Cαριƚσʅσ 6
Mi sento come una scatola vuota, aver confessato tutto a Tom mi ha completamente prosciugata della vita. Sono esattamente due giorni che vivo nel mio letto, non sono più uscita da lì se non per andare in bagno o mangiare qualcosa. So che devo reagire, so che devo andare avanti e devo farlo per me. Qualcuno bussa alla porta, non ho voglia di vedere nessuno, così non proferisco parola. Pochi secondi dopo la porta si apre di scatto, io mi sotterro tra le coperte, chiunque sia, vedendomi così, andrà via e mi lascerà in pace.
«Alzati, non puoi stare qui senza far niente e tra l'altro dovresti anche aprire le finestre e farti una doccia. Questa stanza non profuma di rose insomma.» la sua voce mi infastidisce, il suono di quelle parole mi trapanano il cervello. Gli avevo detto di sparire, che vuole ancora?
«Gabriel, vattene da qui ora!» ringhio.
«Katarina mi ha chiesto espressamente un aiuto per farti uscire da qui, smettila di rimuginare. Le relazioni finiscono, fortunatamente, non farne un dramma.» caccio via le coperte da me e mi alzo velocemente. Mi posiziono di fronte a lui e inizio a dargli dei pugni sul petto. In questo momento lo detesto. Mi lascia fare, ma vedendo che non accenno a smettere, mi afferra per i polsi e mi intrappola alla parete.
«La smetti? Ora ti fai una doccia e poi vai a lezione.» mi ordina lui senza mollare nemmeno un attimo la presa dai miei polsi.
«Lasciami Gabriel, lasciami!» grido furiosa, voglio che mi lasci immediatamente, non voglio sentire il suo profumo così vicino a me, voglio odiarlo, voglio detestarlo, è solo colpa sua se ora mi sento così. Molla la presa e si discosta da me, faccio per rimettermi a letto, ma non mi lascia passare. Lo guardo con sguardo furioso e mi dirigo all'armadio dove afferro un paio di jeans e una t-shirt di cotone a maniche lunghe. Entro nel bagno e chiudo la porta sbattendola; percepisco la rabbia salire e spero che Gabriel se ne stia andando. Terminata la doccia esco nella speranza di essere da sola in camera, ma poi alzo lo sguardo e lo vedo lì, seduto alla mia scrivania a ficcanasare nel mio computer.
«Ma che fai? Sono cose private!» afferro precipitandomi su di lui.
«Ma che belle storie che scrivi, sai sei molto brava.»
«Okay, grazie ora vattene però. Mi sono alzata, ho fatto la doccia, hai svolto il tuo compito ora vai.» cerco di spingerlo verso la porta, ma pur impiegando tutta la mia forza non riesco a spostarlo di un millimetro, perciò ci rinuncio.
«In verità dovrei assicurarmi che tu vada veramente a lezione.» mi canzona lui, l'espressione che gli si forma in volto mi fa vacillare, mi fissa, mi scruta da capo a piedi e contemporaneamente si avvicina sempre di più a me facendomi indietreggiare. Sbatto contro il muro, sono in trappola.
«Ethel, che cosa mi fai?» sussurra piano al mio orecchio, il suo respiro mi fa rabbrividire. Chiudo gli occhi e sento le sue labbra baciarmi il collo, assaporarlo, non può succedere di nuovo, ho già sbagliato in passato non posso farlo ancora. Lo sposto con le braccia, il suo sguardo è incredulo, non riesce a capire cosa stia succedendo.
«Che succede?» chiede lui.
«Gabriel non posso...»
«Tu puoi fare quello che vuoi, non devi chiedere il permesso a nessuno. So che mi vuoi e io voglio te.» ha ragione, lo voglio. Non resisto al suo sguardo, così lo bacio con passione, ricambia, mi afferra i fianchi e mi porta fino al mio misero letto. Lui è sopra di me, mi bacia il collo fino ad arrivare alla mia bocca, la assapora leccandomi delicatamente le labbra, come a voler sentire e imprimere su di se il mio sapore. Mi fa sedere sul letto e lentamente mi sfila la t-shirt che indosso, mi sfilo i jeans e le scarpe da ginnastica. Resto in reggiseno e mutande dinnanzi a lui che mi osserva. Solo di fronte a lui sono me stessa, non mi vergogno, non mi sento imperfetta, brutta, in questo momento, il suo sguardo mi fa sentire la ragazza più bella del mondo. Mi sfila le mutandine e io sgancio il reggiseno restando completamente nuda di fronte a Gabriel. Mi sdraio e lui, con indosso solo i jeans, inizia a baciarmi tutto il corpo, partendo dal collo, passando per i miei seni e arrivando al mio Monte di Venere. Gemo, urlo per il piacere, fino a quando lui smette tornando con il suo viso di nuovo di fronte al mio. Lo guardo, lui mi guarda e si sfila i pantaloni. Con la mano destra vedo che cerca nella sua giaccia qualcosa, lo afferra, il suo sguardo è sempre su di me. Sento che si inserisce dentro di me, prima piano e poi inizia a velocizzarsi. I nostri corpi sono ormai un tutt'uno, non vorrei più staccarmi da lui, mi da sicurezza, una cosa che Tom, purtroppo, non è mai riuscito a trasmettermi. Continuiamo così per ore, fin quando, esausti, ci sdraiamo uno di fianco all'altro. Nessuno dei due proferisce parola, stiamo così, semplicemente abbracciati a goderci quell'attimo solo nostro, quello che succederà poi, ora non ha importanza.
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