Cαριƚσʅσ 3

Jisoo sfrecciava tra le strade caotiche di Daegu: la sua fortuna sfacciata non si era smentita neppure quella sera, facendole intercettare semafori rossi a ogni incrocio possibile.
Se prima era in ritardo, ora era fuori tempo massimo.
Già immaginava lo sguardo rassegnato di Taehyung, vedendola arrivare quando oramai il suo aiuto sarebbe stato del tutto inutile.
Sicuramente era indaffarato in una di quelle serate impegnative, rumorose e caotiche dell'ON e le aveva detto di avere bisogno di lei, ma Jisoo non c'era.

Sbuffava e si automalediceva, stringendo il volante dell'auto.
Procrastinare, tardare, saltare.
Ecco ciò che i ritmi della sua vita continuavano a farle fare.
Quante cose si stava perdendo?
Quante erano le assenze che oramai collezionava giorno dopo giorno?
Cercava in ogni modo di essere una figlia, una nipote, un'amica e una compagna presente, ma si rendeva conto di non riuscirci pianamente.
La sua era una continua corsa contro il tempo che la vedeva sempre sconfitta e non per sua volontà.
Aveva bisogno di staccare, di pensare a sé stessa e a chi le gravitava attorno.
Aveva bisogno di respirare.

Era ancora ferma a un semaforo rosso, quando sentì il telefono vibrarle nella tasca della giacca.
Lo afferrò e rispose:

«Mamma...»

«Ciao tesoro, dove sei?», chiese sua madre, probabilmente insospettita dal suono di un clacson in lontananza.

«Sono in macchina»

«Torni a casa? Giornata pesante al lavoro?»

«Non sai quanto. No comunque, sto raggiungendo Tae all' ON.
Ha bisogno di me...o aveva, ormai, visto che sono in tremendo ritardo»

«Una persona puntuale come te? Impossibile!», la sbeffeggiò sua madre.

«Ah ah, divertente mamma, grazie!», rispose lei, rimettendo in moto allo scoccare del verde.

«Sto scherzando. So che sei molto impegnata...»

Jisoo non poté ignorare una nota di dispiacere nella sua voce.

«Scusa se non sono riuscita a venire oggi»

«Oh, non ti preoccupare tesoro, davvero. Capisco i tuoi tempi serrati. Questo fine settimana, però, possiamo stare a cena insieme, se ti va», le propose sua mamma.

Jisoo cominciò a fare mente locale: quel sabato sarebbe stato il compleanno di Lisa e non poteva mancare, domenica, invece, aveva promesso a Jin e Irene di badare al piccolo Jowoon.
Fece un respiro profondo e rispose:

«Veramente, ecco...»

«Ho capito, sei impegnata. Rimandiamo, senza problemi», rispose sua mamma.

Un'altra persona che stava deludendo, che reclamava la sua presenza assente. Jisoo si sentiva così in colpa da non riuscire ad aggiungere altro se non un semplice:

«Grazie»

Ogni scusa, ogni parola sarebbe stata superflua.

«Buona serata. Non ti stancare troppo», le fece sua madre con il suo solito tono dolce.

«Ciao mamma... », rispose Jisoo, terminando la chiamata.

Era stata così presa dai suoi pensieri, dal senso di colpa e dall'ansia di arrivare, da non essersi accorta di essere giunta a destinazione.
Aveva messo il freno a mano ed era scesa dall'auto senza rendersene conto e, ora, si ritrovava davanti all'insegna dell'ON, stranamente spenta e opaca.
Si guardò finalmente attorno e il parcheggio era vuoto.
Nessun rumore, solo il frinire lontano di qualche cicala che non si rassegnava alla fine dell'estate.

Controllò l'orario sul display del telefono: le 20, l'ora di punta.
Come era possibile un simile deserto?
Scese dall'auto, notando la macchina di Taehyung parcheggiata poco più in là.
Cominciò a fare mente locale e a domandarsi se si stesse dimenticando qualcosa: forse quella sera dovevano fare una riunione e avevano deciso di tenere l'ON chiuso al pubblico? Discutere le nuove proposte culinarie per il K?
Inventariare?
Controllare i bilanci?
Ma lei a cosa doveva servire?

