Evita Francisca Moncada

-Biskj metts_

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A la nanita nana, nanita ella, nanita ella

Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea
A la nanita nana, nanita ella, nanita ella

Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄༄

𝑷𝒂𝒔𝒔𝒂𝒑𝒐𝒓𝒕𝒐

𝑵𝒐𝒎𝒆 Evita Francisca
𝑪𝒐𝒈𝒏𝒐𝒎𝒆 Moncada
𝑬𝒕𝒂́ 45 anni
𝑵𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂́ Catalana
𝑹𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒏𝒛𝒂 Cunin
𝑺𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒊𝒗𝒊𝒍𝒆 celibe
𝑮𝒆𝒏𝒆𝒓𝒆 femmina, donna
𝑹𝒖𝒐𝒍𝒐 cuoca
𝑬𝒄𝒄𝒆𝒍𝒍𝒆𝒏𝒛𝒆 𝒆 𝒑𝒆𝒄𝒄𝒉𝒆 rapidità nel prendere decisioni, tenacia; alquanto malleabile, poco empatica
𝑨𝒍𝒕𝒆𝒛𝒛𝒂 1,80 cm
𝑪𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊 verde
𝑪𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒄𝒂𝒑𝒆𝒍𝒍𝒊 biondo sporco
𝑺𝒆𝒈𝒏𝒊 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒍𝒂𝒓𝒊 neo sulla guancia sinistra

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𝐑𝐮𝐨𝐥𝐨
𝐶𝑢𝑜𝑐𝑎

Non è un ruolo infimo il mio, sfiderei chiunque a dirmelo in faccia e si beccherebbe un cazzotto sul naso. Sara sicuramente uno come un'altro, con meno responsabilità questo è sicuro ma sono contante di ciò, ho già avuto troppe responsabilità nella mia vita, finché l'unica che mi appartiene riguarda degli innocui alimenti me la cavo senza problemi, di sicuro senza la colpa nel caso in cui l'hotel fallisca. Mi sta bene rimanere lì, tranquilla  nelle cucine ispirando i profumi e gustando tutto ciò che tra poco dovrai servire, non ti è di alcun peso, anzi questa tranquillità immobile, al riparo da eventuali scossoni mi fa quasi apparire più giovane, forse sto esagerando ma è proprio questa la sensazione. 

Senza peccare di modesta posso affermare che mi hanno sempre detto di essere nata lavoratrice, volevo fare tutto, tutto quello su cui posavi i miei piccoli occhi vispi e curiosi da bambina ed è stato anche fonte di problemi, non è da tutti decidere di diventare uno scalatore di alberi. Da allora ho percorso molte strade, tutte mi hanno reso felice in modo diverso e con intensità diverse, a volte penso che sia quasi strano non avere una preferenza, che  sia davvero lo stesso rincorrere rapinatori lungo un marciapiede o danzare tra i fornelli e il forno, entrambe divertenti e appaganti lasciatemelo dire. Entrambi però mi fanno sentire viva e  questo è quanto basta, non ci tengo a impantanarmi in lavori al limite del possibile, basta solo poco giusto per farmi sentire come se stessi facendo qualcosa di buono per gli altri. Sarebbe bello donare loro allegria in ogni forma, pace in ogni modo e una buona giornata se possibile.

Potrebbe essere strano a dirsi ma sono  brava in entrambe e non è mica da tutti, si intende, ho superato l'Accademia in tempi straordinari e ho pareggiato con cuochi che avevano più esperienza di me, nella scuola di ristorazione dicevano che ero dotata ( se fosse vero non ha importanza), avevo un polso deciso e un senso del gusto spiccato. Ho lavorato a lungo perché quei complimenti non mi bastavano, superato concorsi, fatto ogni esperienza possibile per riuscire a comunicare anche con i camerieri se necessario, per riuscire anche a sostituirli se servisse. Perché di questi tempi si deve riuscire a fare un po' di tutto, c'è miseria ovunque, miseria di posti di lavoro, di fondi, mia madre ne è e ne era convinta e ora che mi sto approcciando a un nuovo lavoro inizio a vederlo anche io con più chiarezza. 

 In un hotel di quel genere non si ha tempo per idee stravaganti o piatti troppo elaborati o di lunghe preparazioni, a volte propri qualche modifica ma nulla di azzardato, il rischio non mi piace più di tanto, non in cucina almeno, stare male dopo aver mangiato non è mai piacevole. Accetto volentieri alcuni consigli ogni tanto, sono ben voluti ma prima devo fidarmi, farei davvero  di tutto perché il mio lavoro finisse per il meglio, per dare tutto ciò che ho da offrire, ci provo almeno. Inoltre so bene  che è difficile, trovare lavoro, continuare ad averlo e posso dire di essere  fortunata perché, anche se non ho una reputazione sono comunque capace di tenere in alto il mio nome. 

𝐍𝐨𝐦𝐞

𝐸𝑣𝑖𝑡𝑎 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑖𝑠𝑐𝑎

Mi hanno dato ben due nomi, o meglio è stata la madre e la sua famiglia e ci mancherebbe anche altro dati che quello str- quel buon uomo di mio padre lo ho sempre visto, nemmeno in foto (quelle le ha bruciate mia madre) ma a mille miglia di distanza, diciamo pure così. Non sapevano decidersi tra un nome corto e uno lungo, tra uno ricco di significato e uno meno profondo, tra un nome che non portava con sè ricordi e uno che ne era sommerso, per fortuna non ho ereditato la loro prontezza nel prendere decisioni o mi sarei trovata con una pallottola in un braccio, questa è un'altra storia però. Così finirono per darne due, a dirla tutta mi  sono sempre piaciuti entrambi, sempre, ma mi faccio chiamare Evita da molto tempo e quasi nessuno conosce il mio secondo nome, anche perché nessuno me lo ha mai chiesto.

