𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟿
❝𝐶'𝑒̀ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑎 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑎 𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑎 𝑠𝑏𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑡𝑎, 𝑒 𝑙𝑎 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑎 𝑠𝑏𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑟𝑎𝑔𝑖𝑜𝑛𝑒𝑣𝑜𝑙𝑒.❞
||𝐺𝑒𝑜𝑟𝑔𝑒 𝐴𝑢𝑔𝑢𝑠𝑡𝑢𝑠 𝑀𝑜𝑜𝑟𝑒||
Ryoko aveva intenzione di andarsene, l'unica cosa che aveva voluto trovare prima di farlo era il diario di sua zia, dove erano contenuti tutti gli incantesimi per poter controllare la magia nera, ma anche quelli con i quali avrebbe potuto usarla al meglio.
Lo sfogliò per qualche minuto, rimanendo in piedi davanti alla finestra, nella penombra.
Come aveva previsto c'erano anche incantesimi normali, ma che potevano esserle utili.
Non lo aveva mai sfruttato a dovere, ancora troppo timorosa per potersi immergere in tutto quel potere.
Però ora non aveva più nessun limite, aveva finalmente soppresso la parte di se che glie lo impediva.
«Mi sono liberata di una debolezza» sussurrò a se stessa, prima di spostare lo sguardo al di fuori del vetro.
«Ora devo spezzare anche le altre debolezze.»
E per farlo se ne sarebbe andata, non poteva rimanere al dormitorio, non avrebbe potuto nascondere agli altri il fatto che ora era la magia nera a dirigere i giochi, avrebbero provato a fermarla e farla ragionare fino allo sfinimento, cosa che la corvina voleva evitare.
Ma prima ancora di quello avrebbe interrotto il legame che univa lei e suo fratello.
I loro Quirk erano uniti l'uno all'altro, probabilmente si era già accorto dell'utilizzo che Ryoko stava facendo della magia nera.
Riportò gli occhi sulla pagina del diario e lesse l'incantesimo che sarebbe andata ad usare di lì a poco, però poi si fermò, pensando che probabilmente sarebbe stato più saggio utilizzarlo una volta usciti dal dormitorio.
Takeshi un giorno le aveva detto che quando aveva perso il controllo della sua parte oscura lui aveva avuto un grandissimo mal di testa, quindi andando a deduzione se la ragazza avesse interrotto il collegamento in quel momento lui sarebbe stato meglio, e si sarebbe diretto immediatamente nella sua stanza.
Non poteva permetterlo.
Chiuse il diario e iniziò ad incamminarsi in direzione della porta, fino ad uscire dalla camera.
Interruppe i suoi passi e puntò gli occhi verso il corridoio che portava da Todoroki.
Fu un gesto spontaneo il suo, non ci aveva pensato molto, il suo corpo aveva fatto tutto da solo.
Dentro di se i sentimenti che provava per il ragazzo si dibattevano per liberarsi dalle catene che lei voleva imporgli.
Lottavano e lottavano, senza arrendersi, senza darle un attimo di tregua.
Si accorse solo in un secondo momento che la sua mano aveva cominciato a tremare.
Ryoko lo prese come un segno di cedimento, se continuava a rimanere in quel posto a riprendere il controllo sarebbe stata la parte che aveva messo a tacere.
Portò l'altra mano sul braccio che stava tremando e lo strinse con forza, serrando la bocca e digrignando i denti.
La presa era così forte che l'allentò solamente quando cominciò a sentire dolore, causato dal contatto tra le unghie e la pelle.
Decise di deviare dal suo piano originale e andare da Todoroki, c'era qualcosa che poteva fare per cercare di non facilitare i suoi pensieri a non dirigersi verso di lui.
Il suo passo era lento e silenzioso, sembrava quasi un fantasma che vagava per una casa infestata, incapace di distaccarsi dalle cose terrene, dalle questioni in sospeso che lo trattenevano lì.
Con la magia fece in modo di aprire la porta del bicolore senza far rumore, non era sua intenzione svegliarlo.
Si avvicinò e si inginocchiò accanto a lui, rivolgendo i suoi occhi scarlatti sul viso del ragazzo, rilassato e pacifico.
Posò il diario sul pavimento e si tolse la collana che indossava, regalatale proprio da Shouto per poter controllare la magia nera.
La mise con delicatezza accanto al cuscino dell'eterocromatico, non se la sarebbe portata dietro.
Apparentemente poteva trattarsi di un semplice oggetto, ma sapeva benissimo che invece non era così.
Se l'avesse tenuta con se si sarebbe sentita costantemente spinta a tornare indietro, facendo tornare così anche l'altra parte di se stessa.
Afferrò nuovamente il diario e si alzò, andando verso l'uscita, senza voltarsi indietro.
