𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟷𝟷
❝𝐼𝑛 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑜, 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑎𝑛𝑐𝑜̀𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑠𝑎𝑙𝑣𝑒𝑧𝑧𝑎.❞
||𝐹𝑜𝑛𝑡𝑒: 𝐴𝑛𝑜𝑛𝑖𝑚𝑜||
Nel vedere Takeshi sveglio e riposato i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo, ma dalla sua espressione capirono immediatamente quanto fosse preoccupato per quello che era successo.
Todoroki e gli altri non avevano fatto in tempo ad entrare nella stanza che Takeshi già si apprestava ad alzarsi.
Vani furono i tentativi di Momo di farlo rimanere seduto, il giovane non aveva voluto sentire ragioni.
«Dov'è Ryoko?» Aveva chiesto più volte, ricevendo però degli sguardi insicuri, che parlavano da soli, non c'era bisogno che la voce intervenisse.
«Dobbiamo trovarla, al più presto!» Esclamò poi, andando verso di loro.
«La magia nera ha preso il sopravvento, e non riesco più a percepire il collegamento tra i nostri Quirk.» Le sue parole erano rapide e agitate, nemmeno si preoccupò che ci fosse anche Momo nella stanza, all'oscuro di tutta quella storia.
Infatti la ragazza li osservava con sguardo confuso.
«Magia nera?» Domandò guardandoli a turno.
«Se rimango un minuto di più qui dentro a vedere queste scene rischio di innervosirmi solo di più» disse Bakugou con tono severo, prima di girarsi verso la porta.
«Mi occuperò io della cosa più importante, ovvero parlare con il professore dell'idea di dirlo anche agli altri.»
Quando uscì non fu per niente delicato nel richiudersi la porta alle spalle, ma non ne rimasero sorpresi, dopotutto il temperamento del loro amico era quello, non potevano farci niente.
«A Yaoyorozu non possiamo nasconderlo ormai» cominciò a dire Midoriya, vedendo come la giovane studentessa attendesse spiegazioni riguardo il potere della sua amica.
Lanciò poi uno sguardo a Todoroki, che annuì, anche lui era d'accordo sul rivelarlo alla loro compagna di classe.
E mentre Midoriya si occupava di raccontarglielo, Takeshi puntò gli occhi sul bicolore.
«Non possiamo aspettare troppo. L'oscurità del suo potere potrebbe inghiottirla, e a quel punto non so se riusciremo a salvarla.» Non distolse lo sguardo da lui.
«Se rimaniamo qui a parlare non risolveremo niente, dobbiamo uscire e cercarla fino a che non la troveremo!»
Takeshi aveva sentito i racconti dei nonni riguardo l'esperienza che la loro famiglia aveva avuto in passato con la magia nera e il potere che essa ha sul suo proprietario.
La sorella della nonna dei due ragazzi per fermarla aveva deciso di porre fine alla sua vita, incapace di sopportare l'oscurità che stava prendendo possesso di lei e della sua mente.
La sola idea che potesse accadere una cosa del genere anche a Ryoko creava un vuoto proprio al centro del suo petto, non lo avrebbe sopportato, non voleva vivere una situazione simile.
Ma l'altra alternativa era che avrebbe potuto abbracciare quel potere e le sensazioni che esso dava.
In entrambi i casi riportarla a casa e far uscire la vera Ryoko sarebbe stato complicato, se non impossibile.
«Come fai a stare così tranquillo?!» Quando vide l'eterocromatico abbassare lo sguardo Takeshi lo richiamò.
«Todoroki!»
Il diretto interessato serrò le mani in due pugni, con una forza tale da rendere le nocche bianche.
«Quando mi sono svegliato c'era questa vicino a me.» Iniziò a dire, tirando fuori la collana di Ryoko, anche il fratello sapeva che non se ne separava mai.
«Questa mattina mi sono svegliato e lei non c'era» strinse appena il ciondolo.
«Non era nella sua stanza. Non era nel dormitorio. Non era da nessuna parte!»
Lasciò cadere il braccio lungo il suo fianco.
«L'unica cosa che mi fa rimanere lucido in questo momento è cercare di rimanere calmo.» Portò gli occhi su Takeshi.
«Ma dentro non lo sono per niente! Sono preoccupato tanto quanto lo sei tu!» Si rese in un secondo momento di aver alzato la voce.
Fece un profondo sospiro, non era il caso di perdere la pazienza in quell'istante, avevano priorità ben più importanti sulle quali focalizzarsi.
L'altro stava per rispondere, con l'intenzione di scusarsi per aver parlato a sproposito, era ovvio che anche Todoroki fosse agitato per la scomparsa di Ryoko, ma il bicolore lo precedette.
