CAPITOLO 10

MATT

Continuo a fissare di Liam mentre si dirige verso la sua auto del cazzo, sentendo addosso lo sguardo impaurito e preoccupato di Alissa. Ed è solo per questo che ancora non ho raggiunto quello stronzo e non l'ho preso a testate sui denti. In quale lingua devo dirgli di starle lontano?

Come avevo previsto, non ha perso tempo per farsi di nuovo sotto e riprovarci con lei.

Nonostante guardarlo mi faccia venire la nausea, preferisco osservarlo fino a quando la sua macchina non scompare nel buio, piuttosto che spostare gli occhi sulla traditrice di fronte a me. È con lui che ha passato l'intero pomeriggio, mentre io ero qui, preoccupato, che l'aspettavo? Non riesco quasi a crederci. A che cazzo di gioco sta giocando? Mi ha piantato in asso a Miami solo perché voleva tornare da lui? Si è resa conto di amarlo ancora, o vuole lui perché sa che sarebbe di sicuro tutto più semplice?

Incurante della pioggia, non mi muovo di un solo millimetro, e i miei occhi collerici si spostano su di lei. Alissa sussulta, appena incontrano i suoi, e so anche il perché. I miei fanno paura, ne sono consapevole per il semplice fatto che non mi sono mai sentito così. La rabbia sta prendendo possesso di me, centimetro dopo centimetro, come un veleno che si diffonde lentamente nel mio corpo. La sento circolarmi nelle vene e nelle arterie, insieme al sangue, e contaminare ogni singola cellula del mio fottuto corpo. Ma, nonostante questo, il mio atteggiamento è relativamente calmo. Sono fermo, completamente immobile, con una mano nella tasca e con un sacchetto di carta impugnato nell'altra. E forse, è proprio questo atteggiamento che spaventa il mio zuccherino.

Alissa non osa muoversi di un passo, si stringe il corpo tremante tra le sue stesse braccia, e mi guarda come se fosse un povero cucciolo infreddolito. Forse è in cerca di compassione, o aspetta un mio gesto, ma non otterrà nulla da me. In realtà, non so nemmeno se ho voglia di stare qui per avere qualche sua giustificazione del cazzo. Non mi va di essere preso per il culo. L'ho aspettata per l'intero pomeriggio. Dopo il suo messaggio insensato, mi sono preoccupato e l'ho chiamata e, dopo che mi ha raccontato del ragazzo in coma, ho capito che aveva bisogno di essere rassicurata. Che le dicessi che va tutto bene, che non mi ritroverò di punto in bianco su un letto d'ospedale, incosciente, con lei a tenermi la mano e ad accarezzarmi i capelli mentre mi parla dolcemente. Così, dopo un'ora passata a rimuginare su quella stranissima conversazione telefonica seduto alla mia scrivania, sono corso alla mia macchina e sono venuto qui. Pensavo di trovarla, o che sarebbe rientrata dopo poco, ma l'unica persona che ho trovato in casa è stata Emma, sua madre. Mi ha avvertito che Alissa sarebbe rientrata per l'ora di cena e che si era dovuta trattenere in ospedale, e allora mi sono convinto di aspettarla. Ho chiacchierato un paio d'ore con Emma, del suo nuovo flirt con Andrew – o forse Edward, non ricordo mai il suo nome -, mi ha chiesto di mia madre, di come si trova nella sua clinica, e mi sono reso conto di quante cose conosca Emma di me, senza nemmeno che ne sappia la ragione. È capitato più volte di fermarmi a parlare con lei e, stranamente, riesco ad aprirmi, tanto che è l'unica, oltre ad Harper e i miei due amici, a sapere di mia madre.