Una volta che si fu allontanata abbastanza si fermò in un vicolo per poter interrompere il collegamento tra il suo potere e quello di Takeshi, così che non potesse rintracciarla come aveva fatto più volte in passato.
Quando lo fece avvertì subito la mancanza di quel legame, percepiva un vuoto, come se avesse appena eliminato una parte di se.
«Quindi è vero che il legame tra gemelli è tanto forte» constatò appoggiandosi con la schiena contro il muro dietro di lei.
Sospirò appena, alzò di poco la mano e abbassò lo sguardo su di essa, sulla quale fluttuava del fumo nero, caratteristico dell'altra parte del suo potere.
Era la prima volta che la magia nera usciva fuori in quel modo, non aveva mai avuto tutte quelle libertà, infatti controllarla era complicato anche in quello stato.
Ryoko fece un profondo sospiro, ora poteva utilizzarla come voleva, ma doveva comunque imparare a gestirla.
In ogni caso già il non sentire più nessuna restrizione era un grande traguardo, era stato difficile prendere il controllo, ma ora non lo avrebbe abbandonato tanto facilmente.
Prima di tutto doveva cercare e trovare Yusuke, era stato lui ad aiutare la parte oscura ad uscire e liberarsi dalla prigione che la teneva bloccata, quindi avrebbe sicuramente saputo come farle gestire meglio il potere di cui era dotata.
Da quando le ha sussurrato quelle parole, al ritiro dei boschi, lo spirito di Ryoko si è come sdoppiato, dando vita a due parti distinte: una controllata dalla magia bianca, quella pura, che fino a quel momento era stata prevalente, e una controllata dalla magia nera, che invece si era appena liberata.
Yusuke era l'unico a cui poteva rivolgersi in quell'istante, sapeva che la potenza della magia nera sarebbe andata ad aumentare, e non voleva diventarne succube, doveva imporre il suo comando su di essa.
Questo fu il motivo che la spinse ad incamminarsi in quel vicolo, dirigendosi dove la luce si faceva più fioca e debole.
I suoi passi attirarono l'attenzione di un ragazzo che, come spesso accadeva, passava la nottata sdraiato su un muretto ad osservare il buio della notte.
Si girò appena per guardare chi stesse passando, cosa che provocò la nascita di un leggero sorriso sul suo volto.
«Ma tu guarda» sussurrò a se stesso, mettendosi a sedere e scendendo con un balzo dal muretto, costringendo la giovane dai lunghi capelli neri a fermarsi.
Gli occhi della ragazza si spostarono su di lui e quando quest'ultimo ne vide il colore non poté fare a meno di continuare a sorridere.
«Mi stavi cercando?»
Lei lo osservò per qualche secondo, i suoi occhi dorati sembravano essere messi in risalto nella penombra.
«Yusuke» sussurrò Ryoko, non aggiungendo altro.
Lo vide abbassare lo sguardo verso la sua mano, che continuava ad essere avvolta dal fumo nero.
Si avvicinò e le afferrò il braccio.
«Mi hai proprio fatto aspettare, eh?» Disse posando la mano su quella della giovane, non avendo paura del fumo, anche se avrebbe potuto fargli male in qualsiasi momento.
Ryoko continuò a fissarlo, immaginava la stesse aspettando, sembrava aver calcolato tutto nei minimi dettagli.
«Mi serve il tuo aiuto per controllare totalmente la magia nera.» Gli disse senza alcuna esitazione, anche se, con molte probabilità, Yusuke lo aveva già previsto.
Quest'ultimo prima di risponderle utilizzò il suo Quirk per poter placare il potere della corvina, che voleva uscire incontrollato dal suo corpo.
Per Yusuke, che ha a che fare con le ombre da tutta la vita, fu un gioco da ragazzi riportare alla calma la magia nera di Ryoko.
«Dimmi un po', Ryko...» Iniziò a dire, non lasciando andare la mano di lei.
«Cosa hai intenzione di fare quando avrai il pieno controllo della magia nera?» Puntò gli occhi su quelli scarlatti della giovane.
Una leggera folata di vento fece danzare i capelli dei due ragazzi, come se volesse dare il tempo a Ryoko di formulare una risposta.
Ma lei sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto.
Un sentimento tenuto nascosto per troppi anni era riemerso dalle profondità del suo animo, e non faceva altro che chiedere di essere soddisfatto.
«Mi vendicherò di chi non mi ha mai accettata, di chi mi ha abbandonata, lasciandomi con mille domande e insicurezze su me stessa.»
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Fu un fortissimo mal di testa a svegliare Takeshi, che aprì di scatto gli occhi, portandosi nel giro di un secondo le mani sulla nuca.
Il dolore non era mai stato forte come in quel momento, tanto che lo costrinse a serrare nuovamente gli occhi, stringendo i denti per poterlo sopportare.
C'era solo una spiegazione a quel mal di testa improvviso e la cosa non lo rassicurava per niente.
