CAPITOLO 53
MATT
Sei mesi dopo.
«Oh, andiamo amore, sei ancora a letto?» Alissa mugugna qualcosa di incomprensibile, ancora palesemente nel mondo dei sogni. Mi siedo sul bordo del materasso, accanto a lei, e le accarezzo il viso, scostandole qualche ciocca di capelli ribelli. «Avevi detto che ti stavi alzando... un'ora fa.» Sussurro sulle sue labbra, prima di lasciarle un bacio lungo e delicato.
Lentamente, apre gli occhi e sbatte le palpebre per tentare di capire dove si trova e che sta succedendo. Aggrotta la fronte e una piccola ruga le si forma tra le sopracciglia. Non è mai stata più bella di così. La gravidanza l'ha resa ancora più perfetta, conferendole una luce nuova che riesce ad abbagliarmi ogni volta che la guardo.
«Che ore sono?» Borbotta, strofinandosi gli occhi assonnati con le dita.
«Le nove.»
Spalanca le palpebre e si mette a sedere di scatto, costringendomi a fare lo stesso. «Oh, cavolo, sono in ritardo!» Strilla, mentre si scosta il lenzuolo dalle gambe e fa per scendere, ma la pancia non le rende le cose molto facili.
«Ehi.» La fermo, posandole i palmi sui fianchi. «Con calma, zuccherino, direi che hai ancora diverse ore di margine prima della cerimonia di oggi pomeriggio alle cinque.» Alzo un sopracciglio e lei sbuffa, infastidita.
«Stanotte non riuscivo a trovare una posizione per dormire.» Si lamenta, accoccolandosi tra le mie braccia, con il viso sul mio petto.
«Lo so.» La sentivo rigirarsi in continuazione nel letto e io non sono riuscito ad addormentarmi fino a quando non è crollata e ha smesso di muoversi. Questa mattina la mancanza di sonno si è fatta decisamente sentire e ho quasi rinunciato all'idea di alzarmi così presto per andare a ritirare in tintoria i nostri abiti per il matrimonio.
Avrei potuto andarci più tardi, certo, non fosse che ho ancora due o tre milioni di giri da fare e devo andare a prendere Harper per portarla a casa di sua madre, dove l'attende il suo meraviglioso abito da sposa e un team di truccatrici e parrucchieri. Ma, ehi, è questo che fa un ottimo testimone e il perfetto fidanzato di una donna incinta.
Lo schiavo.
Ma oggi è il grande giorno e, anche se non so se riuscirò ad arrivare a fine giornata senza essere stato prosciugato di tutte le mie energie, il mio lavoro da miglior testimone del pianeta finirà a mezzanotte di questa calda giornata di fine giugno. E finalmente, la mia fidanzata accetterà di diventare la mia cazzo di moglie. O almeno è quello l'obiettivo.
«Ho paura di fare loro del male, di schiacciarli, non so.» Sbuffa e strofina il naso sulla mia maglietta.
«Sono convinto che loro stiano piuttosto bene, amore.» Mi abbasso e bacio la sua pancia enorme. Dopotutto, ne contiene ben due.
Ebbene sì, la prima ecografia ha rivelato che Alissa non aspetta un figlio da me, bensì due. E io sono quasi svenuto nell'apprendere la notizia.
Ma mi sono trattenuto e sono riuscito a uscire dall'ospedale con le mie stesse gambe. Un grande successo, tutto sommato. Anche se la parte in cui la dottoressa mi ha dovuto far sdraiare sul lettino del suo studio e alzarmi le gambe in aria per evitare che cadessi di faccia sul pavimento, è stata piuttosto imbarazzante. Soprattutto, con Alissa che non riusciva a smettere di ridere. Me lo rinfaccia ancora.
Ma nulla, e dico nulla, ha potuto fare la dottoressa durante la seconda ecografia, quando ci ha rivelato il sesso dei due piccoletti. «Un maschio» Ha esordito tutta sorridente, e io sono letteralmente saltato su dalla poltroncina, in preda a un'euforia cieca. Lo sapevo. Ma avevo dimenticato che erano due. «E una femminuccia.» Ha continuato la dottoressa, addolcendo la voce e guardando le lacrime di Alissa. La mia euforia è calata a picco e, per la prima volta in quattro mesi, mi sono sentito totalmente inadeguato al compito. E mi ci sento tuttora. Come farò a proteggere la mia piccola principessa? Ma Alissa è un essere straordinario, che riesce a tranquillizzarmi in qualsiasi situazione e per qualsiasi cosa e mi ha assicurato che lo faremo insieme. Spero solo di non essere un padre di merda come il mio e tutto andrà maledettamente bene.
