CAPITOLO 3

ALISSA

Giorno dieci.

Faccio un respiro profondo e busso alla porta di Alex, il cuore mi martella nel petto.

Ho paura.

Paura che lei mi odi perché mi sono comportata come una stronza totale. Paura che non voglia avere più niente a che fare con me, che non mi possa perdonare.

«Alissa!» Mi accoglie, stupita, aprendo la porta.

«Mi dispiace tanto.» Confesso, ancora sulla veranda.

«Entra.» Scuote la testa e si fa di lato per lasciarmi passare. La seguo fino in soggiorno, dove si volta verso di me a braccia conserte.

«Mi dispiace, Alex. Sono stata un'amica terribile, egoista. Ho pensato solo a me stessa e non a te e alla tua situazione. Scusami. Sono pronta a tutto per farmi perdonare. Farò qualsiasi cosa per i prossimi sette mesi e per il bambino che avrai.»

Sembra riflettere sulle mie parole e, dopo un minuto buono, mi sorride e viene ad abbracciarmi.

«Sono stata una vera cretina.» Ammetto, stringendola contro di me. «Mi dispiace che abbia scoperto di me e Matt così. Avrei dovuto dirtelo. Ma è finita adesso, non l'ho più visto da Miami.» E fa un male cane, ma questo preferisco tenerlo per me. Non voglio che si senta in colpa o in imbarazzo a parlarmi di lui. Sarà parte integrante della sua vita per forza di cose, e magari un giorno saranno anche una vera famiglia. La solita parte di me che non sopporto spera di no, ma quella razionale desidera che sia Alex che suo figlio stiano bene e se per questo entrambi avranno bisogno di Matt, hanno la mia benedizione. Sto cercando di accettarlo. Al momento, non ci sono ancora riuscita, ma mi ci sto impegnando tanto e il fatto di essere qui, a scusarmi, è già un grande passo in avanti, no?

Il petto duole, come qualcuno continuasse a darmici dei pugni in mezzo, proprio sullo sterno, impedendomi, così, di respirare. Lo stomaco brucia, come se, con i suoi succhi gastrici, si stesse mangiando da solo. Ci provo, a respingere il dolore, a fare finta che tutto questo non mi importi o non mi tocchi profondamente, ma fingere è difficile. Così tanto, che mi priva di tutte le mie energie. Vorrei solo chiudere gli occhi e risvegliarmi in un mondo in cui lui è soltanto mio e io solo sua, dove noi non siamo sbagliati e dove possiamo passeggiare per le strade di New York, mano nella mano, senza sentirmi in colpa nei confronti di una delle persone più importanti della mia vita. Ma quel mondo non esiste, giusto?

«Ok. Ora, però, non pensiamoci più. Mi sei mancata.» Alex si stacca da me e mi sorride di nuovo.

«Anche tu. Allora, come va la gravidanza? Come ti senti?» Le domando, accomodandomi sul divano.

«Bene! Ho un po' di nausea, ma in fin dei conti mi sento bene. Tra un'ora ho la prima ecografia!» Mi dice emozionata. Certo, deve essere una delle cose più belle per una donna.

«Oh mio Dio. È meraviglioso! Vuoi che venga con te? Sarebbe fantastico.» Le propongo, euforica. Le ho detto che avrei fatto di tutto per farmi perdonare, e intendo mantenere la mia promessa a partire da adesso.

«No... ehm... andrò con Matt.» Il mio sorriso si spegne di colpo e, se Alex se ne accorge, non lo dà a vedere. Al contrario, è felice. Non riesce a nascondere quel sorriso, quello che le scorto subito in volto, appena mi ha aperto la porta. Stava aspettando lui?

Mi massaggio il petto, proprio lì, dove l'ennesima fitta mi colpisce, facendomi girare la testa.

«Oh... è-è fantastico.» Mento. Dannazione! È vero che le ho appena fatto capire che con Matt ha il via libera, ma non ero pronta a ritrovarmi di fronte al fatto che lui ha veramente deciso di fare le cose come si deve.

Mi lecco le labbra, improvvisamente secche, e deglutisco, cercando di sciogliere il nodo che mi si è formato in gola. Matt l'accompagnerà alla prima ecografia come un vero compagno farebbe. E il problema è che io non mi sarei aspettata niente di meno da lui. Ha giurato che si sarebbe preso le sue responsabilità, e lo sta facendo. E forse è anche un po' per questo che lo amo sempre più. Matt è premuroso, si prende cura delle persone a cui tiene, non si nasconde dietro i suoi errori, al contrario, li affronta a testa alta.

Respiro a fondo, ma l'aria sembra essere a corto di ossigeno.

«Già. In realtà, dovrebbe essere già arrivato.» Fa una smorfia, mentre guarda l'orologio al polso. Quindi, è proprio lui che si aspettava di vedere alla porta al posto mio.

