Cαριƚσʅσ 30

I calzettoni bianchi di spugna si stavano lentamente trascinando verso la cucina, alle prime luci del mattino, nel placido silenzio che avvolgeva l'appartamento: Jisoo con gli occhi ancora semichiusi era alla disperata ricerca di un po' di caffè.
Aveva passato la notte al computer, prima di arrendersi al sonno e concedersi una misera ora di riposo.
Erano circa le sei e l'ansia l'aveva fatta svegliare ancora prima che la sveglia suonasse.
Gli occhi erano tremendamente pesanti, la schiena a pezzi e le gambe flosce. Si sentiva un'automa senza batterie che aveva bisogno di essere ricaricato.
Non aveva nemmeno voglia di pensare a quello che aveva buttato giù alla rinfusa in quelle ore, troppo stanca per valutarlo lucidamente.
Si era avvicinata alla macchinetta del caffè senza neppure accendere la luce e continuava a muoversi sul bancone della cucina in penombra, fidandosi dei suoi gesti abitudinari.
In pochi minuti l'aroma di caffè si sparse per la stanza, risvegliandole i sensi.
Una volta pronto, si portò la miscela scura alle labbra ancora con gli occhi chiusi, sperando che la caffeina facesse presto il suo effetto.

D'un tratto la lampadina sopra la sua testa si accese, accecandola in un istante.
Strinse forte le palpebre nel tentativo di schermarsi da quella luce fastidiosa e udì la voce squillante di Jimin esclamare:

«Sei diventata una sorta di vampiro? Perché stai al buio?»

Jisoo rispose con un grugnito.

«Anche il pallore e le occhiaie sembrano quelle di una succhiasangue in effetti... », aggiunse l'amico, avvicinandosi.

«Sono distrutta», sospirò Jisoo, passandosi una mano tra i capelli arruffati.

«Sì, devo dire che non hai una bella cera. Non dirmi che ti sei ridotta così per quel progetto!»

«Certo che sì»

«Jisoo, un giorno vorrei vederti uscire tramortita da quella stanza con un bel fusto al seguito dopo una notte di fuoco e non perché hai lavorato!»

Lei si limitò a guardarlo inespressiva.

«Tipo... il tuo CEO?», fece Jimin nel tentativo di stuzzicarla.

«Hai detto bene: è il mio CEO, ovvero il mio capo!», ribatté Jisoo, sorseggiando ancora sonnolenta il suo caffè.

«E questo sarebbe un problema?», le chiese Jimin, alzando le sopracciglia.

«Si chiama "etica del lavoro".
Tu andresti mai a letto con un tuo superiore?»

«Sono un architetto libero professionista, ovvero il capo di me stesso, quindi non vado incontro a questi problemi», disse beffardo Jimin.

«Ok, con un cliente a cui devi ristrutturare casa, allora?», tentò di nuovo Jisoo.

«Mmm... a progetto concluso perché no?
Il problema è che mi capitano sempre donne annoiate di mezza età che decidono di rinnovare la casa con i soldi del marito.
Una mi ha anche invitato a bere qualcosa con lei. Che posso farci, ho fascino!»

«Beh, io in questo momento non voglio né uomini, né complicazioni...e men che meno entrambe le cose!
La mia vita è già abbastanza incasinata», ribatté Jisoo con lo sguardo perso nel vuoto.

«A proposito che ore sono?
Devo andare in ufficio», chiese all'amico.

«Vorresti andare al lavoro in queste condizioni? Jisoo, non reggi la testa!», osservò Jimin.

«Non è vero!», fece lei, cercando di allontanare il braccio che le sorreggeva il mento.

«Credimi, un giorno di ferie non sposterà l'asse terrestre», disse Jimin, accendendo il bollitore per il suo solito tè mattutino.

«Forse hai ragione... lavorerò da casa», sussurrò Jisoo in uno sbadiglio, prima di afferrare il cellulare e avvertire la signora Park della sua assenza.

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"Fa schifo, non c'è dubbio", pensò una volta terminato di leggere l'ultima frase del discorso che avrebbe dovuto presentare il giorno dopo.