Dopo le sue perle di saggezza e qualche consiglio anche sulla situazione in cui mi sono cacciato con Alex e sua figlia, ho deciso di uscire e andare a prendere qualcosa da mangiare per quando Alissa sarebbe tornata. Sono andato alla pasticceria italiana, proprio vicino casa sua, e le ho preso il suo dolce preferito, una di quelle crostatine con la crema e la frutta sopra. È un dolce abbastanza insulso, ma a lei piace da impazzire. E ora, eccomi qui, zuppo, ferito e super incazzato.

«Matt.» Alissa fa un passo incerto nella mia direzione, ma la inchiodo sul posto con un'occhiata truce. Gli lancio il sacchetto con il suo dolce, ormai completamente bagnato, e lei riesce ad afferrarlo in extremis. Deglutisce nervosamente e poi sbircia all'interno per vedere di cosa si tratta. Non so esattamente cosa sia rimasto del dolcetto, dopo la pioggia e il mio modo indelicato di porgerlo alla diretta interessata.

Alissa mi guarda, sorpresa, e apre la bocca per parlare, ma non dice niente. Poi dà un'altra occhiata all'interno del sacchetto, e torna a guardarmi, in un misto di dispiacere, tenerezza e sorpresa. Il che mi fa ancora di più innervosire, non voglio che abbia pietà di me. È vero, mi sto completamente annullando per lei, sto facendo cose che non avrei mai sognato di fare nella mia vita, soprattutto per una ragazza che non fosse mia sorella, ma non voglio la sua pena. Forse, dovrei proprio smetterla di farmi abbindolare dai suoi occhi e dai suoi sorrisi e smetterla di comportarmi come un coglione. Dovrei seriamente tornare a essere il vecchio Matthew Scott anche con lei. Non si merita la versione migliore di me. Poche persone la meritano e, a quanto pare, lei non è tra quelle.

«Grazie.» La sua voce flebile si insinua nei miei pensieri, facendomi riscuotere dalla specie di trance in cui ero caduto. Si morde il labbro, istigandomi ad abbandonare la rabbia e sostituire i suoi denti con i miei. «Possiamo entrare per parlare, invece di...» guarda il cielo nero per qualche secondo e poi riporta i suoi occhi su di me. «... invece di rimanere qui, sotto la pioggia.»

«Tempo scaduto, zuccherino, me ne vado.» La mia voce è fredda e distaccata, tanto da farla sussultare. Mi incammino verso la mia macchina, dandole una spallata mentre le passo accanto.

«Matt, aspetta!» Alissa mi raggiunge e mi afferra per il polso con entrambe le mani per arrestare la mia corsa e farmi voltare verso di lei.

«Non toccarmi, cazzo.» La avverto minaccioso, liberandomi bruscamente dalla sua presa. «Ti aspetto da quattro fottute ore e mezza. Mi sono preoccupato per te, e tu eri a spassartela con Mr. Biondo. Quindi stammi lontana, e ringrazia Dio che me ne stia semplicemente andando, perché ti giuro, Alissa, che sono in vena di fare una strage, stasera.» E con strage intendo prendere la macchina, seguire Liam e rovinargli quel bel faccino che si ritrova.

Alissa deglutisce a vuoto e si porta una ciocca di capelli bagnati dietro l'orecchio. I miei occhi, però, non ne vogliono saperne di rimanere fissi e minacciosi nei suoi. No, si muovono sul suo corpo, osservando la sua canotta nera aderire perfettamente alle sue curve, i suoi jeans fradici appiccicati alle sue gambe come una seconda pelle. È tanto bella da fare paura, cazzo, ma anche altrettanto stronza.

«Avanti, vieni dentro. Ci facciamo una doccia e ci togliamo questi vestiti bagnati.» «Interessante.» La provoco, inarcando un sopracciglio, di fronte alle sue parole a dir poco invitanti. Diventa completamente rossa, appena si accorge quanto le sue parole fossero facilmente fraintendibili e si lecca le labbra piene, raccogliendo con la lingua le goccioline d'acqua che ci si erano depositate sopra.

