Cαριƚσʅσ 34
La mattina seguente Jisoo si svegliò alla solita ora, sotto i rintocchi della sveglia.
Si stropicciò gli occhi e portò una mano alla fronte in attesa di riprendersi dal sonno.
Dopo qualche minuto decise di farsi forza, abbandonare il piumone caldo e alzarsi.
Avanzó dalla camera verso il salone, scoprendo la casa stranamente silenziosa.
Jimin era un mattiniero e Jisoo lo trovava sempre affaccendato in cucina o lo sentiva canticchiare sotto la doccia, ma non quella mattina.
La casa era rimasta tal quale a quella che aveva lasciato la sera prima, una volta rincasata dalla cena aziendale.
Jimin aveva passato la notte fuori. Chissà dove e chissà con chi.
Mentre era ancora intenta a rimuginare sull'insolito comportamento del suo migliore amico, lo sguardo le si posò sul calendario appeso alla parete di fronte a lei.
Era il 20 febbraio e quel giorno, insieme ai restanti della settimana, era stato sbarrato con una "x" rossa.
«Buone ferie Jisoo», disse a sé stessa, poggiandosi sconsolata sullo sgabello della cucina.
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Il cartello "Benvenuti a Daegu" sfrecciò veloce sopra il tettuccio della sua auto.
Stava tornando a casa, il posto migliore dove trovare serenità e allontanare i pensieri.
Voleva staccare da tutto: da Seoul, dal lavoro, dai suoi doveri...da Haein.
Quella settimana le sarebbe servita per disintossicarsi e rimettere in ordine tutti i tasselli che non riuscivano a trovare il giusto incastro nella sua mente.
Parcheggió l'auto davanti a quella che era stata casa sua per grande parte della vita: un'abitazione a due piani, con un piccolo giardino ben curato delimitato da una staccionata in legno e un inconfondibile portoncino rosso acceso.
Per un attimo le parve di tornare indietro nel tempo, a quando ancora adolescente varcava quel cancelletto con le cuffiette alle orecchie e lo zaino che pesava sulle spalle.
A quando i suoi piccoli problemi quotidiani parevano invalicabili e, invece, erano solo normali crucci legati alla sua età, nulla a che vedere con quelli che la tormentavano continuamente ora che era una donna.
Non fece in tempo a battere le nocche sul portoncino, che questo le si spalancò davanti agli occhi, rivelando sua madre che l'accoglieva con un sorriso a trentadue denti.
«Eccoti finalmente! Bentornata!», le disse prima di stringerla in un caldo abbraccio.
«Ciao mamma», rispose Jisoo, ricambiando la stretta.
Poggiò il viso sulla sua spalla, assaporando il profumo di ammorbidente che le impregnava come sempre i vestiti e che sapeva di casa.
«Entra, è freddo», la esortò la madre, per poi aggiungere rivolta verso la sala:
«Mamma guarda chi è arrivata!»
Jisoo varcó la soglia dell'appartamento: tutto era in ordine e sistemato con accurata precisione, cosa impossibile quando vivevano sotto lo stesso tetto, visto che lei era una portatrice sana di caos.
Le ciabatte erano addossate ad un angolo dell'ingresso pronte per essere indossate, lo scrittoio bianco sosteneva lo specchio dorato in cui Jisoo era solita riflettersi ogni mattina prima di varcare la porta di casa.
Cominciò ad avanzare verso il salone e ad ogni passo veniva sempre più avvolta da un intenso odore di *Kimchi: uno dei suoi piatti preferiti.
Sua nonna l'aspettava con le mani nodose sollevate verso l'alto in attesa di un abbraccio e il viso contratto per l' emozione del momento.
«Tesoro mio!»
«Nonna!», esclamò Jisoo, prima di allacciarle le braccia al collo e stringerla forte.
Quanto le erano mancate le sue donne speciali.
Ogni giorno, ogni notte in cui si era rigirata tra le lenzuola del letto alla ricerca di un po' di conforto aveva bramato quell'affetto, quella sensazione di calore avvolgente e permeante.
