CAPITOLO 44
MATT
La maratona del sesso, nel letto prima e nella doccia poi, è stata estremamente d'aiuto. Sono riuscito a sfogare tutta la mia rabbia e la mia frustrazione, soprattutto quando la boccuccia di Alissa si è chiusa attorno al mio uccello, mentre l'acqua calda ci cadeva addosso. È stato fottutamente magnifico, niente da dire. Il grande problema, però, è che adesso che sono sceso di sotto e mi preparo un caffè, nell'attesa che Alissa mi raggiunga per andare da Alex, il groviglio di pensieri e preoccupazioni che avevo momentaneamente estirpato dalla mia testa, è tornato a tormentarmi. Fortunatamente, sono solo. Ben è di sopra con Alissa, mentre straparla non so nemmeno di cosa, e Steve è andato in città perché aveva delle cose da fare. Sì, ogni tanto alza il culo dal mio divano anche lui.
Il silenzio amplifica i miei pensieri. Se devo essere sincero, mi sto letteralmente cagando addosso. Vorrei che il test sia positivo, ma allo stesso tempo, che non lo sia. Mi sento pronto per diventare padre, e allo stesso tempo, non mi ci sento. Ci ho messo parecchio tempo ad accettare di aver messo incinta una ragazza differente da Alissa, perché è sempre stata lei la persona di cui sono innamorato. Per non parlare di tutti i problemi che la cosa mi ha creato, la sofferenza che ho subito. Sentivo di star vivendo la vita di qualcun altro, che tutto questo non mi apparteneva. Mi sembrava di essere sbagliato e fuori posto. Ma, nonostante tutto, l'ho accettato. Mi sono assunto le mie responsabilità e ho fatto tutto quello che avrei dovuto. E forse anche di più. E ora, solo l'idea che le mie sensazioni, i miei timori, possano essere veri... Dio, come diavolo è possibile? Ho capito subito l'ossessione che Alex stava covando nei miei confronti, ma farmi una cosa del genere è una cosa da pazzi. E non ho idea di come potrei reagire, se uscisse fuori che quello che aspetta non è veramente mio figlio. E mi ha mentito guardandomi negli occhi, con i suoi pieni di lacrime, assicurandomi di essere stato l'unico per lei prima che rimanesse incinta. Io ci ho creduto come un coglione, fidandomi della sua parola perché, nonostante non provassi niente per lei, non l'ho mai considerata una persona cattiva e con brutte intenzioni. Eppure, ha continuato a vedersi con questo tipo, Logan, che a dire di Alissa è totalmente dipendente dalla cocaina. E questo è uno dei motivi per cui spero che il bambino sia veramente mio, perché non voglio che quel pezzo di merda abbia dei diritti nei confronti di quella creatura che ho imparato comunque ad amare, nonostante non sia ancora nata.
«Matt?» Sbatto le palpebre e mi ritrovo Ben e Alissa di fronte. Mi guardano, confusi e con le sopracciglia aggrottate.
«Sì?»
«A cosa stavi pensando? Ti ho chiamato per tre volte...» Negli occhi di Alissa balena un lampo di commiserazione. So che sto facendo male anche a lei con tutta questa storia, ma io sono un fottuto egoista e voglio che lei rimanga con me.
«A niente. Andiamo?»
«Sì, certo. Possiamo portare Ben a casa, prima di andare da Alex?»
Annuisco semplicemente e mi dirigo fuori da casa, diretto alla mia mini. Entro in auto, faccio un respiro profondo e metto in moto, mentre Alissa e Ben mi raggiungono.
Quando arriviamo di fronte casa di Alex – e ancora mia, se proprio vogliamo essere precisi –, sono un completo fascio di nervi. Nonostante si congeli e il tempo prometta neve da qui a qualche ora, io sto sudando. Mi asciugo le mani sui jeans scuri e mi lecco le labbra completamente secche.