«No... io non... cioè... io non intendevo... insieme.» Balbetta imbarazzata. Mi avvicino di un passo, le afferro il fianco con una mano e piego la testa per avvicinarmi al suo orecchio.

«Peccato.» Sussurro sensuale, perché mi piace vederla impacciata e imbarazzata come una bambina, ma anche perché, per quanto possa essere incazzato, il mio corpo non è proprio in grado di rimanerle lontano per un lasso di tempo superiore ai centottanta secondi. Esatto, riesce a resistere al massimo tre minuti, dopodiché deve agire. Toccarla, o anche solo sfiorarla. «Non mi sarebbe dispiaciuta l'idea di vederti nuda.» Con la mano libera, le afferro la coda in un pugno, facendola trasalire. Le piego il collo di lato e con la lingua raccolgo le gocce d'acqua presenti sulla sua pelle, esattamente come aveva fatto lei prima di me con le sue labbra.

«Per favore...» Mi supplica, ma non so per cosa. Vuole che le parli in modo civile? Vuole che la baci? Che la scopi? Cosa vuole da me?

«Ti ha toccata?» Strofino la punta del naso sulla sua guancia, dando voce ai miei tormenti.

«Cosa?» La sua voce è flebile, confusa, spaesata, come se si trovasse su un altro pianeta.

«Dimmi se quello stronzo ti ha messo le mani addosso.» Stringo maggiormente la mano attorno al suo fianco, facendola aderire meglio al mio corpo.

«No.» Ansima e scuote la testa in segno di negazione, per enfatizzare la sua risposta.

«Ti ha baciata?» Trascino le labbra da sopra la sua guancia fino alla sua bocca, talmente vicina alla mia, che riesco a sentirne il calore e la morbidezza. Il suo respiro accelerato mi accarezza e i suoi occhi mi guardano, incantati. Potrei quasi convincermi che quello che provano a comunicarmi sia amore, ma entrambi sappiamo che non è così. Lei mi odia, cazzo, e gode nel vedermi a pezzi a causa sua.

«Matt, ti prego...»

«Rispondi!»

«No.» Le afferro il labbro inferiore tra i denti e lo tiro, facendole emettere un gemito talmente basso e sensuale, da arrivarmi dritto in mezzo le gambe. Sento la mia erezione risvegliarsi e gonfiarsi dentro i miei boxer, perciò le lascio bruscamente i capelli e mi allontano da lei. Lo zuccherino sbatte ripetutamente le ciglia bagnate, ritornando lentamente alla realtà.

«Buonanotte, Alissa.» Le dico, con un sorrisetto compiaciuto, ma con una voce nuovamente fredda e distante. Mi guarda con le labbra schiuse, e incapace di comprendere o emettere suoni. Mi volto e mi infilo nella mia macchina, con un'unica direzione: casa di Dylan.

Harper è lì e io sono così incazzato che devo sfogarmi con qualcuno.

Guido per circa quaranta minuti, prima di arrivare all'appartamento dei miei amici a Central Park Est, dove Harper si dovrebbe trasferire a breve. Uso il codice per entrare nel parcheggio privato e lascio la mia macchina, per poi salire al quarantesimo piano.

Non faccio in tempo a uscire dall'ascensore che mi attacco al campanello dell'appartamento, suonando ripetutamente.

Dylan mi apre, con i capelli biondi spettinati e addosso solo i pantaloni di una tuta. I suoi occhi verdi mi osservano con rabbia e curiosità allo stesso tempo.

«Momento sbagliato. Che vuoi?» Mi accoglie, esasperato. Dal suo aspetto insolitamente sfatto e dal suo atteggiamento infastidito, immagino che abbia interrotto qualcosa. Ma, da bravo egoista quale sono, me ne frego.

«Mi annoiavo.» Scrollo le spalle e mi faccio strada all'interno dell'appartamento, costringendo Dylan a farsi da parte per lasciarmi entrare.

