CAPITOLO 51
MATT
L'alba è passata già da un bel pezzo, quando riapro gli occhi, accecato dalla luce del sole. Questa notte non sono riuscito a chiudere occhio, non prima delle quattro di questa mattina. L'intenzione era quella di riuscire a svegliarmi comunque a un'ora decente, ma il sole brilla alto nel cielo limpido.
Alzo un braccio e, a tastoni e ancora con gli occhi abbottonati dal sonno, cerco il mio orologio, dato che il mio telefono è andato. Segna le 12:23.
«Merda.» Mugugno, affondando la testa nel cuscino. Sono nettamente in ritardo sui miei programmi. Balzo giù dal letto e corro in bagno, sfilandomi, nel frattempo, i boxer con cui ho dormito. Apro l'acqua della doccia e, ignorando il fatto che sia ancora completamente ghiacciata, mi ci butto sotto. Un brivido sgradevole mi scuote dalla testa ai piedi, ma lo ignoro. Non ho tempo da perdere. Il solo pensiero che Alissa possa pensare che l'abbia abbandonata a sé stessa e che non voglia il nostro bambino, mi sta facendo odiare completamente me stesso. Mi disgusta. Dio, io lo voglio. Forse non ero consapevole, ma una famiglia con Alissa? Cazzo, credo di non aver mai desiderato niente di più di questo. Siamo giovani, impulsivi, a volte anche tremendamente immaturi, ma siamo noi. Io e lei, insieme, possiamo affrontare tutto.
Mi lavo e vesto velocemente, non prendendomi nemmeno la briga di asciugarmi i capelli. Chi se ne importa se ci sono meno due gradi e la neve a terra, non ho tempo da perdere e al massimo domani avrò un cazzo di raffreddore.
Scendo di corsa giù per le scale, passo in cucina per prendermi qualcosa da mangiare e sul bancone sono ancora presenti i pezzi del mio cellulare distrutto. Perché diavolo l'ho lanciato contro il muro?
«Fanculo.» Borbotto, e corro fuori di casa. Quando mi accomodo nella mia mini e accendo il quadrante, i miei occhi cadono di nuovo sull'ora e sul giorno. Non siamo nel weekend, per cui dovrei essere al mio fottuto lavoro già da svariate ore. Merda!
Mi tocco le tasche alla ricerca del mio cellulare per avvertire che non ho nessuna intenzione di andare in ufficio, ma poi mi ricordo che l'ho distrutto perché sono un imbecille. Decido di fare un salto alla Sutton, giusto per evitare che mi diano per disperso, prima di andare da Alissa.
Appena arrivo al mio piano, la prima cosa che i miei occhi incontrano sono quelli confusi di Cole. Alza un sopracciglio e mi studia dalla testa ai piedi. Probabilmente si starà chiedendo perché indosso una semplice felpa e un paio di pantaloni della tuta, oppure si starà interrogando sulle condizioni pietose dei miei capelli o della mia faccia. O magari si starà solo chiedendo perché sono arrivato al lavoro con quattro ore di ritardo.
«Ben arrivato.» Mi deride, piegando il braccio e dando una sbirciatina al suo orologio.
«Sì, lo so.» Borbotto, precipitandomi verso il mio ufficio.
«Notte in bianco? Tu e Alissa ci date dentro, eh?» Le mie spalle si irrigidiscono, non appena Cole pronuncia il nome di Alissa. È incinta, cazzo. «Il nostro capo è un bel po' incazzato, per la cronaca.» Cole continua a parlare, ma io continuo a ignorarlo, mentre raggiungo il mio ufficio.
«Non posso rimanere.» Lo informo, mentre accendo il pc per inviare una velocissima email al mio capo per informarlo.
«E perché?» Mi domanda, indaffarato, nel frattempo, a inviare un messaggio al cellulare.
«Devo andare da Alissa.»
