𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐎| 𝑭𝒐𝒓𝒈𝒆𝒕
Where crows lay
Prologue
{ Our past defines us }
La neve cadeva leggera e si appoggiava con grazia sulle merlature e sul cortile esterno del castello. Lontana da sguardi indiscreti, nascosta da una coltre di nebbia e avvolta da un silenzio surreale la fortezza sembrava una dimora di spettri.
Il silenzio attraversava i cortili, la sala d'ingresso e il salone principale nel quale si potevano ancora vedere le tavolate di un tempo ormai andato che come all'epoca ospitavano lord e lady, ora erano la dimora degli uccelli che entravano indisturbati dalle numerose feritoie sul soffitto dalle quali adesso scendeva la neve con il suo manto candito.
I topi sembravano essere gli unici abitanti di quel luogo dimenticato dal mondo e i loro squittii erano gli unici suoni che riempivano i corridoi della fortezza ornati da arazzi pregiati che narravano di imprese eroiche impresse con così tanto impegno sulla tela che ormai tutti se ne erano dimenticati.
All'improvviso e in modo inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, un suono riempì di energia i corridoi di pietra, un suono così forte da far volare via gli uccelli dal pavimento su cui si erano posati per poi allontanarsi dalla fortezza, come se quel suono fosse stato, per loro, un presagio. Il battito frenetico delle loro ali era ancora udibile quando quella risata smise di risuonare tra le pareti e nuove voci, caute ma presenti, si fecero strada tra le pietre. L'origine di quelle voci si nascondeva tra le stanze della fortezza, dietro una pesante porta di pietra sotto la quale si intravedeva un filo di luce, unica fonte di luminosità in quel corridoio completamente al buio. Si potevano udire dei brevi rumori, pugni sbattuti sui tavoli, risate sciocchi di dita. Ognuna di queste piccole cose sembrava indicare un grande ritrovo e dalle risate forse si poteva dire che fosse amichevole, ma le rocce giocano brutti scherzi a chi non sa ascoltarle.
Tra le pareti di quella stanza, un tempo ornata con armi o trofei di guerra alle pareti, era proprio l'atmosfera di uno scontro quella che si poteva percepire.
L'aria fredda si insinuava tra le pietre e la neve entrando dalle finestre aperte si appoggiava sui tavoli creati tempo addietro per ospitare immensi ritrovi.
Tra le due tavole al suo interno non c'erano punti di coesione e le persone sedute dietro a essi sembravano provenire da due mondi opposti anche se nel linguaggio usato si poteva notare una certa familiarità, tanto antica quanto non gradita.
Delineati dalla luce del sole di primo mattino che illuminava appena la stanza, si stagliavano in tutta la loro imponenza numerose figure che parevano quasi ombre a causa delle loro figure sinuose. Apparteneva a loro quella risata che poco prima aveva turbato la quiete di quella fortezza e la stessa agitazione era visibile tra di loro. Come anime in pena, dilaniate dal dolore si ammassavano in un unico punto per poi dividersi nuovamente. Sembravano non essere capaci di ottenere pace, quiete. Infervorati dalle loro convinzioni alzavano le braccia al cielo, come per volere abbracciare un mondo intero, indicando poi il sole che stava per spuntare. C'era una certa urgenza nei loro gesti, un affanno difficile da comprendere a occhi esterni, una volontà così forte che pochi altri potevano capire, forse addirittura nessuno.
I loro gesti sembravano diretti verso qualcuno, figure nascoste dall'ombra che avevano nelle pietre i loro scudi, riluttanti nel farsi avanti.
Quando finalmente l'atmosfera nella stanza parve calmarsi e le voci di tutti si placarono, lasciando nuovamente spazio agli squittii dei topi, una figura si staccò dall'ombra e si fece avanti.
Lasciandosi alle spalle le pietre fredde, dopo aver rivolto un ultimo sguardo distante e apatico alle sue compagne, si fece avanti, con la testa alta e passo deciso. Posó entrambe le mani sul tavolo scrutando le striature del legno con grande interesse, per poi rialzarsi con calma. C'era una fredda determinazione nel suo sguardo quando si schiarì la voce per attirare l'attenzione dei presenti per poi prendere la parola.
< siete degli stolti se fantasticate che nel nostro animo ci sia il desiderio di ascoltarvi o di giustificarci per la nostra decisione > le labbra della donna tremarono leggermente pronunciando quelle parole. Cercó con lo sguardo il sostegno delle compagne, ancora nascoste nell'ombra ma nemmeno per un momento si rivolse agli altri interlocutori.
