Evita Francisca Moncada: La cuoca sul mare


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A la nanita nana, nanita ella, nanita ella

Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea
A la nanita nana, nanita ella, nanita ella

Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄

𝑷𝒂𝒔𝒔𝒂𝒑𝒐𝒓𝒕𝒐

𝑵𝒐𝒎𝒆 Evita Francisca
𝑪𝒐𝒈𝒏𝒐𝒎𝒆 Moncada
𝑬𝒕𝒂́ 42 anni
𝑵𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂́ Catalana
𝑹𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒏𝒛𝒂 Cunin
𝑺𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒊𝒗𝒊𝒍𝒆 celibe
𝑮𝒆𝒏𝒆𝒓𝒆 femmina, donna
𝑹𝒖𝒐𝒍𝒐 cuoca
𝑫𝒆𝒄𝒌 𝒆 𝒄𝒂𝒃𝒊𝒏𝒂 cabina 24
𝑬𝒄𝒄𝒆𝒍𝒍𝒆𝒏𝒛𝒆 𝒆 𝒑𝒆𝒄𝒄𝒉𝒆 rapidità nel prendere decisioni, tenacia; alquanto malleabile, poco empatica
𝑨𝒍𝒕𝒆𝒛𝒛𝒂 1,80 cm
𝑪𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊 verde
𝑪𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒄𝒂𝒑𝒆𝒍𝒍𝒊 biondo sporco
𝑺𝒆𝒈𝒏𝒊 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒍𝒂𝒓𝒊 neo sulla guancia sinistra

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𝐍𝐨𝐦𝐞

𝐸𝑣𝑖𝑡𝑎 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑖𝑠𝑐𝑎

Le hanno dato ben due nomi, o meglio è stata la madre e la sua famiglia. Non sapevano decidersi tra un nome corto e uno lungo, tra uno ricco di significato e uno meno profondo, tra un nome che non portava con sè ricordi e uno che ne era sommerso. Così finirono per darne due alla piccina, le sono sempre piaciuti entrambi, sempre, ma si fa chiamare Evita da molto tempo e quasi nessuno conosce il suo secondo nome, anche perché nessuno glielo chiede mai. 

𝑬𝒗𝒊𝒕𝒂

Evita è quello che preferisci, il più corto, più facile da pronunciare per i bambini che giocano con te, del significato non te ne importa più di tanto

Crescendo capisci che solo questo nome ti dà una certa sensazione di libertà, ti è difficile spiegarlo ma ti fa sentire leggera. Una volta tua madre ti ha rivelato il significato: colei che dà vita, per lei significa anche colei che dà gioia. Crede che sia quasi destino che tu abbia quel nome, bambina spensierata e sempre allegra che scaccia anche il più brutto dei suoi pensieri, anche i primi che abbia mai avuto sul tuo conto. Le hai dato gioia e sicurezza, così ti ripete sempre, solo dopo saprai il vero motivo ma per ora ti basta.

𝑭𝒓𝒂𝒏𝒄𝒊𝒔𝒄𝒂

Francisca, è molto più lungo, come un fiume che scorre in piena, alcuni ti chiamano Franci ma a te non piace. Il nome sì è bello, anche tua madre ha un nome lungo quanto il tuo e te lo ripete spesso da bambina mentre ti passa il pettine tra i capelli prima di andare a scuola.

 𝐂𝐨𝐠𝐧𝐨𝐦𝐞
𝑀𝑜𝑛𝑐𝑎𝑑𝑎

Moncada, origine catalana, una storia sofferta, in pochi la capirebbero, basta dire che questo in realtà è il cognome di tua madre, non di tuo padre del quale nessuno vuole sentire parlare, un bastardo dicono, figlio di puttana, così senti dire quando si rivolgevano a lui, ogni volta che tu chiedeva in lacrime perché non fosse lì durante la cena di Natale, poi quella sera, la chiamò la  sera dei sassi alle finestre per sovrastare la paura. 

𝑻𝒊 𝒎𝒂𝒏𝒄𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒄𝒂𝒔𝒂 ?

𝑺𝒊, 𝒂 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒆, 𝑪𝒖𝒏𝒊𝒕, 𝒎𝒊𝒂 𝒎𝒂𝒅𝒓𝒆 𝒆 𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂  𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒆 𝒇𝒂𝒎𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂

La Spagna, la Catalogna, Cunit, il mare, il clima a volte gentile a volte beffardo, il vento che ti scompigliava i capelli e i colori vivaci della città, troppo piccola secondo tua madre ma per te andava bene così. Rimase per sempre la tua casa anche quando te ne andasti per inseguire i tuoi sogni, per seguire il lavoro che avevi sempre pensato di desiderare. Ma la tua vera famiglia è lì, stretta tra la spiaggia e il centro, quasi invisibile, della città. La andavi spesso a trovare, ogni volta che era possibile e tuttora è così, nonostante la tua voglia, la necessità di partire. 

Porti il cognome delle tue origini, nulla potrebbe renderti più fiera, porti quello di tua madre, lo sventoli come una bandiera, una donna forte, così come tutta la famiglia che la precede che la sorregge che non la ha mai lasciata. Tu sei cresciuta con loro, tra i loro affetti e non ti hanno mai fatto mancare nulla. A volte la famiglia ti sembrava così allargata che chiamavi tutte mamma e tutti papà. Ignoravi lo sguardo di dolore che la tua vera madre, Paloma, ti rivolgeva quando pronunciavi quella parola ma non potevi ancora capirne il motivo. Perché di tuo padre non si sa nulla ma tua madre si ricorda troppo bene di lui, del dolore che le ha causato, delle ferite che non si chiuderanno mai, di come ora sobbalza quando qualcuno la sfiora, della paura di camminare per le strade, per quella strada che sia affollata o vuota, schivando attenzioni e gesti involontari dei passanti. 

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒐 𝒂𝒎𝒂𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒆́ 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒏𝒄𝒆𝒑𝒊𝒕𝒐 𝒅𝒂 𝒖𝒏 𝒎𝒐𝒔𝒕𝒓𝒐 ?
𝑵𝒐𝒏 𝒑𝒐𝒕𝒓𝒐́ 𝒏𝒆𝒎𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒍𝒂 𝒏𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊

𝒆̀ 𝒕𝒖𝒂 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂 𝑴𝒊𝒓𝒊𝒂𝒎, 𝒄𝒆 𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒗𝒊 𝒇𝒂𝒓𝒆

Ormai il suo nome, Flavio, è solo un ammasso di lettere inutili su una denuncia sporta in un momento di forza a un ispettore di polizia qualche giorno dopo l'accaduto, ora è tutto schedato ma di lui non rimane nulla, tutti se ne sono dimenticati, ora è solo un foglio in una cartella di cartone ingiallita negli archivi, in uno di quei cassetti di metallo il cui rumore aveva riempito la stanza quando era entrata nell'ufficio. Si ricorda ancora il suo nome, le è stato d'aiuto, ha fatto il possibile, lo crede davvero. Si chiamava Alonso anche se tutti lo chiamavano Ispettore Gallego, le aveva chiesto di chiamarlo per nome, deve ancora avere il suo biglietto da visita da qualche parte nelle sue scatole, ti capitava spesso di vederlo tra le sue mani. Nessuno ti ha mai raccontato in dettaglio dei giorni seguenti la denuncia ma devono essere stati duri, per una madre che forse tale non voleva diventare ma qualcosa la convinse del contrario perché quando ti teneva tra le tue braccia tu capivi che ti voleva davvero bene. Non sai cosa accadde dopo, qualche dettaglio, qualche traccia di conversazione. Sai che avrebbero voluto di più ma la legge in quegli anni non lo permetteva, hai sentito qualcuno dire che ora non avrebbe più fatto del male ad altri per un po', qualche anno ti sembra di ricordare. 