𝑬𝒗𝒊𝒕𝒂

Evita è quello che preferisco, il più corto, più facile da pronunciare per i bambini che giocavano con me quando ancora non avevo certi dolorino all'anca, del significato non me ne importa più di tanto

Crescendo ho capito che solo questo nome mi dava una certa sensazione di libertà, è difficile spiegarlo ma mi fa sentire leggera, che questa sia una buona argomentazione sta a me giudicarlo mettiamolo bene in chiaro. Una volta mia madre mi  ha rivelato il significato: colei che dà vita, per lei significa anche colei che dà gioia. Crede che sia quasi destino che io abbia quel nome, bambina spensierata e sempre allegra che scaccia anche il più brutto dei suoi pensieri, anche i primi che abbia mai avuto sul tuo conto. Modestamente posso dire di averle dato gioia e sicurezza, sarebbe facile da inventarselo ma lei stessa me lo ripete sempre che poi dietro ci fosse qualcosa di più ero troppo piccola per capirlo e anche adesso la mia opinione a riguardo non è cambiata, sono contenta che non me lo abbia detto subito. 

𝑭𝒓𝒂𝒏𝒄𝒊𝒔𝒄𝒂

Francisca, è molto più lungo, come un fiume che scorre in piena, alcuni mi chiamano Franci ma per favore risparmiatemelo , è una delle abbreviazioni più tristi mai esistite non sto esagerando, fidatevi. Il nome sì è bello, anche mia madre ha un nome lungo e me lo ripeteva continuamente da bambina  mentre mi passava il pettine tra i capelli prima di andare a scuola, ad essere onesta me lo ricordo perché erano sempre tutti annodati e il pettine faceva un grande male.

𝐂𝐨𝐠𝐧𝐨𝐦𝐞
𝑀𝑜𝑛𝑐𝑎𝑑𝑎

Moncada, origine catalana, una storia sofferta, in pochi la capirebbero, se non volete credermi basta che vi dica  che questo in realtà è il cognome di mia madre, non di quello stronzo ( stavolta lo dico proprio) di mio padre del quale nessuno vuole sentire parlare, un bastardo dicono, figlio di puttana, ho sempre sentito dire così quando si rivolgevano a lui, ogni volta che chiedevo  in lacrime perché non fosse lì durante la cena di Natale, quasi quasi era meglio così. Avrei vissuto la mia vita con serenità, crescendo forse non avrei nemmeno sentito un grande vuoto finché non arrivò  quella sera, per gli amici la sera dei sassi alle finestre, un nome forse un po' comico  per sovrastare la paura.

𝑻𝒊 𝒎𝒂𝒏𝒄𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒄𝒂𝒔𝒂 ?

𝑺𝒊, 𝒂 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒆, 𝑪𝒖𝒏𝒊𝒕, 𝒎𝒊𝒂 𝒎𝒂𝒅𝒓𝒆 𝒆 𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂 𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒆 𝒇𝒂𝒎𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂

La Spagna, la Catalogna, Cunit, il mare, il clima a volte gentile a volte beffardo, il vento che mi scompigliava i capelli e i colori vivaci della città, secondo mia madre era troppo piccola, a volte la sentivo fare progetti per andarsene ma alla fine non se ne è mai fatto nulla, inoltre per me v'andava più che bene. Con tutte le persone che ho incontrato in questi ultimi anni e l'hotel che sembra ogni giorno di più una piccola cittadina mi manca un po' casa dove tutti si conoscevano senza troppe pretese. Rimase per sempre la mia casa anche quando me ne andai per inseguire i miei sogni,  il lavoro che avevo sempre pensato di desiderare, perché a quanto pare nemmeno io mi conoscevo abbastanza ma non voglio fare anticipazioni, proseguiamo. Ma la mia vera famiglia è lì, stretta tra la spiaggia e il centro, quasi invisibile, della città. La andavo spesso a trovare, ogni volta che era possibile e tuttora è così, nonostante la mia voglia, la necessità di partire. 

Il mio  cognome rivela le mie origini, dubito che ci sia qualcosa che potrebbe rendermi più fiera. Dovreste proprio conoscere mia madre per capire a cosa io mi riferisca ma vi basterà sapere che sventolo il suo cognome come se fosse una bandiera, il solo fatto di avere l'eredità di una donna tanto forte, così come tutta la sua famiglia, è per me motivo di orgoglio. Sono cresciuta con loro, tra i loro affetti e non mi hanno mai fatto mancare nulla. A volte la famiglia mi sembrava così allargata che chiamavo tutte mamma e tutti papà, nascevano delle situazioni piuttosto comiche, ve le lascio immaginare. Ignoravo lo sguardo di dolore che la tua vera madre, Miriam, mi rivolgeva quando pronunciavi la parola  "papà" ma non potevo ancora capirne il motivo, mi rammarico solo di essere cresciuta per troppo tempo con dei miti auto creati su quell'uomo che a pensarci bene non si meritava né la mia attenzione né lo sforzo di essere idealizzato. Perché di mio padre non si sa nulla ma mia madre si ricorda troppo bene di lui, del dolore che le ha causato, delle ferite che non si chiuderanno mai, di come ora sobbalza quando qualcuno la sfiora, della paura di camminare per le strade, per quella strada che sia affollata o vuota, schivando attenzioni e gesti involontari dei passanti. La difficoltà sta nel convincermi che fossi troppo piccola per capire il motivo del suo comportamento, se lo avessi capito forse avrei smesso di fare domande, provocandole troppi pensieri ma essere curiosi è umano dopotutto e non posso certo farmene una colpa se cercavo delle risposta davanti a tutte le famiglie complete ( per così dire ) che vedevo per strada. 

