𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟷𝟺

❝𝑉𝑖 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑎 𝑜𝑠𝑡𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑒 𝑐𝘩𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑡𝑜𝑙𝑙𝑒𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑖𝑚𝑖𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑜𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎̀ 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑢𝑖. 𝐼𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑖𝑛𝑠𝑜𝑟𝑔𝑒 𝑎 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑡𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑎.❞

||𝐽𝑎𝑛𝑒 𝐴𝑢𝑠𝑡𝑒𝑛||

Cosa c'è di peggio di una mattinata piena di lavoro?

Come prima risposta verrebbe da dire che non esiste niente di peggiore, ma per Kayla non era così, non in quella giornata almeno.

Dopo delle estenuanti ore di mansioni, nelle quali aveva dovuto occuparsi non solo di Pioggia, ma anche di altri cavalli, la giovane si sentiva sfinita.

Alcuni di loro non stavano bene quindi aveva deciso di aiutare, voleva alleggerire il carico sulle spalle della famiglia che aveva accettato di offrirle un lavoro part time lì.

Inoltre non se la sentì di voltargli le spalle, aveva a che fare con quegli animali fin da piccola, sapeva gestirli anche da malati.

Questo però non le impedì di arrivare in orario per la solita sfida che disputava contro Akashi ogni volta che si trovava in quel posto.

Come la volta precedente il ragazzo stava facendo tardi, Kayla cominciava a pensare che lo facesse di proposito.

Sospirò e si guardò attorno, il campo da basket non era stato difficile da scovare, anche se lui avrebbe potuto dirle dove si trovasse.

Nell'attesa cominciò a palleggiare, chiedendosi quale approccio avrebbe ricevuto da parte del giovane.

Quel pomeriggio al bar era riuscita a parlare più o meno normalmente con lui, però sapeva che una volta conclusa la giornata tutto sarebbe tornato come prima, proprio come quando affrontavano le loro sfide.

Non le piaceva vederlo così distaccato, non ne capiva il senso.

Si conoscevano da una vita e lui la trattava come si fa con qualcuno che si è appena incontrato.

In quel modo si comportava Aomine, ma era del tutto logico visto che praticamente sapevano solo il nome l'uno dell'altra.

La sensazione di calore che aveva sentito all'interno del bar probabilmente era un caso isolato, dovuto al fatto che si trovavano in un contesto diverso da quello delle sfide.

Il problema era uno solo: passare momenti così con Akashi era pressoché impossibile.

Sembrava quasi non voler avere altri incontri al di fuori di quelli che condividevano sul campo.

O almeno così credeva, ora non ne era più certa.

Seijuro non si stava facendo vedere e il ritardo non faceva che aumentare.

Kayla troncò il suo palleggiare e si fermò a riflettere sulla situazione.

Non ci mise molto ad arrivare alla conclusione che non si sarebbe presentato, sentendo montare dentro di se il fastidio di quel gesto.

Credeva che sarebbe stata ferma? Che sarebbe tornata a casa senza fare nulla?

No, la ragazza aveva tutte le intenzioni di dirgliene quattro, non gli avrebbe permesso di metterle i piedi in testa, per nessuna ragione al mondo.

Prese la decisione di andare da lui, quando aveva visto la divisa del ragazzo la giovane si era informata su dove si trovasse la scuola, scoprendo così che ancora viveva a Kyoto.

Se Akashi non intendeva presentarsi, allora lo avrebbe fatto lei.

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Ripose il telefono nella tasca della sua giacca di jeans e si appoggiò contro lo schienale del sedile.

Il paesaggio al di fuori della vetrata scorreva velocemente, ma per Kayla il tempo sembrava passare a rallentatore.

Aveva appena risposto all'ultimo messaggio di Kagami, la ragazza lo aveva avvertito di quel suo piccolo viaggio, non sarebbe tornata prima di cena, quello era poco ma sicuro.

Fu fortunata a trovare posto sul treno, la gente come al solito è sempre sul piede di guerra nell'attimo in cui le porte si aprono, il più delle volte nemmeno pensano a far scendere gli altri.

O forse ci pensano, ma sono troppo occupati su quello che riguarda loro stessi.

Era da tanto che non tornava a Kyoto, da piccola non aveva avuto modo di visitarla e vederla come avrebbe voluto, quindi già sapeva di dover chiedere indicazioni. Non voleva perdersi.

Nonostante ciò faceva uno strano effetto essere nuovamente in quella città.

Il viaggio fu lungo, tanto che si appisolò.

In quel modo almeno poteva recuperare un po' della stanchezza provocata da quella mattinata.

Aveva sempre pensato che addormentarsi sui mezzi pubblici non fosse sicuro, ma nel momento in cui il sonno prende il sopravvento c'è poco da fare, vince lui.

