8. Infinito
Il sole è alto lassù, brilla come se avesse recuperato la fiamma più antica. È proprio così, infatti, ma è un segreto che nessuno sa. A eccezione di chi, giorni fa, ha intrapreso un viaggio di andata e ritorno per confini lontani, per vicinanze sconfinate. Non è l'unico splendore che irradia, in realtà, anche il futuro astro dell'impero sorride, carico di un vigore eterno che lo rende il re indiscusso del giorno. Nessuno è in grado di vedere quanto è raggiante, chi prova a guardarlo storto rimane cieco d'invidia.
Di oro vestito e di frenesia intriso, l'unica differenza che intercorre tra lui e la sua sorgente in cielo è che ciò che lo fa brillare non proviene soltanto da un fuoco interiore, ma anche dalla ragione per cui la mattina si alza e la notte riposa. Dalla donna, anzi, che non sta più nella pelle di sposare.
Comitive di invitati, appartenenti a tutti i ranghi e a tutte le età, pullulano negli immensi cortili della moschea imperiale. Delle tumultuose risate echeggiano per i portici fastosi. Lungo le tavolate, prelibate pietanze vengono elargite a chiunque voglia essere testimone di questa unione solenne.
Una melodia elegante risuona dagli androni, farcita da sussurri entusiasti, segue una fila di damigelle. Le fanciulle, abbigliate e tinte di tutti i colori, una più bella dell'altra, preparano l'intera sala all'entrata della sposa. Gustosi antipasti di meraviglia che appuntano gli stomaci, così da non subire un tracollo alla vista della portata principale.
Lo sposo sta lì impalato all'altare, accanto all'imam che ogni tanto verifica l'emissione di segni di vita. Congelato e sciolto dall'emozione, con un volto smagliante che ora non gli leverà più nessuno.
Sorride, splende. Nessuno lo ammira, tutti sono concentrati a dargli le spalle, ignorando e, forse, dimenticandosi che è per lui se sussiste tanta luce.
Un assolo di tar evoca il silenzio. La folla rizza in piedi.
Tra le corde pizzicate dello strumento, conformato a clessidra, proprio come il tempo che scorre, le note scandiscono i secondi che mancano.
Tra le corde tese dello strumento, conformato a infinito, proprio come la durata percepita dai due protagonisti, la pausa scaturisce la fine dell'attesa.
Largo alla sorpresa: la più bella creatura al mondo attraversa la navata.
Vestita di bianco, velata di felicità, il cuore le batte innamorato nel petto. Freme di sposarsi con quell'uomo per cui riescono a vederla risplendere.
Di una grazia sublime che impregna di meraviglia la moschea e ogni antro del palazzo, sa di avere addosso tutti gli occhi dei presenti, tutte le orecchie degli udenti e tutti i pensieri dei sudditi che hanno allestito la capitale. Ma solo uno sguardo, un ascolto e un pensiero lei ricambia: di colui i cui occhi riflettono le stelle e la contemplano come unica luna, le cui orecchie ascoltano le parole che ha da dire e ne fanno tesoro, il cui pensiero è dedicato a renderla una regina e censurare chi osa trattarla come fosse un corpo da sfruttare.
Non vede l'ora di arrivare dinanzi all'imam e convolare a nozze con un uomo che la ama in un modo che nessuno sa fare. Diverso da tutti, unico come altri, che sappia cosa voglia dire essere al mondo grazie a una donna.
E lui, invece? Si sente il più miracolato dell'universo. Perché lei non è solo bella, no: lei abbellisce. Rende la realtà un sogno e un sogno la realtà. Ogni tanto si dà qualche pizzicotto per capacitarsi di non essere immerso in una bizzarra dimensione onirica, dove la gente lo acclama imperatore, dove la donna che desidera da anni lo ricambia per amore e non per pietà.
L'imam, avvolto da incenso, sventola le mani per mandargli aria, teme che a momenti questi svenga e ruzzoli per il tappeto con tutta la corona da scià.
Le sembra di camminare sulle nuvole mentre lo guarda, affatturata dalle sue buffe espressioni. Prima le riteneva divertenti, adesso, invece, le trova adorabili e la conquistano a ogni passo. Come ha fatto a non essersi accorta di quanto spasimasse? Ora le sembra evidente come il cielo.
E infatti, come il cielo, non lo ha guardato mai fino a che un giorno non si è resa conto che è sempre stato lì, che bastava alzare la testa per sentirsi in pace. Magnifico, variegato, immenso.
Ed è tutto per lei. Per lei che salva dalle tenebre e dalla disperazione. Per lei che è custode di luce e di speranza. Per lei che è lacrima di sole e di sale. Per lei che è stata funambola tra la vita e la morte. Per lei che è arrivata all'altare, finalmente.
Ora gli tocca scoprire il velo.
Sa già cosa vi troverà sotto, ma non è il mistero da svelare che lo attrae, bensì la certezza che sarà diversa ogni qualvolta i suoi occhi la ammireranno. È il desiderio di riscolpire nella mente la sua immagine mutevole. Che sia per il tempo, che sia per lo spazio. Come la luna, che cambia ma rimane la stessa. Magnifica, variegata, unica.
