seven

Jacopo's POV

«Va bene Jacopo, bravo. Fai solo attenzione a quando scendi con la voce che rischi di stonare e sbagliare tonalità. Per il resto complimenti, come sempre».
La voce di Lalla, una delle vocal coach che ci seguono ogni settimana, segna la fine della mia giornata di lezioni.

Percorro il breve tragitto che porta dalla casetta agli studi in silenzio, con le cuffiette nelle orecchie e il computer sottobraccio.

Non appena entro in casetta un viavai piuttosto febbricitante mi accoglie.
Non appena mi passa davanti, fermo Antonia per un braccio. La castana mi guarda stranita, con il correttore sotto agli occhi in attesa di essere sfumato.

«Jaco sbrigati, tra quaranta minuti passa il pullman»
Aggrotto le sopracciglia. «Pullman? Per andare dove?»
Antonia scuote la testa con drammaticità.
«Dibbiamo andare a teatro a vedere Carmen, scemo. L'ha detto ieri Maria. Troppo impegnato a guardare Sophia?»

Guardo la castana allontanarsi con un sorrisetto, e poi mi avvio verso la mia stanza.

Ieri mi sembrava di star facendo un passo avanti con la ragazza americana, eppure quando ero a tanto così da farla parlare con me è andato tutto a puttane.
Ci ho provato ad essere tranquillo, a mettere da parte quella piccola parte di risentimento che ancora ribolle dentro di me, ma è stato tutto inutile.

«Frate' sbrigati» mi incita Gabriel, mentre fruga nell'armadio.
«Ho capito, faccio in fretta» borbotto a denti stretti.

In meno di mezz'ora noi ragazzi siamo pronti.
Mi sistemo in continuazione il colletto della camicia bianca, giocherellando anche con i primi due bottoni lasciati aperti.
Non so per quale motivo ma un lieve nervosismo mi attraversa il corpo.

Siamo tutti vestiti bene, per modo di dire, ma indossiamo le nostre cose migliori. Probabilmente perché sappiamo che una cosa del genere non succederà nuovamente tra poco.

La prima ragazza a venire fuori da una delle stanze che occupano loro è Chiara, che si stringe nel lungo cappotto di pelle e raggiunge il suo ragazzo.
Pietro la stringe da un fianco e le lascia un bacio a fior di labbra.

Un fitta di invidia mi colpisce ogni parte del corpo.

Pian piano arrivano tutte le ragazze, ma è quando Sophia raggiunge il giardino dove ci troviamo tutti che mi si mozza il fiato.
Come sempre non è eccessiva o appariscente, ma sembra che splenda nella sua semplicità.

Gli stivali alti slanciano la figura non troppo alta della castana, in contrasto con la gonna corta che aderisce perfettamente alle gambe. Da sotto il giubbotto di pelle si intravede la stoffa bordeaux della maglietta.

I capelli sono lasciati ricci, con i riflessi più chiari che luccicano alla luce.

Mi arriva una gomitata al fianco, che ki porta a chiudere la bocca.
«Sei imbarazzante, Jacopo, davvero imbarazzante. Chiudi quella bocca» mi ammonisce Vybes, schiantando la mano dietro la mia nuca.

La produzione ci avvisa che il piccolo van è fuori dalla casa ad aspettarci così ci dirigiamo verso esso.
«Si va in gita!» esclama Daniele, entusiasta.

«Ma che devo fare? Le chiedo di sedersi vicino a me in autobus?» domando nervosamente.
Mi arriva un'occhiata torva addosso. «Ma sei rimasto in prima media?»

Samuele si aggiunge alla mia destra.
«Dovrei ascoltarlo?» chiedo a quest'ultimo, indicando Gabriel con il dito.
«Zi' guarda con chi sto, un minimo di charme devo averlo»
Roteo gli occhi. «Oppure Ester devono farla santa e l'hai corrotta con una pozione d'amore»

Il percorso in autobus dura circa mezz'ora.
Parliamo, cantiamo, scherziamo e finalmente possiamo vedere uno squarcio di vita reale.
Persone in macchina, in giro per Roma con il cane o gruppi di ragazzi che passeggiano per le vie principali della città.

«That look strange. I mean, sono qui da meno di tutti ma fa strano vedere le persone vivere la loro vita» sento dire dalla voce di Sophia, un paio di sedili davanti al mio.
È seduta verso il corridoio dell'autobus accanto a Francesca, nel lato opposto al mio. Perciò ho una visuale molto buona di tutta la sua figura.

Gabriele, al mio fianco, mi tira un colpetto sulla nuca.
«Ma che avete tutti?» borbotto.

Non appena scendiamo dalla navetta, una grande facciata massiccia ci accoglie.
Sotto uno degli archi, la famosa ballerina Eleonora Abbagnato ci aspetta con un sorriso.
Con grande gioia di tutti i ragazzi dell'altra categoria, è proprio la donna a farci fare il tour della struttura.

Ci presenta ai protagonisti dell'opera, ci fa salire sul palco e ci racconta la storia narrata nel balletto e la storia del teatro.