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒐 𝒂𝒎𝒂𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒆́ 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒏𝒄𝒆𝒑𝒊𝒕𝒐 𝒅𝒂 𝒖𝒏 𝒎𝒐𝒔𝒕𝒓𝒐 ?
𝑵𝒐𝒏 𝒑𝒐𝒕𝒓𝒐́ 𝒏𝒆𝒎𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒍𝒂 𝒏𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊

𝒆̀ 𝒕𝒖𝒂 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂 𝑴𝒊𝒓𝒊𝒂𝒎, 𝒄𝒆 𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒗𝒊 𝒇𝒂𝒓𝒆

Ormai il suo nome, Flavio, ( stronzo, bastardo, figlio di puttana, sì esatto, il mio per così dire padre) è solo un ammasso di lettere inutili su una denuncia sporta in un momento di forza a un ispettore di polizia qualche giorno dopo l'accaduto, ora è tutto schedato ma di lui non rimane nulla, tutti se ne sono dimenticati, ora è solo un foglio in una cartella di cartone ingiallita negli archivi, in uno di quei cassetti di metallo il cui rumore aveva riempito la stanza quando era entrata nell'ufficio. Si ricorda ancora il suo nome, le è stato d'aiuto, ha fatto il possibile, lo crede davvero. Si chiamava Alonso anche se tutti lo chiamavano Ispettore Gallego, le aveva chiesto di chiamarlo per nome, deve ancora avere il suo biglietto da visita da qualche parte nelle sue scatole, mi capitava spesso di vederlo tra le sue mani. Nessuno mi ha mai raccontato in dettaglio dei giorni seguenti la denuncia ma devono essere stati duri, per una madre che forse tale non voleva diventare ma qualcosa la convinse del contrario, ricordo infatti che quando da piccola mi teneva tra le sue braccia non avrei volute essere da nessun'altra parte e guardando quei suoi occhi chiari doveva essere così anche per lei. Non so esattamente cosa accadde dopo, qualche dettaglio, qualche traccia di conversazione. So e ora lo capisco sempre meglio che avrebbero voluto di più ma la legge in quegli anni non lo permetteva, ho sentito qualcuno dire che ora non avrebbe più fatto del male ad altri per un po', qualche anno mi sembra di ricordare ma forse è solo un mio modo per dare un senso a tutto perché in realtà non posso esserne sicura e di certo non andrò a chiederlo a mia madre. 

𝑵-𝑵𝒐𝒏 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂,𝒄𝒉𝒊𝒖𝒅𝒊 𝒈𝒍𝒊 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊

Tornò solo una volta, ero abbastanza grande per capire anche se ne avrei fatto anche a meno, avevo raccolto i pezzi della storia e avevo deciso che avresti preferito morire piuttosto che vederlo ma a quanto pare non tutti i desideri si possono avverare. Lui infatti avrebbe voluto vedermi, lui sapeva di me ma a quanto pare era troppo pigro da venire prima il codardo. Mi ricordi bene quella sera, come potrei non farlo, c'era rumore ovunque, i sassi alle finestre, le urla, le zie che urlavano a loro volta e per fortuna mia madre che non era in casa. Poi le luci blu, altre voci, molti rumori e poi il buio, mi sono svegliata nel mio letto la mattina dopo, c'era una colazione abbondante sul tavolo in cucina come quelle che si usano per le occasioni speciali o per farmi stare meglio se avevo il raffreddore, mi ero appena svegliata ed era ancora tutta frastornata, insomma non ci capivo molto, ricordo solo il sorriso di mia madre e delle zie, quando mi dissero che non c'era nulla di cui preoccuparsi, perché tutte era stato sistemato. 

Il suo cognome non lo ho mai voluto sapere, avevo quello di tua madre e ciò mi rendeva orgogliosa, mi bastava avere lei accanto a te. Lei che di cognomi ne aveva due, molti si chiedevano il perché quando leggevano il foglietto stampato, attaccato al campanello di quella casa color mattone: Vargas-Moncada, così era scritto. Il primo era il cognome di famiglia, quello del nonno e degli zii, l'altro era quello della nonna, di mia madre e il mio, non lo avrei cambiato per nulla al mondo, ora ne sono sicura più che mai, non vorrei dirlo ma in parte sono sollevata da avere per lo meno sentito la voce di mio "padre", così ora so con chi non voglio avere nulla a che fare. 

𝐄𝐭𝐚́

45 anni

 Cosa ci potrebbe essere di meglio se non iniziare dal passato per descrivere in modo decente la mia età? Sicuramente molte cose anche perché non amo chi viene ad interrogarmi sulla mia età senza un buon motivo, ma solo per questa volta farò una eccezione. 

Sono sempre stata una bambina sveglia, vivace ma mai gli eccessi, alcuni avrebbero detto fin troppo silenziosa, di sicuro quelle erano le mie insegnanti ( e chi altri se no)  ma tu non volevi dar loro ragione, anche perché spesso non la avevano. Non mi è mai mancato nulla crescendo, avevo una famiglia, degli amici, andavo bene a scuola e non avevo troppe aspettative per quello che sarebbe accaduto dopo. A volte mia  madre mi guardava con riguardo come se mi volesse dire qualcosa, nella mia incoscienza da bambina credevo di poterla capire, come se fosse tutto così semplice, ovviamente crescendo me ne sono fatta una ragione, non potevo certo sistemare ogni cosa. Ora, all'età di quarantatré anni, sono grata che abbia aspettato, sapeva che non avrei retto quello schiaffo perché a volte sapere che un qualcuno non ci sia mai stato è meglio di venire a conoscenza della sua identità e delle sue azioni. ( sì sempre quel bastardo, figlio di puttana di mio padre e no, non perderò occasione di chiamarlo così) 

𝑵𝒐𝒏 𝒆́ 𝒏𝒆𝒎𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒄𝒐𝒍𝒑𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒅𝒂𝒏𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆

Aveva paura che ciò ti avrebbe fatto maturare troppo in fretta e come biasimarla, era ovvio che temeva che mi sarei sentita responsabile di lei in qualche modo, che mi mettessi in testa strani obblighi che in realtà non mi appartenevano. Fu difficile all'inizio, davvero difficile, iniziare a vivere davvero con quella consapevolezza, strano sapere cosa fosse accaduto, tutto quello che mia madre avesse passato. Sì, forse furono i mesi più duri della mia vita e so anche che non li stavo rendendo più grandi di quanto essi fossero, quella sensazione di fluttuare senza motivo, di vivere in un certo senso senza motivo, persa, cercando un qualche obbiettivo, non so nemmeno come dirlo, è troppo complicato basterà sapere che era come giocare alla fune tra il dolore che vedevo sul volto di mia madre e il pensiero fisso di esserne stata, seppure in modo involontario, causa.