«Oh, ok. Allora, io vado. Insomma... non voglio, ecco, non voglio farti fare tardi.» Farfuglio, mentre mi alzo e mi metto la borsa sulla spalla.

«Puoi farmi compagnia fino a che non arriva. Non mi stai facendo fare tardi.»

«No, a dire il vero... avevo promesso ad Harper che avremmo fatto dei giri per il matrimonio. L'avevo completamente dimenticato.» Alzo gli occhi al cielo e mi colpisco la fronte con una mano.

«Ah, ok.» Mi risponde, poco convinta. Beh, di sicuro la mia scusa è abbastanza stupida, ma non voglio confessarle che non posso vedere Matt perché altrimenti tutte le difese che ho tirato su in questi ultimi giorni con tanta fatica si distruggerebbero a causa di un suo solo sguardo. Devo andarmene, e anche di corsa, prima di ritrovarmi di nuovo dentro una vasca a versare lacrime che nemmeno ho più.

«Vado. Mi chiami dopo, per farmi sapere com'è andata?» Mi avvio alla porta, senza nemmeno aspettare la sua risposta.

«Sì, certo.» Mi segue alla porta, le do un abbraccio rapido e mi dileguo alla velocità della luce.

Appena chiudo la porta alle mie spalle, espiro profondamente e, con le gambe completamente molli e tremolanti, mi avvio in direzione di casa mia. Forse non è stato una brillante idea venire a piedi.

MATT

Tamburello nervosamente le dita sul volante, mentre aspetto che Alex esca di casa. Respiro profondamente, cercando di mantenere la calma. Solo questa mattina ho realizzato che ho oggi avrei visto per la prima volta mio figlio. È totalmente assurdo e la mia testa non si è ancora abituata all'idea. È come se stessi vivendo nel corpo di un'altra persona, una vita che non mi appartiene. Come se stessi affrontando il destino di qualcun altro, perché il mio seguirebbe tutta un'altra strada.

Ho persino sognato un universo parallelo, dove era Alissa che mi porgeva il suo test di gravidanza, dicendomi di aspettare un bambino da me. Ero comunque sconvolto, ma allo stesso tempo, mi sentivo felice. Ero sicuro che con lei al mio fianco, avrei potuto essere un buon padre, non come il mio. Ma poi, ho aperto gli occhi e la realtà mi è piombata di nuovo addosso. Lei non è accanto a me e io ho paura di fallire su tutta la linea.

Alex apre la portiera della macchina dal lato passeggero e mi distoglie dai miei pensieri.

«Ehi.» Si accomoda sul sedile, euforica, e poi si sporge per darmi un bacio sulla guancia.

«Ciao.» Rispondo, forse più freddo di quanto avrei voluto. Non c'è l'ho davvero con lei, ma non riesco ancora ad abbandonare l'idea che sia stata Alex la rovina di tutto. In alcuni momenti, non sento questa specie di repulsione nei suoi confronti, ma appena mi torna in mente tutta la storia con Alissa, non posso fare a meno di provare astio verso di lei. Lo so, è un atteggiamento completamente infantile e anche privo di senso logico, ma è così che mi sento. E non riesco a nasconderlo.

«Sei pronto?» L'entusiasmo nella sua voce mi rende ancora più nervoso, come se lei trovasse la situazione particolarmente divertente, quando io la trovo solo... sbagliata. Sbagliata per me, sbagliata per la mia vita. È terribile essere convinto che questo non sia il mio fottuto destino, ma ritrovarselo comunque sbattuto davanti agli occhi. E oggi sarà così. Dovrò definitivamente smetterla di pensare che questa vita non mi appartenga, che tutto non sia vero, perché lo vedrò con i miei stessi occhi.

«Sì.» Mento, mentre metto in moto la macchina. Non sono pronto per niente. In realtà, me la sto proprio facendo sotto, cazzo.

«Ok. Io sono un po' agitata, ma anche emozionata.» Veramente? Non l'avevo capito, sembra solo che stia andando in gita a Disneyworld.

La guardo di traverso e l'unica cosa che avrei voglia di fare ora è cancellarle quel maledetto sorrisino che ha sulle labbra.

«Sembri felice.» Constato. È troppo allegra anche per essere una donna che si dirige a una fottuta prima ecografia.

«È passata Alissa prima.» Getta la bomba con noncuranza, come se non si rendesse conto che ha appena strappato con violenza un cerotto da una ferita totalmente aperta. Volto di scatto la testa verso di lei e mi si forma un groppo dritto in gola. «Matt, attento!» Riporto lo sguardo sulla strada e inchiodo giusto in tempo a un semaforo, che non mi ero accorto fosse diventato rosso.