𝑵-𝑵𝒐𝒏 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂,𝒄𝒉𝒊𝒖𝒅𝒊 𝒈𝒍𝒊 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊

Tornò solo una volta, eri abbastanza grande per capire ora, avevi raccolto i pezzi della storia e avevi deciso che avresti preferito morire piuttosto che vederlo. Lui però avrebbe voluto vederti, lui sapeva di te. Ti ricordi bene quella sera, i sassi alle finestre, le urla, le zie che urlavano a loro volta e per fortuna tua madre che non era in casa. Poi le luci blu, altre voci, molti rumori e poi il buio, ti sei svegliata nel tuo lettino la mattina dopo, c'era una colazione abbondante sul tavolo in cucina come quelle che si usano per le occasioni speciali o per farti stare meglio se avevi il raffreddore, ti ripeterono che non avrebbe più fatto del male a nessuno e perfino tua madre ora sorrideva. 

Il suo cognome non lo hai mai voluto sapere per tua volontà, avevi quello di tua madre e ciò ti rendeva orgogliosa, ti bastava avere lei accanto a te. Lei che di cognomi ne aveva due, molti si chiedevano il perché quando leggevano il foglietto stampato, attaccato al campanello di quella casa color mattone: Vargas-Moncada, così era scritto. Il primo era il cognome di famiglia, quello di tuo nonno e dei tuoi zii, l'altro era quello della nonna e di tua madre e il tuo, non lo avresti cambiato per nulla al mondo, ne sei ancora sicura. 

𝐄𝐭𝐚́

Non è stata costretta a crescere in fretta, ha voluto farlo, la sua età non portava con sè alcun per maggiore della sua sola nascita o esistenza

Sei sempre stata una bambina sveglia, vivace ma mai gli eccessi, alcuni avrebbero detto fin troppo silenziosa, di sicuro quelle erano le tue insegnanti ma tu non volevi dar loro ragione, solo perché a volte ti piaceva stare seduta senza correre tutto il tempo come alcuni tuoi amici. Non ti è mai mancato nulla crescendo, avevi una famiglia, degli amici, andavi bene a scuola e non avevi troppe aspettative per quello che sarebbe accaduto dopo. A volte tua madre ti guardava con riguardo come se ti volesse dire qualcosa, a volte cercavi di capirla, pensavi di essere grande abbastanza per poterla consolare e prenderti cura di lei, come facevi con i tuoi cugini più piccoli. Ora, all'età di quarantatré anni, le sei grata che abbia aspettato, sapeva che non avresti retto quello schiaffo perché a volte sapere che un qualcuno non ci sia mai stato è meglio di venire a conoscenza della sua identità e delle sue azioni. 

𝑵𝒐𝒏 𝒆́ 𝒏𝒆𝒎𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒄𝒄𝒐𝒍𝒑𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒅𝒂𝒏𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆

Lei aveva paura che ciò ti avrebbe fatto maturare troppo in fretta, ti saresti sentita responsabile di lei in qualche modo, che ti mettessi in testa strani obblighi che in realtà non ti appartenevano. Fu difficile all'inizio, iniziare a vivere davvero con quella consapevolezza, strano sapere cosa fosse accaduto, tutto quello che tua madre avesse passato. Ti sembrava di fluttuare, cercando invano qualcosa a cui appigliarti ma senza successo, perché nessuno poteva capire come ti sentivi in quel momento tra il dolore verso tua madre e la consapevolezza di ciò che tu eri. 

𝑷𝒆𝒓 𝒎𝒆 𝒕𝒖 𝒔𝒆𝒊 𝒎𝒐𝒍𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒖́ 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒄𝒄𝒂𝒅𝒅𝒆, 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂

Ti ci volle un poi per capirlo davvero, tu non eri solo dolore, eri una ragazzina che aveva dei desideri, dei sogni, una della sua età, né troppo matura né troppo infantile. Eri molto di più di quello che volevi credere, di quello che i tuoi documenti di nascita, con la voce "padre" sbarrata ti volevano fare credere. 

Hai ottenuto esperienza, collezionata come si fa con le monete, pezzo dopo pezzo, momento dopo momento, stando attenti a non rompere la scatola di porcellana. A volte la aprivi piano e le davi una voce, un consiglio, un ordine, una parola di conforto. Allora sembravi più grande della tua età, perché la vita di aveva spinto a imparare da ciò che avevi passato e tu volevi dare quella possibilità anche ad altri.

Ora sei una donna esperta che ha vissuto molto dalla sua vita, eppure questo non ti rende migliore, perché certo non è una gara il vivere e tu lo sai bene, ormai ciò che ti riesce bene è lavorare in squadra, non uno contro l'altro. 

𝐍𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚́ 
𝐶𝑎𝑡𝑎𝑙𝑎𝑛𝑎

Catalana, con orgoglio, riesce ancora a parlare fluentemente la sua lingua madre, a volte quasi le sfugge se è irritata, per fortuna nessuno le fa troppe domande, è già molto se sanno il suo nome o qualcosa della sua storia. Strano pensare a quanto quella lingua in più fosse stato un vantaggio per il primo lavoro. 

Catalana, dici con orgoglio a chiunque sia abbastanza curioso e ben intenzionato da chiederlo. Proveniente da Cunit ad essere precisi, ripeti il nome della città finché puoi, lasci che il suono rimanga tra le tue labbra, così speri di non dimenticarlo mai. Li guarderesti con orrore se ti definissero Spagnola, tireresti volentieri qualche pugno in faccia se necessario, non c'è una vera ragione per tutta quella antipatia, la Spagna a te piace, ci sei stata spesso. Eppure quella non è la tua casa e hai imparato a capirne le differenze, nella lingua, nella cultura, sei sempre più sicura quando parli il Catalano, senza errori, precisa come una macchina. Hai paura di sbagliare invece con lo spagnolo, nonostante tu lo abbia studiato a lungo, per anni, avevi quella strana passione per le lingue che ti ha portato a impararne altre due insieme alle altre, oramai naturali per te.  

Prima di tutto c'era il Catalano, la lingua di tua madre, ti ricordi ancora qualche ninna nanna, qualche strofa di una canzone che pareva inventata su due piedi in un disperato tentativo di farti addormentare prima che calasse la notte. Lo spagnolo invece, la lingua dei tuoi zii che si trasferirono a Madrid per qualche anno, in cerca di chissà cosa che a quanto pare non trovarono.  Tuo nonno veniva da quella città con vie ampie e palazzi alti, ti regalava sempre delle immagini diverse ai tuoi compleanni. Un giorno gli hai chiesto di insegnarti la lingua, così, come un gioco innocente, poi divenne interesse e ti piacque. La imparasti in fretta, eri una bambina sveglia, così tutti ti dicevano. 

