2.1

Il giorno del saggio era finalmente arrivato, il gruppo aveva appena svolto la coreografia che aveva preparato per due lunghi mesi, ed ora era il momento per salire sul palco singolarmente.

Jimin era in ansia, sarebbe stato il penultimo ad esibirsi, dunque avrebbe dovuto aspettare come minimo un'ora prima che chiamassero il suo nome.

Gli allievi erano sedici, quindi tanto valeva andare a mangiare qualcosa.

Il ragazzo uscì dalle quinte per recarsi alle macchinette.

La madre era in mezzo alla folla, ansiosa di vedere il proprio figlio ballare, e Jimin non aveva intenzione di chiamarla per fargli compagnia, così andò da solo.

Arrivò finalmente alle macchinette ed optò per un pacchetto di wafer, così mise i soldi nell'apposita buca e li prese.

Subito aprì il pacchetto, era talmente affamato che avrebbe potuto mangiare ogni singola cosa presente in quella macchinetta.

"Occhio a mangiare troppo o ingrasserai ancora di più e rotolerai invece di ballare" rise una voce.

Jimin alzò lo sguardo.

Ovviamente era Doyun.

E ciò che aveva detto non era affatto carino da sentirsi dire.

Sentì un vuoto nel petto a quelle parole.

Odiava sentirselo dire.

Odiava dover pensare che in fondo avesse ragione.

"Non mi piace quando le persone non rispondono a ciò che dico" continuò l'altro avvicinandosi a lui.

"C-che cosa vuoi?" fece Jimin incapace di alzare lo sguardo.

"Voglio che mi guardi in faccia frocetto" disse Doyun alzando il suo viso con prepotenza. "Non vedo l'ora di vedere la tua esibizione, sembrerai ancora più frocio del normale, non è così Park?"

"Lasciami stare e tornatene dai tuoi amici" sbottò Jimin alzandosi di colpo.

"Ah, ma io sto parlando con te, non ho bisogno di loro ora" sorrise malignamente il più alto. "Allora Jimin, metterai un tutù rosa e rotolerai sul palco tra un po'?"

"S-smettila..."

Ma Doyun non smise, e lo spinse contro la macchinetta, facendolo lamentare per la botta presa alla schiena.

"Ti ho detto mille volte di non dirmi cosa devo fare, hai capito ragazzina?!" disse tra i denti.

"Direi che può bastare" fece un'altra voce.

Entrambi si girarono e Jimin sospirò sollevato vedendo Yoongi.

"Perché non vai a farti un giro invece di disturbare le persone?" si avvicinò a loro.

"Credi di farmi paura? Guardati, sei minuscolo, ma che ci trovano tutti in te?" sputò Doyun.

"Forse a differenza tua io ho un cervello, quindi per piacere Doyun" disse Yoongi, stavolta spingendo lui il più alto contro il muro. "Prima di rispondere così a un tuo hyung, impara cos'è il rispetto e soprattutto impara nuovi vocaboli, usi sempre gli stessi, è abbastanza noioso sai?"

Doyun non riuscì a rispondere e deglutì.

"Bene, ora tornatene dai tuoi amici, se così vuoi chiamarli, prima che ti prenda a calci nel culo, grazie" sorrise falsamente, per poi strattonarlo dal muro e spingerlo via.

Poi si girò verso Jimin.

"Stai bene?" chiese preoccupato, avvicinandosi a lui.

"Sì io...grazie..." fece Jimin abbassando lo sguardo.

"Non ti ha fatto male, vero?" insistette Yoongi.

Il biondo negò con la testa. "Ha solo...detto le solite cose"

"Tipo?"

"Nulla di importante hyung, lascia stare, ci sono...ci sono abituato" si morse il labbro sentendo gli occhi pizzicare.

"Non lascio stare, non se ti vedo sull'orlo di una crisi di pianto" disse Yoongi sfiorandogli un braccio.

"Davvero Yoongi io devo...devo tornare ora, mi devono truccare per l'esibizione" arrossì distogliendo lo sguardo.

"Qualunque cosa ti abbia detto, sappi che non è vera, mh?"

"Non puoi saperlo" sussurrò impercettibilmente Jimin.

Perché era vero, lui era un frocetto, così diceva Doyun,

"Cosa?"

Jimin scosse la testa.

"Voglio solo...un abbraccio prima di tornare" disse, ancora a bassa voce.

"Vieni qui allora" sorrise leggermente Yoongi allargando le braccia.

Subito Jimin si fiondò tra di esse, sentendosi già meglio.

"Grazie per sopportare uno stupido come me" mormorò affondando la testa contro il suo petto.