𝑷𝒆𝒓 𝒎𝒆 𝒕𝒖 𝒔𝒆𝒊 𝒎𝒐𝒍𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒖́ 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒄𝒄𝒂𝒅𝒅𝒆, 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂

Mi ci volle un po', diciamo pure molto per capirlo davvero, trovare la mia identità al di là di ciò che accadde fu davvero l'appiglio che stavo cercando. In me non c'era solo quella voce dei documenti di nascita dove il nome del padre non compariva nemmeno, non potevo essere accostata a lui nemmeno lontanamente, non ero il suo nome ma una ragazzina come tante altre. Come tante altre avevo sogni e ambizioni, desideri e paure e non sarebbe stato certo il passato a farmi dubitare, non ero né troppo matura né troppo infantile, ordinaria e non c'era termine che mi facesse stare meglio, al diavolo i bambini prodigio. 

Ho ottenuto esperienza, collezionata come si fa con le monete, pezzo dopo pezzo, momento dopo momento, stando attenti a non oltrepassare il limite, chiedere più di quanto si potesse ottenere. Solo poche volte accettavo il rischio e andavo un po' oltre, cercando di fare aprire le persone con me, ci provavo almeno, solo così potevo sembrare più matura, carattere ereditato non per volontà che aveva le sue radici nelle esperienze di vita e in quelle familiari.

Ora alla stimata età di 40 anni posso dire di essere  una donna esperta che ha vissuto molto dalla sua vita, so bene però che questo non mi rende migliore, perché certo non è una gara il vivere e  lo so bene. In questi anni ho cercato di apprendere il più possibile, di vivere il più possibile come credo che tutti dovrebbero fare. Questi quarant'anni non saprei dire se si vedano o meno, guardandomi allo specchio non saprei dirlo ma di sicuro li sento, non in modo negativo ma sono sempre più consapevole di come il passato mi abbia insegnato molto. 

Aspetto fisico

45 anni e li dimostro non saprei dire se bene o male ad essere onesta, in generale non posso dire molto altro se non che sono nella media. Ho una altezza che per la mia età è giusta e un modo di vestire che per quanto spesso coperto da una uniforme lascia intendere più o meno la mia età. Non ci metto nemmeno molto impegno ad apparire più giovane anche perché di solito le uniche persone a vedermi davvero hanno tutte la mia età quindi sarebbe del tutto futile. 

C'è da dire che da giovane ero una bella ragazza, quando ancora i miei capelli volavano liberi e non erano sempre legati in una coda o il mio volto sempre concentrato e corrugato. Non nego che qualche ruga si veda, seppure piccola , soprattuto sulla fronte, mi piace dire sia dovuta alla concentrazione. Per il resto ho un volto normale, la mascella appena pronunciata ai lati e le labbra appena abbassate verso il basso che forse mi danno una espressione un po' seriosa ma in compenso ho uno sguardo piuttosto vivace. Occhi verdi un po' tendenti all'azzurro anche se sembrano quasi vitrei alla luce del sole. Senza che me lo diciate so benissimo di avere un naso importante ma secondo me dona un qualcosa in più al mio viso, affilato quanto basta e appena sollevato ma ne vado ugualmente fiera. 

Un tempo fonte di grande orgoglio ma ora solo di fastidio sono i capelli, folti e di un biondo cenere, biondo sporco, sono sempre stata abituata a tenerli legati e questa abitudine non mi è mai passata. Ora seppure non legati molto tirati in fronte li tengo sempre in una coda bassa sia per comodità  mia che degli altri oltre a pure e semplice igiene. Mi danno un immenso fastidio perché in qualche modo finiscono sempre per finirmi in faccia e davanti agli occhi. 



Carattere

𝑽𝒊𝒆𝒏𝒊 𝒒𝒖𝒊 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒊𝒏𝒂, 𝒇𝒐𝒓𝒛𝒂

Da bambina ero piena di energie, non le usavo per correre o per saltare da un divano all'altro anche se quelle acrobazie spericolate avevano un certo fascino,  creavo storie  che poi non avevano alcun riscontro con la realtà ed era proprio quello il divertimento, a volte mi seguiva anche nei sogni e ho alcuni ricordi nitidi che ancora mi fanno sorridere. Non mi piaceva perdermi in  quei mondi perché dopo un po' mi annoiavano, li cambiavo spesso solo per il gusto di provare qualcosa di nuovo, passando da uno all'altro con agilità senza pensarci troppo. Ero posata, controllata, alcune maestre dicevano a mia madre che non andava troppo bene, temevano ci fosse qualche problema che non vedevano, se poi mia madre le volle ascoltare o meno questo non lo ricordo, probabilmente no però, conoscendola. Poi udirono la mia voce con grande gioia,  dopo tre anni durante i quali tentarono in tutti i modi di farmi parlare, storielle divertenti devo dire tramandate da varie zie, forse prima o poi potrei raccontarle. 

Il tempo passò e  crebbi come tutti, con tutte le esperienze del caso tutte sparse alla rifusa, che mi portarono lontano da casa e dalla  famiglia, lontano da quello che avevo sempre conosciuto. Mia madre però si fidava o meglio aveva deciso di farlo, perché ero forte, determinata, consapevole, tutte quelle cose che forse un po' mi avrebbe invidiato a quell'età. Non sono cambiata molto nel corso degli anni e chissà se sia un bene o un male, ho  fatto tesoro di tutto quello che sono riuscita a superare, dei traguardi raggiunti e dei consigli che mi sono arrivati da chi aveva più esperienza di me.

