CAPITOLO 55

MATT

Due mesi dopo.

«Matt?» Spalanco gli occhi, sentendo il lamento strozzato di Alissa.

«Che è successo?» Mi metto seduto e mi volto a guardarla, preoccupato. È seduta sul bordo del letto e mi dà le spalle. «Ehi, zuccherino, che succede?» Mi avvicino e le metto una mano sulla spalla. È completamente sudata, i capelli che le ricadono sulla schiena sono bagnati e la pelle del suo viso è umida. E non credo affatto che sia tutto merito del caldo di fine agosto.

«Non credo di sentirmi bene.» Mormora, stringendosi le braccia attorno alla pancia.

«Cosa? Perché? Che hai?» Scatto in piedi e mi piazzo di fronte a lei.

«Credo...» Alza la testa per guardarmi attraverso le prime luci dell'alba. «Credo di avere le contrazioni.»

«Cosa? No, no è presto. Manca ancora una settimana al termine.» Mi raddrizzo e inizio a girare in tondo per la stanza. Cazzo, cazzo, cazzo. Non ero preparato. Non lo ero per niente. Doveva mancare ancora una settimana. Perché, perché adesso? Senza nessun fottuto preavviso?

«Lo so, ma io credo che ci siamo.» Insiste, ma non la ascolto davvero, troppo impegnato a imprecare contro il destino che non ha rispettato i tempi prestabiliti.

«No, tranquillo, Matt. Manca ancora una settimana.» Provo a tranquillizzarmi, parlando a me stesso.

«Matt.»

«Respira. Bravo, respira, Matt.» Inspiro profondamente, trattengo il fiato per tre secondi e poi lo ributto fuori.

«Matt.»

«Perfetto. Inspira ed espira.»

«Matt!» Sbotta Alissa, e finalmente la mia mente smette di farneticare e i miei occhi si posano su di lei. Il suo viso è distorto in una smorfia di dolore e le sue mani continuano a toccarsi la pancia. Sbatto le palpebre, cercando di analizzare la scena che mi presenta di fronte. Cazzo, la mia fidanzata e futura moglie sta per partorire!

«Cazzo! Cazzo, dobbiamo andare in ospedale.» Mi precipito verso l'armadio e prendo la borsa che da giorni Alissa aveva preparato proprio per un'evenienza del genere. Poi mi tolgo il pigiama e mi infilo la prima maglietta e i primi pantaloni che trovo. Vado in bagno per liberare la vescica e lavarmi i denti, per poi tornare in camera. Prendo dalla cassettiera dei vestiti per lei e la aiuto a vestirsi.

«Come ti senti?» Le domando, mentre le infilo un paio di pantaloni della tuta.

«Bene. Per il momento le contrazioni sono poche e non molto forti.»

«Ok.» Niente è ok! Io sto per perdere il controllo di me stesso, quando invece l'unica cosa che dovrei fare è starle vicino e cercare di non far perdere a lei il controllo di sé stessa. Mi preparo per questo momento da esattamente otto fottuti mesi. Ho frequentato il corso pre-parto con Alissa, ho letto libri e ricerche su internet, ho parlato con la nostra ginecologa. Sono pronto. Eppure non lo sono, caaaazzo!

«Dovremmo chiamare mia madre.» Le trema la voce, si vede che anche lei è agitata. Dopotutto, Alissa è piccola e dalla sua vagina stanno per uscire due marmocchi da circa tre chili l'uno. Sarei agitato anche io.

Ma tu sei già agitato, Matt!

«Sì, giusto, tua madre.» Smetto di allacciarle la scarpa e mi alzo, girando su me stesso alla ricerca del telefono. Mi passo una mano sul viso, mi lecco le labbra secche, mentre i miei occhi continuano a sezionare la stanza pur di trovare il mio fottutissimo telefono.

«Tieni.» Alissa allunga una mano e lo prende proprio da sopra il comodino, dove giustamente è sempre stato. Maledizione, cerca di darti una calmata, idiota.

«Ok, ehm, tua madre. Ok. Ehm...»