«La mia piccola!».
Le passava le mani su tutta la schiena, carezzandole i capelli e premendo i polpastrelli sul maglione, come per accertarsi che la nipote fosse veramente tra le sue braccia.
Si staccarono e Jisoo notò una lacrima lungo la guancia rugosa.
«Nonna, non piangere! Sono qui!», fece, portandole via la goccia con il palmo della mano.
«Non mi sembra vero!», continuò sua nonna, carezzandola e guardandola come un'opera d'arte.
«Mamma, calmati che ti sale la pressione», la redarguì bonariamente la figlia, passandole una mano sulla spalla.
«Dai, mettiamoci a tavola, così Jisoo ci racconta tutto»
Le due obbedirono e Jisoo si sistemò in quello che era sempre stato il suo posto, vicino alla finestra, sua nonna a capotavola accanto a lei e sua mamma di fronte.
Tutto come sempre, come se non fosse passato neppure un minuto dalla sua partenza.
Jisoo aveva appena afferrato la ciotola di riso, quando sua nonna intervenì con aria preoccupata:
«Sei dimagrita. Prendine più perché non credo che a Seoul mangi abbastanza»
«Nonna, non è vero sono sempre la stessa», disse Jisoo alzando gli occhi al cielo e incassando i soliti timori ingiustificati di sua nonna.
«Mamma non incominciare. È tornata per rilassarsi non per abbuffarsi», commentò Miyon.
«Quanto rimani?», le chiese.
«Un po'. Non lo so di preciso.
Ho qualche giorno di ferie», rispose Jisoo vaga, non avendo ancora chiaro quali fossero i suoi stessi programmi.
Non aveva avvisato nessuno del suo arrivo: né le sue amiche, il gruppo del liceo o i suoi ex colleghi.
Voleva evitare di dover prendere impegni, incastrare incontri e ritrovarsi ad organizzare il suo tempo libero come una ferrea schedule lavorativa.
Voleva semplicemente rilassarsi, riordinare i pensieri e assaporare l'aria di casa.
«Allora, raccontaci come sta andando?», le chiese sua madre prima di addentare un pezzo di vitello cotto alla griglia.
«Bene, sto avendo le mie prime soddisfazioni. Hanno accettato una mia formulazione per un sonnifero che vorrebbero proporre sul mercato», rispose Jisoo neutra, senza far trasparire nessun entusiasmo in particolare.
Solo dopo aver pronunciato quelle parole si rese conto di aver informato sua madre e sua nonna per la prima volta di quel piccolo successo.
Non aveva raccontato nulla intenzionalmente, proprio per non creare alcuna aspettativa e forse anche un po' per scaramanzia.
Ma quindi di cosa aveva parlato in quei mesi lontana da casa?
Era stata sfuggente riguardo il lavoro, e men che meno aveva parlato di sé, dei suoi conflitti interiori, di Haein, delle sue nuove abitudini.
La verità è che aveva sempre parlato di cose futili, senza essere mai riuscita a confidarsi ed aprirsi con le persone che da sempre riuscivano a leggerla come un libro aperto.
Si era chiusa a riccio e la sua vita sembrava un argomento irrilevante.
Mentre era assorta in quei pensieri sua mamma esclamò:
«Tesoro, ma è una notizia meravigliosa!»
Sua nonna si portò le mani alla bocca dalla sorpresa.
«È ancora tutto molto prematuro, devono essere eseguiti vari test...», cercò di precisare lei.
«Stai realizzando i tuoi obbiettivi. Siamo fiere di te», le disse dolcemente sua madre, allungando una mano sul tavolo per stringere la sua.
Jisoo ricambiò il gesto e, girandosi verso sua nonna, la vide nuovamente con le lacrime agli occhi.
«Nonna! Ti prego!», le disse, sorridendo intenerita.
La loro emozione cozzava con il senso di vuoto che provava dentro di sé. Doveva scoppiare di felicità, eppure non era così.
