CAPITOLO 2
MATT
Giorno uno.
«Matthew!» La voce insopportabile di mio padre mi trapana le orecchie, mentre ancora sono nel mondo dei sogni. Se il buon giorno si vede dal mattino, allora oggi deve essere proprio una giornata di merda, dato che la prima cosa che hanno sentito le mie orecchie è la voce di quello stronzo. «Matthew!» Mi chiama di nuovo, sbattendo un pugno sulla porta.
«Fanculo...» Borbotto, nascondendo la testa sotto il cuscino.
«Vestiti e raggiungimi in cucina.» Ordina, con il suo solito modo arrogante che mi fa venire voglia di alzarmi solo per poterlo prendere a pugni.
«Che cazzo vuoi?» urlo, ma non mi risponde. Prendo il cellulare tra le mani e mi accorgo che sono appena le otto del mattino, e io non ho intenzione di svegliarmi prima di mezzogiorno, dato che questi sono i miei ultimi giorni di ferie.
«Alzati. Ti devo parlare.» Serro le labbra e la mascella, per evitare di mandarlo nuovamente a quel paese, e stavolta però, guardandolo dritto in faccia. Così, l'unica risposta che mio padre riesce a ricevere è il rumore della porta del bagno che sbatto con tale forza che avrei potuto romperla. Solo lui riesce a farmi infuriare così, solo dicendo di alzarmi dal letto. È tornato stanotte e nemmeno ci siamo ancora visti, e già mi ha mandato il sangue dritto al cervello. Neanche il tempo di dirgli "ciao" e già vorrei spaccargli la faccia.
Il mio umore è già molto precario, al momento, e potrei perdere il controllo da un momento all'altro. Cosa che non faccio, però. Mi preparo, come mr. Rompicoglioni mi ha ordinato, e lo raggiungo in cucina.
Appena entro, il mio telefono vibra nella tasca dei jeans e mi affretto a controllare chi sia. Il cuore mi batte, ma non è lei. No, è Alex, la futura madre del mio futuro figlio.
Cazzo.
Credo che il mio cervello non abbia ancora immagazzinato l'informazione perché sono stranamente tranquillo. Come se non fosse appena scoppiata una fottuta bomba atomica a rovinare la mia vita.
Alzo un attimo gli occhi dal telefono per osservare mio padre, con i capelli brizzolati ben sistemati con il gel e rigorosamente in doppiopetto, che legge un giornale e sorseggia un caffè. E non posso fare a meno di chiedermi che cosa ne penserebbe di tutta questa assurda storia. Cosa direbbe del fatto che ho messo incinta una poveraccia, come la definirebbe lui, una tatuatrice per giunta. Una molto lontana dai suoi standard, dalla ragazza modello che vorrebbe che sposassi e con cui mettessi al mondo un piccolo erede per mandare avanti il grande impero degli Scott, quando lui non ci sarà più. Non è riuscito a incastrare né me, né mio fratello Aiden e questo lo fa imbestialire. Così, spera di poter fare affidamento su un piccolo pargolo che manipolerà fin dalla nascita, senza nessuno che gli metta i bastoni fra le ruote, come nostra madre faceva per proteggere me e mio fratello.
Mi scappa una risata, perché mi immagino la sua faccia quando vedrà per la prima volta Alex. Piena di tatuaggi e con un septum al naso e un piercing dritto tra le tette. Sarà un cazzo di affronto, per lui, e questo mi diverte tantissimo.
"Possiamo vederci, oggi? Vorrei parlarti."
Leggo il messaggio di Alex e sospiro. Non ha fatto in tempo a dirmi che è incinta che già vuole mettermi in catene. Lo so che le ho promesso che le sarei stato accanto e che mi sarei preso le mie responsabilità. Ma con calma. Ho bisogno di tempo per riprendermi dalla notizia e questo significa che non la voglio vedere, non ora. Voglio solo uscire con i miei amici coglioni e ubriacarmi fino a svenire.
"Okay. Tra mezz'ora sono da te."