𝑳𝒆𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆 𝒍'𝒂𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝑴𝒐𝒓𝒂𝒅𝒂, 𝒆́ 𝒖𝒏𝒂 𝒓𝒐𝒄𝒄𝒊𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒎𝒊 𝒇𝒊𝒅𝒐 𝒅𝒊 𝒍𝒆𝒊

Ora che tale mi posso definire, sono una donna forte, con una corazza intorno che non mi sento di definire una  maschera ma un segno di tutte le lotte affrontate, forse un po' dura e severa all'apparenza ma comprenderla non è mai difficile, garantisco. Forse questa facciata è simile a quella di mamma, ha in effetti dei caratteri materni e allora è proprio così che posso dire di avere un certo senso di protezione, quasi un istinto vero  i più giovani, per  essere certa che tutti siano al sicuro, a cui ho deciso di aggiungere col tempo  la voglia e la possibilità di donare anche solo per un attimo una buona giornata.

𝑺𝒐𝒏𝒐 𝒊𝒐 𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒎𝒂𝒏𝒅𝒐, 𝒅𝒂 𝒐𝒓𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒐 𝒂 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 𝒐𝒓𝒅𝒊𝒏𝒆

𝑺𝒊̀ 𝒔𝒆𝒓𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝑴𝒐𝒓𝒂𝒅𝒂

Sono decisa quando devo esserlo e non ho alcuna paura di mostrarlo, non è un segreto quindi che  il comando sembri calzarmi a pennello, di certo per questo molti si chiedevano perché abbia rifiutato tutte le promozioni che mi erano state offerte. Ero abituata ad essere scelta come sostituta se il capitano stava male e c'era un caso spinoso. Me  la cavo nel gestire la pressione, che sia per maturità o per abitudine, riesco a ragionare come se fosse solo un altro giorno, normale, come gli altri. Tuttavia se proprio necessario so anche essere veloce se richiesto anche se non è un aspetto che mi dona, mi fa apparire troppo impulsiva e preferisco  essere cauta, contenuta anche se a volte lasciarsi trasportare è inevitabile, vorrei sempre avere tempo di pensare prima di elaborare gli ordini, giusto per raccogliere le idee. 

Non posso fare a meno di non vedermi pronta, come se non fossi abbastanza  o non avessi fatto abbastanza, cerco sempre di vederla come una ragione per imparare di più, trovare un modo per trovare il lato positivo anche nelle situazioni non rosee. Per affrontarle chiedo spesso aiuto, credo non ci sia nulla di male ad allungare una mano, per questo da parte mia tengo la mia mente aperta a nuovi consigli, nuove idee, capita spesso di trovarsi davanti a qualcosa che non si conosce, non c'è nulla di male nel non sapere, basta solo avere accanto ad esso la voglia di andare oltre. Guardo con ammirazione e forse anche un pizzico di invidia  i più giovani, quelli tenaci e che lavorano sodo, sono loro quelli dai quali accetto sempre i consigli, certo li valuto e poi decido se applicarli  o meno ma non li rifiuto mai per principio.

𝑵𝒐𝒏 𝒔𝒐 𝒔𝒆 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒏𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒔𝒐

Per alcune cose però non sono davvero pronta, alle lacrime per esempio o ai sentimenti altrui. Fa strano dirlo perché alla mia età mi aspetterei da me stessa di essere preparata per qualsiasi cosa, guardare con lucidità ogni situazione ma nessuno è perfetto e forse ci sono davvero atteggiamenti che non si possono imparare o situazioni che non si riusciranno mai a superare.  Anche quando ero un agente mi sentivo a disagio, lasciavo che fossero gli altri a raccogliere le testimonianze delle vittime, a volte sopportavo ma solo se mi toccava. Non so mai che consigli dare quando qualcuno chiede aiuto, so dare un luogo protetto e un ascoltatore che rimarrà in silenzio con una mano sulla spalla ma nulla di più, mi viene difficile solo provarlo.

Con i miei sentimenti è diversi, mi piace provare emozioni, mi fa sentire viva, anche dopo una giornata di duro lavoro. Non vedo perché dovrebbero farmi pare, stare da sola con essi a volte mi fa addirittura piacere, non li nascondi, anche mia madre mi ha insegnato a non farlo. Al distretto dicevano di trasformarli in qualcosa di utile se erano emozioni negative ed è quello che faccio anche ora, mi lascio il tempo di provarle, forse anche piangere in solitudine e poi ricomincio daccapo. Se qualcosa non va, a patto che sia serio, lo potrei urlare anche ai passanti, non  importa fin tanto che ci sia qualcuno ad ascoltare.

Diciamo pure che alla fine c'è altro, c'è qualcosa che mi rende fragile, malleabile, mai troppo, ma a volte in modo eccessivo. Non sono una persona testarda, non andrei fino alla fine del mondo per ottenere un obbiettivo nonostante  ci metta tutto l'impegno del caso. Se qualcosa non è fondamentale può essere facilmente cambiato, non ci vedo nulla di male. Anche se a volte lascio che gli altri decidano di cambiare piani per me e per quanto io possa essere tenace li lascio fare, perché li vedo come semplici consigli e non sono del tutto capace di dire di no. Non ho un braccio di ferro, solo una grande forza di volontà che però spesso non basta, forse è quello il pezzo mancante per diventare capitano, come mi diceva il tuo capo, buon vecchio e mio maestro di vita.  

𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 

Nata il 24 Maggio 1914

7 Settembre 1920

Sono sempre stata  una bambina vivace, come tutti dovrebbero essere a quell'età, con amici con i quali giocare a nascondino, dei compagni di classe con cui scherzare, dei vicini di casa divertenti che a volte di portavano dei regali. Posso ritenermi  fortunata, una bella casa vicino alla baia, regalata dai nonni, si affaccia proprio sul mare e dalle finestre con gli infissi rossi della cucina riuscivo a intravedere il confine che separa il cielo dal mare,  le barche che solcano quella linea e immaginavo con tutta te stessa cosa ci potrebbe essere al di là. Ero una ragazza sveglia, brava a scuola, alcuni dicevano che avessi una intelligenza quasi naturale, quella semplice e vera dei bambini. Mia madre mi ha sempre cresciuto con tutto l'amore possibile, tutta la  famiglia lo fa anche se spesso sono sparsi per città vicine, spesso a Madrid. A volte però si uniscono per qualche giorno e ci divertivamo un mondo, con tutti gli zii e le zie, i loro giochi e i loro scherzi. Come una sola grande famiglia, mi piaceva così perché non mi mancava nulla, nemmeno un po'.

Non ricordo di aver mai sentito la mancanza di un padre, per alcuni è strano ma per me è normale, non lo ho mai avuto, non so neanche come ci si dovrebbe sentire ad averlo o cosa dovrebbe fare un padre di preciso. Perché mi dovrebbe mancare se non so nemmeno cosa di lui dovrebbe farlo? Fare troppo domande non ne vale la pena, lo ho imparato presto. Ricordo le facce strane di mia madre quando provo a chiederlo, così tanto che dopo un po' ho smesso anche di farlo ma in verità non mi importa molto di saperlo. Invidia non ne provo, verso tutte le  amiche che un padre lo hanno sempre avuto, però mi potevo vantare di una madre forte che sa fare un sacco di cose: riparare mensole, scaffali, la colazione e delle torte buonissime. .

 6 Giugno 1924

Son cresciuta e dicono che sia pure maturata ma non vedo molte differenze con gli altri dieci anni passati: la  famiglia allargata viene spesso trovare me e mia madre nella stessa casa color mattoni col divano blu e i cuscini gialli. Avevamo preso un canarino l'anno prima, credo di avere insistito molto e lo ho chiamato Xarve,in caso vi facesse piacere saperlo. Mi piacevano molte cose: gli animali, cucinare, il mare e le stelle. Mia madre mi chiedeva spesso di mio padre, se magari volessi vederlo ma lui le aveva fatto del male e  non volevo vedere una persona del genere, soprattutto dopo che riuscii a capire  meglio cosa fosse accaduto. Ora la guardi ancora più con ammirazione e le sussurri qualche grazie all'orecchio prima di andare a dormire nella tua stanza decorata con i girasoli.

Un giorno mi sveglio, lo ricordo come se fosse ieri, il sole che cerca di entrare attraverso le tende della camera,  mamma è andata a comprare qualcosa di particolare in una città vicina ma ci sono gli zii in casa, ci sono sempre quando non c'è.

Verso sera, il sole ancora alle finestre e deve fare caldo fuori, non ci pensi nemmeno a uscire anche se è sabato. Poi sento  una voce, da lontano ma sembrava allo stesso tempo molto vicina, non la riconosci ma quello che urla è il nome di mamma, viene dalla finestra del soggiorno, avevo troppa paura per muovermi. Ricordo mia zia urlare, l dire di andarsene che lo avrebbe preso a pugni e ne sono certa che ne sarebbe capace. Mio zio mi cerca, si mette accanto a me in cucina e mi sorregge mentre sento le gambe iniziare a tremare quando mi sembra di riconoscere la sua voce attraversare i muri, urla che lui la vuole vedere ma non lei, tu. Mi chiesi come potesse  averlo saputo ma i pensieri si fanno confusi mentre mi accascio sul pavimento stringendo i pugni sui fianchi, preferirei morire sul posto piuttosto che vederlo, perché  lui ha creato solo danni, solo dolore che poteva essere risparmiato. 

Così mi sveglio nel mio letto, ancora vestita, la testa adagiata sul cuscino. Scendo dal letto e percorro le scale, seguo con le dita le venature del legno, ancora intontita da quel sonno. Ci sono sono sia mamma che gli zii di sotto, seduti a tavola, mi invitano a sederti accanto a loro davanti a una cena abbondante,  quella delle occasioni importanti, delle feste. Mi posa una mano sulla spalla e  sussurra all'orecchio che se ne è andato per davvero, ora non farà più del male a nessuno. Il calore di quella giornata ti avvolge ancora gli occhi e forse in quel momento non ho capito appieno ma d'istinto ricordo di aver sorriso.

17 Settembre 1932

Mesi difficili, me li ricordo bene, di decisione e di ripensamenti ma anche di grande coraggio e con un grande obbiettivo davanti a me. Dovrò andare a Barcellona, è lontana, almeno per me, abituata a Cunin, per dire. Ho preparato mamma con un anno di anticipo a quel tuo desiderio ma lei anche allora non  è mai apparsa turbata, perché vuole che compia le mie decisioni, segua i miei desideri. Hanno insistito per pagare il viaggio e tutto il necessario, nonostante le mie proteste. Ho ancora il bracciale formato da una corda colorata che mio cugino di appena sette anni, Amedeo, mi ha regalato quel giorno

 Non ci sono molte ragazze che vogliono tentare di entrare a far parte del corpo di polizia regionale, più in particolare nel CGIC: la divisione investigativa, per questo sarà dura. Nonostante questo avevo una forte determinazione, una voglia di farcela immensa, diventa quasi una sfida per me stessa e in quegli anni ce la ho messa davvero tutta.

6 Dicembre 1934

Ho ottenuto ciò che desideravo in tempi quasi record secondo molti e questo mi rende solo più orgogliosa di me stessa. Ho sempre il meglio di me, il mio impegno non aveva rivali all'accademia e no, non è stato facile ma ne è valsa la pena perché quando mi guardavo allo specchio pensavo che l'uniforme mi stesse davvero bene, con quella striscia metallica rossa e bianca sul petto. Torno spesso a Cunin, non appena me lo permettono, nulla potrebbe farmi stare così distante dalla mia famiglia. 