«Beh, io invece no. Mi stavo divertendo parecchio, a dire la verità.»

«Sì, lo vedo.» Sorrido malizioso, indicando il rigonfiamento evidente sotto i suoi pantaloni.

«Allora, perché non sparisci per un altro po', invece di inzuppare tutto il mio soggiorno?» Indica la porta di casa, ancora spalancata, ma non mi muovo da dove sono. Dylan sospira e si rassegna a chiuderla. «E poi, perché sei completamente bagnato? Non li conosci, gli ombrelli?»

«Non ti dispiace se vado un attimo al bagno, vero?» Ignoro la sua domanda e, senza attendere la sua risposta, mi dirigo in bagno, lasciando dietro di me i segni del mio passaggio sul pavimento in parquet dell'appartamento dei miei amici.

Chiudo la porta alle mie spalle, mi appoggio al lavabo con i palmi delle mani e mi guardo allo specchio. E, per la prima volta nella mia vita, quello che vedo non mi piace affatto. Il mio aspetto è terribile, gli occhi sono stanchi e cerchiati dalle occhiaie e la barba troppo lunga rispetto al mio solito. Ci passo le dita sopra e mi massaggio gli occhi, sospirando. Prendo un asciugamano pulito dall'armadietto dietro di me, mi disfo della maglietta bagnata e cerco di asciugarmi un po'.

Torno in soggiorno, strofinando l'asciugamano sui capelli, sotto lo sguardo di Dylan. E nello stesso momento, Harper esce dalla camera, solo che indossa solo le sue mutandine e non si è accorta della mia presenza.

«Chi era, tesoro?» Domanda, entusiasta, al suo ragazzo.

«Cazzo!» Sbraita Dylan, correndo a coprire il corpo della sua fidanzata, che intanto si volta di spalle. Non riesco a trattenere una risata divertita, ma allo stesso tempo, mi volto anche io. Nonostante pensi che Harper sia incredibilmente bella, non sono un cazzo di pervertito. Posso e so controllarmi, a meno che non si tratti di Alissa. Con lei, il mio cervello va in corto circuito.

«Matt! Che diavolo ci fai qui?» Grida, in panico, la mia amica. Sento le sue imprecazioni, seguite dai suoi passi furiosi e poi dal rumore della porta che sbatte. Deduco che sia andata a vestirsi, quindi mi volto nuovamente per scontrarmi con gli occhi avvelenati di Dylan.

«Che c'è? Non è colpa mia, se va in giro mezza nuda.» Mi giustifico, con una scrollata di spalle.

«Sicuramente non credeva di trovarti qui.» Mi fulmina con lo sguardo, proprio mentre Harper rientra in soggiorno, vestita.

«Matt!» Pronuncia il mio nome imbestialita. «Ti rendi conto che non puoi apparire a casa della gente all'improvviso?»

«Rilassati, Hitler, non ho visto niente.» Mento, perché, anche se involontariamente, i miei occhi si sono posati sul suo seno, per qualche secondo. E devo dire che mi sembra molto simile a quello della sorella. Piccolo, ma sodo. Perfetto, per la mia mano. Quello di Alissa, non di Harper ovviamente!

Faccio una smorfia di disgusto, per la piega presa dai miei pensieri. Non perché Harper sia brutta, tutto il contrario, ma perché sarebbe un po' come fantasticare su mia sorella. Terribile.

Dylan mi dà un pugno sulla spalla, vedendomi pensieroso, e mi rimprovera con lo sguardo.

«Giuro che se stai facendo pensieri strani sulla mia ragazza, ti faccio fuori.» Mi sussurra all'orecchio, a mo' di minaccia. Ridacchio e gli do una pacca sulla spalla.

«Tranquillo, gelosone, è tutta tua.» Lo tranquillizzo.