Devo andare da Ryoko. Questo era il pensiero ricorrente del ragazzo.
Doveva raggiungerla e capire cosa stava succedendo, nemmeno quando aveva perso il controllo il dolore era tale da rendere i secondi interminabili.
La testa sembrava volesse scoppiargli da un momento all'altro.
Con fatica si mise a sedere e lentamente riaprì gli occhi, scoprendo di avere la vista offuscata.
Si appoggiò al comodino con una mano, per potersi alzare, ma quando lo fece una lancinante fitta lo portò a finire con le ginocchia a terra.
«Devo... Devo alzarmi» sussurrò, cercando di trovare la forza per far fronte a quel supplizio.
Sapeva che stava succedendo qualcosa alla sorella, era la magia nera a causare tutto quello.
Doveva andare da lei. Doveva aiutarla.
La situazione lo preoccupava, non aveva mai avvertito così tanto potere, se stava perdendo il controllo non lo stava facendo come le volte scorse.
Si alzò ancora una volta e andò verso la porta, buttandosi pesantemente su di essa per qualche secondo prima di aprirla.
La testa gli pulsava, tutto quel dolore era insopportabile, in una situazione normale avrebbe tanto voluto svenire per non doverlo sentire, ma in quell'istante c'era una cosa più importante che doveva fare.
Ryoko veniva prima di quel suo desiderio di fuggire dal dolore, non poteva lasciarla da sola in un momento simile.
Quando uscì dalla sua stanza si trascinò sulla parete, così da non perdere l'equilibrio a causa delle fitte improvvise che avvertiva.
Era come se stesse ricevendo delle pugnalate, non sapeva con quale forza si stesse ancora muovendo.
Ci mise parecchi minuti ad arrivare nel corridoio dove c'erano le camere delle ragazze, con la vista sempre più offuscata e il dolore sempre più radicato.
Improvvisamente però quest'ultimo sparì, con la stessa velocità con la quale era arrivato, lasciando Takeshi in uno stato di confusione.
«Ha... ha interrotto il legame che teneva uniti i nostri poteri.» Lo aveva chiaramente avvertito.
Ora, anche volendo, non avrebbe potuto rintracciarla in alcun modo.
Tutto il suo corpo si rilassò all'istante, libero finalmente da quella sofferenza senza fine.
Ma fu una cosa positiva solo a metà, perché sentì le forze mancargli, le aveva utilizzate tutte per fronteggiare il dolore e poter andare da Ryoko.
Le gambe iniziarono a tremargli, segno che stavano cedendo, mentre la vista cominciò ad annebbiarsi completamente.
Cercò in ogni modo di rimanere in piedi, ma i suoi sforzi furono inutili, davanti a se ora non vedeva altro che il buio.
Le palpebre si abbassarono e il corpo crollò, facendo finire Takeshi a terra, svenuto.
Il tonfo che si udì svegliò Momo, che non ci pensò due volte ad uscire dalla sua stanza per vedere cosa fosse successo.
Quando gli occhi notarono la figura di Takeshi steso a terra privo di conoscenza essi si allargarono allarmati.
La ragazza si precipitò dal suo compagno di classe e si buttò al suo fianco, girandolo e passando un braccio attorno alle sue spalle, avvicinandolo a se.
«Takeshi! Takeshi svegliati!» Vani furono i suoi tentativi di svegliarlo, il corvino non sembrava sul punto di riprendersi.
Momo gli scostò qualche ciocca di capelli, che gli era finita sulla fronte, e lo sentì bollente.
Lo strinse contro di sé, facendogli poggiare la testa sulla spalla, dopodiché si guardò attorno, doveva chiamare il professor Aizawa, ma allo stesso tempo non voleva lasciare Takeshi da solo.
Decise di bussare alla porta accanto a loro con tutta la forza che aveva, non era il momento di preoccuparsi di svegliare qualcuno, doveva essere successo qualcosa se si trovava lì con la febbre alta.
Jiro uscì dalla sua camera alquanto confusa e disorientata.
«Cosa è successo?» Domandò con voce impastata da sonno quando li vide.
«Non lo so, ho sentito un tonfo e quando sono uscita l'ho trovato svenuto a terra.» Portò lo sguardo sul ragazzo, che ancora teneva fra le sue braccia.
«È caldissimo, ha la febbre alta» guardò nuovamente l'amica.
«Per favore, puoi andare a chiamare il professore? Non voglio lasciarlo da solo.»
Jiro annuì e senza fare altre domande si diresse correndo dall'insegnante, mentre Momo continuava a guardare il volto del corvino.
Sembrava esausto, il suo respiro si era fatto più affannoso e rapido a causa della febbre.
«Perché sei venuto qui in queste condizioni?» Domandò la ragazza, consapevole del fatto che non avrebbe ricevuto risposta.
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