Il campanello suona e un ragazzo, della mia età fa capolino alla porta, tutti si voltano e gli sorridono facendo cenno di avvicinarsi ma sono la prima ad andarle incontro, niente abbracci né gesti romantici, sa benissimo che questa sia una copertura. Questa sera ha casa libera e sua sorella ha in mente una sorpresa per me. Arrossisco ancora oggi al solo pensiero, una ragazza così dolce che mi faceva sciogliere il cuore, non scherzo. Certo nessuno lo deve sapere né i suoi genitori né i miei, per quanto anche oggi credo non si sarebbero fatti problemi, eppure a data odierna non lo sanno. Si chiama Ambar, conosciuta conosciuta a una mostra di arte in un caldo giorno di Luglio quando avevi finito i compiti assegnati ma non avevo voglia di tornare a casa e nel 1934 stavamo insieme da ormai qualche anno. 

19 Ottobre 1935

Altra data triste, purtroppo la vita è fatta anche di queste. Non sono tornata a casa quel fine settimana, è stato difficile da spiegare alla  famiglia ma avevo bisogno di stare sola. La pioggia batte ancora sui vetri dell' ufficio, è da quella mattina che piove incessantemente, il doppio delle chiamate, solo per quello.  La stanchezza di quella giornata mi auguro di non provarla mai più, dovevo finire ancora un rapporto prima di poter andare a casa, anche se avrei preferito rimanere a lavorare ancora un po', piuttosto che tornare nelle stanze di casa, ora vuote. 

Eduardo,  collega e partner da oramai anni  posa una mano sulla spalla, che anima buona che era e che è, ricordo a malapena cosa mi disse ma senz'altro era qualcosa di dolce. La mia memoria poi è vuota, del tutto, so di essere tornata a casa da sola e di aver pianto, credo almeno. Forse dirlo agli altri della squadra mi avrebbe fatto bene ma dirlo ad Eduardo è stato abbastanza difficile di per sè e poi quella sensazione di paura è immobilizzante. 

 Non ho mai capito questa sua decisione né le sue motivazioni ma lei ormai era già decisa e la ho lasciata fare anche se forse avrei dovuto insistere ancora un poco, almeno quel tanto che bastava per farla restare con me. 

7 Aprile 1940

Ancora una volta a Cunin, su quella spiaggia tanto familiare, con un libro in mano e quella piccola cordicella al polso. Senza l'uniforme ma con una divisa bianca con dei bottoni neri a lato e un piccolo ricamo sul petto, si riesce quasi a leggere un nome di un hotel di Terragona: Gran H.Hotel. Non è passato molto tempo da quel viaggio o meglio dalla mia prima esperienza in un hotel, tra il servizio ai tavoli e le cucine credo di aver vissuto alcuni dei mesi più incredibili della mia vita. 

Molti mi hanno preso per matta quando ho lasciato il mio nuovo lavoro dopo sei anni di servizio che promettevano molto altro da venire in futuro. Tuttavia avevo troppi ricordi legati a quel lavoro ma ancora di più i tempi cambiavano molto rapidamente, le voci correvano e si diceva che presto ogni squadra sarebbe stata sciolta. Anche se non ci voleva molto per capire che tra le righe si intendeva che qualunque squadra volesse ostacolare il lavoro del regime di Franco sarebbe stata sciolta. Di sicuro il nostro lavoro era sempre stato impeccabile ma molti di noi avevano valori troppo solidi, alcune erano donne. Così a poco a poco qualcuno ha dato le dimissioni e dopo non molto le avevo presentate anche io al mio capo. Non ricordo di averlo mai visto così affranto, oserei dire deluso, mi disse cose così gentili che conservo ancora nel cuore e solo qualche anno fa, quando finalmente tornò la libertà riuscì a scrivermi una lettera sentita e sincera con una velata critica al passato.   

Tutti gli altri membri lo sapevano, per un periodo avevamo addirittura pensato di mettere in piedi delle dimissioni collettive, ma molti avevano bisogno di quel lavoro, non era possibile fare una cosa del genere. Ci si sente ancora ogni tanto, a volte cercano consulto per qualche mio caso, nonostante sia difficile a causa della lontananza ma mi scrivono spesso, so per certo che ci tengono a me. 

𝐂𝐮𝐫𝐢𝐨𝐬𝐢𝐭𝐚́

𝑃𝑎𝑠𝑠𝑎𝑡𝑜

✯ è nata prematura di un mese e mezzo

✯ durante l'infanzia pensavano avesse problemi di motricità, poi si risolsero da soli

✯a otto anni parlava in modo abbastanza corretto anche lo spagnolo

✯aveva paura dei cani

✯le prime volte che la madre la tenne in braccio la donna aveva gli occhi chiusi

✯era una bambina dalla salute cagionevole

✯a dieci anni volle provare a suonare la batteria

mentre quando era a casa parlava di continuo a scuola era sempre silenziosa, le maestra sentirono la sua voce per la prima volta a quattro anni.

✯nei primi anni dell'infanzia quando disegnava la sua famiglia disegnava anche un uomo che nella sua mente era suo padre, in realtà aveva le fattezze dello zio

✯fin da bambina voleva prendersi cura dei suoi cugini più piccoli, metaforicamente almeno

𝐿𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜

✯per i primi mesi nel distretto di polizia e nell'unità investigativa fu l'unica donna che lavorava con un posto fisso, poi si aggiunsero altre due colleghe

✯il suo primo capo fu licenziato su accuse infondate di corruzione, poi trasferito in un'altra unità

✯all'inizio le fu offerto un posto nella TEDAX ( disinnesco esplosivi ) ma lei rifiutò, le sembrava che fosse una responsabilità troppo grande per avere appena iniziato

✯non cercò mai di ottenere promozioni, non si sentiva abbastanza preparata per essere qualcosa di più di un agente

✯appoggiò la candidatura a Caporale e poi Sergente di una sua collega e tutt'ora cara amica che diventò la prima Sergente donna del distretto

✯aveva una grande capacità di non farsi prendere troppo la mano anche durante i casi più difficili, era considerata la roccia della squadra

✯l'unico evento che la vide costretta a chiedere una sospensione dal caso fu quello di una donna che uccise con un manganello il suo stupratore

✯superò a pieni voti tutti i test attitudinali a cui fu sottoposta

✯le venne consegnata una medaglia al valore insieme a tutta la sua squadra per le azioni compiute durante una sparatoria in un edificio abitato. La conserva in un cassetto e la porta sempre con sé.

