┏━━━•⟢• ━ ☬ ━ •⟣•━━━━┓

❝─ 𝕾𝖍𝖆𝖉𝖔𝖜 𝖔𝖋 𝖂𝖆𝖗❞

𝑏𝑦

-sandprince;_-sxuron-_

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𝕮𝖍𝖗𝖔𝖓𝖎𝖈𝖔𝖓

𝕽𝔲𝔬𝔩𝔬 𝔢 𝕿𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬: 𝑝𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 {𝒆𝒙} ; 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒
𝕹𝔬𝔟𝔦𝔩𝔢 𝔠𝔞𝔰𝔞: 𝑇𝑎𝑟𝑔𝑎𝑟𝑦𝑒𝑛 {𝒂𝒇𝒇𝒊𝒍𝒊𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆}
𝕬𝔫𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝖓𝔞𝔰𝔠𝔦𝔱𝔞: 𝑜𝑡𝑡𝑎𝑣𝑜 𝑚𝑒𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙 149 𝑪.𝑨
𝕹𝔬𝔪𝔢: 𝑀𝑎𝑒𝑙𝑦𝑟𝑖𝑜𝑛
𝕮𝔬𝔤𝔫𝔬𝔪𝔢: 𝑊𝑎𝑡𝑒𝑟𝑠 {𝒂.𝒍.}¹ ; 𝑁𝑒𝑠𝑡𝑎𝑟𝑖𝑠 {𝒄.𝒎}²; 𝑇𝑎𝑟𝑔𝑎𝑟𝑦𝑒𝑛 {𝒑.𝒍.184 𝑪.𝑨.}³
𝕬𝔰𝔭𝔢𝔱𝔱𝔬 𝔣𝔦𝔰𝔦𝔠𝔬: 𝑀𝑎𝑟𝑘 𝑆𝑡𝑟𝑜𝑛𝑔
𝖁𝔬𝔠𝔢: 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜 𝐵𝑢𝑙𝑐𝑘𝑎𝑒𝑛
𝕮𝔞𝔯𝔞𝔱𝔱𝔢𝔯𝔢: 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑙𝑒 𝑛𝑒𝑢𝑡𝑟𝑎𝑙𝑒 ; 𝑖𝑠𝑡𝑗-𝑡

¹ ᵃⁿᵗᵉ ˡᵉᵍⁱᵗᵗⁱᵐᵃᵗⁱᵒ
² ᶜᵒᵍⁿᵒᵐᵉⁿ ᵐᵃᵗʳᵃᵉ
³ ᵖᵒˢᵗ ˡᵉᵍⁱᵗⁱᵐᵃᵗⁱᵒ

𝕺𝔯𝔦𝔤𝔦𝔫𝔞𝔩 𝕮𝔥𝔞𝔯𝔞𝔠𝔱𝔢𝔯 𝑏𝑦 𝕭𝖎𝖘𝖐

𝕿𝔥𝔢𝔪𝔢 𝖘𝔬𝔫𝔤: 𝐴𝑐𝒉𝑖𝑙𝑙𝑒𝑠 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝐷𝑜𝑤𝑛
𝖂𝔬𝔯𝔡𝔰: 6218

𝕯𝔦𝔰𝔠𝔩𝔞𝔦𝔪𝔢𝔯: 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑙 𝑏𝑙𝑎𝑐𝑘 𝑡𝒉𝑒𝑚𝑒 ; 𝑎𝑟𝑔𝑜𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑖

𝕺𝖙𝖍𝖊𝖗 𝖙𝖆𝖌𝖘:

dangershindoulover ; vjscere ; -unsvcjal ; peculiarpeeps ; _thecryofMadness ; RandomBk ; TAMVMO ; Corvy_Ilcorvetto ; Piccolastella9605 ; s-salem ; s-starspace MDCproduction ; Green_wood04 _Angelic_Flower_ ; HotPieIlChad ;sportapiedi ; occhirosa ; -lycxris ; M-Melvyn028 ; DemiGod_06