Le rispondo, nonostante tutto. Ci vedremo per dieci minuti e metteremo in chiaro le cose. Probabilmente questo glielo devo, non posso tirarmi indietro.
«Allora, che vuoi?» Domando a mio padre, mettendo il telefono di nuovo nella tasca posteriore dei jeans.
«Hanno chiamato dalla clinica...» Esordisce, portandosi la tazza alle labbra, senza staccare gli occhi dal suo cazzo di giornale. Mi irrigidisco. «Vostra madre ha avuto un'altra crisi. Dovreste andarla a trovare, tu e i tuoi fratelli.»
Deglutisco.
Respiro a fondo.
Mi calmo e evito di prenderlo a pugni, proprio ora, in questa merda di cucina. Come se non fosse anche un suo dovere prendersi cura di lei. No, lui continua a leggere il suo giornale e a bere il suo fottuto caffè. Non mi guarda nemmeno in faccia.
Sbatto i pugni sul ripiano della cucina e finalmente alza gli occhi su di me.
«E tu che cazzo ne sai di come dovremmo comportarci noi con nostra madre, eh? È per colpa tua che si trova lì dentro. Ce l'hai spedita tu.»
«Potete anche continuare a pensare che sia io il cattivo della storia, non mi interessa.» Si alza, per incutere più terrore. Ma ho smesso di avere timore di lui esattamente quando ho iniziato a odiarlo. E avevo solo sedici anni. «La clinica ha chiamato. Fai quello che vuoi con questa informazione, io ti ho solo avvisato.»
«Pezzo di...»
«Che succede?» Ethel, la sua impeccabile compagna, mi interrompe proprio sul più bello. Entra in cucina, ticchettando sul pavimento i suoi immancabili tacchi dodici. Già sfoggia una camicetta dalla scollatura vertiginosa che non lascia niente all'immaginazione e mette in mostra le sue tette da capogiro, e un paio di pantaloni neri eleganti e attillati. Non posso negare che lo stronzo abbia buon gusto in fatto di donne, e probabilmente è l'unica cosa che abbiamo in comune. Quanto a lei, beh, sicuramente non ci capisce proprio niente di uomini. Ma non sono molto sicuro che una trentenne come lei si porti al letto un cinquantenne senza cuore come mio padre, solo perché è un bell'uomo. I soldi sono molto più attraenti, immagino.
«Niente.» Rispondo. Sposto gli occhi dal suo magnifico corpo e li pianto dentro quelli dell'uomo che mi ha messo al mondo. «Stai molto bene oggi, Ethel.»
Mio padre si acciglia, mentre sul mio viso si disegna un sorriso soddisfatto. È così che combatto le battaglie contro mio padre, non ho la sua autorità, certo, ma ho la mia strafottenza, la mia sfrontatezza e la mia rinomata arroganza dalla mia parte.
«Oh... grazie... grazie, Matt.» Risponde lei, imbarazzata, spostandosi la chioma di capelli scuri su una spalla, quasi stesse iniziando a sudare. Sono perfettamente consapevole che Ethel ha una cotta per me, non sono mica cieco. Sono conscio che se avesse potuto scegliere uno degli Scott di certo la prima scelta sarei stata io e questo è un enorme vantaggio per me.
Non avendone abbastanza, le faccio l'occhiolino e me ne vado. Prendo la macchina e vado a casa di Alex, che mi propone di andare a fare colazione nelle vicinanze. Accetto immediatamente per due motivi principali. Il primo è che non voglio rimanere chiuso dentro casa con Alex, conoscendo il mio umore e sapendo quale sarebbe il miglior modo per sfogarmi. Il secondo è che so che Alissa vive a un chilometro da qui e che questa mattina non lavora. Spero che ci veda e che stia male. Tanto male, da scoppiare in lacrime e buttarsi in ginocchio di fronte a me e a tutta Staten Island per supplicarmi di darle una seconda chance. E colpo di grazia, io le direi di no. Perché, vaffanculo, non sono un cazzo di rammollito. Ci ha provato a farmi diventare un coglione, ma non c'è riuscita. Nessuno può. Quindi, prendo il mio caffè e la mia brioche e mi siedo a uno dei tavoli più visibili dalla strada e attendo.
