53 - Grata (Parte 1)

YOONGI'S POV

Era passato più di un mese dalla cena a casa dei miei, ma soprattutto dall'addio di Nuvola, che in realtà si chiamava Napoleone.
Nonostante la disperazione e le lacrime iniziali, Minhee l'aveva presa abbastanza bene; ero certo che le mancasse quel gatto, ma con il trascorrere del tempo avevo scoperto che il mio prezioso scricciolo fosse una persona che riusciva a distrarsi con molta facilità.
Ne ero onestamente sollevato.

Anche perché adesso arrivava  la parte difficile.

Ero stato più che intenzionato a parlarle di sua madre, ma per una cosa o per un'altra, non ero mai riuscito nell'impresa.

-

"Scricciolo?"

Avevamo appena finito di guardare un film, precisamente "I pinguini di Mr. Popper", e mi sembrava il momento più adatto per parlarle di sua madre.
Le cose stavano andando bene, lei era felice perché aveva appena trovato un film che avrebbe fatto parte della sua lista di film da rivedere, da quanto le era piaciuto.

Il nostro rapporto stava procedendo a gonfie vele, e la mia piccoletta era diventata più disinvolta quando la toccavo in punti che prima quest'ultima considerava proibiti.
Okay, li considerava ancora proibiti, ma non mi fermava quando allungavo la mano; questa cosa era molto positiva.

"Vuoi vedere un altro film?" Domandò, e sembrò eccitata dall'idea.

Cavolo no, non avrei sopportato un altro film sui pinguini.
E poi... quanti diavolo di film avevano fatto su quegli animali?
Scossi debolmente la testa, e a quel punto lei mi chiese allora cosa ci fosse.

Dovevo dirglielo.
Dovevo.
Ora o mai più.

"Nulla, sei carina."

-

Era il giorno di San Valentino, e anche se non mi era mai importato niente di quella festività che per me non aveva alcun senso, passai la giornata fuori con Minhee.
Io le avevo regalato un tulipano giallo, mentre lei mi aveva ridato uno di quei cioccolatini italiani che avevano il biglietto con la frase dentro l'involucro.
Era il medesimo cioccolatino che mi aveva regalato il giorno del nostro primo appuntamento; ricordai che avevo mangiato il dolcetto, ma avevo conservato quel bigliettino, unendolo ai fiori e agli altri regalini che mi aveva nel frattempo donato.
Era stato un gesto estremamente dolce, forse più dolce del cioccolato stesso.

Poi ricordai che quel cioccolatino italiano lei lo aveva scoperto solo grazie ai nonni di Yun, perché essi lo adoravano, e quando uscimmo per il nostro primo appuntamento me ne portò uno solo perché lo aveva rubato dalla dispensa dei due vecchietti.
Sperai che non lo avesse rubato anche questa volta, e anche se ero decisamente incuriosito per come se lo fosse procurato, scelsi di non farle alcuna domanda.
L'importante era il pensiero, e Minhee aveva avuto un pensiero davvero romantico.

Quel giorno ripetemmo ciò che avevamo fatto durante il nostro primo appuntamento, e ritornammo in quella pasticceria che sembrava essere una casa per le bambole, e pareva essere stata arredata da una principessa delle fiabe.
Quel luogo non faceva proprio per me, ma a Minhee era piaciuto e continuava a piacerle tuttora, quindi mi sarei sacrificato volentieri, se questo voleva dire renderla felice.
Dopo che io bevvi il mio caffè, e lei ebbe appena finito di mangiare la sua fetta di torta con fragole e meringhe e panna montata e altre cose disgustosamente dolci sopra di essa, decisi che era il momento.

"Minhee? Ti devo dire una cosa." Pronunciai risoluto.

"Devo pagare io?"

"Cosa? No!" Risposi sgranando gli occhi.

"Ti ho portata io qui, non farei mai pagare il conto a te." Aggiunsi poi, guardandola mentre le mie sopracciglia si arcuarono.

"È che avevi una faccia così seria..." Borbottò.

"Scricciolo? Il nostro conto è formato da una tazzina di caffè e una fetta di torta. Tranquilla, non andrò sul lastrico per queste due cose." Scherzai.