«Matt?» Alissa mi osserva dal posto vicino al mio, ma non le rispondo nemmeno e scendo dalla macchina. Non voglio la compassione di nessuno e in alcun modo voglio che Alissa mi veda fragile come un ragazzino che se la fa sotto dalla paura. Sono un uomo, cazzo. Devo esserlo per lei. Io devo essere il suo supporto e la sua spalla e non deve essere lei quella che si preoccupa per me, come se fosse mia madre. Sto bene, comunque.
«Matt.» Mi chiama, appena mi raggiunge fuori dall'auto. Il suo tono condiscendente e pieno di tenerezza mi fa annebbiare la vista per la rabbia.
«Sto bene, Alissa, non ho bisogno di una cazzo di mamma. So cosa devo fare. Non sono un fottuto ragazzino del cazzo!» Sbraito e lei distoglie lo sguardo per non farmi notare quando le mie parole l'abbiano ferita. Lei è qui con me. Per me. E io la tratto come se fosse una nullità. Ho dei seri problemi, io.
«Va bene, sfogati pure su di me.» Dice, marciando verso di me come una furia. «Sono qui per questo, dopotutto.» Mi si ferma di fronte e si porta i pugni sui fianchi. «Ma sappi che tutti possono avere un momento di sconforto o di paura, Matt. Va bene piangere, stare male, essere terrorizzati. Questo non ti rende meno uomo, ma solo più umano! E so che tuo padre probabilmente ti ha ripetuto per tutta la vita l'esatto contrario, ma lui ha torto!» Cerca di prendermi la mano, ma io l'allontano. Che diavolo c'entra mio padre adesso?
«Cosa ne sai tu di mio padre? Hai avuto la fortuna di incontrarlo solo una volta nella vita.» Sibilo a denti stretti. Non la capisco nemmeno io la rabbia che questo momento mi sta sopraffacendo. So solo che ho voglia di spaccare qualcosa, prenderei perfino a calci la mia auto.
«Sì...» Abbassa gli occhi con aria quasi colpevole, come se mi stesse nascondendo qualcosa. Il mi porta ad aggrottare le sopracciglia e a guardarla con sospetto.
«Che c'è?» Le domando bruscamente.
«Niente.»
Scuoto la testa e mi riprendo molto velocemente, perché qualsiasi cosa non mi stia dicendo, di sicuro può aspettare.
«Sai che c'è? Non mi interessa, Alissa. Sono stufo delle tue stronzate.»
Mi guarda allibita e allo stesso tempo fuori di sé, con gli occhi che lanciano fulmini per nascondere il dispiacere che le provoca il mio atteggiamento del cazzo. Continuo a non darmi una spiegazione del perché me la stia prendendo proprio con lei, ma questo fottuto peso che mi schiaccia il petto non se ne vuole andare e mi sta facendo impazzire.
«Vaffanculo, Matthew.» Mi volta le spalle e si dirige verso casa della sua... molto presto ex migliore amica. Perché più ci penso e più mi convinco che Alex ci ha preso un bel po' per il culo e questo mi fa incazzare dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
«Alissa...» La richiamo, perché quando mi chiama "Matthew" mi fa rabbrividire dalla paura. E anche un po' dall'eccitazione. Cazzo, è così autoritaria quando lo fa. E poi la richiamo anche perché sono un idiota. Ma lei l'ha sempre saputo, e mi ha voluto comunque.
«Non voglio parlarne adesso. Non ti abbandonerò in questa cosa, anche se stai facendo lo stronzo. Quindi, per favore...» Finalmente smette di camminare e si volta di nuovo verso di me. Ha l'espressione ferita, ma comunque determinata. «... smetti di respingermi e permettermi di sostenerti.»
La raggiungo e lei mi allunga la mano, che afferro e con cui intreccio la mia. Lei ne bacia il dorso e ne asciuga il sudore sul palmo sui suoi jeans. Gesù, non la merito.
Insieme, raggiungiamo il portone del palazzo e saliamo al nostro piano. Apro con il mio mazzo di chiavi e, appena mettiamo piede nell'appartamento, notiamo Alex seduta sul divano nel soggiorno. Scatta con la testa verso di noi e si alza in piedi. Ha gli occhi rossi, così come il naso. Non ci vuole un fottuto genio per capire che ha pianto, soprattutto con la miriade di fazzoletti sparsi sui cuscini.