«Allora, perché sei qui?» Harper mi richiama all'attenzione, facendomi tornare alla mente il motivo per cui mi sono precipitato qui, fradicio e furioso. «E perché sei bagnato?» Mi pone la stessa domanda che il suo fidanzato mi ha fatto nel momento in cui mi ha visto.

«Ero sotto la pioggia.» Confesso, assumendo un atteggiamento duro. Harper inarca un sopracciglio, confusa, sia dal mio atteggiamento aggressivo sia dalle mie parole, e si siede sul divano.

«Sei strano. E siediti, che mi stai mettendo l'ansia.»

Rimango in piedi e la squadro, accigliato. «Sai perché ero sotto la pioggia?» Le domando.

«No.» Mi guarda, perplessa e infastidita dal mio modo di fare. «Si può sapere che hai stasera? Perché stai facendo lo stronzo?»

Dylan alterna gli occhi tra me e lei, anche lui confuso dalla situazione.

«Aspettavo Alissa.»

«Sotto la pioggia?» Si intromette proprio lui, grattandosi un sopracciglio.

«E sai cosa stava facendo lei?» Non considero la sua domanda e continuo a guardare la sua ragazza.

«No, Matt, non lo so.» Ribatte, irritata, alzandosi e portandosi le mani suoi fianchi.

«Era con Liam.»

«Ah, ecco spiegato il tuo comportamento da idiota.» Dylan scuote la testa e sospira.

«Quindi, vogliono tornare insieme?» Alterno lo sguardo tra la mia migliore amica e il suo fidanzato, in attesa che mi dicano la verità.

«Matt...» Harper sospira, esasperata. Si avvina e mi accarezza il ciuffo di capelli sulla fronte, cercando di sistemarlo all'indietro. Si sta comportando esattamente come farebbe con sua figlia di tre anni, e non so se dovrei incazzarmi ancora di più o rilassarmi. «Sai cosa fa tutti i giorni mia sorella, da un mese a questa parte?» Mi domanda, in tono dolce. Nego con la testa, mentre Harper mi osserva dal basso. «Piange. Tutte le sere, chiusa nella sua camera. Fa di tutto per non farsi sentire o per nasconderlo, ma noi la conosciamo bene. Riusciamo a leggere i suoi occhi meglio di chiunque altro. Lei ti ama, Matt, e questa storia l'ha distrutta sul serio. E sicuramente adesso non vuole tornare con il suo ex.» La supero e mi butto sul divano, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e infilando le mani tra i capelli. «Devi smetterla con questa gelosia ossessiva, Matt. Non fa bene a te e nemmeno a lei.»

«Lo so, lo so. Hai ragione. È solo che mi fa impazzire questa situazione del cazzo.» Mi lascio andare con la schiena contro il divano e mi passo una mano sulla faccia. «Vorrei portare anche Alex, domani, per il weekend. Mio padre è in città e non ha preso bene la notizia del bambino. Vorrei evitare che faccia cazzate, mentre non ci sono.» So che in realtà a Robert ho lasciato credere che fosse Alissa quella incinta, ma non mi stupirei se scoprisse la verità in qualche modo. Quel pazzo avrebbe il coraggio anche di mettermi dietro un investigatore privato.

«Oh! Okay... va bene. Non c'è problema.»

"Domani, partiamo per il weekend, prepara la tua roba."

Scrivo subito un messo ad Alex, per avvisarla, anche se con solo poche ore di anticipo. In tutti i casi, dubito che si lamenterà. Ogni scusa è buona per starmi addosso, ormai l'ho capito bene.

"Davvero? Non mi stai prendendo in giro? Andremo io e te? E dove?"

Risponde, qualche secondo dopo, entusiasta come avevo previsto. Cosa? Crede davvero che voglia portarla a fare un weekend romantico? Cazzo, questa ragazza non capisce proprio niente.

"Andiamo a Coney Island, per il compleanno di Harper. Passo a prenderti alle 8.00 a.m."

"Oh, ok! Fantastico! A domani."  

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