«Tra dieci giorni ho un'ecografia, pensavo che potremmo andarci insieme.» Alex mi distoglie dai miei pensieri e dal mio piano malefico. Ed è come cadere di culo dalla terrazza del fottuto attico di mio padre. Perché, diavolo, non sono qui per cospirare contro Alissa, sono qui perché Alex aspetta un cavolo di bambino da me.
«Come?» Domando, avendo captato solo la parola "ecografia" della sua intera frase.
Si schiarisce la gola. «Ho detto che potresti accompagnarmi all'ecografia che ho tra dieci giorni.» Ripete. E sì, avevo capito bene.
«Ehm... sì, sì, certo.» Rispondo, mentre lei posa una mano sopra la mia e mi guarda dispiaciuta.
«Mi dispiace tanto, Matt. Non volevo rimanere incinta. È successo.»
Mi acciglio. «Non è colpa tua. Perché mi chiedi scusa?»
«Perché so che non vorresti essere con me, in questo momento.» Abbassa gli occhi sul suo cappuccino e si stringe nelle spalle.
«Ti sbagli. Dovrei essere esattamente qui, con te.» La consolo, ma allontano la mia mano dalla sua. Anche se non sto mentendo. Non vorrei essere con Alissa, adesso. Per me, lei è morta. Non esiste, non è mai esistita. La odio, tanto quanto lei ha detto di odiare me. Abbiamo chiuso nel momento in cui lei si è chiusa la porta della mia camera alle spalle a Miami e non si è guardata nemmeno per un secondo indietro.
Alex sorride e, al contrario di quanto avevo preventivato, non passo solo dieci minuti con lei, bensì tutta la mattinata. E di Alissa neanche l'ombra.
Giorno due.
Dopo un'intera giornata a litigare con mio padre, solo perché ieri ho stuzzicato Ethel davanti a lui, mi preparo per uscire. I miei amici mi aspettano già al Dejà vu e sono in ritardo.
Camicia bianca sbottonata fino al petto e con le maniche tirate su fino ai gomiti, jeans neri e sono pronto.
«Dove vai?» Mia sorella Raylee mi si pianta di fronte alla porta impedendomi di uscire.
«Esco.»
«Sì, quello lo avevo capito. Dove e con chi?» Insiste, facendomi spazientire.
«Che te ne frega? Con i miei amici, al Dejà vu. Soddisfatta? Ora fammi passare che sono in ritardo.» Sbuffo, ma lei non si muove di un centimetro.
«Sei arrabbiato?» Mi domanda poi, facendomi gli occhi dolci e una faccina triste.
«No, ma lo diventerò molto presto se non ti sbrighi a levarti di mezzo.»
«Posso venire con te?» Giunge le mani in preghiera e mi supplica con lo sguardo.
«Assolutamente no.» Rispondo deciso.
«Ti prego, Matt, non lasciarmi con papà e Ethel.» Mi scongiura, facendomi sospirare di disperazione.
«Okay, hai dieci minuti per prepararti, dopodiché io me ne andrò e tu rimarrai qui. Intesi?»
Saltella entusiasta e sparisce nella sua camera a cambiarsi.
«Che palle.» Borbotto esasperato. Mi ci mancava solo lei per aumentare il mio ritardo. Ma preferisco che esca con me e rimanga sotto mia stretta sorveglianza, piuttosto che da sola. Soprattutto, dopo quello che ha combinato l'ultima volta.
Mezz'ora più tardi, il taxi ci lascia di fronte al Dejà vu. Ovviamente non ho preso la mia macchina perché ho intenzione di prendermi la sbronza peggiore della mia vita.
Saluto i miei amici, Evan si è portato Abbie dietro per la prima volta, forse si sono decisi a rendere pubblica la loro relazione.
