Cαριƚσʅσ 18
Jisoo aveva appena terminato il suo primo giorno di lavoro alla PharmaJ.
A quell'inizio a dir poco burrascoso era fortunatamente seguita una giornata tranquilla, trascorsa in solitaria nel suo ufficio, in cui aveva potuto focalizzarsi sui vari progetti dell'azienda.
Come sempre quando era piuttosto concentrata, non si era accorta dello scorrere del tempo e aveva finito per uscire alle 20:30.
Aveva raccolto le sue cose, salutato gli ultimi nuovi colleghi rimasti e pian piano aveva ripercorso le scale a ritroso in modo da raggiungere la grande hall ormai deserta.
Le luci erano soffuse ed era rimasto solo un uscere che, con un gentile gesto del capo, le aveva augurato buona serata.
Una volta varcate le porte in vetro del grattacielo, Jisoo si era ritrovata in una Seoul che aveva appena indossato il suo vestito serale e si apprestava a brillare nella notte.
Le luci degli uffici e di tutti i negozi circostanti creavano un bagliore che riusciva a rendere le strade ancora più luminose di quanto già non fossero.
Gli addobbi natalizi in ogni vetrina rendevano impossibile dimenticare che il Natale fosse alle porte e Jisoo li rimirava con aria estasiata, come fosse una bambina.
Tuttavia era consapevole che quell'anno sarebbe stato diverso:
si era appena trasferita nella capitale e tornare a Daegu l'avrebbe costretta a prendere giorni di ferie che in quel momento non poteva permettersi.
Avrebbe trascorso per la prima volta nella sua vita Natale lontana da casa e dai suoi affetti.
Il solo pensiero le faceva percepire un moto di freddo che le irradiava tutto il corpo, oppure era solo l'aria gelida della capitale a cui doveva ancora abituarsi.
Era tutto così grande attorno a lei, così smisurato, da farla sentire invece piccola e indifesa.
Sperava che un giorno, al più presto, sarebbe diventata all'altezza di quella metropoli, che sarebbe diventata in grado di viverla al meglio, di camminare tra le sue ampie strade sentendosi totalmente a suo agio e non più spersa o spaesata.
Immersa in quei pensieri fece un profondo respiro e allungò il passo in direzione della stazione della metro più vicina.
Sperava soltanto questa volta di beccare la direzione giusta.
D'un tratto il telefono cominciò a squillarle e fu costretta a cercarlo nella borsetta.
«Pronto Daeji!», disse, rispondendo all'amica, nonché ormai ex collega.
«Ciao straniera! Come va a Seoul?», fece l'altra con una voce che non riusciva a tradirne l'entusiasmo e la curiosità.
«Spaesata, ma spero che sia solo una sensazione passeggera», ammise Jisoo.
«Sei uscita dal nido e dalla tua confort zone, sarebbe strano il contrario!
Allora, come è andato questo primo giorno di lavoro? Voglio i dettagli»
«Hai così tanto tempo da dedicarmi?», chiese Jisoo ridendo.
«Assolutamente sì! Ho cenato, sono in pigiama e ciabatte sul divano!
Non ho fretta mia cara», rispose l'altra placidamente.
«Io non ho ancora messo niente sotto i denti, invece», disse Jisoo, mentre il suo stomaco sembrava richiamare attenzione con un sinistro brontolio.
«Sei uscita tardi anche il primo giorno? La solita stacanovista!
Volevi fare buona impressione, ammettilo!», la redarguì l'amica.
«C'ho provato. Ma non so quanto ci sia riuscita. Oggi è iniziato tutto con il piede storto!»
«Ovvero?», chiese Daeji con tono divertito.
«Ti riassumo il tutto in poche parole:
linea della metro sbagliata, ritardo colossale, ascensore rotto, dieci piani da fare a piedi e dulcis in fundo cappuccino gettato sulla camicetta da quello che poi ho scoperto essere il presidente dell'intera azienda»
«No!», esclamò Daeji.
«Ebbene sì», invece.
«Aspetta, aspetta, ripetimi quest'ultima parte: come c'è finito il cappuccino del capo sulla tua camicetta?», le domandò Daeji ilare.