Jisoo si sentiva confusa e tutta quella situazione le appariva poco chiara.
L'unico modo per dipanare i suoi dubbi era quello di entrare e raggiungere Taehyung.
Cominciò ad avanzare, spostando infastidita i capelli che le si attaccavano al viso.
Soffiava un vento leggero che le accarezzava le guance e le faceva venire piccoli brividi sulla pelle.
Spinse delicatamente il cancello d'entrata che, con un velato cigolio,  accompagnò i suoi passi sulla ghiaia scricchiolante.

Silenzio.
Un insolito silenzio, in un luogo sempre caratterizzato da un brulicare di voci e musica.
Il giardino era illuminato dalle solite luci calde e intermittenti, che donavano al locale la sua atmosfera fiabesca.
Poco più là, la veranda illuminata ma deserta, priva del via vai incessante dei camerieri che facevano la spola tra la cucina e i tavoli.
Jisoo puntò in quella direzione, certa che avrebbe trovato il fidanzato e i fratelli seduti a un tavolo a discutere, quando i suoi passi vennero interrotti dal tocco di due mani che le serrarono gli occhi.
Il cuore perse un battito e le scappò dalla bocca un piccolo gemito di spavento.

«Shhh... Tranquilla, sono io», disse la voce profonda di Taehyung.

«Ma sei impazzito?», gli chiese lei, ridacchiando nervosamente e cercando di liberarsi dalla sua presa per girarsi verso di lui.

«Non così presto. Dovrai rimanere "bendata" ancora un po'. Chiudi gli occhi per favore», la riprese lui, scoccandole un piccolo bacio sulla piega del collo.

«Tae, che stai combinando? Dove sono tutti?»

«Tutti chi?»

«I clienti forse? L'intero staff?», gli chiese, poggiando le dita sulle mani di lui ancora premute sul suo viso.

Mani calde, morbide, affusolate, che era abituata a far intrecciare perfettamente alle sue.

«Arrivano più tardi, ora vieni con me. Cammina avanti, ti guido io»

Jisoo scoppiò a ridere, non sapendo minimamente cosa doversi aspettare.

«Tu sei pazzo!»

«Ti piaccio per questo», sussurrò lui, guidandola con lentezza tra la ghiaia.

Jisoo non poteva dargli torto: la sua fantasia e la sua imprevedibilità rendevano il loro rapporto sempre pieno di sorprese e privo di qualsivoglia monotonia.
A ogni passo che compieva, brancolando nel buio, cercava di capire cosa si fosse inventato quella sera: i suoi pensieri viaggiavano e analizzavano, mentre il cuore si lasciava trasportare da quelle mani che sapeva non lo avrebbero tradito mai.

«Ci siamo quasi. Alza la gamba qui, attenta... », disse lui, facendole evitare quello che doveva essere un gradino.

Jisoo sentì che i piedi non stavano più calpestando la ghiaia sassosa, ma che erano a contatto con l'erba soffice.
Dovevano trovarsi sul prato limitrofo al locale.

«Ok», disse Taehyung, posizionandola in un punto preciso, dritta di fronte a lui, che continuava a starle dietro le spalle e a serrarle gli occhi.

«Sei pronta?», le chiese dolcemente.

«», rise lei.

«Sicura, sicura?»

«Se non fossi pronta che fai? Mi riaccompagni fino alla macchina bendata?»

«È un opzione a cui non avevo pensato, ma sì... », ribatté lui divertito.

«Dai, fammi vedere!», lo esortò lei, eccitata come una bambina al Luna Park.

«Va bene Kim, apri gli occhi»

Jisoo sentì le sue mani che si schiudevano dal suo volto.
Lentamente, sollevò le palpebre e mise a fuoco la scena: sul prato, illuminato da candele soffuse, le cui fiammelle tremolavano sotto il tocco del vento, un piumone bianco e dei soffici cuscini ricoperti da una scia di petali di rose rosse.
Accanto, su un treppiedi, un telescopio, puntato in alto verso il cielo, che oramai si apprestava a vestire il suo abito scuro.
Jisoo restò immobile, senza parole, persa a osservare ogni dettaglio di quell' allestimento.

«Kim, puoi respirare», le consigliò Taehyung, vedendo che era rimasta senza fiato.