«E la terza sorella Williams dove l'avete lasciata?» Domanda Cole, sedendosi vicino a mia sorella e facendole un sorriso sornione, prima di spostare l'attenzione su di me, che gli intimo semplicemente con lo sguardo di tenere le mani a posto e la lingua a freno con mia sorella. Gliel'ho già ripetuto almeno un milione di volte, ma Cole ha questa brutta abitudine di farsi scivolare addosso qualsiasi mia parola. Quindi, lo fulmino con gli occhi solo per ricordarglielo un'altra volta. Anche perché mia sorella mi è sempre sembrata ammaliata dal fascino da teppista del mio amico. Solo l'idea che lui possa toccarla mi provoca una fitta allo stomaco, non posso neanche pensarci.
«Aveva il turno di notte, ma non credo sarebbe venuta comunque.» Risponde Abbie, guardandomi di sottecchi. Sento tutti gli occhi puntati su di me, come se avessi la risposta alle loro domande. Alissa mi ha mollato, chiedessero a lei che cazzo di problemi ha. Ma, a quanto pare, non ha avuto nemmeno un briciolo di coraggio per raccontare qualcosa alle sorelle.
«Perché guardate me? Non ho idea di cosa cazzo faccia Alissa nella sua vita. E nemmeno mi interessa.» Scrollo le spalle e sento lo sguardo della mia migliore amica che mi brucia la pelle.
«Cosa? Credevo che andaste molto d'accordo.» Si intromette mia sorella, con un tono a dir poco deluso.
«Solo mentre me la scopo e tiene chiusa quella sua bocca odiosa.» Le parole mi escono, senza che io riesca a controllarle. Sono stato cattivo? Beh, cazzo, non me ne importa assolutamente niente.
Harper si alza, pronta a picchiarmi probabilmente. Abbie mi guarda con odio e anche tutti gli altri, tranne Brianna che, seduta accanto a me, ridacchia. Santa Alissa è intoccabile, piace a tutti perché lei è la brava ragazza, gentile e sempre disponibile. Io sono lo stronzo lupo cattivo che le spezzerà il cuore. Ma non è così, non stavolta almeno. Certo, non sono del tutto innocente, ma è lei che mi ha piantato in asso. È lei che me l'ha spezzato, il cuore.
«Sei impazzito? Come ti permetti? È mia sorella, quella di cui stai parlando.» Mi urla contro Harper.
«Non voglio nemmeno commentarti, Matt. Sei veramente uno stronzo!» Mi insulta anche Abbie.
«È la vostra cara sorellina che mi ha mollato, per vostra informazione. Quindi, al massimo la stronza è lei.» Dico, mantenendo una certa noncuranza. Non mi fa male parlare di lei, non sento assolutamente niente. Alissa è stato solo un orrendo capitolo della mia vita, ma ora è chiuso. E nessuno riuscirà mai più a incastrarmi come ha fatto lei. Nessuno mi farà più dubitare di me stesso. Io vengo prima di tutto.
«Ah, e immagino che tu non abbia fatto assolutamente niente per portarla a prendere questa decisione.» Mi provoca ancora Abbie, guardandomi dritto negli occhi.
«Sì, in realtà. Ho messo incinta la sua migliore amica.» Ridacchio, mentre mi scolo mezzo bicchiere del mio drink. Tutti sono ammutoliti, alcuni scioccati, altri perplessi.
«Cosa?» Urla mia sorella, portandosi le mani alla bocca, spalancata per lo stupore. I suoi occhi dorati e tristi mi scrutano, cercando una risposta alla sua domanda silente. Crede che stia giocando, che mi stia prendendo gioco di loro, ma la realtà è ben diversa. Sto per diventare padre, Alissa mi ha abbandonato, cazzo, e questo non può cambiare.
«E ora che lo sapete, possiamo parlare anche di altro? Sinceramente non ci tengo a parlare di quella repressa sfigata e anche insicura per tutta la sera.» Mi porto di nuovo il bicchiere alle labbra, ma Harper me lo sfila con rabbia e lo sbatte di nuovo sul tavolo.