"Non sei uno stupido" ribatté Yoongi. "E non ti sopporto, cerco solo di proteggere il mio dongsaeng"

"Grazie lo stesso" replicò Jimin.

"Sono sicuro che l'esibizione andrà benissimo Jimin" rispose Yoongi accarezzando la sua schiena.

"Lo spero" disse Jimin allontanandosi svogliatamente dal maggiore. "Ora però devo davvero tornare"

"Va bene Chim, in bocca al lupo"

"Crepi" fece lui incrociando le dita e facendo sorridere Yoongi, per poi allontanarsi da lui.








Era arrivato il momento di salire sul palco.

Jimin chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, incitato dal suo insegnante che lo rassicurava con belle parole.

Iniziò a camminare fino a trovarsi al centro del palco.

Il suo cuore batteva all'impazzata, l'ansia lo stava divorando vivo, e l'imbarazzo per quella canzone stava facendo lo stesso.

Ma quando le prime note gli arrivarono all'orecchio ed iniziò a ballare, ogni cosa passò in secondo piano.

C'erano solo lui e la musica, nessun'altro.

Quello era Jimin. Un tutt'uno con la musica.

Ogni volta che iniziava a danzare tutto il resto scompariva.

Seguì i passi alla perfezione, come al suo solito, controllando ogni singolo movimento e rendendolo fluido, sensuale ma comunque delicato.

Si accorse solo alla fine che Yoongi era lì ad osservarlo, letteralmente a mangiarlo con gli occhi, quasi nascosto dalle altre persone.

Ma in quell'istante non gli importò, l'imbarazzo era andato completamente via e diede il meglio di sé.

La musica cessò, così come il corpo di Jimin cessò di muoversi.

Si bloccò davanti alla folla che si era alzata per applaudirgli, e quasi gli venne da piangere, ma si trattenne.

Forse so fare qualcosa nella mia vita

Si disse.

Si sentiva rosso in viso, ricoperto di sudore e con il respiro pesante, ma in quel momento era sicuro di aver fatto bene.

Si godette quelle attenzioni, rivolte solo ed esclusivamente a lui, e finalmente corse via dal palco andando a rifugiarsi nelle quinte.

Si buttò sul divanetto e prese una bottiglia d'acqua, bevendone metà in pochi istanti.

"Sei stato meraviglioso Jimin, davvero magnifico" gli disse il suo insegnante tornando da lui.

Lui sorrise, asciugandosi il sudore con un panno di stoffa. "Grazie mille"

"Posso andare da mia madre?" Chiese poi.

"Ma certo Jimin, qui hai finito" sorrise lui.

Subito Jimin si alzò e andò fuori, la madre era lì che lo aspettava, con un grande sorriso in volto e gli occhi lucidi.

"Il mio bambino" sussurrò andandogli incontro e abbracciandolo.

"Mamma fermati, sono tutto sudato" cercò di allontanarsi lui.

"Sei mio figlio, pensi davvero che mi schifi?" disse lei stringendolo.

E lui si lasciò andare a quell'abbraccio.

"Oh, sono così fiera di te amore mio" continuò lei, facendolo sorridere, per poi staccarsi. "Oh, c'è il tuo amico"

"Uhm?" Fece Jimin confuso, per poi girarsi.

"Oh...ciao hyung" disse in imbarazzo.

"Wow Jimin, signora Park" si inchinò vedendo la madre.

Lei lo salutò con un cenno della mano.

"Sei stato bravissimo, fattelo dire" disse poi.

"Grazie" sorrise Jimin arrossendo lievemente.

Yoongi pensava davvero ciò che stava dicendo.

Aveva osservato ogni singolo dettaglio della sua esibizione e aveva pensato che fosse magnifica.

"Jimin" lo chiamò la madre. "È mezzanotte, buon compleanno piccolo"

"Oh... è vero"

Era il 13 ottobre.

Il giorno del suo diciassettesimo compleanno.

"Ah sì? Beh, auguri Jiminie" esclamò Yoongi.

"Grazie hyung" rispose mordicchiandosi il labbro nervosamente.

"Perché non uscite un po'?" disse la madre.

"C-che?" la guardò Jimin. "Domani dev-"

"Oh andiamo, hai diciassette anni ora, giusto? Uscite un po' e tornare non troppo tardi" insistette lei.

"Sì Jimin, facciamoci un giro, non andiamo tanto lontano, lo giuro" rise leggermente Yoongi.

"Va...va bene" mormorò Jimin, cedendo.

"Bene allora, io torno a casa" li salutò lei.

Jimin rimase immobile per vari istanti, nel panico, poi la voce di Yoongi lo risvegliò dai suoi pensieri.

"Allora, diciassettenne, andiamo?"

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