Alex si focalizza su Alissa e il suo viso passa dalla tristezza alla rabbia nel lasso di dieci secondi. Alissa, comunque, non si lascia intimidire e sostiene lo sguardo della sua amica, ma appare molto più tranquilla.
«Che ci fa lei qui?» Alex rompe il silenzio e la sua voce è intrisa di disprezzo. Proprio lei. Che ha rischiato di rovinarmi la vita con una balla di proporzioni cosmiche, è capace di provare disprezzo.
«Credo di avere tutto il diritto di essere qui, Alex. Anzi, credo che sia proprio l'unico posto in cui debba stare.» Ribatte Alissa e, al contrario dell'altra, la sua voce è quasi dolce. Come cazzo fa a rimanere calma e a non prendere Alex per i capelli? Forse perché è incinta... non c'è altra spiegazione, effettivamente.
«Io non credo, Alissa. Questa è una questione tra me e Matt.»
«Una questione tra me e te?» Scoppio a ridere, attirando per la prima volta gli occhi di Alex su di me. «Una questione tra me e te, dici? Ne sei veramente sicura, Alex? Perché sembra proprio che ci sia di mezzo anche un fottuto cocainomane che sostiene di essere il padre del bambino che porti in grembo!» Sbotto e Alex sussulta per durezza delle mie parole e del mio tono di voce. Cristo Santo, sono così arrabbiato che potrei iniziare a sputare fuoco.
«Cosa? No, no... non puoi credere a questo. Non lo farei mai, Matt, devi credermi.» La voce di Alex è supplichevole, ma io non me ne andrò da qui senza un maledetto test di paternità tra le mani.
«Davvero? Perché, cazzo, potrei giurare di essere sempre stato attento con te. Porca puttana, non so nemmeno come diavolo abbia fatto a non pensarci prima!» Grido e gesticolo come un pazzo, tanto che Alex mi guarda con gli occhi spalancati e le braccia incrociate sul petto, come per proteggersi.
«Okay, Matt, adesso calmati.» Alissa mi prende il viso tra le mani per farmi voltare verso di lei. «Sembra... spaventata ora. Cerchiamo di capire, prima di aggredirla.» Mi massaggio gli occhi con indice e pollice e poi mi passo la stessa mano tra i capelli.
«Non ci riesco.» Strizzo gli occhi, cercando di calmarmi ed evitare di prendermela con il muro dietro di me.
«Sì, che ci riesci.» Fa scivolare le mani dal mio viso e poi si volta verso Alex, che trema a ritmo dei suoi singhiozzi e ha il viso invaso dalle lacrime. «Alex...» La chiama e lei alza gli occhi su Alissa.
«Cosa avrei dovuto fare, Alissa? Eh? Cosa avrei dovuto fare?» Alex crolla sulle sue gambe e si accascia sul pavimento, mentre Alissa corre verso di lei e la abbraccia. La scena che ho davanti mi sembra totalmente surreale. Questa donna ha appena ammesso di averci mentito e di aver escogitato un piano che ci ha quasi annientati, e la mia ragazza è in ginocchio che le tiene la testa sul petto e le accarezza i capelli. Credo che vomiterò.
«Quindi lo ammetti? Ci hai mentito, cazzo! Non è mio.» La aggredisco, perché io non mi farò abbindolare dalle sue lacrime.
«Sapevo che fosse di Logan, non volevo ammetterlo a me stessa, ma lo sapevo. Ho commesso solo uno stupido errore. Uno. Tu mi avevi respinto, di nuovo, ed ero ubriaca e...» Alissa le stringe la mano e la guarda con un'aria compassionevole sul viso. Non ci credo, cazzo. Alex continua a mentire, ad accampare scuse e lei la consola. Dio, questo deve un cazzo di scherzo di pessimo gusto.