«L'essere stato ferito non ti dà il diritto di parlare così di mia sorella.» La mia migliore amica, o forse ex, sembra completamente furiosa, o delusa, o magari entrambe. E probabilmente anche lei non vorrà vedermi più, ma non mi pento delle mie parole.
Mi alzo in piedi anche io e punto i miei occhi nei suoi, che mi lanciano saette in grado di trafiggermi. Le sto facendo del male con il mio atteggiamento, ma non posso farne a meno.
«Non sono ferito. Non me ne potrebbe fregare di meno della tua cara sorella. È stato un bel passatempo, vero, ma ora se ne può anche andare a fare in culo con chi vuole lei. Potrebbe tornare da quell'altro idiota con cui se la spassava prima. Ora che ci penso, sono perfetti l'uno per l'altra.» Harper mi guarda come se non riuscisse a riconoscere la persona che ha di fronte.
«Va a farti fottere, Matt. Noi ce ne andiamo.» La risposta arriva direttamente da Abbie, che si alza, afferra Harper per un braccio e insieme si dirigono verso l'uscita del locale.
«Ma che cazzo ti prende?» Mi rimprovera Dylan, prima di seguire la sua amata futura sposa.
«Cazzo, Matt, dimmi che stai scherzando, che l'hai detto solo perché sei incazzato con Alissa. Non puoi averla messa incinta!» Evan si alza, sputandomi addosso la verità, mentre si passa una mano nei capelli. «Perché non ce l'hai detto? Da quanto lo sai? Porca puttana, Matt, questo è un gran casino. Alissa non ti perdonerà mai per questo, ne sei consapevole?»
«Certo che lo so, cazzo! Lo so! Credi che volessi un figlio adesso? Non l'ho programmato, non so nemmeno come cazzo sia potuto succedere!» Sputo fuori le parole, sotto lo sguardo intimorito e sconvolto di Raylee.
«Non sei stato attento, ecco come è successo! Non si fanno figli per caso, Matt, esistono i preservati, la pillola e altri mille contraccettivi!» Continua a rimproverarmi, senza nemmeno ascoltare la mia versione dei fatti.
«È questo che credi? Pensi che sia un coglione? Beh, ti dirò una cosa, Evan, lo uso il preservativo. L'ho sempre usato, porca puttana!» Le gambe mi cedono e mi lascio di nuovo cadere sul divanetto alle mie spalle, quasi mi sentissi schiacciato da tutta questa situazione.
«Okay, dagli un attimo di tregua, Evan, non credo che abbia bisogno dei tuoi rimproveri in questo momento.» Cole interviene, facendomi alzare gli occhi su di lui, che mi passa un altro drink. Lo accetto, facendogli un cenno con la testa per ringraziarlo. Tra noi è così, non abbiamo bisogno di tante parole, ci stuzzichiamo, ci prendiamo a parolacce, ma siamo sempre pronti a coprirci le spalle a vicenda.
«Okay, mi dispiace. Raggiungo Abbie, ma domani ne parliamo, Matt.» Evan scola il contenuto del suo bicchiere ed esce dal locale.
«Guarda il lato positivo...» Brianna richiama la mia attenzione, sussurrandomi all'orecchio. «Ti sei liberato di quella sciacquetta.» Ridacchia e mi accarezza la coscia, leccandosi le labbra ritoccate.
«Già...»
Giorno sette.
Mio padre è partito di nuovo e Raylee è uscita con un'amica. Almeno così mi ha detto e spero sia vero. In tutti i casi, mi ritrovo spaparanzato sul divano senza uno scopo. Anche Brianna si è rifiutata di uscire stasera, credo che il suo promesso sposo non abbia preso molto bene il fatto che nelle ultime quattro sere lei sia uscita sempre con me. Solo quell'idiota riesce a credere che io non me la porti al letto. Perché sì, Brianna ha raggiunto nuovamente il suo obiettivo e io ho lasciato che il mio corpo prendesse nuovamente il sopravvento su di me. Dopotutto, ora sono single, sto per diventare padre, ma pur sempre single. Quindi, Sant'Alissa non può venirmi a rompere i coglioni di nuovo. Faccio quello che mi pare e non sono mai stato meglio. Non so a cosa pensassi quando le ho chiesto di venire a vivere con me, come quando le ho detto di amarla. È ovvio che non fosse così, altrimenti ora sarei caduto in depressione come quegli sfigati che vengono mollati dalla ragazza.