Jisoo cercò di regolarizzare i battiti del suo cuore che, come impazzito, le rimbombava nel petto e nelle orecchie a ritmo forsennato.
Non riusciva a spiccicare parola e si limitò a girarsi verso Taehyung con gli occhi lucidi e sbarrati per l'emozione.
Lui la guardava divertito e intenerito dalla sua reazione.
Indossava una camicia bianca sbottonata, tenuta dentro un paio di blue jeans attillati.
I capelli, gli ricadevano scompigliati sulla fronte, accarezzati dal soffio del vento.

«Vieni?», le chiese, porgendole la mano per accompagnarla a stendersi sul piumone.

Lei si lasciò trasportare, poggiandosi su quel manto soffice e ritrovandosi stretta tra le sue braccia.
Taehyung poggiò le labbra tra i suoi capelli, sulla sommità del capo.
Jisoo chiuse gli occhi nuovamente, perdendosi in quella stretta e nel suo profumo che sapeva di bucato e di dopobarba.
In un attimo, si sentì piccola, al sicuro, meno persa nelle guerre quotidiane che doveva affrontare da sola.
Taehyung era questo: la sua casa, anche sotto le stelle, senza un tetto e delle mura che la delimitassero.

«Cosa festeggiamo?», riuscì a chiedergli dopo qualche minuto di silenzio.

«Ci deve essere per forza una ricorrenza? Festeggiamo noi. Ci riprendiamo un po' del nostro tempo, che dici?», le sussurrò lui, carezzandole i lunghi capelli neri con tenerezza.

Jisoo sorrise.
Era un sorriso amaro il suo, consapevole di quanto appunto fosse sempre più difficile ritagliare dello spazio solo per loro due, ma al tempo stesso era grata: grata di avere accanto una persona che la capisse, che fosse arrivata a comprendere i timori e le paure che la tormentavano e che cercasse di spazzarli via, come un raggio di sole in una coltre di nuvole scure.

«E poi mi sono informato: questa sera passa la cometa Swift- Tuttle.
Impiega circa centotrentatrè anni a orbitare attorno al sole. Non possiamo perdercela!», disse Taehyung, indicando il cielo.

«Non dovremmo perderci più niente, in verità...», disse Jisoo, in un sospiro.

«Kim... », le fece lui, afferrandole il mento per volgerle il viso verso di lui.

«So che nell'ultimo periodo sono stato particolarmente assente e che il K mi sta assorbendo.
Mi dispiace di passare meno tempo con te...», disse, puntando le sue iridi scure negli occhi di Jisoo.
Nel suo sguardo poteva scorgere la verità di ogni sua parola, l'onestà del suo cruccio.

Lei allungò una mano verso di lui, la poggiò sulla sua guancia sinistra e cominciò ad accarezzarlo dolcemente.
Taehyung chiuse gli occhi, trasportato lontano dal suo tocco.

«Ti devo chiedere scusa anche io.
Vale lo stesso per me, mi dispiace di non riuscire a darti la mano di cui avresti bisogno in questo momento»

«Tu lo fai senza nemmeno rendertene conto. Regolarizzi la mia vita.
Mi dai degli orari, un motivo per tornare a casa e finalmente staccare», le disse lui, baciandole il palmo della mano.

Jisoo si accoccolò sul suo petto, sospirando forte e ricercando tra le sue braccia il riparo che bramava.

«Non conta il tempo che ci tiene distanti, ma quello che trascorriamo insieme. Contano momenti come questo... contiamo io e te e basta»

«E se un giorno ci dovessimo scordare di ritagliare del tempo per noi due?», gli chiese, esternandogli una delle sue paure più profonde.

Quante coppie si perdevano negli impegni quotidiani, nelle scadenze, nelle responsabilità giornaliere, dimenticandosi di coltivare il proprio rapporto?
Sarebbe potuto succedere anche a loro?

«Sono sicuro che riusciremo a fermare il tempo.
Tutto è fugace, solo le cose veramente importanti restano sempre e tu per me sei la cosa più importante di tutte», le sussurrò Taehyung, con la sua capacità disarmante di aprirle il suo cuore.