Sospirò e si portò le mani al volto.
Le pulsavano le tempie, mentre gli occhi erano stanchi e arrossati.
Era furiosa con se stessa per non essere stata in grado di cogliere al meglio quell'opportunità, per non essere per niente soddisfatta di quello che aveva partorito e soprattutto per aver avuto l'illusione di essere all'altezza della situazione.
Stava mettendo tutto in discussione: non era in grado di lavorare alla PharmaJ, avrebbe dovuto restare a Daegu e non ambire a quel posto di prestigio che evidentemente era troppo per lei.
Si immaginava sulla soglia del licenziamento per la seconda volta: un ottimo record.
Stava quasi per spegnere il pc con stizza e uscire di casa per schiarirsi le idee, quando il display del suo cellulare si illuminò.

HAEIN: «Non ti ho vista in ufficio, tutto bene?»

Jisoo lèsse il messaggio da parte del suo capo sorpresa.
Era carino da parte sua preoccuparsi.
Una vocina fastidiosa s'insinuò subito nella sua testa:

"Sarà così gentile con tutti i dipendenti?"

Decise di scacciare in fretta quel pensiero molesto e cominciò a digitare la risposta:

«Sì. Ho preso un giorno di ferie per concentrarmi sul progetto»

Ebbe un attimo di esitazione, per poi decidere di aggiungere "Buona giornata" in modo da troncare ogni possibile replica.
Ma sì sbagliò, perché dopo qualche secondo ricevette la risposta di Haein:

HAEIN: «Quindi devo dedurre che sei a buon punto»

Jisoo fece una smorfia e cominciò a sentirsi più nervosa.

"No che non lo sono! Però tu sei il mio capo e non posso dirti di essere nel pallone!", pensò, mordendosi il labbro inferiore.

Preferì rimanere vaga:

«Abbastanza»

HAEIN: «Se mai avessi bisogno di un aiuto  io sono libero dalle 18 alle 20»

Sembrava una proposta sincera, un salvagente a cui aggrapparsi in quel mare d'incertezza.
E così Jisoo decise di mettere da parte l'orgoglio e afferrare quella mano protratta verso di lei:

«Dove ci vediamo? »

HAEIN: «All'uscita dal lavoro.
Ps: porta una tuta e un paio di scarpe da ginnastica»

Jisoo lèsse confusa l'ultima frase: perché avrebbe dovuto presentarsi in tenuta sportiva?!

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Correva in direzione della PharmaJ.
Dopotutto indossare le scarpe da running non si era rivelata una cattiva idea.
Quella volta il suo era un ritardo giustificato: il computer aveva deciso di riavviarsi prima del salvataggio dell'ultima versione del file e così si era ritrovata a risistemare l'intera presentazione poco prima di partire da casa.
La sua solita fortuna sfacciata.

Le strade della capitale erano ancora bagnate di pioggia e il rumore dei suoi passi sull'asfalto bagnato accompagnava la sua corsa.
Vide finalmente l'entrata dell'azienda e, ai piedi del grattacielo, la figura alta e slanciata di Haein in attesa.
Man mano che si avvicinava poteva constatare una certa espressione accigliata stampata sul volto del suo capo.

«Scusa!», sospirò una volta raggiunto, poggiando le mani su entrambe le ginocchia per riprendere fiato.

«Il tempo è denaro. Soprattutto il mio che è pochissimo. Andiamo!», fece Haein di riposta, sistemandosi il grosso borsone che teneva sulla spalla.

«Posso chiederti dove?»

«Mi pare abbastanza ovvio: in palestra»

«Vuoi sentire la mia presentazione in sala pesi?», chiese lei a bocca aperta, seguendolo a passo svelto sul marciapiede.

«È l'unico momento che posso concederti. Più tardi ho una call di lavoro e poi una cena»

«Certo, immagino che tu sia molto impegnato, infatti non volevo disturbarti... », iniziò Jisoo prima di venire interrotta:

«Non perdiamoci in chiacchiere e inizia!»

«Qui?! In strada?», chiese lei sconvolta.

«Con il tuo ritardo hai già bruciato venti minuti. Dobbiamo recuperare»,
rispose Haein con sufficienza, continuando a camminare a passo svelto.

Jisoo cercò di raccogliere il massimo della concentrazione che quella situazione le concedeva e iniziò:

«Buonasera, sono la dottoressa Kim Jisoo del settore ricerca e sviluppo della PharmaJ e oggi sono qui per parlarvi... »

«Punto primo, la riunione è di mattina quindi no "Buonasera" ma "Buongiorno", punto secondo sii subito incisiva senza presentazioni», fece Haein, svicolando tra i passanti.

«Ok... siamo qui per parlare... », iniziò Jisoo.

«Riformula!», la interruppe lui, arrivato finalmente all'entrata della palestra.

