Cαριƚσʅσ 18 - GαႦɾιҽʅ
È passato un mese da quando ho confessato a Ethel l'amore che provo per lei, è stata l'unica in grado di farmi provare dei sentimenti, di farmi provare qualcosa che non sia rabbia, odio, verso me, i miei genitori, verso tutti coloro che hanno osato contraddirmi, sono sempre stato in grado di reagire al mondo ficcandomi nei guai oppure usando ragazze che non mi avevano fatto nulla, ma andavano bene per sfogarmi e non mi sono mai preoccupato dei loro sentimenti. Ma ora lei è qui, al mio fianco, so che crede in me e forse un po' ci credo anche io. La osservo da quasi un'ora, dorme come un angelo, ogni sua imprecisione, ogni sua curva, ogni suo minimo particolare lo amo, se potessi scegliere l'unico posto dove svegliarmi la mattina sarebbe accanto a lei, sempre, ma ora che sono riuscito a esprimere quello che provo non la lascerò più. Abbiamo fatto la prima ecografia in ospedale e oggi abbiamo la seconda da una ginecologa molto rinomata. Voglio il meglio per Etheleen e mio figlio, non gli farò mai mancare nulla, avranno sempre tutto ciò che desiderano. Ho contattato mio padre e dopo l'ecografia mi incontrerò con lui per parlare della nostra azienda di famiglia, vuole affidarla a me visto che lui è sempre in viaggio.
«Buongiorno.» mi saluta Ethel con voce assonnata, le accarezzo il viso e la bacio romanticamente, voglio che ogni suo risveglio sia così, dolce e amorevole, proprio come piace a lei.
«Buongiorno amore mio, come ti senti?» le chiedo, so che ogni mattina all'alba corre in bagno a vomitare, la prima volta che lo ha fatto mi ha detto di tornare a letto perché non voleva che la vedessi così, ma sono rimasto accanto a lei perché la amo e amo il fatto che aspetti il nostro bambino.
«Questa mattina non sono andata in bagno, è un passo avanti direi.» quei suoi occhi così magnetici, travolgenti sono una delle cose che più amo di lei; la sua voce, così pacata, dolce mi fa innamorare ogni volta che proferisce parola.
«Ora andiamo dalla ginecologa. Ti amo.» mi alzo e mi vado a preparare. Dopo circa trenta minuti siamo già in auto pronti per partire, sono molto agitato, ho paura che ci possa essere qualche complicazione oppure che il bambino non sia sano; non parlo, Ethel capisce che qualcosa non va penso si veda a chilometri di distanza, ma non posso dirle come sto, insidierei in lei le mie paure e non voglio.
«Amore, che hai?» mi chiede lei posando una mano tra i miei capelli, è così delicata.
«Nulla, tranquilla.» l'ambulatorio della dottoressa è di fronte a noi, scendiamo dall'auto e ci dirigiamo dritti nel mio terrore. Dentro la segretaria ci fa accomodare nella sala da aspetto, ma pochi minuti dopo appare la dottoressa, ha un viso molto dolce, speriamo sia davvero brava come mi hanno detto.
«Prego potete entrare.»
Ethel si sdraia sul lettino e io mi siedo su uno sgabello accanto a lei, uno schermo nero è dinnanzi a noi, presto vedremo il piccolo. Ethel alza la maglietta e abbassa leggermente i pantaloni per permettere alla dottoressa maggiore raggio di azione. Le spreme sulla pancia una specie di gel e con l'ecografo inizia a cercare il feto.
«Eccolo, purtroppo è troppo presto per sapere il sesso, ma posso dirvi che il vostro piccolo è in ottima salute. Sei di otto settimane tesoro.» il mio cuore batte all'impazzata e l'emozione cresce ad ogni parola della dottoressa, non potrei desiderare di più di quello che ho adesso. Sì, è vero, abbiamo solo ventidue anni, siamo giovani e abbiamo ancora molto da affrontare, ma possiamo farcela. La guardo negli occhi e la vedo, la vedo quella felicità che si rintana nella sua pupilla, quell'emozione che solo un figlio è in grado di darti. Le afferro la mano e gliela stringo forte, si volta verso di me e con le lacrime che le percorrono velocemente il viso mi bacia appassionatamente. Terminata l'ecografia la accompagno alla Castle Publishing e io mi dirigo all'azienda di mio padre, che presto diventerà mia. Sfreccio veloce tra le vie di New York fino ad arrivare alla Wiedemann farmaceutica dove mi aspetta mio padre. Impossibile non riconoscerlo, ha un portamento che penso di non riuscire mai ad avere, un fascino così naturale, eccolo là, nel bel mezzo della hall, in giacca e cravatta sempre immerso nel suo cellulare.
«Ciao papà.» lo saluto.
«Figliolo, eccoti. Come è andata l'ecografia?» cosa? Come fa a sapere dell'ecografia? Non ho detto niente a nessuno.
«Come fai a sapere dell'ecografia?» gli chiedo infastidito.
«Ho sentito tuo fratello un paio di giorni fa e me lo ha detto lui. Ti sembra normale che divento nonno e non mi dici nulla?» sono confuso, come faceva Manuel a sapere del bambino, non lo sento ormai da anni e non lo vedo da ancora più tempo.
«Allora, Gabriel, facciamo in fretta perché ho molto lavoro da fare e soprattutto mi sta per partire un volo per Roma. Voglio che tu diventi l'amministratore delegato della Wiedemann, è la nostra azienda e porta il nostro cognome, è giusto che te ne occupi tu. Tuo fratello non è in grado, dopo quello che ha combinato poi non accetterebbero mai di averlo come capo, ma tu sei diverso e poi ora hai una famiglia da mandare avanti. Allora, che ne pensi?» l'offerta di mio padre mi interessa, ho sempre voluto lavorare nell'azienda di famiglia, per cui accetterò la proposta, ma quello che non mi spiego è come faccia Manuel a sapere del bambino, non mi fido di lui e so che farà di tutto per avvicinarsi a Ethel e non posso permetterlo, ma non posso dirle la verità su di lui, si spaventerebbe. Devo trovare un modo, ma la cosa certa è che riuscirò a proteggerla da lui, questa volta non fallirò, non succederà la stessa cosa una seconda volta.
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