Ora provi a parlarle entrambe con orgoglio, una meno dell'altra, in onore delle tue origini e delle due città che ti hanno fatto da casa in due periodi diversi della tua vita. Sei fiera delle tue origini, delle radici che vanti di avere, perché per te è un vanto poter dire di avere una storia unica, una famiglia unica, una città colorata, vicina al mare con i suoi rumori e i suoi silenzi. Da bambina non te ne saresti mai voluta andare ma tua madre ti diceva sempre che sarebbe successo un giorno, sarebbe venuto il tuo momento e lei non ti avrebbe fermata, perché lì avresti seguito i tuoi desideri, qualunque essi fossero. 

Quando sei partita ti sei ricordata quelle parole, lei ti ha salutato con un sorriso e tu hai ricambiato con un cenno della mano. Ora, per quanti Paesi tu possa dire di aver visto e per quante città tu ti sia innamorata, quella sarà sempre la tua casa, ci torni volentieri quando puoi, troppo poco per i tuoi gusti anche se la tua famiglia non se la prende mai, ti capisce, sa che anche tu vorresti esserci di più ma a volte semplicemente non ti è possibile. 

𝐑𝐮𝐨𝐥𝐨
𝐶𝑢𝑜𝑐𝑎

Non è un ruolo infimo il tuo, uno come un'altro, con meno responsabilità questo è sicuro ma parte di te è contenta di ciò, almeno non avrai la colpa se la nave avrà qualche guasto. Ti sta bene rimanere lì, tranquilla nella tua cabina o nelle cucine ispirando i profumi e gustando tutto ciò che tra poco dovrai servire, non ti è di alcun peso. 

Ti hanno sempre detto che sei nata lavoratrice, volevi fare tutto, tutto quello su cui posavi i tuoi piccoli occhi vispi e curiosi da bambina. Da allora hai percorso molte strade, tutte ti hanno reso felice e a volte pensi che sia quasi strano non avere na preferenza, che per te sia davvero lo stesso rincorrere rapinatori lungo un marciapiede o danzare tra i fornelli e il forno. Entrambi però ti fanno sentire viva e a te questo è quanto basta, non vuoi lavori al limite del possibile, solo quel piccolo pezzo che ti serve per farti sentire come se stessi facendo qualcosa di buono per gli altri. Vuoi donare loro allegria in ogni forma, pace in ogni modo e una buona giornata se possibile. 

Sei brava, strano quasi dirsi ma sei brava in entrambe, hai superato l'Accademia in tempi straordinari e hai pareggiato con cuochi che avevano più esperienza di te, nella scuola di ristorazione dicevano che eri dotata, avevi un polso deciso e un senso del gusto spiccato. Hai lavorato a lungo perché quei complimenti non ti bastavano, hai superato concorsi, fatto ogni esperienza possibile per riuscire a comunicare anche con i camerieri se necessario, per riuscire anche a sostituirli se servisse. 

Sei una gran lavoratrice anche in questo, ti adegui a volte, certo. Su una nave non si ha tempo per idee stravaganti o piatti troppo elaborati o di lunghe preparazioni, a volte propri qualche modifica ma nulla di azzardato, il rischio non ti piace più di tanto, non in cucina almeno. Accetti volentieri alcuni consigli ogni tanto, sono ben voluti ma prima devi fidarti, faresti di tutto perché il tuo lavoro finisse per il meglio, per dare tutto ciò che hai da offrire. Inoltre sai che è difficile, trovare lavoro, continuare ad averlo e tu sei fortunata perché,a che se non hai una reputazione, sai comunque tenere in alto il tuo nome. 

𝐾𝑎𝑡𝑒 𝑊𝑖𝑛𝑠𝑙𝑒𝑡

La mamma passa una mano tra i capelli biondi, tendenti al castano, li portavi lunghi come fai anche ora, spesso raccolti in una coda bassa per toglierli dal volto. Quando eri un agente li avevi tagliati cortissimi, a tua madre era quasi venuto un colpo, molti ti dissero che stavi bene anche se tu desideravi solo essere comoda. Poi li hai lasciati crescere in libertà, in ogni caso avresti dovuto raccoglierli dunque cosa importava? 

Tua madre ti dice che avevi una bellezza naturale, comunicativa, i tuoi occhi dicevano più di mille parole mentre si guardavano intorno quasi tormentati in cerca di qualcosa o di qualcuno. 

Non che tu fossi cresciuta dotata di una bellezza quasi infantile, come quella di alcune tue compagne di classe. Il tuo volto ti faceva apparire più adulta, più matura, il volto dai lineamenti duri, gli zigomi pronunciati e il naso un po appuntito. La tua era una bellezza severa come se ti stessi aspettando qualcosa, come se gli altri dovessero dartela. Molti ti dissero che incutevi soggezione, la tua espressione seria non aiutava, il tuo sguardo severo mentre cercavi di tirare fuori da chiunque anche il più piccolo segno di una verità nascosta, la tua altezza ben sopra la media per la tua età tanto da raggiungere anche i tuoi colleghi di qualche anno in più. 

Gambe e braccia muscolose, frutto di un esercizio senza un vero e proprio metodo ma di corse veloci e lunghe o di allenamenti particolari, di situazioni spiacevoli in cui non c'erano molte alternative. Piccoli graffi o tagli su di esse, non ti fecero male allora né te lo fanno adesso, quasi non te ne accorgi di quelle cicatrici che ti segnano le mani e a volte guardi con fare scontroso chi le osserva a lungo. 

Carattere 

𝑽𝒊𝒆𝒏𝒊 𝒒𝒖𝒊 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒊𝒏𝒂, 𝒇𝒐𝒓𝒛𝒂

Da bambina eri piena di energie, non le usavi per correre o per saltare da un divano all'altro anche se ogni tanto lo facevi, creavi storie nella tua mente che poi non avevano alcun riscontro con la realtà. Non ti piaceva perderti in quei mondi perché dopo un po' ti annoiavano, li cambiavi spesso, passando da uno all'altro con agilità senza pensarci troppo. Eri posata, controllata, alcune maestre dicevano a tua madre che non andava troppo bene, temevano ci fosse qualche problema che non vedevano. Poi udirono la tua voce, dopo tre anni durante i quali tentarono in tutti i modi di farti parlare. 

Il tempo passò e tu crebbi come tutti, con tutte le esperienze del caso che ti portarono lontano da casa e dalla tua famiglia, lontano da quello che avevi sempre conosciuto. Tua madre però si fidava di te, perché eri forte, determinata, consapevole, tutte quelle cose che forse un po' ti avrebbe invidiato alla tua età.  Non sei cambiata molto nel corso degli anni, hai fatto tesoro di tutto quello che sei riuscita a superare, dei traguardi raggiunti e dei consigli che ti sono arrivati da chi aveva più esperienza di te. 