«Quindi, ora vorresti dirmi che è colpa mia, se te lo sei scopato senza preservativo?»
«No! No, certo che no!» Alex scuote la testa. «Non volevo che lui sapesse che fosse suo. Non volevo che mio figlio vivesse la stessa merda che abbiamo vissuto io e mia sorella. Con un padre tossico e violento. Volevo dargli di meglio, e tu lo eri. Lo sei.» Alissa si asciuga una lacrima che le scorre sulla guancia e inizio a girovagare per il salone e l'angolo cottura. «Mi dispiace, Matt. Non volevo ferirti, te lo giuro. Volevo solo avere una famiglia normale. Volevo che mio figlio crescesse con un padre degno di essere chiamato tale.»
«Cazzo!» Sbraito, dando un calcio allo sgabello di fronte all'isola centrale della cucina, che cade a terra con un tonfo che le fa sussultare entrambe.
«Mi dispiace, Alissa, te lo giuro. Sono stata pessima con te, ma avevo così paura. E so che ti ho fatta stare male, ma l'ho fatto per lui.» Alex si accarezza la pancia e Alissa sbotta a piangere, mentre abbraccia la sua amica. «Ti prego, non odiarmi. Tu e mia sorella siete l'unica cosa che ho.»
«Non ti odio, non potrei mai.» Mi gira la testa. Tutto questo è ridicolo. Alissa avrebbe dovuto urlarle contro, rinfacciarle tutto il dolore che le ha provocato, lasciarla da sola a rimuginare sui suoi errori. E invece, eccola lì, a piangere insieme ad Alex, come se tutto non fosse mai successo. «Dobbiamo fare il test, per togliere qualsiasi dubbio, Alex. E se il figlio dovesse essere di Logan, noi ti aiuteremo. Lui non è in grado di occuparsi nemmeno di sé stesso, figuriamoci di un piccolo essere. Però, devi promettermi che smetterai di vederlo, altrimenti sarà tutto inutile.» Noi ti aiuteremo. Okay, la mia donna è uscita completamente fuori di testa. Che qualcuno la faccia rinsavire.
«Non l'ho più visto da quella notte, te lo giuro. Ci siamo incontrati per caso, un giorno che sono andata a casa a trovare mia sorella. Ha visto il pancione e ha fatto due più due. E allora ha deciso che mi avrebbe rovinato la vita, e che avrebbe fatto lo stesso con mio figlio. Ma io non posso permetterglielo, lo capisci?»
Alissa annuisce. «Sì, io... credo di sì... ora, però, dobbiamo fare questo test. E poi valuteremo come muoverci, va bene? Non sei sola, Alex, non lo sei mai stata.»
«Non credo di meritarmi questo da te.»
Alissa le sorride dolcemente e scosta i capelli bagnati dalle lacrime dalla faccia. «Hai sbagliato, ma lo hai fatto per una ragione. E dimentichi che io ti conosco meglio di me stessa, caccola.» Alex sorride a quel nomignolo e Alissa le asciuga una lacrima. «Sapevo che c'era qualcosa che non andava e, per quanto sia arrabbiata ora, non ti lascerò da sola ad affrontare tutto questo.»
«È per questo che sei sempre stata la migliore tra noi due.»
Io continuo a guardarle con la bocca spalancata, chiedendomi, nel frattempo, cosa cazzo stia succedendo e come diavolo è possibile che la situazione si sia rovesciata in questo modo. Sono confuso, ancora maledettamente arrabbiato, ma non riesco nemmeno a parlare per esprimermi e urlare a entrambe che tutto questo è una follia.
Sono distrutto perché quella che credevo sarebbe stata la mia vita, era solo un'effimera illusione. E non so come sentirmi al riguardo. Sono sollevato perché al novantanove per cento questo bambino non è mio, ma il solo pensiero che quel pazzo tatuato possa metterci le mani sopra, mi fa rabbrividire. Eppure dovrei gioire, per me, per Alissa, per la nostra storia che non avrà più nessun altro imprevisto. Ma non ci riesco.