La mia risposta attira l'attenzione dei suoi occhi scuri su di me. Beh, certo, in teoria io e Alissa abitiamo insieme, quindi non ha molto senso il fatto che io sia venuto qui per tornare poi da lei. Questa maledetta email avrei potuto inviarla benissimo da casa. Quello che non sa è che per colpa mia, Alissa non ha dormito a casa stanotte.
«È successo qualcosa?»
«Nemmeno te lo immagini.»
«No, non ho ancora questa capacità, in effetti.» Si accomoda nella poltrona di fronte alla mia scrivania e io mi accascio sulla mia sedia girevole, mentre mi massaggio gli occhi con il pollice e l'indice.
«Credo di aver combinato un cazzo di casino, Cole.» Ammetto con un sospiro.
«Oh, sì, che lo hai combinato.» Sobbalzo, quando la voce incazzata di Harper mi raggiunge le orecchie. «Dove. Diavolo. È. Il. Tuo. Cellulare?» Mi punta un dito contro ed entra nel mio ufficio sbattendo furiosamente i suoi tacci a spillo sul pavimento. Deglutisco a vuoto.
«Si è rotto.» Ammetto.
«Ti rendi conto di quello che le stai facendo passare, Matt?» I miei occhi scattano verso l'alto a cercare i suoi. Harper si avvicina alla mia scrivania e si abbassa per appoggiarci i palmi sopra, mentre mi scruta con un'espressione arcigna sul viso. Mi odia.
«Lo sai?» Riesco a percepire la confusione di Cole, che alterna lo sguardo tra me e la mia amica.
«Sa cosa?» Domanda proprio lui.
«Certo che lo so! Mia madre mi ha chiamata questa mattina per dirmi che mia sorella sarebbe impazzita da un momento all'altro!» Cazzo.
«Si può sapere che diavolo è successo?» La voce di Cole ci interrompe ancora una volta, ma ancora una volta viene completamente ignorato.
«Vado da lei. Subito.» Mi alzo, dimenticandomi completamente della fottuta email, e mi precipito verso la porta. Harper si piazza di fronte a me e mi mette una mano sul petto per frenare la mia corsa. La guardo con le sopracciglia aggrottate e con le mani che mi tremano dalla rabbia e dall'agitazione, soprattutto. «Devo vederla. Adesso.»
«Devi calmarti prima.»
«Non posso calmarmi!» Sbotto, passandomi una mano tra i capelli. «È incinta, cazzo!» Cole salta su dalla sedia, nemmeno avesse ricevuto una scossa elettrica. Ma Harper non fa una piega, quindi deduco che lo sapesse già.
«Come sarebbe, incinta?» Quello di Cole è un sussurro pieno di sorpresa.
«È incinta, e io mi sono comportato come il solito coglione geloso. L'ho mandata via. E ora ho il fottuto terrore che non voglia mai più vedermi per il resto della sua vita.» La mia voce si rompe, un leggero strato di sudore mi imperla la fronte. «Non posso, non posso perderla, Harper.»
«Lo so.» Mi prende per le spalle e mi attira in un abbraccio. «Ora calmati. Andrà tutto bene. Avete solo bisogno di parlare con calma e senza attaccarvi a vicenda.» Mi accarezza la schiena e io chiudo un attimo gli occhi, mentre la mia bocca lascia uscire un flebile sospiro.
«Sono confuso.» Le parole di Cole mi fanno sollevare di nuovo le palpebre, mentre si butta ancora una volta sulla poltroncina di fronte alla mia scrivania. Sembra un essere senza scheletro. Ha le spalle completamente ricurve, le braccia lasciate ricadere molli sui braccioli. Il suo corpo non emana nemmeno un accenno della sua solita spavalderia.
«Tutto bene, amico?» È piuttosto strano che sia io che glielo stia chiedendo a lui e non viceversa. Perché, merda, sono io che sto per diventare padre. Quasi per la seconda volta in un anno, aggiungerei, cazzo!
«Non ci credo che Alissa è incinta.» Le sue parole mi fanno inarcare un sopracciglio e allontanare alla svelta da Harper, che sembra confusa almeno quanto me dall'atteggiamento di Cole.