𝑳𝒆𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆 𝒍'𝒂𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝑴𝒐𝒓𝒂𝒅𝒂, 𝒆́ 𝒖𝒏𝒂 𝒓𝒐𝒄𝒄𝒊𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒎𝒊 𝒇𝒊𝒅𝒐 𝒅𝒊 𝒍𝒆𝒊

Sei una donna forte, con una corazza intorno che non è una maschera ma un segno di tutte le lotte affrontate. Non ti fa sembrare qualcuno che non sei né ti può proteggere dal mondo esterno e dai suoi dolori ma ti fortifica, dà valore alla tua esperienza che hai accumulato nel corso degli anni, ti rende decisa e ferma quando c'è una decisione da prendere. Ti dona quell'istinto di protezione che hai verso i più giovani, quella voglia quasi materna di essere certa che tutti siano al sicuro, la voglia e la possibilità di donare anche solo per un attimo una buona giornata. 

𝑺𝒐𝒏𝒐 𝒊𝒐 𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒎𝒂𝒏𝒅𝒐, 𝒅𝒂 𝒐𝒓𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒐 𝒂 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 𝒐𝒓𝒅𝒊𝒏𝒆

𝑺𝒊̀ 𝒔𝒆𝒓𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝑴𝒐𝒓𝒂𝒅𝒂

Sei decisa quando devi esserlo, il comando sembra quasi calzarti a pennello, forse per questo molti si chiedevano perché  hai rifiutato tutte le promozioni che ti erano state offerte. Ti mettevano spesso come sostituta se il capitano stava male e c'era un caso spinoso. Te la cavi nel gestire la pressione, riesci a ragionare come se fosse solo un altro giorno, normale, come gli altri. Tuttavia sai anche essere veloce se richiesto, preferisci sempre essere cauta, contenuta mai avventata, vorresti sempre avere tempo di pensare prima di elaborare gli ordini ma ormai ci hai preso la mano e quasi non te ne accorgi. 

Spesso però non ti vedi pronta, non ti sembra di essere abbastanza, di avere fatto abbastanza, cerchi sempre di vederla come una ragione per imparare di più, dare nutrimento alla tua mente sempre più in cerca di conoscenza. In modo quasi frenetico, cercando sempre di trovare qualcosa che ancora non sai. Le tue porte sono sempre aperte, a nuovi consigli, a nuove idee perché, per quanto tu abbia sperimentato nella tua vita, si può sempre imparare ed è stato il tuo lavoro a insegnartelo. Guardi quasi con ammirazione i più giovani, quelli tenaci e che lavorano sodo, sono loro quelli dai quali accetti sempre i consigli, li valuti certo e decidi se applicarli o meno ma non li rifiuti mai per principio. 

𝑵𝒐𝒏 𝒔𝒐 𝒔𝒆 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒏𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒔𝒐

Per alcune cose però non sei davvero pronta, alle lacrime per esempio o ai sentimenti altrui. Anche quando eri un agente ti sentivi a disagio, lasciavi che fossero gli altri a raccogliere le testimonianze delle vittime, a volte sopportavi ma solo se ti toccava. Non sai mai che consigli dare quando qualcuno chiede aiuto, sai dare un luogo protetto e un ascoltatore che rimarrà in silenzio con una mano sulla spalla ma nulla di più, ti viene difficile solo provarlo. 

Per i tuoi sentimenti è diversi, ti piace quasi provare emozioni, ti fa sentire viva, anche dopo una giornata di duro lavoro. Non ti fanno paura, stare da sola con essi a volte ti fa addirittura piacere, non li nascondi, anche tua madre ti ha insegnato a non farlo. Al distretto dicevano di trasformarli in qualcosa di utile se erano emozioni negative ed è quello che fai anche ora, ti lasci il tempo di provarle, forse anche piangere in solitudine e poi ricominci daccapo. Se qualcosa non va, a patto che sia serio, lo potresti urlare anche ai passati, non ti importa fin tanto che ci sia qualcuno ad ascoltare. 

Forse è questo che a volte ti rende fragile, malleabile, mai troppo, ma a volte in modo eccessivo. Non sei una persona testarda, non andresti fino alla fine del mondo per ottenere un obbiettivo nonostante tu ci metta tutto l'impegno del caso. Se qualcosa non è fondamentale può essere facilmente cambiato, non ci vedi nulla di male. Anche se a volte lasci che gli altri decidano di cambiare piani per te e per quanto tu possa essere tenace li lasci fare, perché li vedi come semplici consigli e non sei del tutto capace di dire di no. Non hai un braccio di ferra, solo una grande forza di volontà che però spesso non basta, forse è quello il pezzo mancante per diventare capitano, come ti diceva il tuo capo. 

 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚

Così tanti posti, così a lungo con sè stessa, a perdersi nelle domande e nei dubbi che attraversano ogni età della vita e ora hanno costruito tutta l'esperienza che si è portata dietro. 

28 Dicembre 1978 

Una mattina fredda, per quanto sia strano solo pensarlo, non c'era neve, solo un gelo che prendeva l'anima dei passanti, un vento freddo che guidava il mare sulla costa dalla sabbia fredda e umida per il temporale che aveva attraversato la città la notte prima. Il silenzio tutto attorno, le luci delle case ancora spente, è troppo presto perché qualcuno potesse solo pensare al lavoro. 

Tua madre invece pensava a te, su un piccolo letto d'ospedale dal quale poteva scorgere la linea azzurra del mare e quella appena più scura del cielo. Una figlia voluta solo a metà, sperava che il tempo avrebbe fatto passare le ferite, che non si sarebbe pentita della decisione presa, parte di lei voleva crescerti, vederti fare i primi passi e pronunciare la tua prima parola, sentire i tuoi pianti. Non per una pura vendetta, per il gusto di trattarti solo come una figlia non sua, figlia di un mostro, per vedere se anche tu saresti diventata come lui, certo forse ci aveva anche pensato ma erano giorni bui. Il solo pensiero di una bambina lasciata a sè stessa non la faceva dormire la notte, affidata a qualcuno che non fosse sua madre, perché eri figli sua anche se forse non avresti dovuto esserlo. Lei però non voleva fartelo pesare, parte di lei avrebbe voluto far finta che tuo padre fosse morto in qualche incidente e metterti il suo nome come nulla fosse, poi però avresti fatto domande, ci saresti arrivata un giorno e allora cosa sarebbe accaduto? Tu però non eri la figlia di un mostro, di un atto doloroso, del dolore, era figlia sua, figlia di una madre che si riteneva tale e lei voleva proteggerti, anche se ancora non ti aveva visto, anche se le risultava difficile proteggere sè stessa. 

Aveva paura del futuro, di cosa avresti potuto chiedere, di cosa saresti potuta diventare, senza un padre oppure sapendo bene chi egli fosse. Il primo abbraccio, ancora in fasce, non fu il suo ma come biasimarla se nemmeno riusciva a guardarti in faccia, temendo che qualcosa nel tuo viso le ricordasse di lui. I primi giorni l'altra tua famiglia fu lì per te, una famiglia allargata, spesso distante ma presente nei momenti giusti, fu lì per abbracciarti e calmare le tue lacrime in attesa che anche lei fosse pronta a farlo. Non sarebbe mai riuscita a dimenticarsi di quel volto, ogni giorno era sempre lì, non poteva fuggirne e in parte anche tu ne eri una prova, un argomento in più. Però eri una bambina, le ci volle molto per vederti come tale e non come una conseguenza ma non potevi farci nulla e anche a quello arrivò pian piano. Hai smesso subito di piangere la prima volta che ti ha tenuto tra le braccia, lei non sorrise ma si accorse che eri anche figlia sua per la gran parte, lei ti aveva fatto nascere, aveva compiuto una scelta e tu ne eri il prodotto, decise che poteva solo essere una cosa positiva. Solo allora sorrise. 