E per il resto del giorno a casa di Alex, non dico una parola. È Alissa a parlare al posto mio, a spiegare ad Alex che abbiamo preso una casa insieme, mentre lei continua a scusarsi ininterrottamente assicurandoci che non voleva metterci i bastoni tra le ruote, ma che la paura l'ha accecata. Dovrei crederle? Sembra sincera, ma lo sembrava anche quando mi ripeteva che il bambino era il mio.
Guardo Alissa, domandandomi come abbia fatto, e come faccia tutt'ora, a mantenere questa calma. Ha gestito la situazione nella maniera che meno mi aspettavo. Mi sono immaginato urla, litigi, accuse e anche qualche tirata di capelli. Ma questo... non mi aveva nemmeno sfiorato la mente. Alissa prepara un tè, muovendosi per la casa come se fosse vissuta qui per tutta la vita, mentre parla con Alex e la consola come se non si fossero fatte la guerra negli ultimi mesi.
«Che diavolo è successo lì dentro?» Sbotto, appena usciamo dal portone dell'appartamento di Alex. Alissa si volta a guardarmi, perplessa.
«Come?»
«Che cazzo era tutto quell'amore con Alex? Lei ci ha mentito e ci ha rovinato la vita negli ultimi mesi, cazzo!» Sbraito, attirando le occhiate dei passanti. Church st. è una strada molto centrale e altrettanto trafficata, anche se tutti i negozi stanno per chiudere. Alissa sbatte le palpebre più volte, incredula e anche confusa dalle mie parole.
«Ha sbagliato, Matt, ma non per questo merita di essere crocefissa. Ha agito presa dalla paura. Cosa avrei dovuto fare, lasciarla da sola ad affrontare un pazzo cocainomane?» Riprende a camminare verso la macchina e scuote la testa nel mentre. Il che mi fa rizzare tutti i peli del corpo. Mi tratta come se fossi un insensibile, un mostro senza sentimenti che abbandonerebbe una donna incinta con uno psicopatico.
«E io? Non ci pensi a me? Mi ha fatto credere che avrei avuto un figlio!» La ricorro e lei inchioda all'improvviso, facendomi quasi sbattere contro di lei.
«Lo so. So che non deve essere facile per te, Matt. E io ti starò vicino, esattamente come farò con lei. Tu non la conosci come la conosco io. Non sai cosa ha vissuto a causa di suo padre, Matt. Lui era violento, alcolizzato e anche tossicodipendente. È morto di overdose ed è stata Alex a trovarlo in salotto con la bava alla bocca e gli occhi privi di vita e completamente spalancati. E io riesco a capire il motivo per cui ha fatto quel che ha fatto. Nessuno di noi è un Santo in questa storia. Noi abbiamo fatto tanti errori, ma ci siamo perdonati sempre a vicenda. E credo che anche lei meriti la stessa opportunità.» Mi accarezza la schiena e, entrambi, raggiungiamo la macchina e smettiamo di parlare.
Le parole di Alissa mi vorticano per la testa e non mi lasciano nemmeno nel momento in cui siamo al letto, con la sua testa poggiata sul mio petto e il suo respiro caldo e regolare che mi accarezza la pelle. Dorme profondamente, mentre i suoi capelli sciolti mi solleticano la spalla, il suo braccio mi circonda la vita e il suo seno nudo mi preme contro le coste. Continuo a fissarla, perché è bellissima, rilassata e serena. Distolgo lo sguardo da lei solo per prendere il telefono dal comodino e accorgermi che sono già le tre del mattino e che io non ho chiuso un cazzo di occhio. Ho la bocca secca e mille pensieri nella testa. E nemmeno sentire il calore di Alissa e aver fatto l'amore con lei, è riuscito a calmarmi.
Mi libero dalla presa del suo braccio e le faccio appoggiare la testa sul cuscino, mentre mi alzo. Anche Morfeo mi sta prendendo per culo questa notte, quindi tanto vale fare altro. Scendo al piano di sotto e mi rifugio in cucina, trovando Steve dietro l'isola centrale che legge un libro con una bottiglia di birra affianco. Alzo un sopracciglio, un po' confuso dalla strana scena che mi ritrova davanti.