«Non ne sembri molto contento.» Faccio il giro della scrivania per arrivargli di fronte ed entrare nel suo campo visivo.
«Certo che no!» Esclama, come se fosse normale. «Cioè, per te sì, certo che sono contento. Porca puttana, ti sei accaparrato uno schianto di ragazza e adesso l'hai anche messa incinta. Ma per lei? Cristo santo, quella povera donna è destinata a sopportare le tue stronzate per una vita intera. Sinceramente, la compatisco.» Ridacchia, facendomi alzare gli occhi al cielo e passare una mano sulla faccia, esasperato. Riesce a scherzare anche in un momento del genere.
«Cole, sei veramente un grandissimo idiota, lo sai?» Interviene Harper, facendolo scoppiare a ridere a crepapelle. Che grandissima testa di... «Allora!» Esclama la mia migliore amica, battendo le mani e mettendo fine al mio insulto mentale verso Cole. «Inserisci questa maledetta password al computer, così Cole potrà inviare un email al vostro capo dal tuo pc. E tu...» Mi punta un dito contro. «Corri da mia sorella, senza perdere ulteriore tempo, prima che ti prenda a calci nei gioielli di famiglia.»
«Perché a lui tocca la bella ragazza e il sesso riparatore, e a me mandare la fottuta email al capo?» Si lamenta Cole. Io scoppio a ridere, perché è veramente un coglione, ma Harper gli tira uno schiaffo sulla nuca e lo ammonisce con uno sguardo omicida. La adoro, cazzo!
«Ok, vado.» Mi fermo di scatto sull'uscio della porta e mi volto verso i miei due amici. «Grazie.» Borbotto, prima di filarmela alla svelta.
Quando arrivo sotto casa di Emma, ho le mani completamente sudate, la bocca secca e il cuore che sta per scoppiare. Le mie scarpe scricchiolano nella neve, mentre mi avvicino al portico. Spero che sia Alissa ad aprirmi perché non avrei nemmeno il coraggio di affrontare un altro membro della famiglia al momento.
Suono al campanello e attendo. Dopo un minuto, suono di nuovo e mi ci attacco per un bel po', nel caso la prima volta non si fosse sentita.
«Merda!» Impreco, rendendomi conto che in casa non c'è nessuno. Infatti, solo ora mi ricordo del turno di pomeriggio in ospedale di Alissa. E probabilmente anche Emma e Abbie sono al lavoro e all'università. «Che cazzo!»
Faccio un giro intorno alla casa, per controllare se qualche finestra è rimasta inavvertitamente aperta, ma siamo nel fottuto mese di dicembre. E io sono senza il cappotto, che ho dimenticato di prendere a causa della mia fretta di uscire di casa. Bravo, Matt, davvero bravo. Tutto questo per non esserti svegliato a un ora decente e per aver rotto il tuo maledetto telefono.
Sconfitto, torno in macchina e rimango lì. Ad aspettare. Sarà un lungo pomeriggio.
ALISSA
Mi risveglio sul divano, dove mi sono addormentata ieri sera. La pelle mi tira a causa delle lacrime che ci si sono asciugate sopra, gli occhi mi bruciano da morire e sento le ciglia appiccicate una all'altra. Mi sento completamente uno straccio, con i muscoli doloranti e la testa in confusione.
Mi alzo dal divano e vado in bagno per lavarmi il viso e gli occhi. Evito di guardarmi allo specchio, perché so già che mi metterei davanti a qualcosa di disgustoso. Provo solo schifo nei miei confronti, mentre ripenso a tutto quello che è successo. Matt non mi ha lasciato nessuna possibilità di spiegarmi, ieri, questo è vero. Ma sono io che l'ho messo in condizioni di credere a qualcosa che non è mai esistito. Gli ho nascosto la cosa più importante. Quella che avrebbe dovuto sapere per primo, e ammetto che l'atteggiamento di Steve e parte delle mie parole potevano essere abbastanza fraintendibili a una persona completamente ignara delle mie condizioni.