7 Settembre 1985

Sei una bambina vivace, come tutti dovrebbero essere a quell'età, hai degli amici con i quali giochi a nascondino, dei compagni di classe con cui scherzare, dei vicini di casa divertenti che a volte di portano dei regali. Sei fortunata, vivi in una bella casa vicino alla baia, regalata dai tuoi nonni, si affaccia proprio sul mare e dalle finestre con gli infissi rossi della cucina riesci a intravedere il confine che separa il cielo dal mare, osservi le barche che solcano quelli linea e immagini con tutta te stessa cosa ci potrebbe essere al di là. Sei una ragazza sveglia, brava a scuola, alcuni dicono che tu abbia una intelligenza quasi naturale quella semplice e vera dei bambini. Tua madre ti cresce con tutto l'amore che ti può dare, tutta la tua famiglia lo fa anche se spesso sono sparsi per città vicine, spesso a Madrid. A volte però si uniscono a voi due per qualche giorno e vi divertite un mondo, con tutti gli zii e le zie, i loro giochi e i loro scherzi. Sembrate davvero una sola grande famiglia, a te piace così perché ti senti come se non ti mancasse nulla, nemmeno un po'. 

Non senti la mancanza di un padre, per alcuni è strano ma per te è normale, non lo hai mai avuto, non sai neanche come ci si dovrebbe sentire ad averlo o cosa dovrebbe fare un padre di preciso. Perché ti dovrebbe mancare se non sai nemmeno cosa di lui dovrebbe farlo? Fare troppo domande non ne vale la pena, lo hai imparato presto, sei una bambina sveglia. Tua madre fa una faccia strana quando provi a chiederlo, così tanto che ora hai smesso anche di farlo ma in verità non ti importa molto di saperlo. Invidia non ne provi, verso tutte le tue amiche che un padre lo hanno sempre avuto, però tu puoi vantarti di una madre forte che sa fare un sacco di cose: riparare mensole, scaffali, ti fa la colazione e delle torte buonissime. Secondo te questo vale tanto quanto un padre, anzi di più. 

19 Aprile 1987

A volte le senti parlare, tua madre e sua sorella Esmeralda che tu chiami zia Esme. Dicono cose che ti viene difficile da capire, sono troppo lontane dal mondo tranquillo e gentile nel quale ancora tu vivi. Le cose più dure però le dicono sempre quando tu non ci sei, vogliono essere sicure che tu non le senta, che tu non possa capire la fonte del dolore della mamma, la preoccupazione della zia per qualcosa che sta diventando sempre più urgente man mano che il tempo passa, una corda che viene tirata e tirata, fino a soffocare chi c'è dall'altro lato. 

Era un venerdì, te lo ricordi perché quello a scuola era il giorno delle storie e tu ti impegnavi così tanto con la matita stretta tra le te dita esili, mentre scrivevi di avventure eroiche e stupendi paesaggi. C'era un bel sole fuori, faceva caldo, indossavi un vestito lilla, regalo di tuo zio Ramon per il tuo ottavo compleanno, per fortuna ti va ancora bene. 

Tua madre ti fa sedere accanto a te, ti accarezza i capelli biondi, appena toccati da sfumature castane, ti posa una mano sulla guancia e ti fa il solletico sul collo, come fa sempre quando torni da scuola. Speravi i fosse tua zia ma per qualche ora sarà fuori, così potrete parlare solo voi due insieme, così ti dice la mamma e tu capisce che deve essere qualcosa di serio, riconosci l'espressione della maestra quando qualcosa non va, quando uno dei tuoi compagni sta male, lo sguardo di zia Esme quando tuo cugino Tobias, ormai grande, parte per lunghi viaggi. La chiamano preoccupazione, sul volto di tua madre però sembra quasi paura, perché le menti dei bambini sono vive, loro sanno e capiscono, forse troppo e per questo ha paura. Tu le chiedi se vada tutto bene, lei annuisce e poi vi sedete insieme sul divano blu con un sacco di cuscini gialli. Il vostro gatto Manu si avvicina e tua madre lo attira a sè, sembra quasi che quella presenza le dia del conforto. 

Poi inizia a parlare, finalmente, la sua voce ti scalda il cuore, i suoi occhi verdi come le fronde degli alberi cercano i tuoi, ti prende la mano dopo una pausa di indecisione. Fa una pausa, poi un'altra ma tu rimani lì ad ascoltare perché quello che ti sta dicendo le causa dolore, glielo puoi leggere in faccia. Ti spiega, ci prova almeno, ciò che è accaduto a lei, a tuo padre, dove sia ora e perché. Non sai bene come sentirti, non sai bene come si senta lei, poi pian piano inizi a capire di più, lei aspetta mentre guardi in basso verso le scarpette nere, mentre una piccola lacrima bagna il tuo viso. Era qualcosa che avevi bisogno di lasciare andare, non tanto per la tristezza anche se forse quella un po' c'è. Non sai cosa dire e allora ti agganci a lei, l'unica persona che ti abbia fatto da genitore, lei ricambia e cinge il tuo piccolo busto. Restate così per un po', l'una accanto all'altra sul divano, Manu ormai se ne è andato, non te ne eri nemmeno accorta, poi la porta si apre e la zia entra, vi guarda con un sorriso, posa una mano sulla spalla di tua madre e ti bacia la fronte. Era andata a fare delle spese, ti dice, ma tu non vedi alcuna borsa con lei. Le sorridi a tua volta e chiudi gli occhi tra le braccia di tua madre, ti sveglierà poco dopo, ad ora di cena. 

4 Giugno 1991

Sei cresciuta ormai ma non molte cose sono cambiate, la tua famiglia allargata viene spesso trovare te e tua madre nella stessa casa color mattoni col divano blu e i cuscini gialli. Avete preso un canarino l'anno scorso e tu lo hai chiamato Xarve, ti piaceva il suono di quel nome. Ti piacciono molte cose: gli animali, cucinare, il mare e le stelle, non ami molto leggere ma ti piacciono comunque le storie, perfino le favole anche se non ci credi più come quando eri bambina. Tua madre ti ha chiesto di tuo padre, se magari avresti voluto vederlo ma lui le aveva fatto del male e tu non volevi vedere una persona del genere, soprattutto dopo che ora puoi capire meglio cosa sia accaduto. Ora la guardi ancora più con ammirazione e le sussurri qualche grazie all'orecchio prima di andare a dormire nella tua stanza decorata con i girasoli. 

Un giorno ti svegli, il sole che cerca di entrare attraverso le tende della camera, tua madre è andata a comprare qualcosa di particolare in una città vicina ma ci sono i tuoi zii in casa, ci sono sempre quando lei non c'è. 