A volte era davvero buffa, spesso se ne usciva con delle battute che lasciavano incredulo pure me... e ce ne voleva.

"Allora cosa mi volevi dire?"

Ecco. Era arrivato il momento.
Non sarebbe dovuto essere così tanto difficile, dovevo solo farle sapere che sua madre era malata, e che se avesse voluto parlare con lei un'ultima volta, non avrebbe dovuto aspettare oltre.
Il problema era che Minhee la odiava terribilmente, e che mai e poi mai avrebbe voluto rivederla per riaprire una ferita ancora dolorosa e risentita.

Improvvisamente, le immagini del suo faccino triste e colmo di lacrime si presentò all'interno della mia mente.
No, non ero pronto nel vedere di nuovo tanta sofferenza impressa sul suo bel visino.
E non avrei mai voluto rovinare quella bellissima giornata.

"Niente, sei molto carina oggi."

"Gli altri giorni no?"

"Sei sempre carina Minhee." Sorrisi, e lei al mio complimento gongolò compiaciuta.

'Sarà per un'altra volta.' Pensai.

-

Terzo tentativo.

La serata era stata perfetta: prima eravamo usciti per mangiare qualcosa fuori, dato che quel giorno festeggiavamo i nostri due primi mesi assieme, mentre ora ci stavamo facendo le coccole nella mia stanza.
In realtà, non erano passati precisamente due mesi esatti; ma dato che avevamo ufficializzato la nostra relazione allo scoccare della mezzanotte di Capodanno, di comune accordo avevamo deciso di festeggiare il primo Marzo.
Ma alla fine quel che contava, era che lei fosse felice.

E lo ero anch'io, dopo quel che avevamo appena fatto.

La abbracciai, avvolgendo il suo busto ancora nudo, e baciai la sua spalla scoperta.
Non capivo perché scegliessi sempre dei bei momenti per parlarle di una situazione tanto seria e delicata.
Dentro di me speravo che, visto che il suo stato d'animo era ancora allegro e felice, potesse accogliere bene un argomento per lei così spinoso e tanto odiato.
Probabilmente, anzi... quasi sicuramente mi stavo sbagliando, e appena nominata sua madre mi avrebbe mandato a quel paese e mi avrebbe lasciato da solo qua, totalmente nudo sul mio letto.

Sarei stato curioso di vedere Minhee mandarmi a quel paese, ma non era questo il punto: il punto era che... davvero volevo rovinare il nostro mesiversario in questo modo?
Per giunta con il mio scriccioletto, che stasera si era fatta fare di tutto e di più?

Sentii Minhee fare le fusa tra le mie braccia; si mosse un pochino, e involontariamente il suo adorabile sederino si strusciò contro il mio membro, che parve risvegliarsi all'istante e-

'Oh ma al diavolo!'

Senza dire nemmeno una parola, salii a cavalcioni sopra di lei.
Col cavolo che avrei parlato di sua madre questa sera.
Perché non avremmo avuto affatto il tempo di parlare.

-

Sì, ero un debole.
Era passata all'incirca una settimana, domani era il mio compleanno.
Inizialmente avevo intenzione di festeggiarlo insieme a tutti i ragazzi; Jin aveva reso disponibile la sua gloriosa e gigantesca villetta poco fuori Seoul, e tutti si erano emozionati e avevano cominciato a darsi da fare per organizzarmi una festa di compleanno coi fiocchi.

Ma non avremmo festeggiato.

Avremmo fatto la festa un altro giorno; dato che era il mio compleanno, dovevo approfittarne assolutamente.

-

"Cosa vuoi per il tuo compleanno?"

"Niente scricciolo, non mi serve nulla."

"Sicuro?"

"Mi basta stare con te piccola."

Appena pronunciai quelle parole, le guance di Minhee si scurirono all'istante.
Che carina.

"Ma è il tuo compleanno! È il tuo giorno! Chiedi qualsiasi cosa tu voglia, e io te la procurerò."

Cazzo, era troppo carina.
Ma potevo io, Min Yoongi, meritarmi un esserino così piccolo, prezioso e puro?
Poi però... riflettei per bene su quel che Minhee aveva appena detto.
Aveva detto che potevo chiedere qualsiasi cosa volessi.