Era destinata ad essere un'insoddisfatta cronica, mai appagata, mai abbastanza grata di ciò che aveva e che la vita le regalava giorno dopo giorno.
«Non avevamo dubbi che ce l'avresti fatta!», aggiunse sua nonna, tamponandosi gli occhi con un fazzoletto di stoffa.
«E per il resto? Come ti trovi?
Ti fanno lavorare troppo? I colleghi? Hai stretto con qualcuno?», la riempì di domande a raffica sua madre.
«È un ambiente stimolante... », fu tutto quello che riuscì a dire.
Sua madre non sembrò soddisfatta di quella risposta sintetica, aspettandosi forse qualcosa di più articolato, ma cercò di non darlo troppo a vedere e si mise a raccogliere i piatti da tavola.
«Potrai tornare spesso? Pensi di avere abbastanza giorni liberi?», le chiese.
«Dovrei avere diritto a quattro settimane l'anno»
«Ottimo! Beh qui hai sempre la tua camera a disposizione e poi ... », iniziò il discorso sua madre, rimanendo però con la voce in sospeso, come se avesse timore di continuare quello che stava dicendo.
Jisoo la guardò interrogativa e Miyon cercò di riprendere da dove si era interrotta:
«Ora hai anche a disposizione il tuo vecchio appartamento per avere tutta la privacy ogni volta che torni»
Jisoo sentì un pugno sulla bocca dello stomaco: se ne era andato.
«Taehyung mi ha riportato le chiavi pochi giorni fa...»
«Ti ha detto dove si è trasferito?», le chiese Jisoo, non riuscendo a controllare una nota di curiosità nella sua voce.
«No. Non l'ho nemmeno visto, mi ha mandato un messaggio dicendo che avrebbe nascosto le chiavi al di là di questa staccionata. E così ha fatto.
Ha preferito non incontrarmi evidentemente», concluse sua madre, non riuscendo ad intercettare gli occhi della figlia.
"Ha voluto chiudere i ponti con chiunque avesse a che fare con me", pensò Jisoo.
Il dolore che provava ogni volta che pensava a Taehyung la raggiungeva ad ondate: certe volte, come in quell'esatto momento, la trovava impreparata travolgendola, tanto da farla soffocare.
Poi quando era lontana da lui, sembrava calmarsi, andava e veniva sulla battigia, sfiorandola di tanto in tanto, per poi pian piano ingrossarsi nuovamente e tornare a bagnarla completamente.
Era un dolore infimo, che la lasciava respirare per poi affogarla di nuovo. Un dolore che tentava di ignorare per sopravvivere, ma che sapeva sempre come raggiungerla e coglierla di sorpresa.
«Qualcosa ti turba, lo vedo», esordì sua nonna, scrutandola con sguardo indagatore.
Lo sguardo che tentava di arrivarle fino all'anima e ai suoi segreti più inconfessabili.
«No, sto bene. Sono solo un po' stanca per il viaggio»
«Non c'entra la stanchezza, c'è dell'altro... », continuò sua nonna, senza farsi incantare.
«Mamma. Lasciala in pace», fece Miyon.
«Conosco tua figlia meglio di te e glie lo leggo negli occhi che non è serena»
Jisoo sentì le lacrime salirle dalla gola agli occhi, ma le ricacciò indietro con tutta la forza che aveva. Non poteva permettersi di cedere davanti a loro, dandogli preoccupazioni inutili.
«Nonna ho solo bisogno di riposare, davvero. Dai, raccontami delle novità del quartiere! Avrai sicuramente qualche pettegolezzo!», fece con entusiasmo, accoccolandosi accanto a lei e cercando di mascherare i suoi demoni interiori.
Sua nonna continuò ad osservarla poco convinta, ma decise di non insistere e cominciò a raccontarle gli sviluppi del vicinato, mentre Miyon le ascoltava in disparte, sistemando la cucina.
Il pomeriggio in loro compagnia trascorse lento e avvolgente, come una calda coperta pronta a proteggerla da qualsiasi avversità.