Jisoo sorrise e scattò in avanti, atterrando su di lui e facendolo sdraiare sul piumone.
Cominciò a cospargerlo di baci, dagli occhi, al naso, alle guance fino ad arrivare alle sue labbra morbide, calde, schiuse solo per accogliere la sua bocca.
Le fece incontrare e si persero come sempre nel loro totale abbandono, mentre il tempo sembrava essersi fermato veramente.
Non esistevano ore, né minuti, né secondi.
Il tempo era solo un dettaglio, un qualcosa di astratto che non poteva intaccare la perfezione delle loro lingue che si incontravano, si riconoscevano e si volevano, come era sempre stato e sempre avrebbe continuato a essere.
Jisoo aprì gli occhi, tornando presente a se stessa.
Lo guardò, osservando quei lineamenti perfetti che non smetteva di ammirare come se fosse la prima volta.

«Ti amo Tae»

«Anche io, tanto», le rispose lui, carezzandole le labbra a bocciolo, oramai rosse e gonfie.

«Vieni qui. Ti racconto una storia... », le disse, facendole poggiare la testa sulla sua spalla, in modo da fissare la trapunta di stelle sopra le loro teste.

La tenue luce delle candele e il bagliore lontano dei lampioni del parco, permettevano di godere dello splendore di quel cielo stellato che li sovrastava e si lasciava ammirare.

«Conosci la leggenda di Vega e Altair?», le chiese.

Jisoo conosceva quella storia fin da quando era bambina.
Sua nonna gliela raccontava la sera prima di andare a dormire e le sue parole la trasportavano lontano, accompagnandola nei suoi sogni.
Tuttavia decise di mentire, per lasciarsela narrare nuovamente da Taehyung.

«No»

«Tentei, il Re del Cielo, aveva una figlia chiamata Orihime, un'abile tessitrice.
La ragazza trascorreva le sue giornate lungo la sponda della Via Lattea, tessendo le bellissime stoffe che suo padre amava tanto.
Orihime, però, non era felice, perché il continuo lavoro le impediva di trovare l'amore.
Preoccupato per sua figlia, Tentei le concesse allora d'incontrare un giovane mandriano chiamato Hikoboshi, che ogni giorno portava i suoi buoi al pascolo dall'altro lato della Via Lattea, dove viveva.
Si innamorarono al primo sguardo e ben presto decisero di sposarsi.
Il loro amore travolgente, però, li distrasse dai loro compiti, e fu così che Orihime smise di creare i suoi bellissimi tessuti e i buoi di Hikoboshi, erano ormai allo sbaraglio, portando scompiglio nel cielo.
Tentei, allora, decise di separare di nuovo i due amanti ognuno su una sponda della via Lattea e proibì loro di vedersi.
La punizione del padre gettò Orihime nello sconforto e lo implorò di farle rivedere il suo amato.
Commosso dalle lacrime di sua figlia, il Re decise infine di concedere loro un unico incontro che sarebbe avvenuto il settimo giorno del settimo mese di ogni anno.
Tuttavia, arrivato il fatidico giorno dell'incontro, Orihime fu presa dalla disperazione quando si accorse che la Via Lattea non poteva essere attraversata perché non esistevano ponti.
La ragazza si disperò e il suo pianto attirò uno stormo di gazze che accorsero in suo aiuto, creando con le loro ali un ponte per farle attraversare la via Lattea.
Vedi quel puntino lì?», le chiese Taehyung, indicando una porzione di cielo.

Jisoo annuì.

«Quella è Vega, la stella che rappresenta Orihime e quella è Altair, il suo amato Hikoboshi.
La stella che vedi tra loro è Deneb, il ponte che li unisce e che li fa ritrovare»

Nonostante conoscesse quella storia a memoria, Jisoo non aveva mai potuto osservare la disposizione di quelle stelle che formavano un triangolo perfetto: i due amanti lontani e il loro punto di ritrovo, il loro paradiso.

«Anche loro si incontrano poco, ma vivono solo per assaporare ogni anno il loro unico incontro»

«Le cose importanti restano... », sussurrò Jisoo, immergendo lo sguardo in quei tre puntini brillanti e immensamente lontani da loro.

«Sempre», terminò Taehyung, stringendola forte.

Quel momento era unico.
Quel momento era eterno.
Quel momento era loro.


Vi lascio con la disposizione di Vega, Altair e Deneb.
Leggenda cinese vera, non me la sono inventata io.
Grazie come sempre a Google!
Fatevi sentire❤️

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