Le prove generali non sono molto diverse dalle nostre. Procede tutto liscio tranne per qualche ripetizione di coreografia o correzione da parte del direttore.

Tutti i ballerini sono entusiasti e commentano ogni singolo pezzo, specialmente Chiara e Daniele.
Sophia sta seduta accanto alla castana e sorride alle sue considerazioni.
Anche nel buio della sala riesco a riconoscerla.

So che non dovrei. Non dovrei perché, nonostante non l'avesse fatto con cattive intenzioni, sono stato male per lei.
Per tanto tempo.
Le ho scritto una canzone, anche se non avrei dovuto. E lei non lo sa.

So che non dovrei eppure i miei occhi finisco automaticamente addosso alla sua figura ogni volta che ci troviamo nella stessa stanza.
O anche in stanze diverse, se la porta è aperta.

So che non dovrei eppure non riesco a non chiedermi "come sarebbe andata se avessimo tenuto i rapporti?"
Magari staremmo ancora insieme o magari no, dati i seimila chilometri che ci separano.

«Jaco alzati, è finito» mi richiama Pietro, prima seduto alla mia destra e ora in piedi intento a chiudersi la giacca.
«Immagino ti sia piaciuto molto, eh» ridacchia.

Il viaggio di ritorno lo trascorro ad ascoltare tutti che cantano e commentano lo spettacolo.
Sembra di essere tornato ai tempi delle gite a scuola: i più casinisti seduti alla fine dell'autobus con la cassa della musica e che spronavano tutti a fare i cori, gli altri che li seguivano e poi c'era chi si godeva la scena.

~

«Yes, five minutes and I'll be back. Vado a fumare».
La voce pacata di Sophia mi arriva alle orecchie mentre l'aria fredda della notte romana mi fa rabbrividire.

Siamo tornati da mezz'ora e già ci siamo sparsi per la casa. Fortunatamente il giardino posteriore, direttamente attaccato alla mia stanza, è deserto.
La chitarra appoggia sulle mie cosce, mentre suono le note di "All I want", una delle cover che ho cantato appena entrato.

Mi fa veramente strano pensare di essere qui già da due mesi. Mi sembrava ieri di essere stato chiamato come possibile sostituto di Ilan. E oggi sono qui, dopo essere entrato con un banco in più, ma senza quest'ultimo.
Sento di essere migliorato tanto, caratterialmente e musicalmente, ma d'altra parte c'è quella parte di me che spinge per arrivare a fare sempre di più.

Non appena Sophia entra nel mio campo visivo, faccio finta che non esista e continuo a suonare.
Ero a tanto così dal farla parlare con me, ieri sera, e l'attimo dopo tutto è svanito.

«Can I?» chiede con il solito tono di voce basso, indicando l'altro divanetto presente in giardino.
Faccio un cenno del capo, mentre man mano le note della canzone si avvicinano ad una conclusione.

«Piaciuto lo spettacolo?» chiedo, rompendo il silenzio qualche minuto più tardi.
Ricordo perfettamente le sue parole riguardo al silenzio. L'aveva descritto come sottovalutato e rilassante.
Ricordo che mi sono trovato d'accordo.

Ad oggi non so se esserlo. Per il semplice fatto che probabilmente sono in un periodo della mia vita in cui vorrei urlare per tutte le sensazioni che sto provando.
Un periodo in cui il silenzio sembra quasi irritante.

Sophia sembra stupita dalla mia domanda, ma poi annuisce.
«Even if I'm not una ballerina classica, è stato molto bello»

Si porta la sigaretta alle labbra e, proprio come ieri sera, fa uscire una densa nuvola di fumo dalle narici.
Resto ipnotizzato. Le gambe ancora fasciate dalle calze nere, la giacca di pelle sulle spalle, i capelli leggermente spettinati e il viso immacolato.

«Bellissima» mormoro con tono impercettibile, senza rendermi conto di aver effettivamente parlato.
«What
«Bellissima la coreografia, quella verso la fine. Veramente strepitosa» farfuglio.

E prima il mandarino, poi quella scenetta patetica con l'accendino e ora questo. Riprenditi, Jacopo.

«Yes, I guess so» mormora.
Dalle labbra leggermente più rilassate sembra quasi stia per ridere, ma si limita ad un piccolo sorrisetto.

Mi manchi. Parliamo. Torniamo a quelle sere. Torniamo alle nostre risate sulla spiaggia, ai sospiri in camera e alla pizza in macchina.

Il tempo passa e la sigaretta di Sophia si accorcia fino a diventare solo un mozzicone.
Quando sta per alzarsi, butto fuori la prima cosa che mi viene in mente.
«Fumi solo sigarette alla menta?»

Lei annuisce. «Sì, la sensazione del fumo normale e le sigarette elettroniche o l'iqos non fanno per me»
«Sono curioso. Un giorno me ne darai una, allora. Sai, per sdebitarti»
Non appena pronuncio l'ultima frase un'ondata di orgoglio mi pervado il corpo.

Sophia inarca le sopracciglia.
«We'll see. Buonanotte, Jacopo»
E sparisce dietro la porta in vetro, lasciandomi da solo con il mio ego.







MEMES

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