Quando riaprì gli occhi si accorse che il vagone si stava svuotando rapidamente, con la stessa velocità con cui si era riempito alla partenza da Tokyo.

Se li stropicciò leggermente, trattenendo uno sbadiglio, e guardò fuori.

Quello che vide la fece scattare in piedi, per poco non perdeva l'equilibrio.

Era arrivata alla sua fermata e non voleva assolutamente farsene un'altra per poi tornare indietro.

Riuscì per un pelo ad uscire prima che le porte si chiudessero, un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra.

Non dovette chiedere a molte persone, raggiungere l'istituto si rivelò meno complicato di quanto credeva.

«Okay, Kayla, sei arrivata» sussurrò a se stessa, osservando l'imponente edificio, quella era chiaramente una scuola privata.
«Ora devi solo trovare la palestra e dirgliene quattro.»

Come cominciare il discorso era un mistero anche per lei.

Aveva agito d'istinto andando lì, non aveva pensato alle esatte parole che gli avrebbe rivolto.

Ma poco le importava, quello da dire le sarebbe venuto in mente sul momento.

La palestra si mostrò vuota, cosa che la fece sbuffare pesantemente.

«Tanti giri per trovarla ed è vuota» commentò, facendo poi caso ad un dettaglio: le luci erano ancora accese, quindi la squadra doveva essersi allenata da poco, di conseguenza avrebbe potuto trovarli nello spogliatoio.

Probabilmente avrebbe dovuto aspettarli fuori e fermare Akashi una volta individuato, ma visto come il ragazzo aveva deciso di non presentarsi lo sarebbe andato a prendere di persona.

Con quell'idea si incamminò verso di esso, più determinata che mai.

Vide dei ragazzi al di fuori dello spogliatoio, tutti indossavano un'elegante divisa, non si aspettava niente di diverso da una scuola di quel tipo.

Ognuno di loro teneva sulla spalla una tracolla, di quelle che si usano per i club sportivi.

Si avvicinò al gruppetto con passo deciso.
«Scusate.» Si voltarono verso di lei non appena la udirono.
«Fate parte della squadra di basket?»

La osservavano con curiosità, era ovvio che non facesse parte dell'istituto.

«Si, ti serve qualcosa?» Le chiese un ragazzo dai capelli neri, che gli arrivavano fin sotto il mento.

Ad una prima occhiata sembrava che le avesse risposto il più gentile.

«Cercavo Seijuro.» Lo informò puntando lo sguardo su di lui.
«Immagino si sia allenano con voi.»

Il giovane ora la stava guardando con espressione sorpresa, tentando di capire da dove uscisse tutta quella confidenza.

A momenti nemmeno i componenti degli anni successivi lo chiamavano per nome, per Akashi doveva essere qualcuno di importante, tanto da permetterle di chiamarlo così.

«C'è qualcosa che non va?» Kayla spostò gli occhi su se stessa.

Forse aveva qualche insetto addosso che al ragazzo faceva impressione, non trovava altra spiegazione per quella sua reazione.

«Come?» Il corvino si riprese dal quel momento scuotendo leggermente la testa.
«Oh, no no, va tutto bene. Comunque si sta ancora cambiando, puoi aspettare qui, non dovrebbe metterci molto.»

«Perfetto! Grazie!» Si girò e si avviò verso la porta, il che lasciò ancora più sorpresi i presenti.

«Ei, aspetta, non vorrai entrare?» Le domandò un ragazzo estremamente muscoloso.

La giovane si voltò appena nella loro direzione.
«Dobbiamo sistemare una questione e non può attendere oltre. Se crede che me ne stia buona ad aspettarlo ancora si sbaglia di grosso.»

Quell'ultimo commento fu un pensiero che le sfuggì, non intendeva divulgarlo, ma non riuscì a controllarlo.

Stava per aprire la porta quando dallo spogliatoio uscì un giovane dai capelli biondi.

Per evitare di andargli addosso Kayla si scostò velocemente di lato.

«Oh! Scusa! Ottimi riflessi comunque!» Non si fermò ad aspettare una risposta perché continuò per la sua strada, evidentemente aveva delle cose urgenti da fare vista la fretta con cui stava percorrendo il corridoio.

La ragazza si guardò attentamente intorno, poteva sempre spuntare fuori qualcun altro pronto ad ostacolare la ramanzina che stava per subirsi il suo amico d'infanzia.

Quando si accertò di avere via libera afferrò la maniglia ed entrò nella stanza.

«Akashi Seijuro!» Il ragazzo voltò lo sguardo verso sinistra non appena si sentì chiamare, non credeva sarebbe andata fino a lì pur di parlargli.

«Sbaglio o hai dato buca alla nostra sfida settimanale?» Fece in tempo a concludere la domanda prima di notare le condizioni del giovane.

Kayla lo aveva interrotto proprio nel momento in cui si stava per mettere la camicia della divisa scolastica.

