eight
Sophia's POV
Amore eterno? Inesistente, se chiedete a me.
L'unica cosa che rimane dopo tanto tempo di quello che si pensa essere amore sono soltanto i ricordi.
Ricordi dei primi tempi insieme, quando tutto era più semplice.
Ricordi delle emozioni, delle sensazioni provate.
Ma amore? Svanito.
Ne sono la prova lampante i miei genitori.
È una storia che va avanti da sempre e per cui ho sempre sofferto, soprattutto essendo figlia unica. Vivere in una casa priva di amore romantico che lega i genitori.
Non sono cresciuta in una famiglia che non mi dava affetto, anzi le uniche effusioni a cui assistevo erano quelle in cui ero protagonista io.
Piano piano, più o meno dalla mia prima media, quelle scarse carezze o baci a fior di labbra che si scambiavano i miei genitori sono iniziati a sparire del tutto.
Ho avuto tanta, tantissima paura che si lasciassero e agli occhi di una undicenne era la tragedia più terribile del mondo.
Ad oggi penso che si sarebbero solo risparmiati anni di indifferenza, trascorsi insieme ad una persona che non amano più.
Non voglio fraintendermi, non sono una di quelle coppie che trovano ogni pretesto per litigare. Anzi, a primo impatto sembrerebbe anche che ci sia ancora l'amore a legarli.
Eppure so che non è così.
Sono consapevole ci sia tanto affetto tra loro, ma non è amore da tanto tempo.
Ormai ci ho fatto l'abitudine a vederli parlare soltanto come "amici" o la cosa più simile ad essi, ma l'invidia mi incendia lo stesso ogni volta che vedo una coppia di età adulta amarsi ancora.
Non so dire se, una volta realizzato di aver perso il sentimento per l'altro, i miei genitori siano effettivamente stati male: si sono buttati a capofitto nella mia vita. Attenzioni, psicologhe, logopediste, corsi intensivi di danza, scuola.
Tutto nel mio interesse.
Però la parte più romantica e sentimentale di me non riesce a fare a meno di chiedersi ogni volta che vede una coppia se sarà destinata a stare insieme a vita.
E non soltanto fisicamente, legata da un sentimento.
Lo sto pensando di più ora che vivo a contatto con Chiara e Pietro.
I due non sono una di quelle coppiette troppo sdolcinate che trascorrono ogni secondo insieme e con la lingua nella bocca dell'altro.
Al contrario, sono molto discreti. Durante il giorno non si isolano mai da soli, soltanto la sera si ritirano sul letto arancione del ragazzo e parlano fino a tardi.
Sono pronti a litigare, a fare la pace, a far notare gli errori e soprattutto a comunicare.
Proprio per quest'ultimo motivo mi viene naturale pensare che loro siano una coppia che può funzionare per lungo tempo.
Discutono, si ascoltano, risolvono, fanno la pace.
È tutta una questione di dialogo e comunicazione.
Credo sia questo il motivo per cui le poche relazioni che ho avuto per ora non sono finite bene.
Anzi, forse i motivi sono due: sono troppo pessimista e non vedo un futuro nei rapporti romantici, non riesco a parlare con naturalezza e senza che mi sudino i palmi delle mani.
Sono proprio il dialogo e la comunicazione a mancare tra i miei genitori. Entrambi perfettamente consci di non amarsi più da un pezzo, ma non abbastanza coraggiosi da parlarne e lasciarsi andare alla vita a cui potrebbero veramente puntare.
«Cosa rimugini in quella testolina?» mi domanda Antonia, con l'iqos a poca distanza dalle labbra.
Come ormai è diventato un rito, stiamo tornando insieme verso casa dopo una giornata di lezioni.
Ho incontrato Deborah per avere un resoconto di questi quattro giorni di prove sull'assegnazioni per domenica.
La canzone è una appena uscita di Sexyy Red e Bruno Mars, "Fat juicy & wet", ed è uno stile urban un po' più "strong" rispetto alle due coreografie che ho mostrato fino ad ora.
«Così facciamo vedere a tutti cosa sai fare» ha detto Deborah il lunedì mattina, qualche ora prima di partire per il teatro.
Già, la nostra uscita a teatro di qualche giorno fa. Lo spettacolo è stato bellissimo e non si discute, ma ho avuto la costante sensazione di qualcuno che mi guardasse.
E, cavolo, so benissimo di chi si trattava.
Mentre stavamo tornando al nostro autobus, a performance finita, Samuele mi ha affiancata.
«Jacopo non ti staccava gli occhi di dosso, non ha seguito mezzo minuto di balletto»
Aveva un tono decisamente eccitato, come se sotto sotto facesse il tifo perché noi parlassimo.