«Che diavolo stai facendo, amico?»
Si leva gli occhiali da vista – che presumo porti solo per leggere, dato che non glieli ho mai visti prima –, sospira e beve un goccio della sua birra. «Leggevo... un libro sull'economia Americana.»
«Oh, cazzo. Fammi provare... questa roba deve essere meglio di dieci gocce di xanax per ritrovare il mio sonno perduto.» Lo sfotto, andando verso il frigorifero per prendere una birra anche per me.
«Ogni tanto potresti anche smetterla di fare lo stronzo, sai?» Ridacchia e io mi appoggio con i gomiti di fronte a lui. Allunga la birra verso di me, e io faccio tintinnare la mia contro la sua. Prima di portarsela alle labbra, fa toccare il fondo della bottiglia contro il ripiano della cucina e io lo imito.
«Perché? È un'usanza italiana?» Gli domando, curioso.
«Spagnola. Qui no apoya, no folla.» Alzo le sopracciglia, in attesa della traduzione. Sono pessimo in spagnolo... e in qualsiasi altra lingua che non sia l'inglese. «Chi non appoggia, non scopa.» Mi fa l'occhiolino e poi beve un sorso della sua birra.
«Oh, merda. Questa me la devo assolutamente segnare. Chissà quante scopate mi sono perso nella vita per non averlo fatto.» Scoppia a ridere, mentre si asciuga le labbra con il dorso della mano.
«Allora, perché non riesci a dormire?» Mi domanda ritornando serio, ma io mi limito a scrollare le spalle. Non ci metteremo a scambiarci confidenze nel cuore della notte come due ragazzine esagitate. «È per Alex? Alissa mi ha raccontato tutto.» E quando sarebbe successo?
«È una situazione del cazzo...» Ammetto. «E mi sta fottendo il cervello.»
«So che ci sei rimasto male che Alissa abbia preso le parti di Alex, in un certo senso. Ma lei è così... segue sempre il cuore e mai la ragione. E non le importa se questo la porterà a soffrire, perché lasciare in difficoltà una persona a cui vuole bene la ferirebbe ancora di più.»
«Lo so.» Sospiro e bevo un lungo sorso di birra dalla bottiglia. «Ho sempre pensato che lo facesse perché era troppo ingenua e non si accorgeva di chi la prendeva in giro. Ma alla fine l'ho capito... Lei non è ingenua, è troppo buona e non porta rancore e sa che vuol dire perdonare.»
Steve annuisce. «E tu? Come hai preso la notizia che molto probabilmente non diventerai padre?»
«Posso essere sincero con te?» Socchiudo gli occhi per studiarlo e mi fa cenno con la bottiglia di proseguire.
«Mi sento... sollevato. Non voglio un cazzo di figlio adesso. Sai, voglio godermi la vita per il momento e non destreggiarmi tra pannolini, rigurgiti e poppate. Ma la storia con Alex mi ha fatto talmente cagare sotto, che non vorrò sentir parlare di figli per almeno i prossimi dieci fottuti anni.»
«Hai ragione, c'è ancora tempo.»
Alissa spunta all'improvviso dall'ingresso della cucina e si schiarisce la voce per annunciarsi. Sembra a disagio e si avvicina a noi con gli occhi bassi, senza nemmeno rivolgermi uno sguardo. Indossa solo una mia maglietta e vorrei farle notare che, cazzo, c'è anche il suo amico in cucina e che le sue cosce sono in bella vista. Ma ora sono più preoccupato dal fatto che non accenna nemmeno a guardarmi, che si siede accanto a Steve e che gli frega la birra per portarsela alla bocca e berla lei.
«Ehi, zuccherino, è tutto okay?» Le domando e, finalmente, i suoi grandi occhi castani si puntano su di me.
«Sì.» mi sorride freddamente e poi si mette a chiacchierare con Steve sul saggio che sta leggendo e che è ancora aperto davanti a lui.
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