«Sei andato a prendere i vestiti?» Mi domanda, scostandosi da me per alzarsi sul letto.
«Sì.» Le indico la porta, dove ho appeso il mio smoking e il suo abito oro mozzafiato. Me la immagino già quella scollatura vertiginosa metterle in risalto quelle tette, ormai enormi. I piccoli seni di Alissa ormai sono un mero ricordo e a volte mi mancano. Tranne quando posso affondare tra le sue tette gonfie fino a soffocare. No, in quel caso non mi mancano per niente. Ma la verità è che a me Alissa piace in qualsiasi modo, con qualsiasi cosa addosso, e in tutte le sue sfaccettature.
«Ok, bene. Ci siamo. Tu devi andare e io devo prepararmi. Alex arriverà tra poco per darmi una mano.»
«Davvero devo aspettare stasera per vederti nel tuo abito sexy?» La raggiungo e la stringo da dietro, poggiandole i palmi sulla pancia per accarezzarla da sopra la sua camicia da notte.
«Sì.» Lascia andare la nuca contro la mia spalla e si abbandona alle mie carezze. Io sono già terribilmente duro.
«Non è giusto.» Mi lamento, mentre strofino il naso su e giù sul suo collo liscio. Dio, quell'odore di cocco sulla sua pelle riesce a farmi perdere il controllo di me stesso. Non arriverà mai il giorno in cui mi abituerò a questo odore.
«Dovrai fartene una ragione, suppongo.» E intanto spinge il suo sedere contro il mio uccello, emettendo un basso gemito che mi fa vedere le stelle, appena si rende conto che sono già pronto per lei. Inizialmente, quando la sua pancia è cominciata a crescere, avevo paura a darmi troppo da fare perché credevo che avrei potuto fare male ai due piccoletti e, nonostante Alissa mi avesse assicurato che non rischiavano nulla, ho preferito esserne sicuro parlandone con la nostra ginecologa. E quando lei mi ha dato il via libera, abbiamo ripreso a darci dentro di brutto. Ma ultimamente Alissa è sprofondata in uno stupido loop dove si sente troppo grassa e molto poco attraente anche solo per fare sesso. Certo, il settimo mese di gravidanza non è una passeggiata e il pancione diventa quasi ingestibile, ma quando sei incinta di due gemelli, la situazione è ancora peggio.
«Dio, piccola, come mi ecciti.» Le mordo una spalla e lei fa una risatina, voltandosi verso di me.
«Smettila.» È rossa in viso, perché nonostante tutto, ancora non riesce ad affrontare senza imbarazzo i miei complimenti o il mio linguaggio schietto e senza giri di parole. So che le piace, da morire, ma non riesce a non arrossire in maniera esagerata. Le alzo il mento, perché al momento il suo sguardo è puntato sul pavimento, e io non voglio – mai e per nessun motivo – che si senta insicura. «Sei bellissima, lo sai, vero?»
«Sì.» Ma il suo linguaggio del corpo grida un fottuto "NO!". Posa gli occhi su tutta la stanza, tranne che sui miei e si muove a disagio. Ancora fa molta fatica ad accettarsi e con la gravidanza, le sue insicurezze sono addirittura peggiorate. Ma io non demordo tanto facilmente e continuerò a ripeterglielo in eterno, se dovesse essere necessario. Fa parte di una delle regole fondamentali del manuale del perfetto fidanzato di una donna incinta. O di una donna e basta. «Ora vai, mia sorella ti starà aspettando.»
«Va bene. Ma chiamami se hai bisogno di qualcosa, ok?» Mi abbasso e la bacio, assaporando quelle labbra morbide. E anche oggi, l'unica cosa che vedrà il mio povero Matt Junior sarà la mia fantastica mano. Evviva!
«Ok.» Sospira, appena mi allontano. Poi prendo il mio smoking e vado a fare il mio sporco dovere da testimone. Anche se ho la vaga impressione che alla fine Harper se ne sia un po' approfittata e mi abbia assegnato compiti che nemmeno mi spettavano. Ma credo di essermelo meritato, dato che per i primi mesi ho fatto finta che questo giorno non sarebbe mai e poi mai arrivato e l'unica cosa da testimone che ho acconsentito di fare è stato andare a scegliere l'abito. Che poi, il mio parere è stato completamente inutile in quell'occasione.
Quando arrivo sotto casa di Harper, lei è già sul marciapiede che mi aspetta insieme a Sophie. Lei ha il prezioso compito di portare le fedi con il suo abitino principesco, bianco come quello di sua madre. La piccola peste sa già che la vera star della giornata altri non sarà che lei.