«Vuoi che la chiami io?» Alissa si alza, con una smorfia di dolore e tenendosi la pancia con un palmo. Mi prende le mani, completamente tremolanti, tra le sue e le stringe.

«Scusami, io...»

«Non devi chiedermi scusa.»

«Sto andando in crisi e non dovrei. Tu dovresti, e io devo sostenere te. Perché tu non sei in crisi?»

«Amore, sai che è proprio questo che ti renderà un ottimo padre, vero?» Mi domanda, accarezzandomi la guancia.

«Il farmela addosso?» Sono abbastanza scettico al riguardo.

«Se non ti importasse di me, o di loro, non saresti così agitato.» Sorride, in quel suo modo in grado di ridurmi in poltiglia con un solo accenno. E così la guardo. La guardo davvero. Vedo la paura che ha nascosta nei suoi occhi, il sudore sulla fronte, le gambe che le tremano, e il dolore che le dipinge in viso. E solo allora mi calmo. Lo devo a lei. Ho bisogno che lei stia bene e che si senta al sicuro, e non posso farlo se inizio ad andare in panico come un bambino.

«Lo dici solo per non farmi sentire un coglione.» Sorrido e, finalmente, trovo il numero della madre in rubrica.

«Pronto?» Risponde una voce allarmata, come se Emma non stesse facendo altro che aspettare questa chiamata, nonostante non siano nemmeno le cinque del mattino.

«Emma...»

«Oh, mio Dio! Oh, mio Dio! Ci vediamo lì, parto tra dieci minuti!» E mi attacca il telefono in faccia, mentre Alissa mi guarda, confusa.

«Ha detto che ci vediamo lì.»

«Lì, dove?»

«Beh, dal panico nella sua voce, posso dedurre che intendesse l'ospedale.» Ridacchio, pensando a quanto sia completamente fuori di testa mia suocera. «Dobbiamo andare, amore. Per strada chiamiamo le tue sorelle.»

«E tua madre.»

«E mia madre.»

«E mio padre.»

«Anche.»

«E tua sorella e tuo fratello, lo sai che vogliono essere avvertiti subito.»

«Sì, amore, chiamiamo chi diavolo ti pare. Ora, però, datti una mossa. Che ne pensi?»

«Ok.»

Fortunatamente, i due piccoli mostriciattoli hanno deciso di venire al mondo in un orario in cui la città ancora è tra le braccia di Morfeo, per cui, non troviamo affatto traffico fino ad arrivare al St. Andrews. Alissa ha insistito per partorire lì, dal momento in cui conosce praticamente tutti i medici e si fida di loro. Non gliel'ho potuto negare.

Appena arrivati all'ospedale, ad Alissa vengono fatti alcuni controlli e, dopo un'ecografia, la nostra dottoressa decide che, per la posizione per niente favorevole dei due gemellini, sarebbe meglio fare un parto cesareo, piuttosto che naturale. Alissa mi guarda con apprensione, e io le stringo la mano. Ma nel frattempo, mi chiedo chi la stringerà a me, dato che sta tremando in una maniera vergognosa.

«Okay, se crede che sia meglio un parto cesareo, va bene.»

«Bene. Prenoto la sala operatoria, allora. Intanto, Alissa, verrai ricoverata. Matt potrà rimanere con te fino a quando non saremo pronti, va bene?» Le domanda la dottoressa Brooks, poggiandole una mano sulla spalla, con dolcezza.

«Va bene, grazie dottoressa.»

Si congeda con un sorriso, e io e Alissa rimaniamo per qualche istante da soli, senza sapere cosa dire o fare. Lei si morde il labbro, in apprensione, e io la guardo. Il solo pensiero che debba finire in sala operatoria mi terrorizza, ma ho piena fiducia nei medici e so che andrà tutto per il meglio.

Un paio di infermieri entrano nella stanza e ci accompagnano in reparto e, mentre Alissa si sistema sul letto e gli infermieri la aiutano a mettersi un orrendo camice, io aspetto fuori dalla stanza e chiamo Emma per avvertirla del cambio di programma.

