51.Il migliore dei giorni peggiori

14 febbraio
Mi alzo dal letto, come se il mio corpo avesse intuito da solo il giorno senza guardare il calendario appena mi alzo mi sento una schifezza.
Subito mi ristendo.
Una mano sulla fronte per cercare di calmarmi e respiri profondi.

Guardo l'ora, sono le 2.00 del mattino.
Sono praticamente andata a letto un ora fa e mi sono appena svegliata, fantastico.
Mi guardo in torno e tutto è buio, naturalmente.
Muovo le mano tra i capelli con insistenza e respiro intensamente, ho paura di dormire profondamente, sono terribilmente spaventata.
Guardo dritto davanti a me e assimilo il fatto che non potrò stare sveglia fino all'orario di andare a scuola, crollerò sicuramente prima.
Mi sdraio e respiro forte di nuovo.
Chiudo gli occhi e trovo la mia posizione.

Sono sola al buio, compare una luce e piano si presenta davanti a me un letto d'ospedale, sopra un ragazzo con collegati dei tubi ....James.

Piano piano compare anche il resto della stanza, sul comodino vasi di fiori, soprattutto rose bianche, le sue preferite, anche le mie.

Sento quel fastidioso bip che si presentava ogni qualvolta andassi a trovarlo, ogni volta che ero lì a piangere di fianco al mio amico, c'era anche lui.
"James, James ti prego perdonami" dico piangendo "JAMES!" Continuo a chiamarlo scuotendolo ma non risponde, solo quel bip che mi accompagna, sempre così.

Tutto scompare e intorno a me é tutto nero come all'inizio, poi varie immagini davanti a me scorrono velocemente, quelle dell'incidente, di quella maledetta sera, e varie voci mi rimbombano nelle orecchie allo stesso tempo "é tutta colpa tua" "lo hai rovinato" "aveva una vita davanti, come hai potuto?" "Non lo rivedremo più per colpa tua" "sta soffrendo per colpa tua".

Mi metto le mani tra i capelli, la testa gira e fa male, molto male. In lontananza dei medici intorno a un letto, lo stesso di prima con James, posso sentire quello che dicono mentre sono seduta dolorante appoggiata ad un muro.
"Presto! Lo stiamo perdendo"
"Libera! Non funziona! Ancora! 1 2 3 Libera!" Continua così per non so quanto, forse attimi, secondi, minuti, forse anche ore, non lo so.

"É solo colpa tua" le voci che sentivo prima ora si sono unite e insieme urlano e continuano a ripetere questa frase, scappo, non le posso più sentire queste maledette voci.

Finisco in un giardino, un roseto, ci corro in mezzo. A destra e sinistra rose di ogni colore, ma spiccano soprattutto quelle rosse, poi diventano rosa, di ogni sfumatura, gialle, poi grigie poi sempre più scure, tutto intorno a me si tinge di scuro.

Vedo che sto andando incontro a una rosa, sola e unica, ed é nera. Per quanto non voglia continuare a correre lo faccio contro la mia volontà, poco prima di schiantarmici contro inizio a cadere nel vuoto, accerchiata da una distesa infinita di nero, ma a cui non arrivo per poterlo toccare, ci sono in mezzo, mi compare davanti lui.
"É colpa tua" mi dice
"James no!" E continuo a cadere, gli tendo la mano ma si gira dall'altra parte, il nero si avvicina sempre di più, sono spacciata.

Salto per aria dallo spavento.
Lo sapevo, lo sapevo che questo maledetto incubo sarebbe tornato, come sorprendersi?
Questa volta non era reso migliore dalla scena finale in cui vengo salvata, no.
Questa volta cado, e nessuno mi prende.
Guardo l'orologio, sono le 6.30.
Sembra solo 5 minuti fa che mi sono addormentata, ma evidentemente non é così.
Vorrei urlare, urlare forte tanto da sentirmi la gola un fuoco, tanto da farmi venire mal di pancia, tanto da farmi sentire lì Londra, tanto da poterlo svegliare immediatamente.
Era troppo che non tornavano queste sensazioni orrende, ormai non ero più abituata.