"Il mio compleanno capita proprio nel fine settimana. Che ne dici di fare un piccolo viaggetto?"

-

Mi sentivo una merda.
Stavo approfittando del mio compleanno, e del buon cuore di Minhee, per portarla a Busan senza rivelarle il vero motivo per cui ci saremo recati laggiù.

Facevo schifo? Sì.
Meritavo di stare con Kang Minhee? No, assolutamente no.

Ma se da una parte la mia idea poteva risultare ingiusta e bastarda, dall'altra era spaventosamente strategica.
Una volta aver appreso il reale motivo per cui la stavo portando a Busan, non avrebbe avuto via di scampo.
Minhee non sarebbe potuta scappare, anche perché si sarebbe trovata in una grande città, lontana da casa e soprattutto dalla sua migliore amica, che avevo soprannominato pitbull.

Perché quando toccavo, baciavo e coccolavo Minhee davanti a lei, questa iniziava a ringhiare come un cane rabbioso.
Era carino che fosse così protettiva con la sua migliore amica, ma la biondina doveva capire che ero il fidanzato di Minhee, non il suo aguzzino.
Stavo con lei perché la amavo, non perché volevo ucciderla e tagliare il suo corpo a pezzi.
Hoseok prima o poi glielo avrebbe dovuto spiegare.

Fortunatamente, il mio compleanno capitava di sabato; mi ero organizzato qualche giorno prima, e avevo prenotato una stanza in un economico Bed & Breakfast.
Giusto il tempo di dormire e fare colazione, e il mattino dopo saremmo ripartiti subito, dato che il viaggio da fare in auto non era per niente corto.

La mattina del mio compleanno ci eravamo dati appuntamento per ritrovarci alle otto; saremmo partiti per quell'ora e verso le tredici, salvo imprevisti, saremmo dovuti essere a Busan.
Non avevo accennato nulla a Minhee, niente di niente; non sapeva dove la stavo per portare, non sapeva cos'avremmo fatto, era tutto una grossa incognita per lei.
Lo scricciolo mi aveva tormentato nei giorni precedenti, sia durante le volte in cui ci eravamo visti, sia tramite i numerosi messaggi che mi aveva mandato, bombardandomi.
Se noi esseri umani avevamo il corpo costituito maggiormente d'acqua, la signorina era fatta principalmente di curiosità; per lei era quella la sua acqua.

Ma ero stavo bravo a non farmi sfuggire alcun dettaglio o indizio, che le potesse far capire l'effettiva destinazione di questo piccolo viaggio.
Speravo solo che non riuscisse a capire tutto durante il tragitto, perché non volevo assolutamente discutere con lei mentre mi trovavo alla guida.
Una volta fermata la vettura, allora avremmo potuto litigare.

No scherzavo; pregavo fortemente che non nascesse alcuna discussione, ma in questo caso avevo forti dubbi.
Però avevo avuto tutto il tempo per prepararmi psicologicamente ad una mega lite con Minhee; ero consapevole che si sarebbe infuriata, e ne aveva anche tutte le ragioni di questo mondo.
Vedeva sua madre come un mostro, come una donna senza valore che aveva messo al primo posto il compagno violento invece che la propria figlia.
Sì, avrei certamente compreso la sua rabbia nello scoprire che la stavo portando da quella donna.

Ma quando quella fatidica notte, Minhee mi svelò che sua madre stava scontando una pena in carcere per un qualcosa che, fondamentalmente aveva fatto lei, capii che la madre in realtà voleva molto bene a sua figlia.
Non si era comportata come una mamma esemplare durante l'adolescenza di Minhee, ma sacrificandosi in quel modo, affrontare un lungo e difficoltoso processo e accettare la pena di sei anni senza mai raccontare la verità, senza mai puntare il dito contro sua figlia e continuando a difenderla con tutta sé stessa, mi fece rivalutare l'idea che mi ero fatto all'inizio su di lei.

"Tanti auguri oppaaaaa!!!"