Circa un'oretta dopo e contrazioni sempre più frequenti, due tizi con una divisa lilla entrano con una barella nella stanza e ci comunicano che è ora di andare. Gli occhi di Alissa schizzano su di me, che le sorrido per tranquillizzarla.

«Okay, piccola, andrà tutto bene. Non sentirai alcun dolore e senza nemmeno rendertene conto, avrai messo al mondo i nostri due bambini. Io ti aspetterò, insieme ai tuoi genitori e alle tue sorelle, di sotto, nella sala d'aspetto. Va bene?»

«Sì.» Risponde, con voce flebile. «Puoi chiamare Ben e Steve, per favore?»

«Ci penso io, amore. Tu stai tranquilla e non pensare a nient'altro. Ti amo e sei la mia vita, piccola, non dimenticarlo.» Le bacio le labbra e poi il dorso della mano, che ancora stringe la mia.

«Ti amo anch'io.»

Le do un ultimo bacio, prima di ritrovarmi in una stanza vuota, con il cuore che schizza in tutta la gabbia toracica e un peso sullo sterno che mi soffoca. Decido di scendere in sala d'attesa, e tutta la famiglia di Alissa è lì.

«Allora?» Abbie mi viene subito incontro.

«È entrata, non dobbiamo far altro che aspettare.» Le metto un braccio attorno alle spalle e ci mettiamo seduti sulle poltroncine in sala d'attesa. Noah mi dà una pacca sulla spalla a mo' di incoraggiamento, mentre Emma, seduta dall'altro lato vicino a me, mi accarezza i capelli con dolcezza. Invio un messaggio a Ben e uno a Steve, poi appoggio i gomiti sulle ginocchia e nascondo il viso tra le mani. L'attesa è una fottuta bastarda.

«Matt.» Alzo la testa di scatto, ritrovandomi di fronte a Liam "rompicoglioni" Wyatt. Ma il problema è che non sono nemmeno tanto stupito di vederlo lì, di fronte a me, con la divisa blu notte, il camice bianco e lo stetoscopio al collo. Dopotutto, avrebbe potuto fare qualsiasi altro turno, o addirittura riposare, ma il destino ha voluto che ci fosse proprio ora, al lavoro.

«Liam.» Lo saluto, in un misto di rassegnazione e fastidio, mentre lui fa lo stesso con la famiglia della mia fidanzata.

«È successo qualcosa ad Alissa? Perché non sei in sala parto?» Si rivolge a me come se fossimo amici ma, sorpresa, non lo siamo, imbecille!

«Hanno preferito farle il cesareo.» Non ha senso essere maleducato in questa occasione, e poi non voglio faro lo stronzo di fronte a Emma e Noah. Chiamatemi pure vigliacco, non mi interessa.

«Oh, ok. Posso andare a dare un'occhiata, se questo vi può far stare più tranquilli.» Si propone e io vorrei tanto dirgli di no, perché il pensiero che debba fare l'eroe anche in questa situazione, mi dà sui nervi. Ma è di Alissa che stiamo parlando e io ho bisogno di sapere che va tutto bene.

«Sarebbe fantastico, Liam, grazie.» Rispondo semplicemente, perché non ha senso continuare una guerra con lui. Soprattutto, non in questo momento. Alissa sta partorendo i miei figli, maledizione. Ha scelto me, ama me. E questo non potrà mai cambiare.

«Non c'è problema. Vi faccio sapere il prima possibile.»

«Grazie, Liam, sei un tesoro.» Emma gli sorride e si alza per dargli un abbraccio. E, nonostante sappia benissimo che quello è un semplice gesto di affetto ed educazione, un moto di gelosia mi si scatena dentro. Mi mordo la lingua, però, e reprimo i miei sentimenti malsani, ripetendomi che lo sto facendo per Alissa.

Quando Liam se ne va, Emma torna a sedersi vicino a me. «Oh, è inutile che fai quella faccia, Matt. Lo sai che sei sempre stato il mio preferito. Non fare il geloso con me.»

«Non lo faccio.» Borbotto, irritato.

«Ma no, certo che no.» Mi fa l'occhiolino e per poco, molto poco, non scoppio a ridere.