Ed è tutta per lui. Per lui che arriva dalla miseria e dalla ricchezza. Per lui che è portatore di luce e di speranza. Per lui che è composto di sale e di sole. Per lui che è stato un dono tra rifiuto e desiderio. Per lui che scopre il velo e rimane folgorato, di nuovo.
Sono ciò che vorrebbero vedere tutte le volte in cui chiudono e aprono gli occhi.
L'imam inizia la cerimonia. Le loro mani si incatenano e non si lasciano fino a quando il paggio, sul tappeto volante, non consegna un cuscinetto di velluto rosso.
Zahira e Farao, accomunati dalle perdite che li hanno fatti trovare. Si infilano a vicenda gli anelli nelle dita anulari, già occupate da un'altra fede, e nel mentre si promettono amore eterno. Sì: perché la morte non vieta a nessuno di continuare ad amare, e nella vita non è detto che non ci si possa di nuovo innamorare.
Alzano una mano per rendere grazie al cielo, a Ser Kal, a Mazda e ad Aïcha. Se non fosse stato per loro, oggi non sarebbero quello che sono.
«Ogni evento della nostra esistenza ci cambia, siamo sempre diversi dallo ieri e dal domani, ed è proprio per questo che non si deve avere paura di andare avanti. E tu sei il mio andare avanti.»
Con la fine delle loro promesse. L'imam li dichiara marito e moglie.
Un bacio sancisce la fine e l'inizio della loro storia. Un bacio racchiude l'infinito.
Zahira e Farao attraversano insieme la navata. Escono a cielo aperto e sorgono come astri di Rolin.
A Mah, mimetizzato tra la folla, scappano lacrime di commozione e scintille, che si confondono con i giochi pirotecnici. Adesso vorrebbe trovare un altro povero infelice perché ci ha preso gusto, in questi secoli, a migliorare un po' l'umanità.
Tutti nella corte gridano di gioia. Persino il ciambellano, in piedi accanto a lui, che applaude ed espettora al contempo.
«Non hai ancora recuperato la voce?» chiede il genio, schernendo.
«Purtroppo no.» Il poveretto tossisce. «Sono un uomo finito...»
Mah arriccia un mezzo sorriso sulle labbra polpute.
«Non hai mai pensato di dare una svolta alla tua vita?» Aguzza lo sguardo, simpatizzante.
«E quale vita?» lamenta il servo. «Magari! Ma non credo di averne mai avuta una... ricordo che da giovane sognavo che il mondo smettesse di essere crudele. Adesso forse lo sogno ancora, ma con meno pretese.»
«Beh, se lo desideri prima o poi accadrà.» Fa l'occhiolino. «Ma devi essere tu a farlo accadere, non aspettare che lo faccia qualcun altro al posto tuo. Se vuoi qualcosa, lotta per ottenerla. La speranza è preziosa, ma è la forza di volontà che metti nelle tue azioni che fa la differenza» Il ciambellano si gratta la nuca. Mah lo guarda, sornione. «Lascia che ti spieghi un paio di cose, Karim.» Prende a braccetto il dignitario mingherlino e lo conduce per le tavole imbandite.
Zahira e Farao non si sciolgono più dalle loro braccia. In groppa a Busat, nel primo di tanti altri viaggi, salutano i sudditi in ogni parte del vastissimo impero e oltre. Girano il mondo, seguono il giorno, fino a che il cielo non lascia cadere su loro le stelle.
Gli astri, adesso, si ritirano nelle camere, scortati da nessuno.
È ufficiale: la festa per loro è finita, le danze stanno per iniziare.
Non se li tengono per loro i desideri, se li confidano nelle orecchie. Se li comunicano con baci e carezze. Si lasciano andare alle bramosie che manifestano. Si lasciano condurre dagli sguardi con cui si alimentano. Si lasciano trascinare dal solo amore che indossano.
Gli hanno sempre detto che i sogni si realizzano, niente di più vero: Zahira è tangibile, Zahira è tra le sue braccia, Zahira è sua moglie. Qualsiasi creatura che verrà da lei non potrà che essere perfetta.
L'emozione lo pervade, non resiste. La frenesia scoppia. Ma no, non si ferma, vuole ballare con lei fino a notte fonda. Vuole protrarre questo tempo all'infinito. È ubriaco della sua voce.
Le gocce versate sulle lenzuola non saranno più lacrime, a meno che non siano di gioia. Le grida soppresse sul cuscino, i gemiti divorati dalle orecchie, non saranno più dettati dal dolore.
Le hanno sempre detto che la felicità è astratta, niente di più falso: Farao è instancabile, Farao è dentro di lei, Farao è suo marito. Non sente il peso del dovere, ma la leggerezza indomabile del piacere, che vola, che arde, come una fenice.
E continua, ancora e ancora.
Urlano, stanchi. Sussurrano, flebili. Parole e segreti delle loro anime. Sono le ultime, prima di chiudere gli occhi, e le prime, dopo averli aperti.
Amore mio.
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