Io, invece, sto parecchio bene. Anzi, essere single e non sentirmi controllato da nessuno mi era mancato parecchio.
Ignoro l'acidità di stomaco che il solo pensiero mi causa e mi metto a giocherellare con il telefono. Inavvertitamente, apro il rullino foto e immagini di me e di Alissa cominciano a scorrermi davanti agli occhi. Foto fatte da lei a Miami mentre fuggivamo da tutti gli altri per rimanere soli. In alcune mi bacia, in altre sorride guardando l'obiettivo e in una c'è solo lei. Quella è l'unica che ho scattato io. È nel mio letto, a pancia in giù, nuda e con solo il lenzuolo a coprirle le gambe.
Mi massaggio gli occhi e poi mi passo una mano tra i capelli. Sto per cancellare quella maledetta foto, insieme a tutte le altre, ma poi ci ripenso. Blocco il telefono e comincio a camminare in tondo di fronte al divano. Improvvisamente sono nervoso e la voglia di ubriacarmi torna a tormentarmi.
Mi dirigo verso la credenza dove mio padre tiene i super acolici e mi prendo un bottiglia di Gin quasi piena.
Perfetta.
Inizio a berla, lasciando che l'alcol faccia il suo dovere e rimandi in letargo il mio cazzo di cervello e, dopo averne svuotato più della metà, sono ancora più nervoso. Irrequieto.
Il mio cervello è tutto, tranne che in letargo e immagini di Alissa continuano a torturarlo.
"Mi manchi, porca puttana..."
Scrivo nella chat mia e sua su whatsapp, ma non lo invio. Sospiro, e apro la conversazione con quella che fino a pochi giorni fa era la mia migliore amica.
"Mi dispiace, sono un coglione. Ho bisogno di te. Adesso."
Fisso lo schermo del telefono in attesa delle due stupide spunte blu, che arrivano dopo qualche minuto. E subito il terrore che Harper mi mandi a quel paese o, peggio ancora, ignori il mio messaggio, mi invade.
"Arrivo, anche se sei un imbecille."
Risponde, e tiro un sospiro di sollievo. E nemmeno quaranta minuti dopo, suona alla porta.
«Sei ubriaco?» Harper mi scruta dall'uscio della porta. È arrabbiata, non lo nasconde, e anche indecisa se entrare e darmi una possibilità o tornarsene dritta a casa.
«Sì.» Rispondo semplicemente con la verità, anche perché i miei occhi lucidi e i miei passi insicuri non la ingannerebbero. Sospiro e mi dirigo verso il divano, con lei al seguito. Mi ci sdraio sopra, poggiando la testa sul bracciolo e coprendomi gli occhi con un braccio. Sento Harper sedersi di traverso sulle mie gambe stese e fare un grande sospiro esasperato.
«Allora, hai qualcosa da dirmi?» Domanda in tono serio, asciutto e decisamente collerico.
«Non so cosa mi sia preso.» Ammetto, nonostante sappia benissimo cosa avessi quella sera. La verità è che sono furioso per come Alissa mi ha mollato. Perché tutto questo non ha assolutamente senso. «Ho sfogato la mia rabbia nel peggiore dei modi, mi dispiace.»
«Matt, devi imparare a controllare le tue emozioni. Non puoi dire cose del genere, la rabbia non ti giustifica. Sei stato cattivo, tanto. E non so esattamente come siano finite le cose tra voi due, ma non credo che Alissa si meriti quelle parole.» In realtà, la nostra storia è finita con una scopata da sogno. Quindi, no, in teoria non ci siamo lasciati nel peggior modo possibile, ma lei mi ha comunque voltato le spalle.