«E... come è andata?» Le domando fingendo disinteresse, tornando a guardarla. La mia mano stringe nervosamente il volante, e il caldo improvvisamente è diventato insopportabile.

«Bene. Mi ha chiesto scusa per come si è comportata e abbiamo chiarito la situazione. Era molto dispiaciuta e si è anche offerta di accompagnarmi a fare l'ecografia.» Lei continua a sorridere e io sono proprio incazzato. Quindi, questa settimana non le è servita per prendere coscienza della cazzata che ha fatto. Piuttosto, si è scusata con la sua amichetta. Porca puttana, sto ribollendo dalla rabbia.

«È verde.» Alex indica con l'indice il semaforo, al di là del parabrezza.

Per tutto il resto del viaggio fino all'ospedale, l'unico rumore seccante che le mie orecchie sentono è quello del traffico all'esterno della mia auto. Alex ha smesso di parlare, forse anche per il mio umore nero e per il mio volto cupo. Continua a lanciarmi occhiate preoccupate di traverso e io sto facendo appello a tutte le mie capacità per non perdere la calma.

Parcheggio di fronte l'ospedale, il Saint Andrews, perché ovviamente è il migliore della città. E la stronza che mi ha mollato doveva lavorare proprio qui, anche se credo che non sia di turno, dato che se non è venuta anche lei è solo perché io sarei stato presente, presumo.

Scendo dall'auto e, appena entriamo all'ingresso, mi ritrovo di fronte alla prima persona che non avrei voluto vedere. Anzi la seconda, la prima sarebbe stata Alissa. La seconda è proprio lui. Liam. Perché mi ero quasi dimenticato che anche faccia d'angelo lavorasse qui. Chissà se si è già approfittato della situazione per farsi di nuovo sotto con la sua ex. Forse, nostra ex.

Solo il pensiero riesce a rimescolarmi lo stomaco e a farmi stringere i denti e i pugni.

Liam si dirige verso la nostra direzione, pavoneggiandosi con il suo camice bianco sopra a una divisa blu notte, che non nasconde il suo fisico. Perché, devo ammetterlo, il coglione non è messo male. Se poi aggiungiamo i capelli biondi e gli occhi azzurri, diventa esattamente il sogno proibito di tutto il genere femminile. Fanculo. Non di Alissa.

«Alex!» La saluta, abbracciandola, poi si volta verso di me. «Matt.» Mi guarda dubbioso, forse chiedendosi cosa ci faccia qui, con Alex. Sempre che Bocca di Rosa non abbia già fatto la spia, dato che le piace tanto consolarsi con il suo bel dottorino.

«Matthew, Matt è solo per gli amici.» Rispondo, con un sorriso strafottente, che si spegne appena lui ignora la mia provocazione e torna a guardare Alex. E io che avevo proprio voglia di sfogarmi. Se non c'è il sesso, posso benissimo compensare con una bella scazzottata. Ma, a quanto pare, la mia nemesi non è del mio stesso parere.

«Come stai? Che ci fai qui?» Le domanda, preoccupato.

«Sto bene. Siamo solo venuti a fare la prima ecografia del bambino.» Alex si accarezza la pancia, ancora piatta, facendomi rizzare tutti i peli del corpo. Liam sgrana gli occhi, mentre osserva il suo gesto, chiara indicazione che fosse all'oscuro di tutto. Il che da una parte mi solleva, ma dall'altra mi rende ancora più nervoso. Ora, lui sa che ha la strada asfaltata perché io mi sono tolto di mezzo. E, quando i suoi occhi incontrano di nuovo i miei, quello che leggo conferma la mia teoria. Sembra confuso, ma allo stesso tempo ampiamente soddisfatto e particolarmente felice della notizia.

«Congratulazioni, allora.» Mi porge la mano, con un sorriso scaltro. Serro la mascella, fissandola. Torno a guardarlo in faccia, ignorando il suo falso gesto. Sento gli occhi inquisitori di Alex su di me, così non dico quello che penso ad alta voce, ma mi avvicino all'orecchio del povero illuso di fronte a me.

«Sei veramente un coglione, se credi che adesso lei tornerà da te. Io e Alissa ci apparteniamo e tutta questa cazzo di storia non cambierà le cose. Tu sei sempre stato un fottuto ripiego, perché lei ha sempre voluto me, anche mentre si scopava te. Quindi, fatti un favore, levati dalle palle e stalle alla larga.» Voglio che sappia che, se un giorno Alissa se lo dovesse riprendere, sarebbe solo per pietà e perché io mi sono messo fuorigioco da solo. Lui sarà sempre la seconda scelta, e voglio che ne sia consapevole.

Lo sorpasso, mani in tasca, senza dargli il tempo di rispondermi e ridicolizzarsi maggiormente.