Un vociare confuso si estese tra la stanza mentre le ombre cominciarono di nuovo ad ammassarsi bisbigliando tra loro parole che sembravano provenire da un'altra lingua.
Improvvisamente si divisero di nuovo, indietreggiando, lasciando spazio a un'ombra tra tutte. L'uomo a cui apparteneva si fece avanti, le braccia nascoste tra i manti di pelliccia e il volto coperto da quelle che sembravano piume. Cadendo sul suo volto, lasciavano intravedere a mala pena gli occhi, neri come la pece, che scrutavano imperturbati la donna. Il suo sguardo non si spostò da lei nemmeno per un istante, la osservó come si guarda un accusato, c'era disgusto e delusione nel suo sguardo quando prese la parola.
< voi avete tradito la nostra fiducia, ci avete mentito, siete state delle codarde e avete il coraggio di presentarvi qui per difendervi? Siano dannati i tempi in cui condividevamo le stesse case, dove i nostri bambini giocavano tra loro. Hanno conosciuto il significato del tradimento proprio da voi, voi che li tenete ancora nelle vostre case, senza curarvi di ciò che accade all'esterno >
Queste parole furono seguite da un vociare confuso come se insieme a lui stessero parlando altre venti persone. Proprio costoro lasciarono i nascondigli delle ombre e si fecero avanti, manti neri come la notte si scagliarono verso il tavolo, infervorati dal discorso del loro compagno.
Le loro urla e i pugni sbattuti sul tavolo riempirono di nuovo la stanza di un boato confuso.
Gli occhi della donna scrutavano con insistenza l'uomo, aspettando paziente che il vociare terminasse.
Così come era iniziato esso finì lasciando nuovamente la parola alla donna.
Questa volta però furono altre figure a staccarsi dai nascondigli della pietra e si accostarono con fierezza alla compagna. Il rumore dei loro abiti, lunghi e neri, sembrava provenire da un'altra epoca, un tempo prospero ma austero. Il silenzio sembrò tornare a essere il padrone come se la loro comparsa avesse creato soggezione nei presenti.
Fu solo allora che una voce riempì la stanza, sembrava provenire da una delle donne che, scrutando con astio e durezza le creature davanti a sé, si mosse verso di loro e prese la parola
< voi osate dunque ritenere che il nostro sia stato un puerile tradimento? Obliate dunque come lo stesso puerile inganno sia stato perpetuato da voi stessi? Voi spregiudicati, avete tentato di opporvi alla vostra e nostra stessa natura e ora dovrete pagarne le ripercussioni >
Mano a mano che pronunciò queste parole la sua voce aumentò sempre di più, fino a coprire le parole mormorate dalle compagne e le parole pronunciate a gran voce dagli interlocutori. Il rumore nella stanza era tanto grande da coprire anche i continui colpi alla porta che si facevano sempre più incessanti.
Non vennero nemmeno uditi e furono nuovamente coperti da altre voci, dure e forti, provenienti da più ombre che sembravano quasi cantare una canzone
< voi donne uccello, che non capite le ragioni della nostra venuta, siete quasi peggio di chi ci ha ostacolato. Nei nostri occhi non vediamo un desiderio ma solo determinazione per qualcosa che non esiste. > alle prime voci se ne unirono altre, e poi alte ancora fino a che la stanza non fu coperta da una melodia travolgente, che scosse l'animo di chi la ascoltava.
Lo stato di trance in cui tutti i presenti si trovavano venne bruscamente interrotto dal rumore della porta che si spalancava con violenza sbattendo contro il muro. Nel silenzio che seguì, si poté udire chiaramente il lieve suono dell'intonaco che cadeva sulle pietre, seguito da alcuni colpi di tosse e numerosi borbottii indignati, per l'interruzione così brusca di una riunione tanto importante. Tutti gli sguardi si posarono, alcuni cauti, altri adirati, sulla figura che aveva fatto il suo ingresso in modo così brusco. Davanti alla porta, come congelato sul posto, si trovava un ragazzino che aveva tutta l'aria di non voler essere lì in quel momento, tremava come una foglia mentre i suoi occhi, colmi di lacrime, vagavano scattosi per la stanza come per cercare qualcuno. Finalmente sembrarono trovare ciò che cercavano e il ragazzo, veloce come un fulmine, animato da pura disperazione, si gettò tra le braccia dell'ultima donna che aveva parlato, una delle donne uccello. Lo sguardo della donna, da infastidito ma al contempo preoccupato, si fece serio e austero mentre cercava di comprendere le poche parole che uscivano dalla bocca del ragazzo, scosso dai singhiozzi.