✯quando lasciò il distretto, nonostante non fosse di un alto grado le fu concessa ugualmente una cerimonia, per i meriti raggiunti, seppure tenuta in grande segreto


✯ogni tanto, oltre ai soliti messaggi, le capita che i suoi amici, ex colleghi le chiedano un parere su un rapporto per un caso, sempre con una certa discrezione. 

✯all'inizio sentendo che volesse diventare una cuoca in futuro molti rimasero stupiti, dopo qualche anno però alcuni le dissero che pensandoci la sua decisone aveva senso

✯il suo capo si offrì di trovarle un altro impiego, magari più tranquillo. Lei rifiutò ma rimasero in buoni rapporti e ogni tanto, tornando da un viaggio, la viene a trovare

✯nonostante non servano molto per il suo ruolo da cuoca riesce a parlare bene lo spagnolo, il catalano, l'inglese e l'italiano, le fu molto utile lavorando nel distretto portandola anche a essere assegnata a casi complessi. Provò a imparare il francese a scuola ma con scarsissimi risultati

𝑃𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖

✯dopo aver saputo la verità su suo padre, le venne naturale mettere a confronto sè stessa e sua madre, cercando di capire cosa avesse preso da lei e cosa da lui

✯non ha mai voluto vedere una foto di suo padre né ha mai cercato di capire chi fosse

✯crescendo temeva che essendo lei figlia nata da uno stupro i suoi eventuali figli avrebbero potuto subire l'influenza di tale evento

quando compì la maggiore età le fu chiesto da un giudice, essendo suo padre scagionato da anni ormai, se volesse modificare le clausole dell'affidamento. Lei rifiutò con decisione

✯apparire in tribunale, seppur non in maniera ufficiale fu un evento traumatico per lei, che le causò molta preoccupazione e pressione

✯non ha mai amato leggere ma porta sempre con sè un libro, come gesto scaramantico

✯nonostante non abbia una cultura molto vasta ha sempre amato il teatro in tutti i suoi generi e la musica allo stesso modo

✯nonostante abbia superato la scuola e l'accademia con il massimo dei voti il suo vanto più grande non è la sua intelligenza scolastica ma quella naturale, maturata dall'esperienza

✯porta ancora al polso la corda che suo cugino le aveva dato prima di partire per Barcellona

✯a volte teme di non aver dato alla madre il giusto conforto, non potendo lontanamente capire tutto ciò che aveva passato

✯al contrario della sua squadra, nessuno dei suoi compagni all'accademia o alle scuole superiori conosce ciò che è accaduto alla madre. Aveva paura di essere trattata in modo diverso ma, vedendo come all'interno del distretto molti avessero storie dolorose alle spalle, si decise a confidarsi con qualcuno

✯il suo secondo capo era solito, prima di aprire un caso, chiedere sempre se qualcuno si volesse tirare indietro, Evita lo fece una sola volta nonostante lui le chiese più volte se fosse sicura di poterne investigare altri

✯tutta la sua famiglia è scaramantica e, nonostante la sua naturale predisposizione per il realismo, anche lei ha ereditato questo tratto

✯tranne suo cugino che studia in Italia, tutti gli altri studiano in Spagna

✯i racconti della zia Esme sulla Sicilia la convinsero a fare un viaggio lì, pochi mesi dopo il suo ritiro dalla polizia

✯si è innamorata una sola volta nella sua vita, nulla ha mai raggiunto ciò che provò per Ambar. Ha paura di innamorarsi di nuovo perché teme di tradire il sentimento che c'era tra loro due nonostante siano entrambe andate avanti con le loro vite

✯ la loro rottura è stata, per quanto si possa così definire, pacifica, come un tacito accordo. Avevano capito che in ogni caso non avrebbe potuto funzionare. Si scambiarono un breve abbraccio prima di dividersi per sempre

✯ è agnostica, durante la sua carriera ha spesso sentito criminali o vittime pregare a Dio di avere pietà o aiutarli ma lei non ne ha mai capito il motivo. Per quanto le importi potrebbe esistere o non esistere, ritiene che ci siano problemi più grandi da risolvere

✯ non ama l'alcool e beve solo in occasioni speciali, al massimo una birra

✯ i suoi colori preferiti sono il viola e il blu, nel vestirsi in realtà segue il momento senza curarsi troppo di cosa stia indossando anche perché la maggior parte del tempo la passa in uniforme

✯è stata cresciuta come una bambina indipendente ma che sapesse di poter contare su qualcuno in caso di bisogno. Questo la ha resa poco testarda, che cerca di nascondere le emozioni derivate da cose futili ma non ha paura a esprimere quelle più forti

༄༄༄༄༄༄༄༆

Pecy space

Salve, non sono così veloce a scrivere oc, era un personaggio che avevo già pronto quindi alla fine si è trattato di un lungo lavoro rimodifica e ritocchi vari. Ho modificato qualche cosa qui e là in primo luogo per la cronologia dato che insomma la sua versione originale si trova nel ventunesimo secolo. Si aggiunga anche il contesto storico su cui mi son informata un attimo perché di sacrare cagate non ho voglia. Alcune informazioni personali sono state leggermente ritoccate ma ho cercato di mantenere salda la natura del personaggio per come lo avevo inteso nella prima stesura. Le curiosità sono letteralmente un info dump di tutte quelle cose che non sapevo dove mettere nella scheda senza allungare un sacco il brodo. Sperando che Evita sia di vostro gradimento. 

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