Respiro per calmarmi e scendo in cucina, non c'è nessuno, nemmeno Ana che inizia a preparare la colazione.
Ognuno é nella sua camera, che dorme beato... Chissà Aly come sta?
Lei si è sempre tenuta tutto dentro, piangeva rarissime volte e ogni volta che succedeva io stavo peggio, era colpa mia se mia sorella stava così male.
Col tempo mi sono convinta del contrario, infondo non è completamente causa mia, ma una buona parte l'ho fatta.
Prendo un bicchiere d'acqua e lo bevo tutto d'un fiato.

"Ehi" una voce interrompe i miei pensieri.
"Josh" faccio a mo' di saluto.
"Che c'è? Non dormi?"
"No, come potrei?"
"Vai avanti Kry, non puoi continuare a vivere così" lui sa tutto di James, ovvio.
"Non ci riesco" lo guardo intensamente.
Lui mi capisce e zitto si avvicina e mi abbraccia forte.
Josh è un grande amico, lo è sempre stato fin dall'inizio.

Per lui questo non può che essere un buon giorno, ora é il ragazzo di Mad e festeggerà San Valentino come si deve, ne sono sicura, se lo merita.
Ha iniziato a lavorare da J e credo che abbia trovato anche l'appartamento in cui gli piacerebbe vivere, deve solo trovare i soldi per la prima rata, credo che glieli presterò io, così potrà finalmente andarsene da qui e soprattutto scappare dagli sguardi di papà e mamma.
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Alla fine ho affogato i pensieri in una tazza colma di cioccolata calda e sono scappata a scuola prima che qualunque persona possa farmi gli auguri per il mio diciottesimo compleanno.

Sono davanti scuola da tanto, e non c'è un'anima viva.
Arrivano i primi ragazzi alle 7.30, quando arrivano i primi pullman.
Varie macchine e moto di studenti sfrecciano alla ricerca di un parcheggio abbastanza vicino.
Vedo ragazzi con mazzi di fiori in mano, con palloncini o con scatole di cioccolatini che corrono ansiosi di trovare le loro attuali o future, probabilmente, fidanzate.
Li trovo molto teneri, ma non è decisamente il mio genere.

"Kry" mi chiama qualcuno, davanti a me si trova il mio migliore amico.
Senza dire nulla i miei occhi si colmano di tristezza e lo stringo forte, premendo il volto contro il suo collo, annuso il suo profumo, lo ho sempre adorato e mi ha sempre calmato, sa di casa, quasi.
"Va tutto bene" mi dice ricambiando l'abbraccio.
"Tu credi?"
"Lo spero"
"Esattamente 2 anni, Liam, come puoi dire che vada tutto bene?"
"Nonostante il tempo e il dolore, che tu condividi, ancora io spero, e in queste occasioni la speranza è tutto"
"Come farei senza di te?"
In questo momento ci confondiamo perfettamente tra la folla del cortile scolastico, dato che tutti sono impegnati a abbracciarsi, baciarsi o addirittura palparsi.

Ci stacchiamo e ci sorridiamo, il suo sorriso dice tutto.
"Ti prego no" dico con un sorriso amaro.
"Buon compleanno, piccola"
"E l'hai fatto..." Abbasso la testa, sentendo il fiato mozzato, dopo una pugnatala ai polmoni.
"Dovevo"
"Invece no"
"Kry, dimentica le cose brutte, ok?" Non riesco a rispondere, che arrivano tutti gli altri.

"Ehi, buongiorno" dico salutando.
Il coro di auguri che ne segue mi distrugge.
"Ragazzi... Non ho intenzione di festeggiare, sappiatelo" scendo velocemente dal muretto e scappo dentro l'edificio, lasciandoli tutti con sguardi quasi basiti dal mio comportamento di oggi.

Oggi, il giorno più brutto dell'anno ora e per sempre, può essere il mio compleanno, può essere San Valentino, ma per me questo é il giorno peggiore.
Di Aly neanche l'ombra, probabilmente oggi e magari domani starà chiusa in camera sua, impegnata a stare male ricordando l'amore della sua vita.