La vocina squillante di Minhee mi riportò immediatamente con i piedi per terra.
Posai gli occhi sulla minuscola figura ricoperta di rosso che stava avanzando rapidamente verso di me.
Stava trascinando con un po' di fatica una valigia con le ruote quasi più grande di lei; dava l'impressione di essere pesante, e mi chiesi quanta roba ci avesse messo là dentro dato che avremmo passato solo una notte fuori.
Ma ciò che rubò la mia attenzione era tenuto nell'altra mano: un fiore.
Un bellissimo e particolare fiore dai colori sgargianti che mai avevo visto prima d'ora.
Mi domandai quale fosse il suo significato, ma sapevo che ben presto lo avrei scoperto.

"Sono in ritardo?" Chiese con il fiatone.

Aveva le guanciotte rosse proprio come il suo cappotto, e il respiro un poco affannoso; doveva aver fatto le corse per raggiungermi all'ora prestabilita.
Mi fece tanta tenerezza.

"Minhee tanto siamo solo noi due, quindi anche se fossimo partiti alle otto e mezzo sarebbe andata bene comunque." La rassicurai.

"Ma fa freddo stamattina, non volevo farti aspettare troppo tempo qua fuori."

Continuavo a chiedermi se mi meritavo di stare con una ragazza così dolce, premurosa e adorabile come lei.
Okay, era stata lei ad avvicinarsi a me e a corteggiarmi, ma a distanza di mesi potevo affermare che non era lei ad averci guadagnato da questa relazione, ma io.

Non replicai, non si poteva aggiungere nulla alla tanta carineria che questa piccoletta era in grado di dimostrarmi ogni giorno, e semplicemente dopo essermi chinato, la baciai.
Ma non soddisfatto, la baciai ancora, e ancora.
Dopo la quarta volta che premetti le mie labbra sopra le sue, lei ridacchiò un po' imbarazzata, quindi sorridendo mi rialzai.
Se avessi potuto avrei continuato a baciarla a tutte le ore.

La piccola mi porse questo bellissimo, colorato fiore dalla forma grande rotonda.
Era curioso di scoprire cosa si fosse inventata questa volta.

"È la prima volta che vedo questo tipo di fiore." Commentai, rigirandomi il gambo tra le dita.

"È una dalia, e simboleggia la gratitudine." Spiegò lei, e io inarcai un sopracciglio alla scoperta del suo significato.

"Gratitudine?" Ripetei, pensando che in realtà questo fiore simboleggiasse un augurio, siccome era il giorno del mio compleanno.

"Sì, gratitudine. Ho deciso di regalarti questo fiore oggi, per farti capire quanto io mi senta grata ad avere al mio fianco una persona come te. Sono grata di averti conosciuto, perché da quando tu sei entrato a far parte della mia vita, la mia vita ha assunto colori più accesi e vivi, proprio come i petali di quel fiore."

Non me la meritavo affatto.
Lei era troppo per uno come me.

"Dovrei essere io a regalarti questo fiore, non tu Minhee..." Sussurrai, sinceramente toccato dall'importanza delle parole che mi aveva appena rivolto.

Stavo davvero per commuovermi cavolo.
Non credevo di riuscire a trovare una persona che con tanta semplicità e facilità, potesse raggiungere il mio cuore, e farlo battere così freneticamente.
Potevo percepire il mio battito cardiaco sussultare dolorosamente alle sensazioni che lo scricciolo, con il suo regalo e il suo sorriso, mi stavano facendo provare in questo istante.

Mi chinai un poco, appoggiando con delicatezza i miei avambracci sulle sue spalle.
Feci accostare così tanto i nostri visi tra loro, che il mio naso poté sfiorare il suo, e incollai ancora una volta quel giorno le mie labbra su quelle morbide e soffici di lei.

"Ti amo tanto piccolina, lo sai?" Sussurrai sulle sue labbra.

"Pensavo che non me lo avresti mai detto." Rispose lei, le guance sembravano in fiamme da quanto erano rosse.

"Te l'ho detto in svariati modi scricciolo."

"Ma non hai mai usato queste due specifiche parole."

Sì, aveva ragione.
Ma era stata una mia scelta; avevo scoperto grazie al linguaggio dei fiori che potevo dichiararle il mio amore, senza necessariamente usare quelle due parole che oramai venivano usate da tutte le coppie innamorate.
Anzi, in realtà lo avevo scoperto grazie a Minhee.