Lo fissò per dei lunghi secondi senza dire più nessuna parola, non aveva pensato minimamente a come avrebbe potuto trovarlo.

Non si era mai fatta problemi in situazioni del genere, anzi, solitamente era lei, con la sua disinvoltura, a provocarle. Kagami lo sapeva per esperienza personale.

Ma trattandosi di Akashi le cose erano differenti, in quell'istante riuscì chiaramente a sentire le guance arrossire alla vista del torso nudo del ragazzo.

Ovviamente quel dettaglio non sfuggì agli occhi di lui, che decise di risponderle non continuando la sua azione.

«E allora?» Disse con tranquillità, e guardandola con superiorità.

Kayla sbatté più volte le palpebre.
«E allora?!» Ripeté stupita.

«Non è in questo modo che ci si comporta quando si ha un impegno!» Continuò a guardarlo per un po' prima di puntare gli occhi da un'altra parte.

«E puoi metterti la camicia per favore? O hai intenzione di farle prendere aria?»

Akashi sorrise vittorioso, aspettava proprio il momento in cui avrebbe ammesso, anche se indirettamente, che provava dell'imbarazzo a stare così con lui in quelle condizioni.

«Non pensavo ci fosse qualcosa in grado di metterti a disagio» commentò prendendo in considerazione la sua ultima frase, ignorando volutamente il resto.

«Non sono a disagio» affermò la ragazza, ma sapeva anche lei che non era vero.

«Certo, sei molto credibile» disse ironicamente Seijuro, per poi infilarsi la camicia e cominciare ad abbottonarsela.

Kayla buttò uno sguardo su di lui, come se non ne potesse fare a meno. Come se ne fosse attratta.

Il rosso d'altro canto se la stava prendendo con calma, non sembrava avere fretta.
Lo stava facendo di proposito, quello era ovvio.

«È stato un incentivo.» Come spesso succedeva, Akashi rispose alla sua domanda quando faceva comodo a lui.

Anche se si fosse trattato di pochi minuti rimaneva il fatto che era stato il ragazzo a decidere quando rispondere.

«Cerca di non girarci attorno, non mi basta come spiegazione.» Lo vide prendere la cravatta e mettersela al collo, per poi allacciarla.

«Sei veramente esigente» commentò il rosso sistemandosi il colletto della camicia.

«Sai che sei l'ultimo a dover parlare in proposito, vero?»
«È stato un incentivo per farti migliorare.»

Kayla alzò gli occhi al cielo, aveva evitato anche la sua ultima domanda.

Sospirò prima di ribattere.
«Spero tu stia scherzando.» Lui la guardò per un momento.
«Per niente.»

«Non ti avrò ancora rubato palla o superato, ma dei miglioramenti ci sono stati» disse incrociando le braccia al petto.

«Non puoi chiamarli miglioramenti se non riesci a portare a termine un'azione di gioco.» Spiegò con sicurezza, prima di mettersi anche la giacca e afferrare la tracolla, sistemata con cura sulla sua spalla subito dopo.

Fece qualche passo verso di lei.
«Ho pensato che sarebbe stato inutile venire oggi, visto che già sapevo cosa avrei visto.» Si fermò a poca distanza dalla giovane.

Quest'ultima alzò lo sguardo verso gli occhi di Akashi.
«Un miglioramento è pur sempre un miglioramento. Vedrai, ti supererò.»

«Già, lo vedremo» disse il ragazzo seriamente, per poi dirigersi verso la porta, lasciandosi dietro una scia di profumo che non lasciò Kayla indifferente.

«Dove vai?» Domando lei voltandosi appena.

Seijuro si fermò, con la mano sulla maniglia della porta, e la guardò.
«In biblioteca, ho delle cose da studiare, quindi direi che la nostra conversazione finisce qui.»

«Non se ne parla» affermò con fermezza la ragazza, camminando nella sua direzione.

Non si era fatta tutta quella strada per pochi minuti scarsi di conversazione.
Non sarebbe tornata a casa, aveva altro in mente.

«Al momento non ho voglia di farmi altre tre ore di viaggio per tornare a casa.» Akashi la osservò con un pizzico di curiosità.

«Quindi vorresti rimanere qui?» Alzò le sopracciglia nel porle la domanda, come a dirle che avrebbe fatto meglio a tornare indietro.

«Esatto.» Sorrise e si sistemò la borsa sulla spalla.
«E poi il minimo che tu possa fare per farti perdonare è sopportarmi fino a che non tornerò a Tokyo.»

L'espressione di Seijuro divenne divertita.
«Non ho mai detto di volermi farmi perdonare, non mi sento in colpa per non essermi presentato.» Le disse sinceramente, ma sembrò non toccare minimamente Kayla.

«Lo so, ma l'ho detto io. Quindi fammi pure strada verso la biblioteca.»

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