che cazzo fanno i bagnini altrimenti?! Eh?!» continuò Vittoria, con la voce impastata.

«Vengo a scoparti se mi dici dove sei.» replicò lui, per lo meno avrebbe saputo dov'era per andare ad aiutarla. Poi per il sesso, magari vedeva sul momento.

«Ma cosa ne so dove sono? Stupido! È impossibile non vedermi! Sono l'unica che ha addosso cinquemila euro di stracci in questo posto di straccioni! Ehi tu! Troia, l'hai preso da Zara negli sconti quello!»

Seguì una serie di urla quasi incomprensibili. Tommy si alzò e, conoscendo il soggetto, immaginò di trovarla dalle parti del Pineta.

«Ma Gianmarco dov'è?» chiese lui, prima di partire.

«A scopare Diletta, quel pedofilo.»

A Tommy si gelò il sangue.

«Stai scherzando?»

«Di sicuro preferisce le tette di quella bimbetta di nostra cugina. Ma non me ne frega un cazzo. Io la mia roba non gliela presto, capito?»

Tommy, con una gran apprensione, decise che era il momento di lasciar stare siti internet di donnine nude, riporre l'asta nel fodero e trasformarsi in un vero cavaliere, salvando pulzelle ubriache. Senza troppo pensarci, uscì di casa e arrivò in scooter fino al limitare dell'isola pedonale. Era in ciabatte e calzoncini da surf, con una vecchia maglietta su cui forse una volta capeggiava Naruto, le ascelle puzzavano abbondantemente di sudore ormonale. Era l'anti-Milano Marittima. Vagolò nei pressi della discoteca finché non la trovò a discutere malamente con una tizia sui trenta con le tette evidentemente rifatte.

Cercò di staccarla con le buone, ma poi fu costretto a portarla via di peso quando tentò di mollare una sberla alla siliconata.

«Ma che cazzo fai? Sei fuori?» abbaiò lui mentre la allontanava dal casino.

«Ma tu che vuoi?! Chi ti vuole? Non mi portare a casa o urlo!»

Lui la mollò, lei barcollò e gli si aggrappò addosso.

«Manco stai dritta. Stronza.» sibilò lui.

«Te non capisci un cazzo. Proprio un cazzo di nulla.»

«Capisco che sei ubriaca persa e fai gli squilli ai tuoi barboncini in piena notte. E capisco che sono l'unico stronzo che è venuto ad aiutarti, e te come premio mi urli in faccia.»

Poi sospirò.

«Potevi startene al tuo cazzo di bagno da vip. Avevo la metà dei problemi a quest'ora.»

«Vedi che non capisci niente di me. Proprio niente di me. Niente, niente, niente.»

«E allora spiegamelo!» urlò lui, corredando il tutto con una bestemmia.

Vittoria, inaspettatamente, si era afflosciata sulle ginocchia e era scoppiata a piangere. un pianto disordinato e inconsolabile, che aveva messo a disagio Tommy che, lì a due passi in piedi, non sapeva come comportarsi.

«Ti vado a prendere dell'acqua?» alla fine riuscì a spiccicare. Lei annuì tirando su col naso come una mocciosa ai primi raffreddori invernali.

Con gli occhi carichi di pianto e alcol, riservò un debole sorriso a Tommy. Poi si bevve tutta la bottiglietta in tre sorsate. Purtroppo non fu una mossa molto astuta, perché di lì a pochi secondi, si girò verso una aiuola e rigettò tutto, aggiungendovi le consumazioni che aveva trangugiato a ballare, in una cascata dal tenue colore rosa. Il ragazzo provò un senso di pena, specie quando lei piagnucolò per essersi sporcata l'abitino "Da tremila" col quello che aveva nello stomaco. Ma per lo meno, si era svuotata.

«Adesso ci vuoi andare a casa? O vuoi stare qui a fissare il vuoto?» riprese lui.

«Chiamo Giamma.»

«Ma hai detto che è a casa.»

«No.»

«Hai detto che era a casa con... Diletta.»

«L'ho detto perchè ero arrabbiata. Lui è su.» replicò lei, indicando il locale da ballo.

«Vittoria» sbuffò lui «io non so che cappero hai nella testa e non so che problemi hai con tuo fratello, ma te non stai bene. Mezz'ora fa lo hai chiamato "pedofilo" e adesso vuoi andare a cercarlo dentro una discoteca da cui sei uscita vomitando.»

Fu lei a sospirare, in quel caso. Si alzò dicendo «Ho voglia di un bombolone megacalorico. Due. Cazzo.»

E così Tommy la portò in un forno poco distante, dove lavorava un suo compagno di classe ai tempi delle medie. Che fece una faccia stupita vedendolo entrare vestito da "Metto a posto il garage", ma con una così a fianco. Lo stupore aumentò quando Vittoria ordinò due bomboloni che ancora erano tiepidi, e li spazzolò alla velocità di una trebbiatrice. Infine ne ordinò un terzo, e anche questo finì in un batter d'occhio, quasi senza che volasse una parola tra i due.