Dopo giorni di pressione psicologica per tirarmi fuori qualche parola dalle labbra in merito alla situazione con il cantante pugliese, ho raccontato velocemente a Mollenbeck e Antonia cosa è accaduto tra noi.
Dal primo sguardo nel locale in riva al mare, al primo di una lunga serie di baci, all'intimità delle nostre conversazioni e la sincerità delle nostre risate.
Sembra che da quel giorno si siano impuntati per farci chiarire.
O meglio, Antonia freme perché io mi scusi e Samuele perché Jacopo capisca le mie ipotetiche scuse.
«Tutto good, davvero. Sono un po' stanca» mormoro in risposta alla riccia, che ridacchia.
«Se è "tutto good" mi fido allora». Poi mi dà una gomitata sul fianco che mi fa barcollare.
Già a qualche passo dalla casetta si sentono delle urla. Io e la cantante ci scambiamo occhiate preoccupate, prima di entrare.
Casualmente, la prima persona che incrociamo in casa è Jacopo. Sta appoggiato con schiena alla cyclette nel corridoio che collega cucina e sala delle scalinate, mentre in quest'ultima sono presenti quasi tutti i ragazzi.
«Che è successo? Vi si sente fin da fuori» domanda Antonia.
Prima di rispondere, gli occhi verdi del cantante indugiano qualche secondo di troppo su di me, facendomi già sentire le guance andare a fuoco.
«Deddè ha detto che secondo lui qualcuno è falso. Il primo nome che è stato nominato era quello di Samuele, il secondo Luca ma solo perché è stato proprio lui a mettersi in mezzo. Alessia ha cercato di difendere Samu e Luca se l'è presa» riassume velocemente il ragazzo, guardando dritto.
Mi ritrovo a guardare il suo profilo.
I capelli disordinatamente perfetti, l'anello che sporge lateralmente al naso un po' adunco, gli occhi brillanti anche visti da di lato.
Per la seconda volta in cinque minuti, Antonia mi tira una gomitata, anche stavolta più lieve.
Poi, mi lancia un'occhiataccia e mi intima di smettere di guardarlo così tanto spudoratamente.
Le urla di Alessia e Luk3 si alternano fino a sera tardi e per fortuna cessano appena prima che arrivi il mio turno con il cellulare.
Mamma e papà odiano le chiamate normali, vogliono sempre vedermi quando parliamo. Per questo motivo mi siedo sulle lenzuola verdi del mio letto e avvio una videochiamata.
Dovrebbero essere al lavoro in questo momento, ma dopo meno di due squilli i loro volti compaiono sullo schermo.
Sorridono così tanto da scaldarmi il cuore, sembrano entrambi più tranquilli e sereni.
«Ciao! Come state?»
«Tutto bene qui, anzi sono meno stressata del solito stranamente. - la mamma ride - Tu cosa ci racconti? Come ti trovi?»
Annuisco, entusiasta.
«È bellissimo mamma, non ci credo ancora. Sto ballando, vedo i professionisti e imparo un sacco di cose. E, indovinate, ho degli amici!» esclamo, senza riuscire più a contenere l'entusiasmo.
Gli occhi della mamma si fanno lucidi e papà, alla sua sinistra, le appoggia una mano sulla spalla. Mi sembra quasi si scambino uno sguardo amorevole.
Il cuore potrebbe scoppiarmi. Ho bisogno di aria, così agguanto la giacca e sfreccio attraverso le camere fino al giardino che affaccia sulla stanza gialla.
Vederli così felici e in sintonia tra loro mi porta a pensare che qualcosa stia cambiando. Che la mia distanza posso solo far bene ad entrambi.
«Siamo tanto tanto fieri di te, tesoro. Anche se ci separano orari e chilometri non ci perdiamo neanche un episodio del pomeriggio anche solo per vederti camminare in casa» afferma papà, una volta seduta sul divano esterno.
Le lacrime minacciano di uscire fuori, ma le ricaccio indietro alla velocità della luca.
«Grazie per le belle parole, a tutti e due. Ora devo spegnere ma sappiate che mi mancate e vi voglio bene» avvicino il telefono alle labbra che gli mando un bacino.
«Ti amiamo Sophie, punta alle stelle» mormora la mamma prima di staccare.
Mi sento travolta da un vortice di emozioni.
Gli occhi di mamma mentre guardava papà hanno riacceso in me una scintilla di speranza. Speranza che sotto sotto ci sia ancora qualcosa.
E, inaspettatamente, una lacrime solitaria mi solca il viso.
La porta del giardino scatta, ma non ci faccio caso fino al momento in cui il profumo fin troppo familiare di Jacopo mi invade le narici.
A differenza delle altre sere in cui ci siamo incrociati qui, è seduto al mio fianco.
Lentamente lo guardo.
Mi porge una sigaretta, una delle mie.