Jisoo fece un profondo respiro, sentendosi in imbarazzo solo al
ricordo di quel momento.
«Uno scontro per errore sulle scale, quando ancora non sapevo che fosse Haein Jung»
«Non hai riconosciuto il CEO dell'intera PharmaJ? Jisoo, ma in quale pianeta vivi?»
«Perché tu sai che faccia ha?», le chiese Jisoo sorpresa.
«Certo che lo so. È solo uno degli uomini più giovani e ricchi dell'intero paese, invischiato in vari flirt con attrici e starlette del mondo dello spettacolo. Non li leggi i giornali scandalistici?»
Jisoo alzò gli occhi al cielo e disse:
«No, mai interessati»
«Hai visto che bel tipo?» continuò Daeji.
«Veramente mi interessa più come si è posto, visto che dovrò lavorare per lui»
«Perché? Ti ha trattata male?», fece l'amica con tono allarmato.
«Ma no, no. Si è anche offerto di pagarmi la lavanderia.
Poi però quando ci hanno presentati non mi ha fatto una buona impressione»
«Va avanti... »
Jisoo tornò con la mente a ciò che era successo poche ore prima.
Si era ritrovata in quell'ufficio enorme, davanti a quello che aveva appena scoperto essere il capo supremo della PharmaJ e al suo vice.
«Le presento il CEO della PharmaJ: mio cugino Haein»
L'altro, in tutta risposta, era rimasto seduto alla scrivania, guardandola in silenzio.
«Piacere», aveva balbettato Jisoo, riconoscendolo e sentendosi improvvisamente a disagio.
«Ci siamo già conosciuti stamattina, o meglio, scontrati», aveva risposto con tono pacato il presidente.
Il cugino aveva alzato sorpreso un sopracciglio per poi chiedere:
«Ah sì? E quando?»
«Prima che entrassi in ufficio», si affrettò a dire Jisoo, domandandosi il perché fosse stato tirato fuori quell' incidente.
«Già, la dottoressa era di fretta a quanto pare», aggiunse Jung Haein.
«Beh, non c'è necessità che io aggiunga altro allora.
Ho già illustrato sufficientemente il suo ottimo curriculum a mio cugino.
Lei dottoressa è un elemento più che valido, che apporterà sicuramente grandi benefici al nostro settore ricerca e sviluppo!», la incensí con i suoi modi garbati il vicepresidente.
«È quello che speriamo tutti», fece l'altro, avvicinando le punte delle mani l'una all'altra.
Jisoo non sapeva cosa poter dire e così rimase impalata in mezzo alla stanza, cercando di apparire a suo agio mentre in realtà avrebbe solo voluto mimetizzarsi con la tappezzeria.
«Credo che sia tutto.
Può andare signorina Kim e stia attenta a dove mette i piedi», disse ad un tratto Haein Jung con tono palesemente divertito, invitandola a togliere il disturbo.
Jisoo avvampò all'istante, si piegò in segno di rispetto e con un timido "Arrivederci" uscì dalla porta dell'ufficio.
«Tutto qua?», le chiese Daeji una volta terminato il racconto.
«Sì...»
«Che cosa ti avrebbe turbata?»
«Nulla. Ha solo un modo di fare che non mi convince. Fortunatamente da quanto ho capito dovrò interfacciarmi con il cugino, che sembra essere una persona molto più affabile», ammise Jisoo, ricordando il disagio provato al cospetto del CEO.
«Non partire prevenuta. Avrai modo di ambientarti pian piano. Ti hanno già spiegato cosa andrai a fare?», continuò a chiederle l'amica.
«Ho dato un occhio a qualche progetto e sembra tutto molto interessante»
«Ottimo! Sarai più che all'altezza della situazione, vedrai!»
«Grazie Daeji. A Daegu come vanno le cose?»
«Solita apatica cittadina senza grandi novità», rispose l'altra annoiata.
«Perché non invii il tuo curriculum anche tu?», le propose Jisoo.
«Sai bene che i miei sono anziani e non posso lasciarli soli.
Ma tu sei giovane e piena di belle speranze e hai fatto benissimo a cambiare aria!