Il bagnino era abbastanza attonito, e lo fu ancora di più quando uscirono, fecero non più di venti passi e lei si diresse rapidamente verso una aiuola e rigettò tutti e tre i bomboloni. Forse, in una situazione normale, non sarebbe stata nemmeno una cosa così strana, dopo una notte così movimentata. Ciò che mise a dura prova la pazienza di Tommy fu che lei, prima di rigettare, si fosse messa chiaramente due dita in gola.

Lui, bruscamente, le passò la bottiglietta dell'acqua che teneva in mano, guardandola con fare accusatore. Lei bevve due sorsi.

«Non mi fare la predica. Non sei nessuno per farmela.»

«Non voglio farti la predica. Ma devi spiegarmi un po' di roba. Perchè non mi va per niente di fare da babysitter e basta.»

«Mi prendi una pasta vuota, integrale?» chiese lei, con aria colpevolissima.

«Te la vai a prendere!» replicò lui, aggiungendoci una bestemmia in omaggio.

«Giuro. Poi parliamo.» insistette lei, mandandogli un bacino.

Tommy, convinto di essere in una candid camera, rientrò e chiese una pasta vuota integrale, il suo amico Manuel lo perculò dicendo «Per forza che lei la crema la cerca nei bomboloni, te sei diventato salutista con le brioche integrali.»

«Fottiti, Brighi.» rispose il bagnino, che uscì e porse la quarta pasta a Vittoria.

Questa la sbocconcellò, mangiandone poco più che metà, poi gliela consegnò e lui la ingoiò con un unico morso.

«Adesso parli.» ordinò poi, mentre ancora masticava, quell'insulsa brioche integrale.

«Io... sono così.» disse semplicemente Vittoria.

«Te la stai cavando con troppo poco.» abbaiò lui.

«Tommaso, io... io non so spiegarti. Ma io, in un certo senso, io sono legata a doppio filo con Giamma. Io non vorrei, ma a me serve averlo affianco. Sin da piccola, ci doveva essere lui.»

«Ma, anche adesso che sei grande?» chiese Tommy.

«Sì, mi hanno insegnato che dovevo cercare lui se mi sentivo insicura. E io, io mi sento insicura, io mi sento sempre insicura.»

«Tu? Insicura?»

«Tu non puoi capire. Mi sento molto insicura. Non sono bella, non ho seno, non sono intelligente, non sono simpatica. Non sono un cazzo. E tutti quelli che ho vicino me lo ricordano di continuo.»

«Ma non è vero, Vittoria! Ma guardati!»

«Mi guardo, mi guardo bene. Cosa credi? E poi lo so. Giamma stesso ora non perde occasione di dirlo. Non sono bella, non ho il seno. E io... io ci sto male. Vorrei che per lo meno lui... Se me lo dicesse almeno lui io sento che avrei la forza per lasciarmi alle spalle l'insicurezza!»

Una lacrima rigò il volto di Vittoria.

«Ma Giamma guarda le altre, fa i complimenti alle altre, mi dice persino come farebbe sesso con le altre. Ma 'sta cosa di Diletta, mi ha uccisa dentro.»

«Ma quale cosa di Diletta?» chiese lui, piuttosto agitato, «C'entra qualcosa con il pedofilo?»

«Ero arrabbiata! Volevo solo dire che quella stronza di mia cugina ha già un seno incredibile ed ha finito le medie, e Giamma... lui se la guarda, e io non ce la faccio a vedermi superata pure da lei. Non ce la faccio. Non ce la faccio.»

A quel punto, Tommy avrebbe potuto fare un gesto misericordioso, che ne so, abbracciarla, farle una carezza, tirarle su il morale con un complimento, anche innocuo.

Ma era un maschio adolescente, e disse una cazzata.

«Ma quindi, non è che tuo fratello ci va. Con Diletta, dico.»

Lei alzò bruscamente la testa, nel suo sguardo lui ci vide una gran rabbia.

«Sei proprio una merda Tommaso. Mi stai appresso solo per arrivare a mia cugina. Adesso ho capito. Sei proprio una merda.» sibilò lei.

«Ma stai scherzando?» replicò lui, esterrefatto.

«Dovevo capirlo subito. Ma hai pescato male con me, capito?! Tu da me avrai il peggio. Tu da me avrai solo... solo...»

«A come atrocità, doppia T come Terremoto e Traccedia, I come Iradiddio, L come Lacodisangue» ironizzò lui, ma smise in fretta, quando lei, con gli occhi da tigre, prese a tempestarlo di pugni e borsettate.

«Te sei fuori di testa!» le urlò lui, e la piantò lì, tornandosene a casa, arrabbiato nero. Ma per lo meno, quando scese l'adrenalina, si addormentò come un sasso.

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