"Desideravi sentirle?" Chiesi sogghignando.

"Tanto." Ammise lei.

"Oh, quindi ora sei felice?"

"Tanto!" Ripeté alzando un po' il tono di voce, in preda all'entusiasmo.

Mannaggia, poteva un essere così piccolo contenere tanta graziosità?
Ma cosa chiedevo?
Minhee poteva tutto.

Di colpo, tutte quelle sensazioni felici che il mio cuore, il mio stato d'animo e la mia persona stavano provando, si dissolsero a causa dei molteplici pensieri che stavano inondando la mia testa.
Davvero volevo spezzare la magia di questo bellissimo momento, portandola in un carcere a Busan?

Se Minhee era una fidanzata perfetta, io ero invece un fidanzato pessimo.
Ma era troppo tardi, non potevo più tornare indietro.
Non avrei avuto un'altra occasione, quindi mi feci coraggio, e dissi a Minhee di salire in macchina, mentre io posizionavo le valigie nel portabagagli.

|
|

"C'era scritto Busan su quel cartello, stiamo andando lì?"

Oh cazzo.
Speravo che durante il viaggio Minhee si addormentasse, o trovasse un modo per distrarsi, leggendo qualcosa o giocando con il cellulare.
Invece era così desiderosa di scoprire dove stessimo andando, che aveva iniziato a controllare attentamente ogni cartello che incontravamo.
Quindi, dopo nemmeno venti minuti da quando eravamo partiti, aveva potuto vedere la scritta BUSAN stampata a caratteri cubitali su un enorme cartello stradale.
Oh, perfetto.

"No, ti sbagli." Deglutii.

"Non mi sto sbagliando, c'era scritto Busan!"

Non dovevo farmi prendere dal panico, ma era proprio quello che stava accadendo.
Soprattutto perché anche se stavo guardando la strada davanti a me, avevo percepito il tono nervoso che aveva usato Minhee non appena lesse la parola della città in cui eravamo diretti.
Stava già sospettando qualcosa.

"Scricciolo, non hai sonno?"

"No."

Sospirai.
E adesso cosa mi sarei inventato?
Eravamo partiti da pochissimo, avevamo davanti a noi altre quattro ore e mezza di viaggio, ed era decisamente troppo presto per litigare.
Avevo previsto di litigare con lei almeno tra tre ore, non subito.

Sì, potevamo andare a Busan con l'aereo, ci avremmo messo sicuramente di meno; ma Minhee avrebbe visto la destinazione sul biglietto, e se avesse saputo che ero intenzionato a portarla nella città dove aveva trascorso gran parte della sua vita, avrebbe fatto di tutto per non partire.
Quindi l'auto era l'opzione migliore, era la più scomoda, ma almeno avevo la certezza che non sarebbe saltata dal veicolo in corsa.

"Voglio vedere lo zoo di Busan. Dicono che sia molto bello." Sparai a caso, in un vano tentativo di convincerla.

Nemmeno sapevo se c'era uno zoo a Busan, speravo di sì.

"Ma lo zoo c'è anche a Seoul."

"Sì, ma quello l'ho già visto, quello di Busan no." Ribattei con una sicurezza così disarmante che tra poco ci credevo pure io.

Minhee stranamente non replicò, e quando rimaneva zitta non era un buon segno; c'era da preoccuparsi.

"Tu ci sei già stata?"

"Non sono stata né allo zoo di Seoul, né a quello di Busan." Borbottò, e forse era cascata nel tranello.

Forse.

"Ma non capisco perché andare a Busan quando c'è lo zoo pure a Seoul! Dovrai guidare per tante ore Yoongi!"

Si stava innervosendo.

"Minhee, Busan è una bella città e volevo visitarla. Poi tu la conosci bene, così potrai fare da guida turistica."

"Tu sei nato a Daegu, perché non siamo andati là? È anche più vicina a Seoul, avresti guidato di meno!"

Sì, si stava innervosendo... e parecchio.

"Scricciolo... perché stai urlando?"