Verso sera, il sole ancora alle finestre deve fare caldo fuori, non ci pensi nemmeno a uscire anche se è sabato. Poi senti una voce, non la riconosci ma quello che urla è il nome di tua madre, viene dalla finestra del soggiorno, tu sei in cucina ma non ti azzardi a muoverti, una sensazione di paura ti blocca i piedi sulle piastrelle color del legno. Senti tua zia urlare, la senti dire di andarsene che lo avrebbe preso a pugni e sai che ne sarebbe capace. Tuo zio ti cerca, si mette accanto a te in cugina e ti sorregge mentre senti le tue gambe iniziare a tremare quando senti la sua voce attraversare i muri, senti urlare che lui la vuole vedere ma non lei, tu. Ti chiedi come può averlo saputo ma i pensieri si fanno confusi mentre ti accasci sul pavimento stringendo i pugni sui fianchi, non lo vuoi vedere, preferiresti morire sul posto piuttosto che farlo, perché sai che lui ha creato solo danni, solo dolore che poteva essere risparmiato.  Allora chiudi gli occhi, perché forse se non vedi tutto quello che c'è attorno allora vuol dire che non esiste, non per davvero. 

Così ti svegli nel tuo letto, ancora vestita, la testa adagiata sul cuscino, non ricordi di esserti mossa dalla cucina, non ricordi che tua madre sia rientrata in casa, non hai sentito la porta che si apriva. Scendi dal letto e percorri le scale, segui con le dita le venature del legno, ancora intontita da quel sonno che ti è sembrato così lungo. Ci sono sono sia tua madre che i tuoi zii di sotto, seduti a tavola, ti invitano a sederti accanto a loro davanti a una cena abbondante, ti ricorda quella delle occasioni importanti, delle feste o di quando ti volevano rallegrare se avevi il raffreddore. Lei ti posa una mano sulla spalla e ti sussurra all'orecchio che se ne è andato per davvero, ora non farà più del male a nessuno. Il calore di quella giornata ti avvolge ancora gli occhi e forse non capisci appieno ma d'istinto sorridi.  

17 Ottobre 2002 

Molto tempo è passato dai giorni della scuola anche se ancora te li ricordi bene. 

Non potresti essere più felice che ora, seduta sulla sabbia della spiaggia, nonostante non sia stagione, mentre ti godi l'ultimo giorno a Cunin con il sole che timidamente si affaccia dalle nuvole e accarezza la tua pelle chiara. Ti sei portata un libro con te ma non lo hai neppure sfogliato, rimani lì ferma a guardare il mare calmo, non turbato dal vento. Dovrai andare a Barcellona, è lontana, almeno per te. Hai preparato tua madre con un anno di anticipo a quel tuo desiderio ma lei anche allora non ti è mai apparsa turbata, perché vuole che tu compia le tue decisioni, che segua i tuoi desideri e lei lo sa bene quando tutto questo sia importante. La hai ascoltata mentre davanti a una cioccolata calda ti sussurrava piccoli suggerimenti, li hai presi sul serio perché venivano dal cuore. La tua famiglia ha insistito per pagarti il viaggio e tutto il necessario. Passi un dito sul bracciale formato da una corda colorata che il tuo cucinotto di appena sette anni, Amedeo, ti ha regalato e chiudendo gli occhi riesci ancora a vedere il suo sorriso innocente mentre le sue piccole dita te lo annodavano al polso. 

Sarà dura, te lo hanno detto in molti, non ci sono molte ragazze che vogliono tentare di entrare a far parte del corpo di polizia regionale, più in particolare nel CGIC: la divisione investigativa. Tu però ti senti pronta e non per uno sfrenato egoismo o senso di superiorità ma perché è sempre stato ciò che volevi fare anche se a volte gli agenti ti facevano paura da bambina. Ora però vuoi tentare, più che tentare tu ci vuoi riuscire e accetti volentieri la sfida. 

Zia Esme non può accompagnarti lungo il viaggio ma lo farà zia Almeda che è tutto il giorno che cerca di convincere il piccolo Amedeo del fatto che lui non può partire con te. 

Guardia il paesaggio intorno a te mentre il treno sfreccia, anche lui sembra impaziente per ciò che ti attende. 

6 Marzo 2008 

Ti sei abituata a Barcellona, ormai tua seconda casa, ai tuoi compagni di viaggio anche se ogni tanto cambiano ma tu rimani sempre lì. 

Hai ottenuto ciò che volevi, in tempi quasi record secondo molti, si stupiscono quando riferisci loro i tuoi risultati e non smettono di congratularsi. Hai sempre il meglio di te, il tuo impegno non aveva rivali all'accademia e no, non è stato facile ma ne è valsa la pena perché  quando ti guardi allo specchio pensi che l'uniforme ti doni con quella striscia metallica rossa e bianca sul petto. Torni spesso a Cunin, non appena te lo permettono, d'altra parte fai spesso gli straordinari, non ti potrebbero negare una pausa di appena qualche giorno, giusti per andare e tornare. Ti accolgono tutti a braccia aperte, non si lamentano mai di quanto tu possa essere lontane, delle visite sporadiche e spesso di fretta. Per te questo è più importante d qualunque cosa. Parlate di tutto e di più quando torni a casa ma mai del tuo lavoro, sei stat tu a chiederlo durante una delle prime due visite e nessuno ha fatto troppe domande, ora eccovi mentre parlate di Barcellona e dell'Italia, Esme è appena tornata dalla Sicilia. 

Il campanello suona e una ragazza, della tua età fa capolino alla porta, tutti si voltano e le sorridono facendo cenno di avvicinarsi ma tu sei la prima ad andarle incontro, prendendola in un lungo abbraccio caloroso. Si chiama Ambar, la hai conosciuta a una mostra di arte in un caldo giorno di Luglio quando avevi finito i compiti assegnati ma non avevi voglia di tornare a casa. State insieme da qualche anno ormai, la hai presentata subito ai tuoi genitori, non potevi sopportare di tenerlo nascosto. Eri parecchio nervosa quel giorno ma loro furono subito tranquilli, ti venne quasi da ridere, dopo tutte le paranoie che ti eri fatta. 

19 Dicembre 2010 

Non sei tornata a casa quel fine settimana, è stato difficile da spiegare alla tua famiglia che tanto ti attendeva ma avevi bisogno di stare sola. La  pioggia batte ancora sui vetri del tuo ufficio, è da quella mattina che piove incessantemente, il doppio delle chiamate, solo per quello. Sei stanca ma devi finire ancora un rapporto prima di poter andare a casa, anche se ora ad attenderti ci saranno solo le stanze vuote. 

Eduardo, tuo collega e partner da oramai anni ti posa una mano sulla spalla chiedendoti se vuoi un passaggio fino a casa. Tu gli rivolgi un sorriso mentre rifiuti, non hai ancora voglia di tornare a casa, di essere sola, lui sa: è uno dei pochi nella squadra a cui lo hai riferito anche se presto in molti lo sapranno, sono i tuoi compagni e nascondere loro qualcosa ti è quasi impossibile. 

Passi una mano sui tuoi capelli castani con qualche venatura di biondo cenere, prendi la testa tra le mani e chiudi gli occhi, la sua immagine ti appare subito davanti e li riapri di scatto, è l'ultima persona che vorresti vedere al momento, lei che non ci sarà più per te e tutto per il tuo lavoro, perché è troppo pericoloso, perché forse era più difficile per lei di quanto mai lo sia stato per te. Non hai capito questa sua motivazione ma lei ormai era già decisa e la hai lasciata fare, forse avresti dovuto insistere ma non sapevi con che parole farlo, come convincerla, non c'era nemmeno un modo, ormai la avevi persa e a suo dire la colpa non era nemmeno tua. Pensandoci ora ti sempre una idiozia ma ancora non hai voglia di tornare a casa. 