Cammino lungo i corridoi.
Mi vengono in mente quelli della scuola a Londra, quanti problemi abbiamo combinato, io, Liam e James, ai vari compagni in quei corridoi, magari anche ai professori o bidelli o addirittura alla preside, ci odiavano in tanti.
Quante ne abbiamo combinate alla squadra di calcio, a quella delle cheerleader negli spogliatoi, quanto divertimento e spensieratezza.
Mi mancano tanto quei momenti in sua compagnia.
Sento la sua mancanza ogni istante di più da esattamente due anni, ormai.

Alla fine delle lezioni ancora non avevo spiccicato parola con nessuno, hanno tutti capito che non ne avevo voglia e hanno rispettato la mia scelta di non festeggiare, almeno spero.
Austin non si è presentato oggi e ci sono stata male, forse era l'unico che davvero poteva farmi stare bene oggi.
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Sto facendo i pochi compiti di oggi per domani, ascolto musica e finisco di deprimermi, quando andrò a letto questa giornata infernale sarà finalmente finita insieme alla maggior parte del dolore portati dai ricordi di quella sera.
Mi arriva un messaggio che interrompe per un secondo la canzone.

Sei libera?
É Austin...

Krystal:
Perché me lo chiedi?

Austin:
Rispondi e basta, sei libera?

Krystal:
Sono le 21.00, é ovvio che sono libera, sto facendo dei compiti di spagnolo.

Austin:
Come stai?

Krystal:
Direi abbastanza male, per essere il 14 febbraio.

Austin:
Già, scusa, domanda stupida...

Krystal:
Sto male anche perché oggi non ti sei nè fatto vedere nè sentire, comunque.

Austin:
Mi spiace, ero impegnato...

Krystal:
A fare?

Austin:
Vieni a vedere, sono sotto casa tua.

Krystal:
Stai scherzando?
Non risponde più.

Decido subito di scendere a controllare, anche se tutto questo sa troppo di clichè, per i miei gusti.
Corro giù per le scale senza curarmi degli sguardi straniti della mia famiglia.
Esco e poggiato al cancello principale c'è Austin.
"Che fai qui?" Chiedo avvicinandomi.
"Mi fai entrare? O esci tu?" Risponde semplicemente, senza dire nulla apro manualmente il cancello ed esco.

Respiro per cercare di controllare l'emozione che mi dà vederlo ora.
Ora che più che mai ho bisogno di lui per sentirmi meglio e per non crollare.
Senza dire nulla gli salto praticamente addosso e lo stringo forte, più forte che con Liam stamattina.
"Sai, quando mi hai risposto che stavi male mi sono stupito"
"Perché?"
"Pensavo avessi fatto più la riservata"
"E a che serviva? Se ti scrivevo un semplice 'sto bene' non mi avresti creduto"
"Vero"
"Che fai qui?" Ripeto la domanda.
"Non posso venire a trovare la mia ragazza?"
"Austin..." lo richiamo.
"Sì sì ok, volevo portarti a fare una passeggiata, vuoi?" Mi guarda dolce e mi prende per mano.
"É tardi" esito.
"E allora?" Alza le spalle sorridendo retorico, lo conosco ormai, e so che non mi lascerà in pace finchè non farò la maledetta passeggiata.
"Ok, vado a mettermi qualcosa di più pesante e arrivo" mi arrendo subito.
"Ti aspetto" sorride contento e vittorioso.

Corro dentro e metto un normale jeans e un maglioncino aderente con i sandali.
Avviso velocemente che esco e ritorno fuori.
Senza dire niente mi sorride e mi prende per mano, poi iniziamo a camminare.

"So che c'è qualcosa, dietro la passeggiata" inizio.
"E poi eri impegnato a far cosa, oggi?"
"Allora, in poche parole ero impegnato a organizzare la tua festa, quando Jessica mi ha chiamato e ha detto che non volevi, quindi ho dovuto tirare su qualcos'altro in tempo record, c'è voluto più per pensare che per fare, in realtà" mi blocco subito.
"Non voglio festeggiare, Austin" dico con tono severo.
"E non lo faremo"
"Prometti?"
"Su quello che vuoi" ora so che posso fidarmi ciecamente.