Appena feci quella domanda, Minhee si ammutolì improvvisamente.
Si voltò verso il finestrino, un broncio tanto carino si dipinse sul suo viso.

"Non stavo urlando." Sussurrò con un filo di voce.

Rimanemmo entrambi in silenzio; Minhee non disse più nulla, anche se ormai aveva capito che fossimo diretti a Busan.
Dovevo ringraziare i dieci cartelli che avevamo superato nell'ultima ora.

Nemmeno io dissi più niente, nonostante quel silenzio mi stesse altamente disturbando; ma non riuscivo a trovare un argomento di cui parlare con lei.
E sapevo bene che era arrabbiata, quella città le portava ricordi ancora molto dolorosi, sicuramente in questo momento mi stava odiando.
Volevo evitare di discutere con lei durante il viaggio, proprio perché non volevo che si potesse creare quest'atmosfera colma di disagio.
E invece...

|
|

"Ho fame. E mi scappa la pipì."

Beh, almeno aveva detto qualcosa.
Non avevamo ancora fatto colazione, in effetti anche il mio stomaco cominciò a lamentarsi.

"Alla prossima area di servizio mi fermo." La informai, e lei con il viso ancora rivolto verso il finestrino, annuì.

"Sei arrabbiata?" Domandai poco dopo.

"Le sorprese di solito dovrebbero piacere, questa non mi è piaciuta."

Sospirai ancora, ma almeno era stata sincera nel rispondermi.

"Davvero stiamo andando a Busan solo per lo zoo?"

Lo zoo?
Ah già, lo zoo!
Lo avevo già rimosso dalla mia mente.
Con la coda dell'occhio la guardai, stava attendendo la mia risposta.
No... non me la sentivo di mentirle in questo modo.

"Andremo sicuramente allo zoo, ma anche in altri posti."

Non era del tutto falso quel che le avevo detto.
Più tardi avrei dovuto vedere su internet in che parte di Busan si trovava lo zoo, e se fosse facilmente raggiungibile.
Per farmi perdonare domani mattina ce l'avrei portata, prima di partire per tornare a Seoul.

"Quali sono gli altri posti?"

Ecco che cominciava a fare domande, come sempre.
Ma tirai un sospiro di sollievo, appena intravidi in lontananza la stazione di servizio.

Appena parcheggiata la vettura, Minhee saltò subito fuori.
Doveva scapparle parecchio.
Nel frattempo che lei si recava in bagno, mi accesi una sigaretta; non mi piaceva fumare davanti a lei, ma adesso non era qui, quindi ne potevo approfittare.
La sigaretta mi avrebbe aiutato a distendere un po' i nervi.
In realtà non ero così tanto nervoso, però mi sentivo un po' agitato; speravo di non aver preso la decisione sbagliata portandola a Busan per farla parlare con la madre.

Sapevo già che si sarebbe rifiutata, e che mi avrebbe guardato malissimo, come se l'avessi tradita.
Ma lo stavo facendo unicamente per il suo bene, doveva parlare con lei almeno un'ultima volta.
Dovevano chiarirsi, ero dell'idea che dopo aver parlato con sua madre, Minhee si sarebbe sicuramente sentita meglio.
Avrebbe detto addio a quel peso così opprimente e asfissiante che le soffocava il cuore.

Minhee uscì dalla toilette, quindi gettai il mozzicone della sigaretta per terra, e entrammo per mangiare qualcosa.

|
|

Ci eravamo rimessi in viaggio da poco, ma questo silenzio iniziava a pesarmi troppo.
Minhee continuava a guardare fuori dal finestrino, sgranocchiava i crackers e altri vari snack che avevamo acquistato prima al bar.
Normalmente mi sarei lamentato e l'avrei scherzosamente rimproverata perché stava sbriciolando dappertutto, ma non me la sentii di dirle nulla; vedevo che era nervosa.

Forse aveva intuito che la cavolata dello zoo era solo una scusa, anche perché stava mantenendo il silenzio e quando si comportava così, era preoccupante.
Minhee era un tipo terribilmente logorroico, ormai le mie orecchie si erano abituate a sopportare la sua vocina martellante, quindi quando faceva scena muta risultava fin troppo strano.