< è morto > disse con voce tremante, senza curarsi del fatto che tutti potessero udirlo < volevamo aiutare ma è morto, ho visto solo della luce e > un attacco di singhiozzi lo prese completamente prima che fosse in grado di concludere l'ultima frase ma per la donna quest'ultima era stata più che sufficiente. Posò una mano sul suo capo prima di sussurrargli all'orecchio < daemon syndrigast > , sentendo quelle parole gli occhi del ragazzo parvero riacquistare una nuova luce e tese la mano verso la donna aspettando con pazienza. Ella la prese con gentilezza, delle piume color pece cominciarono a staccarsi dal suo abito, creando un vortice così fitto e veloce da rendere lei e il ragazzo quasi invisibili. Di punto in bianco il turbinio i piume cessò e, mentre una ad una cadevano lentamente a terra, da essa si sollevarono due uccelli, una civetta e una peppola che , trasportati dal vento, uscirono dalla finestra della fortezza e si immersero nel candore della neve che copriva indistintamente il paesaggio fuori da essa.
Dentro la stanza della fortezza un silenzio immacolato aveva riempito la sala, nessuno sembrava avere voglia di proferire parola, ambo le parti si scambiavano sguardi silenziosi di astio, odio e confusione ma nessuno muoveva un solo muscolo del corpo come se avessero appena assistito a un evento eclatante, stupefacente. Passarono i minuti e, mentre molti si stavano abituando a quel silenzio, tra altri la tensione cresceva sempre di più e si iniziarono a udire brevi sussurri, lamenti che aumentarono a poco a poco di intensità fino a coprire nuovamente l'intera sala di voci e rumori che riportarono la fortezza alla vita. In poco tempo anche gli animi dei presenti sembrarono scossi da una carica improvvisa, come ubbidendo a un ordine impartito da una entità invisibile. Il pavimento della stanza fu attraversato da brevi ma potenti vortici che lasciarono il pavimento coperto da piume scure, da esse una decina di rapaci si scagliarono verso le ombre, che pronte estrassero chi le balestre che le spade per fare fronte a quell'unica e compatta massa nera. Gli urli delle ombre, graffiate dagli artigli o pizzicate dai becchi degli uccelli, si unì ai tonfi provocati dai rapaci una volta crollati a terra, morti mentre le compagne riempivano la stanza con i loro versi e le ombre colmavano gli spazi con il rumore delle spade o con i loro lamenti.
I pochi spettatori che assistettero a questa scena rimasero interdetti e facendosi forza l'uno con l'altro attraverso spinte o incitamenti pronunciati a bassa voce, si fiondarono fuori dalla porta rimasta aperta, attraversarono i corridoi in fretta e scesero le scale a rotta di collo, come inseguiti da una creatura mostruosa. Gli uccelli che sembravano non curarsi dei rumori causati dallo scontro non gradirono particolarmente l'arrivo di altre persone e con versi contrariati, lasciarono il pavimento sul quale erano posati per appoggiarsi nuovamente sulle assi sporgenti del tetto, gracchiando in modo stridulo tutto il loro disappunto. La neve cadeva ancora sulle loro piume e si posava senza sosta sulle tavolate dell'atrio come a voler aiutare gli spettatori che ora, assicurandosi di non essere visti, si diressero verso quel manto spesso e candido che copriva ogni cosa fino alla linea dell'orizzonte.
___________ Today ____________
Il sole brillava nel cielo terso di nuvole, il turchino del cielo unito al verde della vegetazione che ricopriva le scogliere di un bianco candido e la luce che brillava sull'acqua cristallina contribuivano a creare un paesaggio quasi paradisiaco. Una lieve brezza accarezzava i bassi arbusti della vegetazione producendo una dolce melodia. Allo stesso tempo muovendosi e danzando con le onde le faceva urtare contro le rocce scandendo il tempo con il loro rumore. Il paesaggio, così calmo e tranquillo sembrava deserto, d'altronde era poco dopo l'ora di pranzo e ben poche persone desideravano esporsi così tanto al sole senza alcun posto ombroso dove riposarsi . Gli uccelli sembravano gli unici a godere in modo particolare di quel caldo e della brezza che li guidava tra le correnti portandoli di qua e di là rispetto al mare. I loro versi sonori e vivaci riempivano l'aria e ricoprivano di vitalità un luogo che in quel momento sembrava essere deserto.