Non voglio in alcun modo giustificare Matt. Il modo in cui mi ha trattata ieri sera è stato disgustoso, ma io non sono completamente innocente. Mi sono sentita braccata, accusata, ferita dalle sue parole e il mio cuore non ha retto. Ho preferito andarmene, perché in quel momento non avrei saputo mantenere la mia calma e forse avrei anche peggiorato ulteriormente la situazione. Sempre che fosse possibile.
Quando esco dal bagno, mi trascino verso l'ingresso, dove ho lasciato la mia borsa con dentro il cellulare. Appena lo schermo si illumina, vedo alcune chiamate senza risposta. Due di Matt, un altro paio di Steve. Il mio cuore batte in maniera forsennata, quando leggo il nome del mio fidanzato che mi ha chiamato. Non so se sia sollievo o paura. Si è accorto di aver esagerato, o voleva continuare a insultarmi per sfogarsi ancora? Non lo so, e sinceramente scoprirlo mi terrorizza.
Nonostante tutto, prendo un grande respiro e faccio partire una chiamata al suo telefono. Risponde subito la segreteria, e solo allora mi rendo conto che sono solo le cinque del mattino e che con molta probabilità Matt starà dormendo. Decido di inviargli un messaggio.
"Ho visto solo ora le tue chiamate. Mi dispiace per quello che è successo ieri sera. Non so se tu abbia ancora voglia di parlarmi o di vedermi, ma ho bisogno di dirti una cosa importante che non posso rimandare. Chiamami, appena leggi il messaggio, per favore."
Sospiro, e vado in cucina per prepararmi un caffè, mentre continuo a osservare il telefono ogni due minuti.
Continuo a rimuginare, tanto da non accorgermi nemmeno delle ore che passano. Quando scattano le otto in punto, faccio partire una nuova chiamata al telefono di Matt. Dovrebbe andare al lavoro questa mattina, per cui, presumo che debba essersi già svegliato. Ma la segreteria continua a rispondere ancora al suo posto. I miei messaggi continuano a essere inutili e a non ricevere risposta.
Mi mordo il labbro, sempre più preoccupata. Ho seriamente bisogno di parlargli, di spigargli cosa diavolo è davvero successo, cosa gli sto nascondendo. Ho bisogno che sappia del bambino, e se dopo volesse ancora non vedermi, allora lo lascerò andare. Ma con la consapevolezza di essere stata sincera e di avergli dato la possibilità di scegliere. Il solo pensiero che voglia davvero non avere più niente a che fare con me, mi fa mancare il respiro.
«Rispondimi, ti prego.» Sussurro, mentre faccio partire un'altra chiamata al suo cellulare. Quando sento di nuovo la voce metallica della segreteria, una lacrima mi scivola sulla guancia.
«Ehi.» Sussulto, quando sento la voce di Abbie arrivarmi alle spalle.
«Ehi!» Mi stampo un bel sorrisone sul viso e sbatto le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. «Non eri a casa quando sono arrivata, ieri.» Fingo allegria, perché non voglio essere un peso per la mia famiglia e anche perché ho veramente bisogno di distrarmi.
«No, ero con Evan.» Inizia a smanettare in cucina per prepararsi il suo porridge vegano, ma il suo sguardo è sfuggente e i suoi movimenti impacciati.
«Tutto bene, sis?»
Abbie sospira e si volta a guardarmi. «Mamma mi ha detto tutto.» Confessa, contorcendosi le mani con aria colpevole. «Non voleva, ti giuro. Solo che l'ho trovata in cucina, era pensierosa e sembrava preoccupata e diciamo che sono stata molto persuasiva. Non ti arrabbiare con lei.»
Sospiro. «Non sono arrabbiata con lei.»
«Okay.» Si morde il labbro, come se non sapesse cosa dire o cosa fare.
«Allora? Non mi dici niente?» Mi alzo dallo sgabello su cui ero seduta e mi accarezzo la pancia piatta con i palmi delle mani.