Per qualche ora le sembrò di accantonare dalla mente e dal cuore tutti i pensieri sul suo passato e sul suo futuro, le incertezze, i dubbi, le domande che come macigni appesantivano la sua esistenza.
Il tempo scivolò velocemente tra una chiacchiera e l'altra, una tazza di tè bollente, il drama del momento trasmesso alla tv, estraniandola da tutto ciò che l'attendeva fuori da quelle mura di pura serenità.
Quando il sole cominciò a tramontare, sua nonna chiese di poter tornare a casa e Jisoo si propose di riaccompagnarla.
«Non dovevi disturbarti cara, mi avrebbe accompagnata tua mamma», le disse una volta messa in moto l'auto.
«Non mi costa nulla, nonna»
«Avevi detto di essere stanca e di aver guidato troppo per il viaggio...», esordì scaltramente.
«Non l'hai bevuta proprio, eh?», le chiese allora Jisoo, sapendo di essere stata smascherata.
«Sono nata svariati anni prima di te e ti conosco troppo bene. Puoi riuscire a confondere tua madre, ma non me.
Adesso puoi dirmelo, cosa ti preoccupa piccola mia?», le chiese sua nonna con tono comprensivo.
L'aveva messa alle strette.
Era inutile continuare a celare qualcosa che era palese, un disagio che, nonostante tutti i suoi sforzi vani, si stava mostrando in tutta la sua verità.
La paura di rimanere bloccata allo stallo che aveva vissuto negli ultimi tempi a Daegu l'aveva portata a desiderare ardentemente il cambiamento.
Mossa da quell'imput aveva stravolto la sua vita, conscia che sarebbe stato molto più pericoloso rimanere ferma, piuttosto che progredire.
Eppure ora tutti quei mutamenti la stavano bloccando, suscitando in lei dubbi e un continuo senso di nostalgia e d' incertezza.
«Ho paura di aver sbagliato tutto», rispose sincera.
«Le scelte più importanti nella vita si valutano guardando in avanti e non voltandosi indietro.
Tutto ciò che ti è destinato troverà sempre il modo per raggiungerti»
Nonna e la sua grande potenza.
Nonna e la capacità di strappare i suoi guai come foglie secche per curarla e farla tornare a sbocciare.
Jisoo allungò semplicemente la mano destra verso di lei, che l'afferrò per stringerla sul grembo e carezzarla.
Rimasero così fino all'arrivo a destinazione, sciogliendo la presa solo quando il cambio delle marce lo richiedeva.
Quella mano rugosa che la carezzava la tranquillizzò in un attimo.
Ogni tocco aveva la capacità di rincuorarla e di farla sentire al sicuro.
«Ti rivedrò prima della partenza?», le chiese, una volta arrivate sotto casa.
«Certo nonna»
«Bene, allora fammi sapere quando verrai, così preparo una bella tazza di tè caldo con i *yakgwa che ti piacciono tanto!»
«Grazie», le fece Jisoo con tutta la gratitudine che sentiva nei suoi confronti.
Sua nonna le carezzò la guancia, per poi aprire lo sportello e dirigersi curva e barcollante verso la porta della sua abitazione.
Jisoo aspettò di vederla entrare per poi fare retromarcia e ripartire.
Si chiese cosa poter fare: erano solo le 18 del pomeriggio, poteva restare fuori ancora per un po' prima di rincasare.
Ma dove andare?
Il freddo di quella giornata non invogliava ad una passeggiata, anche se l'inverno di Daegu non era certo paragonabile al gelo di Seoul, a cui ancora faceva fatica ad abituarsi.
Decise di fare un giro in macchina, per attraversare i suoi amati ponti, seguire le strade e gli itinerari che da sempre era solita percorrere, come se potesse far finta di vivere ancora lì e che quella fosse una giornata tra le tante.
Di quelle in cui lasciava l'ufficio per tornare nel suo appartamento, che poi era diventano il loro, e che ora era vuoto, in attesa di qualcuno che potesse tornare a viverlo.