Qualche minuto dopo, vedo Ben e Steve varcare le porte dell'ospedale e, dietro il biondo, mia madre. Ho chiesto a Steve di passarla a prendere nel piccolo appartamento che ha preso in affitto vicino casa mia e di Alissa. Sì, Lily Scott è tornata finalmente a casa. I medici hanno detto che era pronta, ma di non lasciarla troppo da sola, almeno non i primi tempi. Così, la mia bellissima, gentile, altruista, intelligente, stupenda fidanzata, ha proposto di prendere il piccolo appartamento in affitto in una palazzina a due piani a qualche via di distanza dalla nostra villetta. Mia mamma passa molto tempo a casa con noi, viene spesso a pranzo e a volte si ferma a dormire. E, nonostante ci fossimo liberati di Steve da poco tempo e avremmo potuto iniziare a godere della nostra libertà, Alissa si è sempre mostrata super entusiasta di ospitarla in casa nostra. Mamma sta ricominciando piano piano a riprendere in mano la sua vita e, nonostante non lavori ancora, si è trovata qualche hobby e ha fatto amicizia con qualcuno del vicinato. Mi piace vederla così, sorridente e spensierata e impaziente di fare la nonna.

Appena mi raggiunge, mi alzo per abbracciarla e lei mi accarezza la schiena con movimenti circolari.

«Il mio bambino è un uomo ormai.» Mi sussurra con le lacrime agli occhi e un sorriso sincero. Mi dà un bacio sulla guancia e poi saluta il resto della famiglia. I Williams hanno accolto mia madre tra di loro, esattamente come hanno fatto con me. La invitano a ogni cena dove siamo tutti insieme, e questo avviene almeno una volta a settimana. Perché loro sono così, inseparabili nonostante siano separati. E hanno la strana abilità di farti sentire una parte di loro in pochi attimi. E io li adoro, davvero.

«Beh, direi che posso raggiungere Liam per andare a vedere e magari tranquillizzare un po' la mia piccola ragazza.» Dice Ben, e mi guarda con un sorriso soddisfatto. «Ti faccio sapere, Matt.» E poi, come una fottuta diva sul red carpet, se ne va, trionfante, sapendo di aver vinto almeno questa battaglia. Harper ridacchia e io metto il broncio. Tutti, tutti possono stare con la mia ragazza in questo momento, tranne me. E tutto questo perché non sono un cazzo di medico, o un infermiere. O, vaffanculo, qualsiasi altra persona con un accesso a una sala operatoria.

"Per il momento, procede tutto per il meglio. Qualche minuto e sarai padre di una bellissima bambina." Mi scrive Liam e io comincio a mangiucchiarmi le unghie. Cazzo, sta per nascere la mia piccola.

Dopo esattamente sette minuti – e lo so, perché non faccio altro che fissare il telefono –, arriva un nuovo messaggio. Stavolta, di Ben.

"Congratulazioni, papà, Ivy Scott è bellissima e, ovviamente, ha ripreso tutto dalla madre."

Scoppio a piangere, lasciandomi andare contro lo schienale della poltroncina e coprendomi gli occhi con un braccio per nascondermi.

«Che è successo?» Domanda, allarmata, Harper.

«Ivy è nata.» Mormoro, con la voce rotta e le lacrime che non si arrestano.

«La cuginetta!» Urla Sophie, arrivata qualche minuto fa, insieme a Dylan. Emma mi abbraccia, mentre sento gli altri tirare sospiri di sollievo o ridere, felici.

"Ed ecco anche Connor! È bellissimo anche lui, ma spero che non sia stronzo quanto te. P.S: Alissa sta bene, è stata bravissima."

Il messaggio di Ben arriva circa quindici minuti dopo il primo e, finalmente, mi lascio andare a un respiro profondo e il nodo alla gola mi lascia respirare.

Quando finalmente posso rientrare nella camera in cui hanno ricoverato Alissa, i miei bambini non ci sono ancora. Sono impaziente di vederli, capire come sono, studiare i loro lineamenti, sentire i loro versi, osservare i loro movimenti impacciati.

«Ehi.» Mi accoglie Alissa.