Jisoo si sentiva sempre più confusa ed era inoltre attanagliata dal dubbio che Haein in realtà non la stesse prendendo sul serio.

Varcarono la porta a vetri, mentre la receptionist all'entrata, fasciata in un elegante tuta nera la stava squadrando con aria altezzosa da capo a piedi.

«La signorina sta con me. Metti pure il suo ingresso sul mio conto», disse Haein alla ragazza.

«No!», cercò di opporsi Jisoo.

«Gli spogliatoi femminili sono da quella parte», fece Haein, ignorando la sua precedente esternazione.

«Sono già in tuta», gli fece notare lei.

«Allora ci vediamo direttamente in sala. Vado a cambiarmi», disse, prima di voltarsi e allontanarsi con il borsone in mano.

Jisoo cominciò a guardarsi attorno: nella sua vita aveva frequentato poco le palestre, ma era abituata a luoghi spartani e spesso puzzolenti, quella invece sembrava più una spa.
Uomini dalle spalle larghe e dal fisico scolpito si aggiravano per i corridoi, assieme a ragazze senza nemmeno un capello fuori posto.
Il suo sguardo si posò sulle sue scarpette da running lise e sulla sua tuta blu oversize: non aveva messo in conto di dover apparire impeccabile anche in una palestra.
Ma il suo obbiettivo non era di certo quello di fare attività fisica quel giorno.

«Nuova?», sentì una voce maschile alle sue spalle.

Si girò e si trovò davanti un ragazzo alto quanto lei ma pieno di muscoli. Dalla targhetta appesa al suo collo capì che si trattava di un personal trainer.

«Ehm sì, ma non sono qui per allenarmi»

Il ragazzo la guardò sorpreso: «Davvero? Beh nel caso cambiassi idea io sono MinJun. Potremmo fare un ottimo lavoro insieme... »

«Forse la prossima volta», fece Haein comparso da chissà dove.

Il ragazzo si ammutolì all'istante, abbozzò un mezzo sorriso e si allontanò impacciato.

«Non era necessario... », disse Jisoo.

«Abbiamo poco tempo, non possiamo perderci in chiacchiere. Vieni, la sala è di là», ribatté lui con il suo solito modo di fare imperioso.

Lo seguì in silenzio e in quel momento i suoi occhi si poggiarono inevitabilmente sulle spalle larghe e muscolose che s' intravedevano dalla  sua canotta nera.

«Iniziamo a scaldarci», fece improvvisamente Haein, dirigendosi verso i tapis roulant.

Jisoo tornò in sè, allontanando finalmente lo sguardo da quel fascio di muscoli e si sistemò accanto a lui.
Lo vide azionare il macchinario ad una velocità sostenuta e iniziare a correre ad una certa andatura.

«Penso che io mi limiterò a camminare... », disse lei, tentando di non pensare all' assurdità di quella situazione.

«Vai continua», la incitò lui.

«Ci siamo focalizzati sulla sintesi...», iniziò Jisoo, cominciando a camminare sul nastro, nel tentativo di riordinare le idee.

«Chi?», la interruppe Hein che nel frattempo aveva iniziato a correre.

«Noi... il nostro gruppo... », accennò Jisoo senza troppa convinzione.

«Devi sottolineare che questo progetto è aziendale. Gli investitori si fidano della PharmaJ più che di una dottoressa sconosciuta, senza offesa»

«La PharmaJ group ha come obbiettivo quello di sintetizzare una nuova molecola dal potere neurosedativo», si corresse Jisoo.

«Continua a parlare, ti interrompo io se qualcosa non va», fece Haein, sobbalzando sul nastro.

Jisoo non poté fare a meno di notare la velocità sostenuta a cui correva senza il minimo cedimento, mentre lei per molto meno avrebbe avuto bisogno di un polmone d'acciaio.

«Il prodotto che vorremmo presentarvi quest'oggi racchiude le quattro categorie principali in cui sono suddivisi i neurosedativi, in modo che ognuna di loro possa lavorare in sinergia e apportare un'azione ancora più incisiva rispetto ai farmaci attualmente in commercio»

Seguì un breve minuto di pausa, in cui si aspettava di venire interrotta e corretta, invece il suo capo continuava a correre con lo sguardo rivolto in avanti e ciò la spinse a continuare.