Harper scatta appena mi vede. Prende Sophie per mano e si precipita verso l'entrata posteriore della macchina, per montare il seggiolino e allacciare sua figlia.
«Ce l'hai fatta!» Sbraita quando entra in macchina, sedendosi sul sedile del passeggero.
«Buongiorno anche a te, principessa.»
«Siamo in ritardo.» Incrocia le braccia al petto e mette il broncio.
«Di un minuto e mezzo.» Concordo, lanciando un'occhiata all'orologio.
«Sai quante cose si possono fare in un minuto e mezzo?» Mi urla contro, con gli occhi spiritati. Sembra una psicopatica, giuro.
«Qualcuno oggi è un tantino suscettibile.» Mi volto verso Sophie e le faccio l'occhiolino, facendola ridacchiare.
«Chiudi la bocca e parti, Matt.»
«E va bene, Psycho.»
«E non chiamarmi Psyco!» Sbraita, poi scoppia a piangere. Oddio. Rimango per un attimo allibito, prima di riprendermi e capire quello che sta succedendo.
«Ok, stai dando di matto, ho capito.»
«Mammina, ma che succede?»
«Niente, piccola peste, tua madre ha solo bisogno di sfogarsi un po'.» Levo le mani dal volante e mi volto con il corpo verso di lei, appoggiando la schiena allo sportello chiuso.
«Faremo tardi.» Singhiozza la mia migliore amica in panico pre-matrimoniale.
«Possiamo permetterci di posticipare tutto di dieci minuti.» Scrollo le spalle e lei mi guarda con i suoi occhi marroni pieni di lacrime. È la prima volta che la vedo piangere. Nemmeno quando si è lasciata con il papà di Sophie l'ho vista crollare in questo modo. «Avanti, vieni qui.» Allargo le braccia e lei ci si butta come se ne dipendesse la sua vita. Sorrido a Sophie per tranquillizzarla, e lei ricambia poi si mette a giocare con le due barbie che si è portata dietro.
«Hai presente quando non credi di meritare tutto quello che di bello sta accadendo nella tua vita?» Domanda, con la voce rotta. Tutti i dannati giorni. Non merito quello che Alissa mi regala ogni giorno. La nostra famiglia. Il suo amore. La sua dolcezza. Le risate. Ma non rispondo, perché non è quello che Harper vuole sentirsi dire. Così la lascio semplicemente continuare. «Sai di non meritarlo e che prima o poi finirà. E allora la aspetti, la fregatura. Ma quella non arriva mai. E tu continui ad aspettarla, perché non può essere successo proprio a te. È semplicemente impossibile e tutto troppo perfetto. E quindi rimani con quell'ansia, quella che ti avverte di non sperarci troppo perché finirà.»
«Sai cosa? Sì, so di cosa stai parlando. Quella sensazione di inadeguatezza. Ma...» La prendo per le spalle e le faccio alzare la testa dal mio petto. «Ma se c'è una persona che si merita tutto questo, sei tu, Harper. Sei una mamma, una lavoratrice, una fantastica figlia, una splendida sorella, una meravigliosa amica e una straordinaria fidanzata. Quindi no, non ci sarà nemmeno una fregatura questa volta, perché tu te lo meriti.»
Mi sorride. «Da quando sei diventato così sentimentale?» Non le rispondo, mi limito ad ammiccarle. Scoppia a ridere, ancora con gli occhi bagnati dalle lacrime e si lascia cadere di nuovo sul suo sedile.
«Beh, almeno hai smesso di piangere. Non credo che consolarti rientri nei miei compiti da testimone.»
«Scherzi? Quello è il principale! Regola numero uno: "Tenere a bada la sposa quando dà di matto".» Ridiamo, poi torna seria. «Grazie. Sei un ottimo testimone.»
«Bene. Ricorda di dirlo anche a tua sorella.»
«Sei proprio uno stupido.» Ride e finalmente si rilassa sul sedile, mentre io metto in moto e l'accompagno a casa di sua madre.
Quando arriviamo, la casa è un via vai di gente sconosciuta. Una ragazza minuta è ferma all'entrata con una reflex appesa al collo e si fuma una sigaretta, che si sbriga a spegnere appena Harper raggiunge il portico.
«Ah, tesoro! Sei arrivata!» Emma si precipita giù per le scale e ci viene incontro. «Avanti, ti stanno aspettando tutti.» La prende per il braccio e la trascina al piano di sopra.