I gabbiani in particolare sembravano essere i padroni indiscussi di quel luogo e i loro voli creavano linee particolari che sembravano quasi scontrarsi contro le rocce. Dunque quando lo stormo di uccelli bianchi si separò di scatto , abbandonando i cieli per appoggiarsi alle scogliere sembrò strano ma tutto divenne più chiaro quando, presso la linea dell'orizzonte apparvero tre macchie scure, tre uccelli di dimensioni notevoli, inusuali per il luogo, che veloci come il vento si dirigevano verso le rocce. A poco a poco le loro forme si fecero più chiare e i tre rapaci, una poiana, un astore e un allocco, planarono verso le rocce sporgenti, abbassandosi con grazia verso le scogliere per poi posarsi delicatamente su di esse. I tre uccelli sembrarono scambiarsi uno sguardo molto espressivo, quasi umano, prima di sollevarsi nuovamente e dirigersi verso la morbida vegetazione che ricopriva le scogliere. Appena le loro zampe toccarono il verde dell'erba un turbine di piume marroni li ricoprì completamente fino a rendere le loro figure invisibili. Placato il vortice di piume queste si posarono piano a terra , guidate dal vento, lasciando scoperte le figure di tre donne che ora osservavano , per un attimo spaesate, il mare e la vegetazione che le circondava. Fu colei che prima era un astore a prendere la parola mentre un piccolo sorriso illuminava il suo giovane volto
< mai più, a chi è venuta l'idea di planare sulle rocce ? Ci terrei a tornare dai miei bambini intatta > disse con un tono tra il serio e lo scherzoso, perfettamente in armonia con l'aria giovane che traspariva dal suo viso.
< non esagerare Dorotea, i miei bambini non avrebbero fiatato se si fossero trovati nella tua posizione. > disse la donna, togliendo dai suoi abiti le ultime piume marroni del manto dello sparviero. Pronunciò le ultime parole con una vena di orgoglio, osservando il mare davanti a sè come se stesse guardando un caro amico. Le sue parole fecero spuntare un piccolo sorriso sulle labbra della terza donna che, dopo aver contemplato gli uccelli sulle rocce, prese parola
< non sei affatto cambiata Eleonora > disse con tono calmo e allo stesso tempo nostalgico continuando a osservare i gabbiani . Un'ombra sembrò apparire sul suo volto e il sorriso che prima lo illuminava scomparve mentre si rivolgeva con serietà e compostezza alle due donne che ora sembravano pendere dalle sue labbra
< vi ho chiamate perché sono sicura che sia anche nel vostro interesse avere la situazione sotto controllo. > fece una breve pausa, osservando negli occhi le sue due colleghe che erano rimaste lontane da lei così a lungo
< è da molto tempo che non ci vediamo ed é giunto il momento di ripristinare dei legami saldi come quelli di un tempo > concluse, sospirando profondamente cercando con lo sguardo l'assenso delle altre
Le sue parole, nonostante contenessero un messaggio di speranza, pesavano come macigni e riportavano alla mente ricordi di un'epoca delorosa e piena di pericoli. Il solo pensiero di quanto fosse accaduto fece scomparire il sorriso dal volto di Dorotea
< Temo tu abbia ragione Tessa. Da lontano giungono notizie sconfortanti. Si parla di anelli che sembrano scomparire nel nulla, come spazzati via da una qualche energia misteriosa, orologi temporali che sembrano perdere il senno, nulla di buono all'orizzonte > intervenne Eleonora con tono grave e severo, tornando a scrutare il mare, perdendosi quasi in esso.
< non crederai a tali supposizioni? Come hai detto tu sono solo voci > disse in risposta Dorotea con tono scettico anche se nei suoi occhi si intravedeva un barlume di paura.
A queste parole Tessa scosse la testa in un silenzioso cenno di disaccordo per poi sospirare come cercando di trovare le parole adatte
< l'orologio della mia torre cessa periodicamente di funzionare e i numeri a volte cambiano > disse veloce, c'era un'ombra di dubbio nella sua voce che fece aggrottare le sopracciglia alla più giovane.
< non penserai mica che siano sempre loro? L'anello é collassato, non ricordate? > disse Dorotea cercando lo sguardo delle due compagne. Per quanto il suo tono fosse calmo in esso c'era una punta di dubbio, cercando di riportarle a quella realtà che, secondo la giovane, avevano perso di vista.
< se lo pensassimo non saremmo qui ma a ripararci nei nostri anelli > rispose Eleonora con tono distaccato come impegnata in tutt'altri pensieri. Il suo sguardo si fece serio mentre distoglieva gli occhi dalla distesa cristallina per osservare con severità le altre
< è per questo dunque che é importante riunirci. Il nostro compito di ymbryne é proteggere i nostri bambini ma se le voci dovessero rivelarsi fondate saremo costrette a difenderci le une con le altre e non possiamo farlo se ci separa un così grande lasso di tempo > disse, misurando con calma e compostezza ogni parola, osservando con serietà le due ymbryne.