«Usciremo a cercarla, anche se ci diranno di non farlo, io ci andrò. Ma adesso dobbiamo prima pensare ad aggiornare gli altri dopo aver ottenuto il consenso del professore.»
Takeshi annuì, sedendosi poi sul letto e portando le braccia sulle gambe.
«Se dovesse servire, distrarrò io il professore per farti uscire di nascosto» disse il fratello della ragazza, con un tono di voce basso, ma non troppo da non essere sentito.
«Todoroki, se qui c'è qualcuno che ha qualche possibilità in più di riportarla indietro, credo che quello sia tu» alzò la testa per guardarlo.
«Lei è molto legata a te, in un modo così profondo da darti delle chances in più confronto a noi» accennò ad un sorriso.
«Quindi in qualsiasi momento puoi contare su di me, anche a costo di subirmi una ramanzina infinita da parte del professore, farò in modo che tu esca indisturbato.»
La preoccupazione non aveva fatto altro che annebbiare la sua mente, l'aveva portato ad agitarsi più del dovuto e a pensare subito al peggio, cosa che l'aveva portato ad avere fretta nel ritrovarla.
Ma Todoroki aveva ragione, se non mantenevano la calma allora anche la lucidità se ne sarebbe andata, non permettendogli di affrontare la situazione come avrebbero dovuto.
«Lo farò» disse Shouto, osservando il ciondolo.
«La salverò, esattamente come lei ha salvato me.»
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Ryoko pensava che Yusuke l'avrebbe portata in un posto abbandonato, invece scoprì che il giovane viveva in un normale appartamento, il palazzo non era certo tenuto nei migliori dei modi, ma almeno non era deserto.
Yusuke osservò l'espressione della sua compagna e parlò, rispondendo alle domande che vagavano per la sua testa.
«Una volta questo edificio era abbandonato, ora è diventato una specie di ritrovo per chi non conduce una vita del tutto onesta» spiegò percorrendo il corridoio che l'avrebbe portato a quella che era casa sua.
«Si, lo avevo immaginato» commentò Ryoko, seguendolo e stando attenta ad evitare le varie cose lasciate in giro da chi viveva lì.
Ciò fece ridacchiare Yusuke, si vedeva quanto non fosse abituata a posti del genere.
«Tranquilla, il mio appartamento non è così.»
«Lo spero bene» rispose lei, continuando a guardarsi attorno, se quel posto era ridotto csì non osava immaginare come lo fossero le persone che ci abitavano.
«E nessuno è mai venuto ad effettuare dei controlli?» Chiese la corvina, fermandosi quando lo fece Yusuke.
«Considerando la quantità di criminali che passa di qui.»
Il ragazzo aprì la porta e si scostò per farla entrare.
«Grazie ad alcuni agganci che hanno con la polizia questo posto è completamente ignorato.» Fece una breve pausa, seguendola e richiudendo la porta.
«Rimarresti sorpresa nel constatare quante persone corrotte ci sono in questa società che spacciano per perfetta. Polizia, eroi, in ogni sezione se ne trovano a bizzeffe.» Si tolse la giacca e la lanciò sul piccolo divano, posto al centro della stanza, proprio davanti ad un piccolo televisore.
«Lo nascondono bene» commentò Ryoko, soffermandosi poi sulla figura di Yusuke.
«È un dragone quello che hai al braccio?» Domandò, osservando come su di esso si aggrovigliasse il tatuaggio di un corpo simile a quello di un serpente.
Il ragazzo buttò un'occhiata sull'oggetto della loro conversazione, dopodiché si tolse la maglia bianca che indossava, mostrandole l'intero tatuaggio.
«Si, hai buon occhio.» La testa del dragone era collocata proprio dietro la sua spalla, era maestoso.
«Conosci il significato del dragone?» Le chiese, approfittando della domanda posta precedentemente dalla corvina per poter parlare.
Non aveva mai avuto l'occasione di parlarle in quel modo, ogni volta Ryoko cercava sempre di respingerlo e allontanarlo, non volendo avere niente a che fare con lui. Ma ora che la magia nera era uscita fuori le cose erano cambiate.
Lo aveva cercato. Aveva chiesto il suo aiuto. Lo aveva seguito. Era rimasta con lui.
La sua compagnia non le dava fastidio come in passato, motivo che l'aveva portata ad avviare una conversazione del tutto normale.
La vide sedersi sullo schienale del divano, incrociando le braccia al petto.
«Visto che si tratta di te, immagino tu lo abbia fatto per simboleggiare il potere, o sbaglio?»
Yusuke sorrise impercettibilmente, rimettendosi poi la maglietta.