«Alex.» La chiamo, consapevole che è ancora impalata dove l'ho lasciata. Mi raggiunge correndo e insieme raggiungiamo il reparto di ginecologia. L'agitazione e l'ansia cominciano a farsi prepotentemente strada nel mio petto. Respiro a fatica e il cuore non smette di martellarmi nel torace. E alla paura, ora si è unito anche il nervosismo per essermi ritrovato quello stronzo di fronte agli occhi.

Quando la dottoressa ci chiama, entriamo in una piccola sala con un lettino e un macchinario accanto. Alex si sdraia e io mi siedo su una sedia accanto, mentre la dottoressa le fa alzare la maglietta e le cosparge un gel sulla pancia.

Sul monitor appare la figura di uno pseudo bambino, il mio. Rimango imbambolato a fissare lo schermo e non sento nemmeno le parole che escono dalla bocca della ginecologa. Un sorriso si forma sulle mie labbra, è pauroso e magnifico allo stesso tempo.

«Per il momento, va tutto bene. Possiamo ricontrarci tra due mesi per una seconda ecografia.» Ci rassicura la dottoressa.

«E potremo sapere anche il sesso?» La ginecologa mi guarda per un momento, stupita. Forse, pensava che fossi sordomuto, dal momento in cui non ho proferito nemmeno una singola parola per tutto il tempo.

«Sì, dovremmo riuscire a capirlo.» Mi sorride, poi ci stringe le mani e si congeda.

«Oh mio Dio, è stato fantastico! Mi tremano ancora le mani.» Alex si appende al mio braccio e mi guarda con occhi sognanti. Ignoro il rancore che provo nei suoi confronti e le sorrido sinceramente.

«Già.» Confermo, passandole un braccio attorno alle spalle.

Con la mano libera, afferro il telefono e mando un messaggio ad Harper.

"Tutto okay."

Ritorniamo in macchina, molto più tranquilli e rilassati. Almeno, finché Alex non apre di nuovo bocca, facendomi incupire.

«Cosa hai detto a Liam, prima?» Domanda, con voce esitante. Mi blocco, con la cintura di sicurezza in mano, e la guardo. Si osserva le mani, posate in grembo, e muove nervosamente una gamba.

«Niente di importante.» Rispondo semplicemente. Ma, a quanto pare, non le arriva il messaggio che per me il discorso è morto e sepolto.

«Parlavi di lei?» Punta i suoi occhi scuri e truccati nei miei, trasmettendomi tutta la sua speranza che non sia così, mista a rabbia e delusione.

«Non ne voglio parlare.» Piazzo una mano sul volante, e con l'altra metto in moto. Sto per partire, ma poi lei parla ancora.

«Credo che dovresti accettare il fatto che sia finita tra voi. Andare avanti e lasciare che loro vivano la loro vita insieme.» Respiro profondamente, perché non ho veramente voglia di lasciarla qui e farla tornare a casa a piedi. Anche se condividere la sua stessa aria sta diventando parecchio difficile, in questo preciso istante. Perché ha dovuto mettere bocca proprio su questa questione? Cosa vuole da me? Cosa ne sa del mio rapporto con Alissa? Che lei le abbia confessato le sue intenzioni di tornare insieme a quello sfigato?

Mi passo nervosamente una mano tra i capelli e mi lecco le labbra secche.

«Io, invece, credo che dovresti chiudere la bocca, invece di sparare stronzate su questioni che non conosci minimamente e che non ti riguardano.» Sorreggo il suo sguardo e le parlo in maniera dura, quasi sprezzante.

«Forse... mi riguardano, invece. Credo che lei provi ancora qualcosa per Liam e che sia pronta a perdonarlo per quello che le ha fatto.» Mormora, impaurita e con gli occhi lucidi. Sento una stretta al cuore e un conato di vomito mi attraversa l'esofago, per poi sfociare nella bocca. Lascio cadere la fronte sul volante, convincendomi che tutto questo non sia vero. Lei non può averle detto una cosa del genere, non dopo solo dieci maledetti giorni da quando tutto è terminato. Non può essere, è impossibile.

«Cazzo...» Mi strofino la faccia con le mani. «Io penso proprio che non dovresti metterti in mezzo, Alex, sul serio. Non sai nemmeno di cosa stai parlando.» Perché lei non ha la minima idea di cosa ci sia tra me e Alissa. Il nostro, non è un amore come tutti gli altri, è al di là di ogni immaginazione, di ogni regola, di ogni legge. Non puoi capirlo, se non lo hai mai provato. «E ora chiudi quella dannata di bocca o, ti giuro Alex, che ti faccio scendere e prendere un cazzo di taxi per tornare a casa.» La minaccio e lei abbassa gli occhi a terra. Rimaniamo in silenzio per tutto il tragitto e a malapena la saluto, quando la faccio scendere di fronte casa sua.  

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