Da quanto è che siamo al telefono?
Dovrai cenare!»
«Sono appena arrivata alla fermata della metro, grazie anzi, mi hai fatto compagnia durante il tragitto»,fece Jisoo, sorridendo alla cornetta.
«Quando vuoi cara! Riposati e tienimi aggiornata!», le disse Daeji con il suo tono materno.
«Sarà fatto. Buona serata!», rispose Jisoo prima di chiudere la chiamata, sentendo già la mancanza dell' amica.
Fece un profondo respiro e cominciò a scendere veloce la scalinata della metro.
Dopo circa mezz'ora era davanti al portone di casa, intenta a frugare nella borsetta alla ricerca delle chiavi.
Dopo vari tentativi riuscì a trovarle e a infilarle nella serratura dell'appartamento che condivideva con Jimin e Yoongi.
Trovò l'ingresso illuminato fiocamente dalla luce della tv accesa in salotto.
«Ciao... », salutò, avvicinandosi e trovando Jimin sul divano avvolto da una calda coperta, intento a osservare lo schermo al massimo della concentrazione.
«Bentornata finalmente!
Non dirmi che sei stata in ufficio fino ad adesso!», le chiese sconvolto.
«Sì. Sono stanchissima!», si lamentò lei, poggiando la borsa sulla prima sedia libera.
«Hai mangiato qualcosa?»
«No. Voglio solo il letto»
«Dai, fammi compagnia! Ti preparo una scatola di ramen istantaneo, che ne dici?», le propose Jimin.
«Va bene, grazie», disse, trattenendo uno sbadiglio per non deludere l'amico.
«Levati la giacca e siediti!», fece lui, dopo essersi alzato dal divano, diretto verso l'angolo cottura.
«Come è andato questo primo giorno?», le chiese da lontano.
«Intenso», ammise Jisoo, sprofondando sul divano e sfilandosi le decoltè nere.
«Addirittura?», chiese Jimin, ricomparendo poco dopo con in mano una porzione di ramen e nell'altra una ciotola di patatine. Per poi osservarla meglio ed esclamare:
«Che hai fatto alla camicetta?»
«Lunga storia. Yoongi?», domandò Jisoo, guardandosi attorno.
«È dovuto rimanere a negozio.
Chiude tardi a causa dell'inventario. Lo vedrò domani mattina a colazione», disse Jimin con aria rassegnata.
«Che stavi vedendo?», chiese Jisoo, cominciando a tirare su qualche noodles con le bacchette.
«La mia serie Netflix del momento: "Emily in Paris"! La conosci?», disse Jimin raggiante.
Jisoo scrollò la testa, avendo la bocca piena di cibo.
«Allora dobbiamo subito rimediare!
Metto il primo episodio della prima stagione!»
«No, non preoccuparti non voglio farti rivedere le puntate che hai già visto!»
«Cara, le conosco a memoria e non mi pesa affatto rivederle!», disse Jimin, cominciando ad armeggiare con il telecomando.
«Di cosa parla?», domandò Jisoo, sistemandosi la coperta sulle gambe.
«Di una ragazza americana che viene trasferita a Parigi per lavoro e che inizia una nuova vita in Francia...un po' come te d'altronde!
Cavolo, tu sei l'Emily in Paris coreana ora che ci penso!», le disse, guardandola con gli occhi sbarrati.
«Jimin, io non mi sono trasferita dall'altra parte del mondo, ho solo cambiato città», lo ridimensionò lei.
«Come al solito smorzi ogni mio entusiasmo», bofonchiò l'amico facendo il finto offeso.
«Mi passi le patatine?», gli chiese Jisoo mentre sullo schermo cominciavano a comparire le prime immagini di Parigi.
Si ritrovò così sdraiata su un divano al calduccio, masticando patatine in compagnia del suo migliore amico e la leggerezza di quel momento prese per un attimo il posto di qualsiasi altro timore.
Questo è un capitolo ponte necessario per raccontare come è trascorso il primo giorno di lavoro di Jisoo.
Spero che vi abbia comunque fatto compagnia! Se è così lasciate una stellina☺️ a presto!
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