«Mio Dio, non volevo crederci quando mamma me lo ha detto!» Finalmente, si lascia andare a un sorriso enorme e gli occhi le diventano lucidi. «Non puoi nemmeno immaginare quanto sia felice per te, solo che...» Si blocca, come se avesse paura di proseguire. So che sta pensando che la situazione con Matt non sia delle migliori al momento, ma questo non potrà mai cambiare quello che provo nei confronti di questo bambino. Perché sì, sono convinta che sia maschio. Lo sono sempre stata. Nella mia famiglia siamo sempre state tutte donne, ed è il momento di far felice mio padre e regalargli un maschietto.
«Sto bene.» Le assicuro. Abbie mi sorride dolcemente e corre ad abbracciarmi, tenendomi stretta tra le sue braccia esili.
«Arriva finalmente il maschietto!» Esclama, perché lo speriamo un po' tutti, non solo io.
«Ne sono super convinta!»
Abbie si allontana di un passo per potermi guardare in faccia. La sua espressione è di nuovo seria e il groppo nella mia gola è tornato nuovamente al suo posto. A soffocarmi.
«Lui come l'ha presa? Insomma, dopo la storia di Alex, deve essere rimasto completamente sconvolto.» Allunga una mano e mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non lo sa. E non sono sicura che ora come ora voglia saperlo. Non dopo ciò che è successo ieri.»
«Non gliel'hai detto?» Sembra completamente sconvolta.
«No.» La mia risposta è piena di colpevolezza. «Volevo farlo, ma abbiamo litigato. È successo un macello, e ora credo che mi abbia addirittura bloccata al telefono. Non vuole più sentirmi, Abbie.»
«Non dire sciocchezze, Alissa.» Mi rimprovera. «Si sistemerà tutto, lo sai benissimo.»
«Lo spero.»
«Io non ho dubbi.»
Passo il resto della mattinata a tentare di chiamare Matt, fino a quando non arriva il momento di prepararmi per il lavoro. Mia mamma insiste per accompagnarmi con la sua macchina, lasciando la mia nel nostro garage. Dice che non è sicuro che prenda l'auto con questa neve, la testa fra le nuvole e un bambino in pancia. Non so se fosse già chiaro in precedenza, ma mia mamma è l'apprensione fatta a persona. Per cui, so che discutere con lei è inutile. Inoltre, ne approfitto per chiamare di nuovo Matt. Ma niente. Ho inviato un messaggio a Steve, tanto per essere sicura che quei due non si siano ammazzati quando me ne sono andata, ma mi ha risposto che stava bene, che era al lavoro e che mi avrebbe chiamata appena uscito dall'ufficio. Se non altro, sono riuscita a tranquillizzarmi un po'. Non avere nemmeno una notizia di Matt, però, mi sta completamente uccidendo. E francamente, in questo momento comincio anche un po' a preoccuparmi. Lo conosco, so che il suo cervello smette completamente di ragionare quando è arrabbiato. E stavolta credo che sia rimasto molto deluso, più che altro perché non se l'aspettava e si fidava di Steve. La dura impresa sarà spiegargli che tutto quello che ha visto è il risultato di un'amicizia durata anni e non c'è sempre un secondo fine.
Quando mia mamma torna a prendermi a fine del mio turno, di Matt ancora nessuna traccia. Steve ha provato a chiamarmi, ma è stata una giornata troppo piena al lavoro per potermi permettere una chiacchiera al telefono. I pazienti vengono sempre prima di tutto, anche dei miei drammi personali. Hanno bisogno di aiuto, e io sono lì per offrirglielo, non per risolvere i miei problemi.
Durante il viaggio in macchina, mi addormento completamente, troppo stanca anche solo per digitare il numero del mio amico sul telefono. E appena parcheggiamo di fronte casa, la vedo subito. La mini di Matt. È lì. Sussulto e lancio un'occhiata a mia madre, che un po' si incupisce. La capisco. Adora Matt, ma non sopporta di vedere le sue bambine piangere a dirotto.