Un silenzio pieno di significato calò tra le tre ymbryne, per un momento sembrarono tutte unite da un solo timore, da un futuro ignoto e da un pericolo sconosciuto del quale non sapevano né l'identità né quantomeno la causa. Mille dubbi, probabilmente simili, si affollarono nella mente di ognuna di loro e per un momento soltanto si scambiarono degli sguardi sospettosi, frutto del lungo tempo che le aveva tenute separate.
< se é così come dite, non posso fare a meno di offrire il mio anello come luogo di ritrovo. È ben protetto, facile da raggiungere, incastonato tra le rocce delle montagne che lasciano lo spazio a una piccola vallata dove i nostri bambini potranno divertirsi se lo vorranno. > disse Dorotea con tono deciso e sguardo sognante come se stesse già gustando il momento in cui si sarebbero finalmente ritrovate senza che alcun pericolo imminente incombesse su di loro.
Tessa sorrise lievemente e fece un cenno di assenso col capo, rivolgendo uno sguardo grato alla più giovane
< per me é deciso > rispose con decisione e una piccola nota di allegria nel tono.
I suoi occhi non poterono fare a meno di osservare con un misto di allegria e nostalgia Eleonora, con la quale avrebbe avuto finalmente l'occasione di parlare, dopo così tanto tempo.
< concordo anche io > disse decisa Eleonora, rispondendo con un piccolo sorriso e un cenno del capo allo sguardo così espressivo di Tessa.
< tra cinque giorni saremo da te Dorotea. Ora devo abbandonarvi, la strada del mio ritorno sarà molto lunga > aggiunse, osservando le due ymbryne con tranquillità e graditudine. Sorrise a entrambe prima di chiudere gli occhi e, come rispondendo a un suo comando, le piume si sollevarono da terra, comprendola come un mantello, dal quale si sollevò uno sparviero che veloce, si diresse verso l'orizzonte.
Dorotea e Tessa non poterono fare altro se non assistere attente quel fenomeno, come se lo stessero osservando per la prima volta.
Si scambiarono uno sguardo colmo di significato per poi copiare i gesti della compagna, trasformandosi nuovamente nella loro forma rapace.
L' astore e la poiana si diressero in direzioni opposte, colmando con i loro versi allegri e soddisfatti l'aria immobile del luogo, ancora soggetta al caldo umido dello ore di primo pomeriggio.
Con la partenza dei tre rapaci, la vita di quel piccolo mondo sembrò riprendere. I gabbiani ripresero il loro volo tra le correnti, dando il benvenuto con i loro versi a quei piccoli nuclei familiari che ora si stavano dirigendo verso le scogliere, per passare in allegria gli ultimi giorni di un'estate che stava volgendo a termine.
peculiar space
Salve! Dunque, dopo tre mesi alla fine ci sono riuscita ( ed era anche ora ).
Prima di tutto però vorrei chiedere, pregare, esortare, chi non ha consegnato le schede a farlo. Se non avete ispirazione o voglia o che so io, mandatemi almeno una bozza del carattere del vostro personaggio in privata perché se mi metto io a fare i tre oc che mi mancano non andiamo più avanti. Anche perché ( come spero si sia capito) per il prossimo capitolo mi servono tutti gli oc, assolutamente.
Se fate questo però accettate anche che il vostro pg sia in mano mia dato che non avendo la scheda su cui basarmi alcune cose me le dovrò inventare. Spero di essere stata chiara.
Detto questo parliamo di cose meno serie e arriviamo al capitolo vero e proprio.
Vorrei sapere, vi é piaciuto o vi ha fatto schif ( non vi mangio se mi dite la verità, giuro) ?
Avete avuto una mini mini introduzione alle nostre tre ymbryne che saranno i capi saldi della storia diciamo. Avete avuto un assaggio del passato ma ovviamente é stato il tutto molto vago. Non vi nascondo il fatto che ci siano dei mini Easter egg ma sono piccini quindi se non li avete colti non fasciatevi la testa, nel prossimo ne avrete di più evidenti.
Un piccolo consiglio, ogni tanto date un occhio alla profezia di inizo storia perché forse, e dico forse, potrebbe aiutare a scoprire di più su chi ha fatto cosa.
Dato che nel prossimo vedremo finalmente tutti i personaggi insieme, cosa pensate accadrà? E infine, quale interazione in particolare vorreste vedere o per quale siete curiosi?
Ci vediamo al prossimo capitolo
Always yours
p. p.
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