«Tra i depressori del sistema nervoso è stato selezionato il luppolo che appartiene alle Cannabaceae, in grado di combattere l'eccessiva eccitabilità e di provocare una diminuzione dell'attività riflessa e della sensibilità. Come antispasmodico abbiamo inserito la belladonna, che agisce direttamente sulle fibre muscolari lisce diminuendone l'eccitabilità.
Il biancospino è invece un potente ipnotico, tradizionalmente noto come  blando sedativo del sistema nervoso centrale, che elimina la componente emotiva di certe ipertensioni in individui a temperamento eretistico.
E ultimo, ma non per importanza, un analgesico, il papavero da oppio i cui principi attivi sono alcaloidi: morfina, narcotina, papaverina, codeina,tebaina,narceina.
Essi esercitano nel loro insieme un'attività analgesica, soporifera e narcotica»

Jisoo continuava a parlare mentre le sue gambe si muovevano frenetiche, dandole la giusta carica per proseguire il suo discorso. Il silenzio di Haein le suggeriva che stesse andando bene, dandole una sicurezza inaspettata.

«La nostra sfida è stata quella di far convivere queste quattro sostanze, in modo da rendere il composto finale più stabile e reattivo»

«Mi piace questa formula... brava!Rimarca il fatto che non è stato semplice sintetizzare il prodotto», commentò il suo capo.

Jisoo non poté fare a meno di abbozzare un sorriso: era ancora all'inizio di quella presentazione che le incuteva estremo timore e soggezione, eppure in quell'istante sembrava che tutte le ore spese a mettere a punto quel progetto non fossero state vane. 
Così proseguì con una certa euforia:

«Abbiamo quindi sostituito il metile in posizione due della molecola della belladonna con l'etile del biancospino.
Il risultato è un composto con più atomi di carbonio e doppi legami.
E qui ho intenzione di mostrare la simulazione in 3D della molecola»

«Giusto... aspetta un attimo... », disse Haein, interrompendo la corsa per osservare lo schermo dello Smart Watch stretto al suo polso sinistro.

«Mi hanno anticipato la call di mezz'ora. Non posso nemmeno terminare l'allenamento.
Vai dritta al punto», la incitò, tamponandosi le goccioline di sudore che gli scovolavano dalle tempie.

«Ehm sì... salto le ulteriori spiegazioni chimiche, quindi?»

«Dimmi perché questo farmaco è diverso da tutti gli altri e cosa dovrebbe invogliare i nostri clienti a investire su questo progetto»

"Ecco, la parte su cui sono più incerta!", commentò Jisoo interiormente .

«Questo prodotto è quindi altamente innovativo grazie alla sua composizione totalmente vegetale, alla sua alta bio disponibilità e velocità di azione»

«Nome?», la interruppe Haein.

«Come scusa?»

«Il nome della molecola?», chiese lui.

«PH201», rispose Jisoo sorpresa.

«Che starebbe per PharmaJ e la data di sintesi? 20 gennaio?», disse lui con tono canzonatorio.

«Non pensavo dovessi dargli un nome, credevo che se ne occupasse l'azienda per la futura campagna pubblicitaria», si difese Jisoo.

«Se non sei in grado di dargli un nome incisivo è perché non sei sicura del tuo stesso progetto e sarebbe un vero peccato... hai meno di 24h per pensarci», commentò il suo capo, balzando con un salto giù dal tappeto mobile.

«Vai via?», chiese lei, facendo lo stesso.

«Sì, devo andare. Ma tu resta pure ad allenarti! Il moto aiuta la mente.
È un ottimo lavoro, devi essere solo più fiduciosa nelle tue potenzialità», le disse, guardandola dritto negli occhi.

Jisoo si sentì avvampare e sperò di non essere arrossita.

«Ci vediamo domani. Alle 8.
Puntuale mi raccomando, agli investitori non piace aspettare.
Buona serata!», la salutò, prima di allontanarsi in direzione degli spogliatoi.

«Posso almeno contattarti per un parere sul nome?», gli urlò dietro lei con tono disperato.

«Fidati di te stessa!», fece Haein senza nemmeno voltarsi.

Jisoo rimase impalata in quell'ambiente lontano anni luce da quelli che era solita frequentare.
A suo modo Haein era riuscito a infonderle una sicurezza che non avrebbe mai sperato di poter provare in quel periodo così confuso e caotico. Le sue parole continuavano a ronzarle nella mente, infondendole coraggio.

"Ce la posso fare... devo farcela!", disse tra sé, credendo forse per la prima volta che non era stato un errore iniziare quella nuova avventura lavorativa a Seoul.

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