«Thank you. Che ci fai qui?» mormoro, stupita ma terribilmente curiosa per stare in silenzio.
Le spalle di Jacopo si alzano. «Ti ho vista correre attraverso la mia camera e sbattere la porta. Ho immaginato ne avessi bisogno» indica la sigaretta che si trova tra le mie labbra con un cenno del capo.
Sì, proprio della sigaretta avevo bisogno.
Il silenzio cade tra noi, in sottofondo solo i rumori della Città Eterna.
Incredibile ma vero, però, ho bisogno di parlare.
«You shouldn't be here»
«Non dovrei, ma voglio. Forza, parla»
«Ti ricordi che this summer I said che non credevo nell'amore eterno?».
Menzionare questa estate è cose ricevere uno schiaffo sulla guancia, sia per me che per lui, ma il castano annuisce.
«Ecco, il motivo erano i miei genitori. I've noticed il loro allontanamento fin da subito, durante la mia middle school. Vivevano insieme, si prendevano cura di me e tutto. Ma erano loro che non si amavano, non più. But they never left each other» inizio, stoppandomi solo per buttare fuori dalle labbra una nuvola di fumo.
Jacopo mi ascolta, assorto dal mio discorso.
«Ho sempre pensato che lo facessero per me, but then I realized that anche loro sarebbero stati persi se si fossero lasciati. Quindi io ho sopportato di vedere loro considerarsi poco in casa, however loro hanno sopportato tranquillamente il vivere con una persona che non amavano più»
Altro tiro, altra pausa.
«Oggi, al telefono, I saw something. C'era qualcosa di diverso tra loro, più intimo.
Non cambio idea about the fact that non credo in quella cosa, ma si è accesa una scintilla di speranza in me» concludo.
Dopo qualche istante, Jacopo sospira.
«Perché hai detto queste cose proprio a me? Pensavo mi odiassi. Sì, te l'ho chiesto io, ma mi aspettavo mi rifilassi la solita cazzata del "sì, tutto bene"»
Aggrotto le sopracciglia. «You're the one who has all the rights to hate me, ma non è questo il discorso. Non ho scelto di dirtelo, mi è venuto naturale. Above all, you're still l'unico di cui mi fido qui»
Un sorriso debole compare sulle sue labbra.
«Non ti aspetti un consiglio, vero? Perché non saprei che dirti se non "aspetta e vedi come va, tanto peggio di così si muore". Solo questo.»
Ridacchio e scuoto la testa, appoggiandola poi all'indietro addosso al muro.
«You suck a consolare»
«Almeno io parlo» ribatte, facendo innalzare un po' la tensione.
Touché.
«Anyway, non voglio un consiglio, dovevo solo dirlo a qualcuno. I don't know how to feel about all of this»
La mano di Jacopo finisce in mezzo ai suoi capelli, scompigliando come al solito le ciocche castane.
«Beh, è normale non sapere come sentirsi in queste situazioni. Sei cresciuta con l'idea che i tuoi non si amassero, quando può essere che magari il loro amore fosse solo passato in secondo piano per via di tutto il resto»
Ogni singola parola di Jacopo mi riscuote dall'interno. E, dopo anni, vedo le cose da una prospettiva diversa. Una parte di me non può fare a meno di colpevolizzarsi, se effettivamente qualcosa ha eclissato l'amore che dovrebbe esserci tra una coppia. Quel "qualcosa" potrei essere io, potrebbero essere tutti i problemi che gli ho causato durante tutta la vita.
Improvvisamente, mi trovo il dito del ragazzo alla mia destra ad un palmo dal viso.
«Non provare a colpevolizzarti. La vita è complicata e, anche se fosse come ho detto io, non sei stata tu la causa del loro allontanamento»
Sospiro, touché di nuovo.
In poco tempo finisco anche la sigaretta.
«Sorry, non volevo sembrare una... how do you say in italian "crybaby"?»
«Frignona»
«Yes, frignona»
Gli occhi di Jacopo catturano i miei e non accennano a lasciarli andare.
Il mio cuore accelera in tempo record sotto alle iridi verdi del castano, che sembrano sempre scavarmi dentro l'anima.
«Non hai pianto, quindi tecnicamente non sei una frignona. E, in ogni caso, non devi scusarti. Anzi, mi ha fatto piacere che ti sei confidata con me, vuol dire che qualcosa della Sophia che ho conosciuto c'è ancora»
Aggrotto le sopracciglia ma non posso fare a meno di sorridere. «Was that a snipe?»
«Sì, era esattamente una frecciatina, Soph» ribatte il ragazzo in tono piccato, alzandosi in piedi e rivolgendomi un microscopico sorriso.
Sì, direi che la Sophia che ha conosciuto mesi fa è ancora presente, anzi è la stessa.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top