"Sono buoni?" Domandai, riferendomi ai maledetti crackers che stavano ricoprendo la mia macchina di briciole.

Non me ne fregava nulla degli snack sinceramente, ma volevo farla parlare.
Lei però, non rispose.
Ma molto carinamente allungò un cracker verso di me, e lo avvicinò alla mia bocca.
Non volevo assaggiarlo, ma non potevo dire di no a quegli occhioni da cucciolo, quindi lo mordicchiai.
Briciole ovunque, anche sul mio giubbotto e sui miei jeans. Maledetti.
E non erano nemmeno buoni, non sapevano di niente, erano insipidi.

"Ho assaggiato di meglio." Commentai, sperando che lei rispondesse.

Non rispose nemmeno questa volta, iniziai ad innervosirmi sul serio.

"Minhee-"

"Qual è il programma di oggi?"

Aveva parlato.
Ma lo aveva fatto usando una voce e un'espressione così fredda, che forse era meglio se fosse rimasta in silenzio.

"Il programma?" Domandai con un sopracciglio alzato.

"Sì, il programma. Cosa vuoi fare una volta arrivati a Busan?"

Faremo un giretto in carcere.

No, non glielo potevo dire.
Ma le avrei dovuto dire un'altra bugia?
Tra meno di due ore comunque saremmo arrivati...

"Minhee, non ho scelto una città come Busan a caso. C'è un motivo se stiamo andando lì."

Cercai di sembrare sicuro di me, anche se avevo paura.
Non avevo paura di litigare con lei, quello era inevitabile.
La paura c'era perché quasi sicuramente avrebbe pianto, e per me vederla piangere equivaleva ad una delle peggiori torture a cui mi ero mai dovuto sottoporre.

"Sinceramente me lo sentivo." Borbottò lei, la sua attenzione continuava ad essere rivolta alla strada, invece che su di me.

"So che ti arrabbierai per quel che dirò a breve."

A quel punto lei si voltò verso di me; dovevo mantenere il controllo nella guida, ma non mi sfuggì l'occhiata nervosa che mi lanciò.
Non disse nulla, e io decisi di strappare il cerotto, e liberarmi così da questo macigno che stava pressando sempre più dentro di me.

"Sono venuto a sapere che tua madre non sta bene. In realtà... dopo esser venuto a conoscenza di ciò che ti era successo, mi sono informato sulla sua posizione, perché sono dell'idea che dovreste parlarvi almeno un'ultima volta. Lo sai anche tu che dovreste entrambe fare chiarezza riguardo quel che provate l'una per l'altra."

Mi aspettavo di tutto.
Urla, grida, lacrime.
Pure parolacce, nonostante Minhee non usasse un linguaggio volgare, anzi lo detestava.
E invece la sua risposta mi meravigliò così tanto che per un attimo rimasi a bocca aperta, incapace di replicare.

"Non so di cosa tu stia parlando. Mia madre è morta."

Perfetto.

Sapevo che sarebbe stata un'impresa dura, ma non mi sarei arreso.
Minhee mi aveva aiutato così tanto in questi mesi, anche se lo aveva fatto involontariamente; ma grazie a lei ora avevo un motivo valido per alzarmi dal letto ogni giorno.
Era grazie a lei se adesso riuscivo a sorridere sempre, grazie a lei ero riuscito e continuavo tuttora a provare sensazioni meravigliose come la felicità.
Grazie a lei avevo avuto la fortuna e l'onore di fare la conoscenza di un sentimento così forte e profondo come l'amore.
Anch'io volevo aiutarla, anche se per lei il mio più che un aiuto, poteva sembrare un torto.

"Minhee-"

"Mi pareva di avertelo già detto."

"Eddai, non fare finta che quella conversazione avvenuta due mesi fa non ci sia mai stata." Sospirai.

Purtroppo non riuscivo a comprendere del tutto l'odio nei confronti di sua madre.
Era stata Minhee a uccidere quella merda d'uomo, eppure in carcere adesso c'era quella donna, non lei.
Sua madre l'aveva difesa, ma Minhee era così accecata dal rancore, che non riusciva ad apprezzare il sacrificio che fece sua madre prendendosi la colpa al posto suo.