7 Novembre 2013

Ancora una volta ti trovi a Cunin, su quella spiaggia tanto familiare, con un libro in mano e quella piccola cordicella al polso. Non indossi più l'uniforme ma una divisa bianca con dei bottoni neri a lato e un piccolo ricamo sul petto, si riesce quasi a leggere un nome: Golden Hint. Non è passato molto tempo da quel tuo viaggio, dal tuo primo viaggio su una nave ma non come passeggera. Camminavi tra i tavoli, prendevi ordinazioni, sempre con un sorriso sul volto. 

Molti ti hanno preso per matta quando hai lasciato il tuo nuovo lavoro ma avevi troppi ricordi legati a esso, una corda troppo stretta per essere slegata, ormai inutile anche per trasportare qualcosa. Così una mattina di Dicembre hai messo nelle mani del tuo capo le dimissioni, non ha fatto troppe domande, ti ha rivolto dei complimenti per il lavoro svolto finora, ti ha chiesto dove saresti andata e tu gli hai risposto con onestà. La squadra, i tuoi compagni già lo sapevano da tempo, avevi avvisato tutti con qualche mese di anticipo e ormai in molti avevano capito il motivo perché anche la tua mente ormai non era più lì. Hai ancora i loro numeri sul telefono e spesso vi sentite, a volte vi trovate a un bar per una birra e qualche vecchio ricordo. Ora che non sono più i tuoi colleghi ti sembra addirittura più semplice divertirti con loro. 

Avevi paura che una volta lasciato il distretto vi sareste divisi ma ci sono sempre stati per te, anche l'anno scorso quando uno dei tuoi tentativi è andato a buca. Pensarci fa ancora male perché eri piena di speranze. Sei andata da Ambar una sera di Maggio, mentre il sole si nascondeva dietro alle nuvole, le hai detto di aver lasciato le forse di polizia e che ora sarebbero state più tranquille. Avevi fatto male i tuoi conti perché lei ormai era andata avanti, forse non aveva nemmeno più bisogno di te ma tu eri rimasta la stessa e di lei avevi ancora bisogno. 

14 Agosto 2019 

Ancora una volta a Cunin, per una meritata vacanza dopo quello che è stato senza dubbio io viaggio più lungo tra tutti, ricordi come se fosse ieri la tua partenza e il tuo arrivo, appena qualche giorno fa alle prima luci dell'alba. Sulla Flying Cloud hai passato i mesi più felici di quegli anni, ti sei appartata nelle cucine e lì ti sei messa all'opera ogni giorno, mattina dopo mattina fino al calar del sole con le tue solite pause in mezzo. Sembra che tu abbia chissà quale esperienza sulle navi anche se tu preferisci definirla esperienza della vita, così la chiami la voglia e la capacità di adattarsi. Hai continuato a farlo dopo aver lasciato la polizia, cercando di capire cosa potessi fare ora, quale fosse al tua strada e, durante il tuo primo viaggio, sei rimasta estasiata dai vapori delle cucine, dal lavoro dei cuochi e da ciò che si poteva creare. Ti ha riportato a molti anni prima quando anche tu cucinavi per i tuoi compagni di distretto, portando piccoli doni o tuoi esperimenti. 

Ti piace pensare che sia partito tutto da lì, tutti i corsi, i numerosi tentativi e tutta la gavetta, hai cercato di imparare da ogni cosa, ogni istante era prezioso. Ti sei imbarcata in molte avventure, piccoli ristoranti sulla terra ferma, poi sono venute le navi ad assecondare il tuo desiderio di viaggi e di avventura, la tua voglia di viverlo il mare. Ci sono state molte navi, ognuna aveva un suo carattere: si vede da come si pone, così ti dice tuo cugino Tobia che ora sta studiando Ingegneria Navale in Italia e viene spesso a Cunin a trovarvi. 

3 Giugno 2021 

Avresti voluto viaggiare ancora un po' ma il mondo si è fermato. Per questo sei ancora a casa, a Cunin con tutta la tua famiglia. Hanno trovato casa anche loro nella nostra città, a un centinaio di metri da voi, volevano tornare a Barcellona e Madrid per salutare ancora una volta le loro vecchie case ma non è stato possibile. 

Tuttavia per te ogni cosa è un'opportunità e quei mesi, che a volte sembrano così lunghi, li passi con tua madre e i tuoi cugini, oramai cresciuti, ricucendo quelli che ti sembravano anni perduti. Tra poco ti imbarcherai di nuovo su un'altra nave, già lo sai. Sei pronta per un'altra avventura e ormai a tua madre piace dire che tu sia nata pronta, ogni volta, per una nuova avventura. Perché proprio lì non lo sai nemmeno tu, nessuna delle navi sulle quali hai viaggiato aveva qualcosa di speciale ma il tuo sito senso ti dice che questa qui lo è, chissà forse è il nome, non hai mai sentito una nave che si chiamasse così. 

𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 ?

Non ti piace fare affidamento sugli altri, la vita ti ha insegnato a non farlo, il lavoro di ha permesso di lavorare in squadra, ha saldato i tuoi nervi e li ha temprati con il sangue. Solo di te riesci a fidarti, sei la tua arma migliore, il tuo sangue freddo l'unica possibilità che hai mai avuto per uscire da situazioni complicate. Le decisioni le sai prendere, non saresti durata nemmeno un giorno in caso contrario ma preferisci rimanere indietro, osservare e appoggiarti alla tua esperienza. Non ti piace pensare a te stessa, faresti di tutto per gli altri, senza condizioni. Il tuo capo prima di ogni caso ripeteva sempre la solita frase 

tenere lontani i civili, non abbandonare mai la scena, essere rapidi nelle azioni, guardatevi le spalle, tenete a bada il vostro passato e tiratevi indietro se necessario. Siete una squadra non un branco di idioti, buon lavoro ragazzi. 

Ora questo non lo hai più potuto applicare ma quell'istinto c'è ancora, quando vedi qualcuno che sta male su un marciapiede o se assisti a un incidente d'auto, forse non ti abbandonerà mai e tu speri tanto che sia così. 

𝐂𝐮𝐫𝐢𝐨𝐬𝐢𝐭𝐚́

 𝑃𝑎𝑠𝑠𝑎𝑡𝑜

✯ è nata prematura di un mese e mezzo

✯ durante l'infanzia pensavano avesse problemi di motricità, poi si risolsero da soli

✯a otto anni parlava in modo abbastanza corretto anche lo spagnolo

✯aveva paura dei cani

✯le prime volte che la madre la tenne in braccio la donna aveva gli occhi chiusi 

✯era una bambina dalla salute cagionevole 

✯a dieci anni volle provare a suonare la batteria 

mentre quando era a casa  parlava di continuo a scuola era sempre silenziosa, le maestra sentirono la sua voce per la prima volta a quattro anni. 