Di nuovo una piccola onda di dolore le attraversò il petto, sfregandole il cuore, per poi ritirarsi e lasciarla incolume, solo con qualche graffio.
Iniziò a piovere e il traffico cittadino si fece in un attimo più caotico.
I rallentamenti e gli ingorghi la spinsero a prendere una strada alternativa, più lunga ma sicuramente più scorrevole.
Mentre procedeva si rese conto che inevitabilmente sarebbe passata davanti al K.
Una normale strada, con i suoi locali e negozi, come qualsiasi altra strada della città...o un campo minato?
La pioggia si fece più battente tanto da spingerla a velocizzare i tergicristalli.
I contorni di ogni cosa si facevano meno delineati e più frastagliati a causa dell'acqua che scorreva sul vetro del parabrezza, tranne l'insegna al neon del K, che in lontananza, risaltava in tutto quel grigiore.
Sembrava richiamarla, come un faro in una notte tempestosa, quando intorno regna l'oscurità.
"Un minuto", pensò Jisoo tra sé, individuando un posto dall'altro lato della strada per parcheggiare l'auto in sosta.
Si sarebbe concessa quei 60 secondi della sua vita solo per stare lì ad osservare da fuori, in disparte, un frammento della vita di Taehyung che continuava a trascorrere anche lontano da lei.
Spense il quadro dell'auto, silenziando la radio e percependo solo lo scrosciare della pioggia battente.
Si voltò verso l'entrata del locale e anche da lì si poteva notare quanto fosse gremito di gente: era l'ora dell'aperitivo, della chiusura degli uffici e in molti lo avevano scelto per trascorrere del piacevole tempo in compagnia.
La porta si apriva e chiudeva continuamente per il passaggio degli avventori.
La sua attenzione venne attratta da una figura diversa da quella di tutti gli altri, una ragazza caucasica, bionda, vestita di chiaro.
Era appena uscita dal K, senza alcun riparo e si stringeva nel cappotto panna come per volersi riparare dalla pioggia, che invece le stava cominciando a bagnare i lunghi capelli color miele.
D'un tratto un ombrello nero, aperto sulla soglia del locale, la coprì, sorretto da una figura maschile che cominciò a camminarle accanto lungo il marciapiede.
Eccolo: lo tsunami.
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per scoprirlo.]
(I wanna be yours) -Arctic Monkeys
Taehyung avanzava a braccetto con quella ragazza bionda.
Aveva i capelli più corti del solito e rideva. Rideva con quel sorriso che lei conosceva bene, quello che aveva sempre amato, ma che in quel momento le suscitò l'odio più profondo.
Correvano ridendo, come una coppia di adolescenti, incuranti della pioggia, ebbri solo della presenza l'uno dell'altra.
E lei sarebbe voluta essere lì, a pochi metri da dove sostava, su quel marciapiede, fradicia, ma stretta a lui.
Avrebbe voluto correre insieme a Taehyung, ridere di quante pozzanghere stavano prendendo, aggrapparsi al suo braccio e sentirsi sicura.
Avrebbe voluto non avere più paura.
Li vide allontanarsi fino a sparire dalla sua vista.
Jisoo rimase lì, immobile, inerme, travolta da tutte le sensazioni negavate che la stavano paralizzando.
L'onda anomala era arrivata e la stava risucchiando, per catturarla e farla sprofondare negli abissi.
Questa volta non solo per graffiarla, ma per farla affondare.
*piatto tipico della Corea del Sud a base di cavolo fermentato
*biscotti coreani al miele
Ciao carissimi. Oramai siete abituati a miei ritardi, ma nonostante questo molto di voi continuano a leggermi e a seguire la storia. Vi ringrazio infinitamente.
Vi auguro un fantastico 2025!
Ps: posso chiedervi se avete dei trucchetti per far sentire le canzoni durante la lettura?
Purtroppo wattpad sembra aver perso questa funzionalità!
Se non riuscite qui, ascoltate comunque "I wanna be yours"... ne vale la pena! ❤️
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