Sì, era vero: sua madre era una donna debole, aveva sbagliato a fare affidamento e ad appoggiarsi ad una figura maschile così violenta e mentalmente malata.
Aveva sbagliato, ma ero certo che lo avesse compreso.
Minhee aveva tutto il diritto di ricevere delle scuse da parte di quella donna, il problema però era che non era nemmeno intenzionata a parlare di lei, figuriamoci vederla o sostenerci una conversazione.

"Mi pareva di averti detto anche che non ne volevo più parlare." Disse freddamente.

Ero sollevato solo per il fatto che mi stesse rispondendo, e che non avesse scelto ancora la via del silenzio.

"Minhee... tua madre è malata."

Appena pronunciai quelle parole, mi sembrò di vedere un segno di cedimento attraversare il suo viso.
Probabilmente dentro di sé stava riflettendo sul da farsi; avevo avuto io l'idea di portarla a Busan, ma alla fine l'avrebbe dovuta prendere lei la decisione di parlare con sua madre, io non l'avrei costretta a fare nulla.
L'avrei portata davanti al carcere, poi scegliere se entrare o no spettava unicamente a lei.

"Che cos'ha?"

Accidenti, era interessata.
Lo sapevo.
Sapevo che ci teneva, era pur sempre sua madre.

"Non so di preciso cos'abbia. Non mi hanno detto nulla al telefono, prima di tutto non sono un parente, e poi mi hanno consigliato di recarmi direttamente laggiù." Spiegai.

"Perché?" Sussurrò, e io agrottai le sopracciglia confuso.

"Perché cosa?"

"Perché hai messo su tutta questa messinscena solo per farmi parlare con lei?"

Schioccai la lingua contro la guancia, pensando alle parole giuste da usare per risponderle.
Ero comunque molto sorpreso che Minhee non stesse alzando la voce o piangendo; la stava prendendo incredibilmente bene, e questo mi rincuorava.
Aveva cambiato sguardo appena le avevo parlato delle condizioni salutari di sua madre, pensai che forse era stato quello a farle mantenere la calma, e a non dare di matto.

"Perché quando lei davvero non ci sarà più, tu ti pentirai di non averle parlato almeno un'ultima volta."












~ Angolo Autrice ~

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo per favore!
Perché io non se sono particolarmente soddisfatta, è un capitolo importante e sinceramente non so se sono riuscita ad impostare bene la conversazione, non volevo che Minhee facesse qualche scenata, ma spero che si sia percepito il suo enorme nervosismo riguardo tutta la questione.
Solo che raccontando tutto dal punto di vista di Yoongi, non so se ci sono riuscita o no.

Sì, sono paranoica... e anche tanto, purtroppo.

ATTENZIONE: Allora, mi sono informata su un paio di cose per scrivere questo capitolo.
Prima che qualcuna abbia da ridire qualcosa, mi spiego.

Mi sono informata sulla distanza che separa Seoul da Busan.
Per raggiungere Busan con l'auto, ci vogliono precisamente 4h 47 min.
Con l'aereo, il viaggio dura solo 51 minuti.
Mentre per raggiungere Daegu, sempre partendo da Seoul ovviamente, con l'auto ci vogliono 3h 31 min.
Con l'aereo invece, sono solo 45 minuti.

Lo zoo a Busan c'è davvero, ma purtroppo non ho trovato nessuna informazione su un carcere.
C'è un carcere a Seoul, ma a Busan non credo, quindi scusate, davo per scontato che ci fosse.
Ormai non potevo tornare indietro, anche perché questo capitolo si ricollega ai capitoli 45 e 46.

Ma comunque Smile è solo una storia che io scrivo per concedermi e concedere anche a voi un po' di divertimento e leggerezza; mi premeva però farvi sapere cosa è vero e cosa no, non voglio che arrivi la maestrina di turno a puntare il dito contro di me perché scrivo le cavolate. (Dato che con Hostage e Best friend in love è successo)

Forse non sembra, ma cerco di informarmi su ciò che scrivo. Sempre.

Spero di essermi spiegata, e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Al prossimo aggiornamento.✨

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top