✯nei primi anni dell'infanzia quando disegnava la sua famiglia disegnava anche un uomo che nella sua mente era suo padre, in realtà aveva le fattezze dello zio

✯fin da bambina voleva prendersi cura dei suoi cugini più piccoli, metaforicamente almeno

 𝐿𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜

✯per i primi mesi nel distretto di polizia e nell'unità investigativa fu l'unica donna che lavorava con un posto fisso, poi si aggiunsero altre due colleghe

✯il suo primo capo fu licenziato su accuse infondate di corruzione, poi trasferito in un'altra unità

✯all'inizio le fu offerto un posto nella TEDAX ( disinnesco esplosivi ) ma lei rifiutò, le sembrava che fosse una responsabilità troppo grande per avere appena iniziato

✯non cercò mai di ottenere promozioni, non si sentiva abbastanza preparata per essere qualcosa di più di un agente 

✯appoggiò la candidatura a Caporale e poi Sergente di una sua collega e tutt'ora cara amica che diventò la prima Sergente donna del distretto

✯aveva una grande capacità di non farsi prendere troppo la mano anche durante i casi più difficili, era considerata la roccia della squadra 

✯l'unico evento che la vide costretta a chiedere una sospensione dal caso fu quello di una donna che uccise con un manganello il suo stupratore 

✯superò a pieni voti tutti i test attitudinali a cui fu sottoposta

✯le venne consegnata una medaglia al valore insieme a tutta la sua squadra per le azioni compiute durante una sparatoria in un edificio abitato. La conserva in un cassetto e la porta sempre con sé. Dopo questo evento soffrì di sindrome da stress post- traumatico e iniziò un percorso di terapia

✯quando lasciò il distretto, nonostante non fosse di un alto grado le fu concessa ugualmente una cerimonia, per i meriti raggiunti

✯ogni tanto, oltre ai soliti messaggi, le capita che i suoi amici, ex colleghi le chiedano un parere su un rapporto per un caso, sempre con una certa discrezione. Se hanno bisogno del suo aiuto le mandano il primo verso di una poesia di Neruda, poi lei li chiama 

✯all'inizio sentendo che volesse diventare una cuoca in futuro molti rimasero stupiti, dopo qualche anno però alcuni le dissero che pensandoci la sua decisone aveva senso

✯il suo capo si offrì di trovarle un altro impiego, magari più tranquillo. Lei rifiutò ma rimasero in buoni rapporti e ogni tanto, tornando da un viaggio, la viene a trovare 

✯la prima nave sulla quale lavorò come cuoca fu la Vivaldi, sulla quale rimase per quattro mesi

✯nonostante non servano molto per il suo ruolo da cuoca riesce a parlare bene lo spagnolo, il catalano, l'inglese e l'italiano, le fu molto utile lavorando nel distretto portandola anche a essere  assegnata a casi complessi. Provò a imparare il francese a scuola ma con scarsissimi risultati

 𝑃𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖

✯dopo aver saputo la verità su suo padre, le venne naturale mettere a confronto sè stessa e sua madre, cercando di capire cosa avesse preso da lei e cosa da lui

✯non ha mai voluto vedere una foto di suo padre né ha mai cercato di capire chi fosse

✯crescendo temeva che essendo lei figlia nata da uno stupro i suoi eventuali figli avrebbero potuto subire l'influenza di tale evento

quando compì la maggiore età le fu chiesto da un giudice, essendo suo padre scagionato da anni ormai, se volesse modificare le clausole dell'affidamento. Lei rifiutò con decisione

✯apparire in tribunale, seppur non in maniera ufficiale fu un evento traumatico per lei, che le causò molta preoccupazione e pressione

✯non ha mai amato leggere ma porta sempre con sè un libro, come gesto scaramantico

✯nonostante non abbia una cultura molto vasta ha sempre amato il teatro in tutti i suoi generi e la musica allo stesso modo

✯nonostante abbia superato la scuola e l'accademia con il massimo dei voti il suo vanto più grande non è la sua intelligenza scolastica ma quella naturale, maturata dall'esperienza

✯porta ancora al polso la corda che suo cugino le aveva dato prima di partire per Barcellona

✯a volte si chiede cosa sarebbe accaduto se fosse rimasta al distretto ma non si è mai pentita della sua decisone perchè ogni volta che sale su una nave si sente quasi a casa

✯a volte teme di non aver dato alla madre il giusto conforto, non potendo lontanamente capire tutto ciò che aveva passato

✯al contrario della sua squadra, nessuno dei suoi compagni all'accademia o alle scuole superiori conosce ciò che è accaduto alla madre. Aveva paura di essere trattata in modo diverso ma, vedendo come all'interno del distretto molti avessero storie dolorose alle spalle, si decise a confidarsi con qualcuno

✯il suo secondo capo era solito, prima di aprire un caso, chiedere sempre se qualcuno si volesse tirare indietro, Evita lo fece una sola volta nonostante lui le chiese più volte se fosse sicura di poterne investigare altri

✯tutta la sua famiglia è scaramantica e, nonostante la sua naturale predisposizione per il realismo, anche lei ha ereditato questo tratto

✯tranne suo cugino che studia in Italia, tutti gli altri studiano in Spagna

✯i racconti della zia Esme sulla Sicilia la convinsero a fare un viaggio lì, pochi mesi dopo il suo ritiro dalla polizia

✯si è innamorata una sola volta nella sua vita, nulla ha mai raggiunto ciò che provò per Ambar. Ha paura di innamorarsi di nuovo perché teme di tradire il sentimento che c'era tra loro due nonostante siano entrambe andate avanti con le loro vite

✯ la loro rottura è stata, per quanto si possa così definire, pacifica, come un tacito accordo. Avevano capito che in ogni caso non avrebbe potuto funzionare. Si scambiarono un breve abbraccio prima di dividersi per sempre

✯ è agnostica, durante la sua carriera ha spesso sentito criminali o vittime pregare a Dio di avere pietà o aiutarli ma lei non ne ha mai capito il motivo. Per quanto le importi potrebbe esistere o non esistere, ritiene che ci siano problemi più grandi da risolvere

✯  non ama l'alcool e beve solo in occasioni speciali, al massimo una birra

✯ i suoi colori preferiti sono il viola e il blu, nel vestirsi in realtà segue il momento senza curarsi troppo di cosa stia indossando anche perché la maggior parte del tempo la passa in uniforme

✯è stata cresciuta come una bambina indipendente ma che sapesse di poter contare su qualcuno in caso di bisogno. Questo la ha resa poco testarda, che cerca di nascondere le emozioni derivate da cose futili ma non ha paura a esprimere quelle più forti

༄༄༄༄༄༄༄༆

Pecy space 

Salve! Che dire dunque, mi piace particolarmente come sia venuta la mia cara Evita, è una donna piena di risorse e penso di essere sottona per il mio stesso oc, bene così. Ad ogni modo, spero ti possa piacere e che tutti gli aspetti della scheda ci siano e soprattutto siano chiari. Ho usato questo nuovo metodo di scrivere quindi potrebbe benissimo essere una ciofeca ma tentar non nuoce anche perché ho scoperto che così facendo mi viene tutto più semplice. Sperando che ti sia piaciuto, 

peculiarpeeps. 

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