"Voglio solo farti passare una bella serata, in questo giorno che tanto odi" a queste parole mi stringo più a lui, mette il braccio dietro le mie spalle e io intorno alla sua vita, mentre continuiamo a camminare.
"Ho pensato: è circa da luglio che è qui, e ancora non ha visitato un posto importante di Miami, uno di quelli che ogni cittadino dovrebbe conoscere, tra l'altro abbastanza vicino casa"
"E quale sarebbe?"
"Krystal, sei qui da tanto e ancora non hai visto la spiaggia, il mare" mi indica davanti a noi un tramonto stupendo su una spiaggia ancora più bella.
Non l'avevo notata, ero troppo impegnata a perdermi nel mare dei suoi occhi, e non sono riuscita a vedere quello che avevo davanti.
"Certo non è Miami Beach, ma è una bellissima spiaggia lo stesso" dice a mo' di scuse.
"Hai ragione, è bellissima" fisso il cielo variopinto dei colori tipici del tramonto.

In pochissimo siamo sulla spiaggia, a piedi nudi sulla sabbia fresca.
"Guarda lì" mi dice indicando un posticino più in là, illuminato da qualche candela e ricoperto da un gigantesco lenzuolo.
"Austin..." Sto per parlare quando lui mi mette una mano sulla bocca.
La brezza mi scompiglia leggermente i capelli mentre lo guardo seria.
"Se osi dire che è troppo sdolcinato e che non è nel tuo stile, ti affogo"
"Quanto sei romantico!" esclamo ironica.

"Per oggi, o meglio, per stasera, noi saremo la classica coppietta che si gode un tramonto sulla spiaggia"
"Bleah"
"Già, la classica coppietta da vomito"
"La coppietta Jess e Ryan"
"Esatto, stile Jess e Ryan" ridiamo come due scemi.

"Ascolta..."
"E..." Mi interrompe ancora "tu ti godrai tutto, passerai la serata con me e la trascorrerai spensierata, senza pensare alle cose brutte e deprimenti, solo alle cose belle e felici.
Inoltre-"
"Lasciami parlare!" Sbotto.
"Ok, scusa" si zittisce.
"Grazie, davvero" gli sorrido e lo bacio dolcemente.
"Dai andiamo" dice prendendomi per mano e portandomi dove è situato il lenzuolo.

"So che è tardi, per cui non c'è nulla da mangiare se non qualche schifezza" dice frugando in una borsa.
"Tranquillo" dico prendendo una bottiglia di birra.
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"Spiegami una cosa" dico dopo un bel po' che siamo sul lenzuolo attaccati.
"Dimmi"
"Qui a Miami per bere si devono aspettare i 21 anni, giusto?"
"Sì..."
"Solo questo" dico ridacchiando sotto i baffi, fissando la birra che ha in mano, è la seconda.
"Durante le feste basta farti amico il proprietario del locale, se siamo in casa di qualcuno stai attento, e nei posti più severi bastano le carte d'identità false" spiega brevemente.
"Un po' come in tutto il mondo" dico io pensando a quello che facevo a Londra.
Le carte d'identità false erano le mie migliori amiche dappertutto, James copriva sempre sia me che Liam.

A ricordare abbasso la testa triste.
"Ancora? No dai!" Austin capisce il mio stato d'animo in questo momento.
"Cosa vuoi farci? Oggi è così" alzo le spalle.
"Sai cosa penso?" Chiede, mentre si alza e io con lui.
"Devi rinfrescarti la mente" in meno di due secondi sono fradicia dalla testa ai piedi, per colpa sua che con uno strattone mi ha lanciato in acqua.
Quando mi rialzo lo guardo male, e tra gli sguardi parte un'autentica guerra di schizzi.

Siamo tutti e due completamente bagnati dalla testa ai piedi in pochissimo tempo.
Iniziamo anche a correre per il bagnasciuga provocando ancora schizzi d'acqua dappertutto.
Inciampo e gli cado addosso, cadiamo in acqua e le nostre bocche si scontrano in apnea, come fosse tutto programmato, magari per un film o una scena perfettamente studiata di qualche pubblicità di profumi strambi.
Una cosa talmente inaspettata da farmi vivere le emozioni il triplo, stare con lui mi fa stare bene, ormai lo hanno capito anche i sassi e le piante.
"Mmmh... Bello" dice Austin quando ci rialziamo ridendo, alzando un sopracciglio in modo sexy.
"Concordo"
"Dillo che l'hai fatto a posta" dice un sorriso bellissimo sul viso.
"Ah! Mi hai scoperto..." Esclamo ironica.