«Esatto, ha anche altri significati, ma secondo me questo è il più importante.»
Ci furono degli istanti di silenzio, nel quale la ragazza si guardò attorno, studiando il luogo circostante.
L'appartamento era semplice ed era dotato dello stretto necessario per sopravvivere, non vi erano molte cose, solo le più essenziali.
Una domanda girava nella mente di Ryoko, e che richiedeva una risposta immediata, non intendeva portarsela dietro ancora a lungo.
«Yusuke, qual è il tuo vero obiettivo?»
Il ragazzo fece il giro del divano, buttandocisi sopra poco dopo, incrociando le braccia dietro al collo e rivolgendo i suoi occhi verso la corvina, ancora seduta sullo schienale, che nel frattempo lo aveva seguito con lo sguardo.
Lei andò avanti prima che lui potesse risponderle.
«Non credo tu mi abbia aiutata solo perché vuoi soddisfare il mio desiderio di vendetta.» Non era ingenua, Yusuke non era così caritatevole, aveva i suoi buoni motivi per aver accettato di aiutarla.
«Beh...» Fece passare dei secondi e poi parlò di nuovo.
«Alla fine io volevo che tu fossi con me, e tu ora sei qui.»
La vide alzarsi e aggirare il divano, non la perse di vista nemmeno per un istante.
Ryoko poggiò il ginocchio accanto a lui, mettendo una mano sullo schienale e una vicino al suo braccio, dopodiché si chinò verso il moro, lasciando che i capelli le ricadessero oltre le spalle.
«Me lo sono sempre chiesta, ma qual è la vera ragione per cui sei tanto ossessionato da me?» Sussurrò fermandosi a poca distanza da Yusuke.
Sul viso di quest'ultimo si formò un sorriso interessato, i suoi occhi la guardavano piacevolmente sorpresi dal gesto che aveva appena compiuto.
Sciolse le braccia da dietro il collo e si tirò leggermente su, avvicinando così il suo volto a quello della ragazza.
Sfiorò le labbra della giovane con le sue.
«Perché siamo simili.»
Ryoko ghignò.
«Ah si?» Disse con un filo di voce.
«Non lo pensi anche tu?» Domandò il ragazzo con un sorrisetto.
«Prima non eravamo poi così simili» rispose lei, allontanandosi poco dopo e rimettendosi in piedi, sotto lo sguardo ancora più preso di Yusuke.
«Lo siamo sempre stati» continuò il moro sedendosi, e attendendo con ansia il momento in cui si sarebbe riavvicinato a lei in quel modo.
«Entrambe le nostre famiglie ci hanno abbandonati.» Iniziò a dire, tornando serio e attirando l'attenzione della corvina.
«Ci hanno scartati, come se fossimo spazzatura, e tutto a causa del nostro potere» spiegò creando, nel frattempo, una manifestazione d'ombra dal palmo della sua mano.
Puntò gli occhi su di essa, perdendosi nell'oscurità che portava dentro di se.
«So come ti sei sentita, perché l'ho provato anche io sulla mia pelle. L'unica differenza è che io ho capito subito qual è la strada per quelli come noi» spostò lo sguardo su di lei.
«Volevo farlo capire anche a te. E ora che lo hai compreso ti aiuterò a compiere la tua vendetta, come è giusto che sia. Alla fine la mia motivazione è più semplice di quello che ti aspettavi» sorrise facendo vagare gli occhi su di lei.
«Ti volevo con me, e non mi costa nulla aiutarti a vendicarti se è quello che desideri.»
Ora Ryoko capiva meglio il motivo di tutta quella disponibilità, e anche perché si fosse interessato così tanto a lei.
Ma se non fosse stato per quell'interesse, sviluppato ai tempi delle medie, sicuramente non avrebbe fatto tutto quello per dare più potere alla magia nera e portarla con se.
«Allora è vero che parlavi per esperienza personale quando mi hai detto che i genitori che ripudiano i figli in questo modo vanno puniti» affermò lei, pensando ad alta voce.
La curiosità cresceva in Ryoko, che voleva saperne di più su come Yusuke fosse diventato così, e cosa c'era stato di diverso tra di loro tanto da portarli a percorrere strade completamente diverse.
Lui aveva immediatamente intrapreso quella che l'aveva introdotto nel mondo dei villains, mentre la ragazza quella che l'aveva portata a voler essere un'eroina, almeno, questo fino a prima che la magia nera prendesse il sopravvento.
«Cos'è successo quando eri piccolo?» Chiese sedendosi accanto a lui, era sicura le avrebbe risposto, dopotutto ora non c'era più motivo di nasconderle qualcosa.
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