Se n'è andata.
Nel momento in cui avevo più bisogno di lei, ha deciso di uscire definitivamente dalla mia vita. E la cosa che più non sopporto è che non ha chiesto la mia opinione. Ha deciso per entrambi e questo mi fa uscire fuori di testa.
«La mia cazzo di vita cambierà per sempre, per un fottutissimo sbaglio. E lei non ha avuto il coraggio di affrontare la cosa insieme, è scappata da brava codarda. Le avevo chiesto di andare a vivere insieme...»
«Che?» Strilla Harper, incredula. Mi toglie il braccio da davanti la faccia e mi guarda con gli occhi sbarrati.
«Volevo veramente fare sul serio con lei. Le ho detto di amarla, ma lei mi ha lasciato lo stesso.» Confesso, mettendomi a sedere. Harper mi guarda, sconvolta.
«Oh, cavolo. Di certo tutto questo non me lo aspettavo.» Non riesce a nascondere un sorriso, mentre io faccio una smorfia di fastidio. Sapevo che mi avrebbe preso in giro. Sono ridicolo. Sedotto e abbandonato per la prima volta nella mia vita. E fa veramente schifo.
«Potresti smetterla di prendermi per il culo?» La riprendo con un certo fastidio, quando inizia a ridere ancora più forte.
«Scusa, è che sei diventato un romanticone. Wow. Matthew Scott innamorato di una ragazza. Chi lo avrebbe mai detto.»
«Già. Fa schifo. Un maledettissimo errore.»
«Ehi. Amare non è mai un errore. E se è vero amore, alla fine torna sempre.» Mi accarezza i capelli con fare affettuoso, mentre io la afferro per la vita e la porto più vicina a me. Appoggio la fronte contro la sua spalla e ringrazio tutti i Santi del paradiso per avermi dato un'amica del genere.
«Lei come sta?» Domando, senza pensarci. Non dovrei volerlo sapere, dovrei dimenticarla piuttosto, ma posso sempre dare la colpa all'alcol.
«Sta bene. Per lo meno ci prova.» Annuisco e abbasso gli occhi, perché non voglio che Harper riesca a leggerci dentro. Non voglio che percepisca il dolore che sto provando, l'ansia che mi sta attorcigliano lo stomaco e nemmeno la paura che mi pervade.
«Lei tornerà, Matt. Dalle un po' di tempo per metabolizzare la cosa. La conosco e, se c'è una cosa che ho capito nella vostra stranissima relazione, è che, per quanto ci proviate, non riuscite a rimanere troppo tempo lontani l'uno dall'altra. Quindi, le cose si sistemeranno, fidati di me. Anzi, fidati di quello che provi e di quello che hai provato insieme a lei.» Harper mi sorride amorevolmente, facendomi rilassare un po'.
«Tra qualche giorno, Alex ha un'ecografia. Non credo di essere pronto, Harper. Non so prendermi cura di me stesso, figuriamoci di un bambino.»
Harper mi bacia tra i capelli e mi accarezza la schiena.
«Andrà tutto bene.» Mi rassicura.
«Credo di aver bisogno della mia Alissa, Harper. Non penso di farcela senza di lei.» Ammetto, forse troppo ubriaco per nascondere la verità. Mi manca terribilmente la sua presenza ma, soprattutto, il suo sorriso che riusciva a risolvere qualsiasi problema.
«Questa è un'enorme bugia, Matt. Tu puoi fare tutto, perché sei tu. Sei una forza della natura, sei intelligente più di qualsiasi altra persona che conosca, ti sai prendere cura di tua sorella, sei simpatico, a volte un po' stronzo, ma estremamente buono. Nemmeno io credevo di essere pronta quando sono rimasta incinta di Sophie, ma ora va tutto bene. E non cambierei niente della mia vita. E poi, non sei solo, Matt, io ci sarò sempre per te.»
«Lo so.»
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