Ritorno a guardare la mini nera e il mio cuore sembra esplodere. Il mio corpo è scosso da un turbinio di emozioni. Voglio vederlo più di ogni altra cosa al mondo, ma la paura mi riporta con i piedi per terra. Sono arrabbiata, certo, mi ha trattata come una puttana, dopotutto. Ma lo so che non lo pensava davvero. Lui mi ama e me l'ha dimostrato tante volte. In realtà, la cosa che mi frena, è che devo dirglielo. Sono rimasta incinta e ora non posso più rimandare l'inevitabile. Tutto questo non sarebbe mai successo, se io avessi avuto un briciolo di coraggio in più. Ed è arrivato il momento di smetterla di nascondermi.
«Bene.» La voce di mia madre attira la mia attenzione, tirandomi fuori dai miei pensieri. «Ora mi sentirà!» Spalanco gli occhi, ma non faccio in tempo nemmeno a dire una parola che mia madre si è già precipitata fuori dalla mia macchina in direzione di quella di Matt.
«Mamma!» La richiamo, correndole dietro.
«Non chiedermi di starne fuori, tesoro. Lo faccio anche per lui.» Scuote la testa, facendo oscillare il suo caschetto nero. Arriva alla macchina e, proprio nello stesso momento, Matt apre lo sportello ed esce. Dio, com'è bello. È trasandato, indossa solo una tuta e una felpa, ha i capelli spettinati e gli occhi assonnati. Ma è una visione.
«Emma.» Sembra un po' stupito di vederla, come se non si fosse preparato abbastanza ad affrontarla, poi vira immediatamente la testa verso di me, senza riuscire a trattenere un sorriso. Strano. «Ciao, zuccherino.»
Non vorrei, perché sono decisamente incazzata con lui, ma mi è mancato così tanto. La mia bocca si apre in un ampio sorriso ed entrambi facciamo un passo avanti, come richiamati l'uno dall'altra.
«Aspetta un attimo, giovanotto.» Mia madre lo afferra per un braccio e si mette in mezzo tra me e lui. «Non basta uno zuccherino lì e un sorrisino là per risolvere la situazione.» Lo rimprovera con le mani sui fianchi. «Questo non è un gioco, Matt.»
«Mamma!» La richiamo, perché vorrei essere io a dire al mio ragazzo che diventeremo genitori, se non le dispiace.
«Lo so.» Risponde Matt, guardandola negli occhi per poi spostarli dritti sulla mia pancia. Sussulto e ci porto un palmo sopra, mentre lo sguardo intenerito di Matt incrocia il mio. «Lo so.» Ripete. Lo sa. Sa che sono incinta. Non so se ridere o se piangere. Se abbracciarlo o prenderlo a pugni. Lo odio e lo amo.
«E va bene. Va bene.» Acconsente mia madre. «Ti salvi sempre con quella faccia da cucciolo smarrito. Vi lascio parlare, ma Matt...» Socchiude gli occhi e lo fissa. «Non fare mai più una cosa del genere alla mia bambina. Ci siamo capiti?»
«Perfettamente, Emma. Mi dispiace.»
«E fai bene a dispiacerti. Preparo la cena, intanto. E...» Gli punta un dito contro e Matt alza un sopracciglio. «Levatevi le scarpe prima di entrare in casa.»
Mi mordo il labbro per non scoppiare a ridere, mentre un Matt quasi terrorizzato risponde: «Ok, certo, certo. Grazie, Emma.»
Mamma annuisce e ci lascia da soli. Fa freddo ed è buio, ma rimaniamo comunque a fissarci per cinque minuti senza dire nulla. I suoi occhi sono lucidi e si alternano tra i miei e la mia pancia. Sto per scoppiare a piangere da un momento all'altro.
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Buonasera! Come state?
Ecco il nuovo capitolo. Siete pronti per il confronto? Aspetto con ansia la pubblicazione del prossimo capitolo, perché sarà molto tenero. *-*
Buona lettura! Vi adoro <3
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