Usciamo dall'acqua e ci avvolgiamo nelle coperte per asciugarci.
Il mio pensiero ora completamente libero non può che occuparsi di considerazioni riguardo quello che provo per Austin, che riesce a farmi stare bene anche in giorni come questo.

Dopo tanti baci, abbracci e carezze di cui nessuno dei nostri amici saprà mai, spero, ci addormentiamo abbracciati sulla spiaggia.

Pov Sconosciuto, poco dopo.
Mi alzo dal mio letto, la stanza in cui sono è grande e spaziosa e dalla finestra vedo il tramonto.
So che non potrei stare in piedi ma con sforzo lo faccio.

"Ehi, ti sei svegliato" esclama Gilda, almeno così c'è scritto sulla targhetta sulla sua divisa.
"Non parli?" Chiede scontrosa.
"Benissimo, ma almeno mangia, è ora" continua.
Mi schiaffa davanti un vassoio pieno di roba sospetta, che ovviamente non voglio neanche annusare.

"Già, diamo a tutti i nostri detenuti quello schifo" risponde al mio sguardo schifato.
Al termine 'detenuti' la guardo interrogativo.
"Hai sentito, io d'ora in poi sarò la tua guardia carceraria" sono ancora più confuso dal suo sarcasmo quasi fuori luogo.
Non parlo, non voglio parlare, sono stanco.
"Se non vuoi mangiare peggio per te, ma dovrai aspettare fino a domani mattina" la donna si alza indispettita e se ne va col vassoio in mano.

Vado verso la finestra, dietro i vetri sono presenti delle sbarre, vederle mi dà fastidio.
Guardo fuori e sbuffo, vedo il cortile dove sta tanta gente in visita oggi per altri detenuti, come ci chiama Gilda.

Con i miei occhi intorpiditi vedo gli edifici al di là del grande portone.
Lì c'era la mia vita, prima che finissi qui.
La mia casa, i miei amici, magari la ragazza che amo, e che spero mi ami, la mia famiglia, le feste e il divertimento.
Da quanto sono qui? Ho perso il conto ormai, sono chiuso qua dentro da troppo, da quanto mi hanno detto.
Comincio ad aver fame e a rimpiangere la sbobba, ma è tardi ormai.

"Non puoi stare in piedi" dice una voce, un uomo probabilmente più scontroso di Gilda.
"E chi lo dice... Caro Spencer?" Leggo il nome sulla targhetta.
"Io" mi sfida con lo sguardo.
"E allora?" Alzo le spalle.
"Devi stare sul letto, rischi di svegliare il tuo compagno, e fidati, non sarebbe bello" so io chi non è bello da svegliare...
"Scordatelo" stavolta faccio io lo scontroso.
"Non puoi disobbedire" incrocia le braccia, con sguardo che pretende rispetto.
"Che paura" alzo gli occhi al cielo.
"Chiamo i miei colleghi e ti ci mettiamo con la forza, sul letto? Non puoi stare alzato, ti sei appena svegliato, ti fa male" Chiede con tono minaccioso, ma ha sbagliato persona da minacciare.
"Quel coso non é un letto, ma una lastra di marmo mixato ad una di legno scheggiato!"
"Non esagerare" mi lancia uno sguardo d'avvertimento.
"Sembra che il materasso non ci sia, in effetti" continuo, lui come se gli avessi insultato la madre mi guarda malissimo.
"Fai come ti pare" quando esce sbatte la porta.
Finalmente ha capito.

Vicino alla mia specie di letto noto tanti fogli, pian piano li leggo tutti.
Sono sconvolto, tutto questo non è fattibile.
Appena uscirò da questa gabbia saprò subito che fare.
Ragazze, pensavate di esservi sbarazzate di me? Avete sbagliato, mi dovrete sopportare ancora a lungo.

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