Intanto, io mi occupo di parlare con la fotografa, do ai fiorai le indicazioni per la sistemazione dei fiori in giro per la casa, e infine mi improvviso anche critico culinario, assaggiando tutto ciò che i cuochi mi propinano. In conclusione, non ci sto capendo un cazzo, ma la migliore cosa in queste situazioni è fingere di avere tutto sotto controllo.
Quando è il mio turno di vestirmi, Emma mi aiuta con il papillon e la parrucchiera si offre di sistemarmi i capelli, strusciandomisi un po' addosso nel mentre. Cristo santo, alcune persone non sanno proprio trattenersi, nemmeno sul posto di lavoro.
«Ok, Elena, credo che tu abbia fatto un ottimo lavoro. Ma ora, Matt deve andare a prendere mia sorella, la sua fidanzata, a casa.» Non è solo mia l'impressione che Harper calchi molto sulle parole "la sua fidanzata" per far passare il concetto anche a Elena, la parrucchiera. Infatti, questa si allontana subito e la sua faccia diventa più rossa dello smalto che porta sulle unghie.
Mi trattengo dallo scoppiare a riderle in faccia, saluto Harper con un bacio sulla guancia e un "ci vediamo in chiesa" e corro dalla mia ragazza. Smanio dalla voglia di vederla in quel maledetto vestito.
Quando mi immetto nel vialetto privato che porta al nostro garage, suono il clacson un paio di volte per avvertire del mio arrivo. Non abbiamo tanto tempo. La cerimonia è alle cinque e sono già le tre del pomeriggio e, considerato che dobbiamo stare lì almeno un'ora prima – non chiedetemi il perché, vi prego –, siamo già in ritardo. Per evitare che il mio smoking si sgualcisca più del necessario, scendo dalla macchina e mi ci appoggio, nell'attesa che arrivi Alissa.
«Ehi tu, hai per caso visto il mio fidanzato? Credevo che fosse già arrivato.» Alzo gli occhi dal cellulare, ed eccola lì. Il vestito oro, lungo e aderente, mette in mostra tutte le sue curve e fa risaltare il suo bellissimo pancione. I capelli castani le cadono sciolti sulle spalle nude e il trucco nero rimette in risalto i suoi occhi enormi. Dio, rischio di mettermi a urlare per quanto è bella.
«Fidanzato? Non ho visto nessun fidanzato in giro, piccola. E il tuo dev'essere proprio un coglione se fa aspettare una ragazza mozzafiato come te.» Scoppia a ridere, tirando indietro la testa e facendo ricadere i capelli sulla schiena. Mi allontano dalla mia mini con una spinta e le vado incontro per aiutarla a camminare sui tacchi. Non sono molto alti e probabilmente le farà male la schiena tra circa dieci minuti, ma ha insistito per metterli almeno per la cerimonia e toglierli poi alla festa. Gliel'ho concesso, non che io abbia qualche potere decisionale, poi.
«Ciao.» Le brillano gli occhi, mentre mi squadra dalla testa ai piedi.
«Ciao.» Mi abbasso e la bacio, fregandomene del rossetto leggero che ha sulla bocca.
«Sei bellissimo.» Si morde le labbra e mi accarezza la guancia. «E, Dio, i tuoi capelli.» Ah, se sapesse...
Diciamo che ultimamente i suoi ormoni non la rendono del tutto stabile mentalmente. Direi che è in grado di passare dall'euforia più assoluta al tirarmi qualsiasi cosa le passi tra le mani per qualsiasi minuscola cosa la faccia arrabbiare. Per cui, non ho tanta voglia di dirle che la parrucchiera, oltre ai capelli, mi ha toccato praticamente ovunque.
«Perché fai quella faccia?»
«Quale faccia?»
«Hai fatto una faccia strana, quando ho parlato dei tuoi capelli.»
«Non ho fatto nessuna faccia!» Mi difendo.
«Non mi guardi.»
«Cosa?» Sbuffo una risata di scherno.
«Non mi stai guardando, brutto idiota! Di' la verità.» Socchiude gli occhi e si allontana per incrociare le braccia al petto. Mi scruta tanto intensamente da farmi sudare le mani.
«Amore, ti stai sbagliando, te lo giuro non ho fatto nessuna faccia.»
«Bene.» Acconsente. «Lo vedremo.» Poi mi supera e va verso la macchina, mentre io non riesco a reprimere una risatina. Dio, è completamente fuori di testa. E, cazzo, quanto la amo.
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Buonasera! Come state?
Scusate per l'ora, ma ecco un nuovo capitolo, con un piccolo salto temporale. Fatemi sapere che ne pensate nei commenti!
Buona lettura! Vi adoro <3
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