«Ehi.» Mi avvicino al letto e mi piego su di lei per baciarle la fronte. «Come stai, amore?» Mi siedo sul bordo del letto, accanto a lei.

«Sono bellissimi, Matt.» Mi dice, con gli occhi che le brillano.

«Non ho mai avuto dubbi al riguardo.» Le accarezzo la guancia e lei si lascia andare contro il mio palmo. «Quando ce li porteranno?»

«Presto. Dovevano lavarli e vestirli, e fare loro qualche analisi, credo.»

«Okay. Sei stata bravissima lo sai?»

«Non ho fatto niente, Matt. Non sentivo nemmeno più il mio corpo dall'ombelico in giù, ma sono contenta che Ben fosse vicino a me. Mi ha fatto praticamente una telecronaca di quello che stava succedendo.»

«Immagino che non abbia chiuso la bocca nemmeno per un momento.»

«Nemmeno uno.» Ridacchia e io sorrido. È tremendamente bella.

Qualcuno bussa alla porta e io e Alissa ci voltiamo per vedere chi è. Un infermiere fa capolino, sorridendo. «Ci sono due personcine che vorrebbero vedervi.» Ci comunica, con un occhiolino.

Scatto in piedi, con il cuore a mille e la mano sudata che continua a stringere quella di Alissa. Mi lecco le labbra, improvvisamente secche, mentre deglutisco per scacciare il nodo nella mia gola. E quando l'infermiere entra portando con sé due lettini, il cuore mi sprofonda nello stomaco e i miei occhi si bagnano. Sbatto le palpebre per scacciare le lacrime, perché no, non piangerò anche in questo momento. Sorriderò, piuttosto, e mi mostrerò sicuro.

L'infermiere prende in braccio Connor, che indossa un body celeste chiaro, e lo dà ad Alissa, che scoppia a piangere appena lo prende. Io mi focalizzo su di lui, sui suoi occhi scuri, sulle mani minuscole e la quantità di capelli esagerata per un piccolo esserino come lui. Osservo le sue dita dei piedi arricciarsi e scalciare in aria, in movimenti impacciati e buffi. E le sue espressioni facciali, mentre strizza gli occhi e apre e chiude la bocca.

Continuo a fissarlo, imbambolato, fino a quando la voce dell'infermiere che chiama il mio nome dolcemente non mi distrae. Lo guardo, mentre allunga le braccia in modo che prenda Ivy tra le mie.

Con le mani che mi tremano e il cuore che non so più se si trovi ancora nel torace o nell'addome, la faccio scivolare tra le mie braccia e lei emette un versetto che mi rimbomba nella testa. I suoi occhi grandi – che sembrano enormi come quelli di sua madre – incontrano i miei e, a quel punto, quel maledettissimo punto, non riesco più a trattenermi. Una lacrima sfugge al controllo dei miei occhi e mi solca la guancia.

Sono ipnotizzato dalla bellezza di mia figlia e già completamente innamorato. E solo allora, mi rendo conto che le mie paure erano del tutto infondate. Mi è bastato vederli, entrambi, per avere la certezza che io farò di tutto pur di proteggerli e che la mia vita e le mie esigenze verranno sempre dopo di loro.

Alzo la testa e incrocio i meravigliosi occhi di Alissa, che mi fissa, con un sorriso sulle labbra.

«Sei bellissimo, in questo momento.»

«Tu sei bellissima, in questo momento.»

«Vieni qui.» Con un cenno del mento, indica il punto del letto accanto a lei e io mi accomodo, con la schiena contro la spalliera. Le prendo la mano, mentre con le braccia libere continuiamo a tenere i nostri bambini.

«Ti amo da morire.» Mi abbasso e la bacio.

«Ti amo da morire anch'io.» Sorride e rimaniamo così, a coccolare i nostri piccoli, tra baci e carezze e amore. Puro e semplice amore.  

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Buonasera, come state?

Nuovo capitolo! Fatemi sapere che ne pensate nei commenti!

Vi comunico che il prossimo, sarà l'epilogo, quindi l'ultimo capitolo T.T

Buona lettura! Vi adoro <3

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