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❝─ 𝕿𝔥𝔢𝔯𝔢 𝖜𝔢𝔯𝔢 𝖒𝔢𝔫 𝖋𝔬𝔯𝔤𝔢𝔡 𝖋𝔯𝔬𝔪 𝖋𝔩𝔢𝔰𝔥, 𝔞𝔫𝔡 𝖙𝔥𝔢𝔯𝔢 𝖜𝔢𝔯𝔢 𝖒𝔢𝔫 𝖇𝔬𝔯𝔫 𝖔𝔣 𝖋𝔩𝔞𝔪𝔢.
𝕿𝔥𝔢𝔯𝔢 𝖜𝔢𝔯𝔢 𝖒𝔢𝔫 𝖔𝔣 𝕱𝔦𝔯𝔢 𝖆𝔫𝔡 𝕭𝔩𝔬𝔬𝔡 ❞

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¹ 𝕽𝔲𝔬𝔩𝔬 & 𝕿𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 ⟢ ᴇx ᴘᴀɢᴇ ;
ᴘʀᴀᴇᴄᴇᴘᴛᴏʀ ;

Nella sua visione razionale della realtà, non esisteva la sorte.
Esistevano 𝖆𝖟𝖎𝖔𝖓𝖎 o meglio 𝖘𝖈𝖊𝖑𝖙𝖊 che conseguivano 𝖗𝖊𝖆𝖟𝖎𝖔𝖓𝖎 o per esser più specifici, 𝖆𝖕𝖗𝖎𝖛𝖆𝖓𝖔 𝖛𝖎𝖊 che conducevano ad altre scelte, che avrebbero avuto come risultato lo 𝖘𝖇𝖆𝖗𝖗𝖆𝖗𝖊 o lo 𝖘𝖕𝖎𝖆𝖓𝖆𝖗𝖊 𝖆𝖓𝖈𝖔𝖗 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖑𝖊 𝖘𝖚𝖉𝖉𝖊𝖙𝖙𝖊.
𝕸𝖆𝖊𝖑𝖞𝖗𝖎𝖔𝖓 aveva 𝖘𝖈𝖊𝖑𝖙𝖔 di afferrare quella mano che gli veniva tesa, quel giorno.
«𝑉𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒» tre parole in grado di cambiargli l'esistenza.
Aveva scorto il suo riflesso in uno specchio, quel dì di ormai tanti anni orsono, mentre svoltava un angolo dell'immensa fortezza che per un crudele scherzo del 𝖉𝖊𝖘𝖙𝖎𝖓𝖔 o nel suo gergo, per un 𝖊𝖗𝖗𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖎 𝖒𝖎𝖘𝖚𝖗𝖆𝖟𝖎𝖔𝖓𝖊 𝖊 𝖈𝖆𝖑𝖈𝖔𝖑𝖔 𝖕𝖗𝖔𝖇𝖆𝖇𝖎𝖑𝖊 avrebbe potuto essere la sua casa.

S'era riflesso lercio, cencioso, non voluto... un 𝖗𝖊𝖎𝖊𝖙𝖙𝖔 di un mondo che non contemplava neppure la sua esistenza e s'era rispecchiato 𝖕𝖆𝖌𝖌𝖎𝖔, vestito di una livrea di damascato il cui provente derivante dalla vendita d'un solo filo, avrebbe potuto sfamare tutti i bambini che vivevano nel suo circondario.
Aveva accennato un « 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒» incerto; faceva fatica a fidarsi di coloro che con lui si dimostravano ben disposti certo che per la legge del 𝖉𝖔 𝖚𝖙 𝖉𝖊𝖘 avrebbe dovuto ridar loro qualcosa in cambio.
«𝐶𝑜𝑠𝑎 𝑣𝑢𝑜𝑖 𝑐𝒉𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎» non era una domanda, ma una certezza che richiedeva solo conferma, mentre per la seconda volta in un giorno si ritrovava a calcare, ora con maggior sicurezza i pavimemti marmorei della 𝕾𝖆𝖑𝖆 𝖉𝖊𝖑 𝕿𝖗𝖔𝖓𝖔.
«𝑀𝑖 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑟𝑎𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑟𝑖𝑡𝑒𝑛𝑒𝑟𝑡𝑖 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑖, 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑙𝑒 𝑚𝑖𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑟𝑖𝑓𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑎 𝑚𝑒 𝑒 𝑚𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑡𝑎𝑛𝑡𝑜».

«𝐷𝑖𝑚𝑚𝑖 𝑐𝒉𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑐𝒉𝑒𝑟𝑧𝑜, 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜!» aveva esclamato infervorato 𝕬𝖊𝖌𝖔𝖓 alla vista di Aegarax che si trascinava dietro come un cucciolo smarrito il 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖔𝖌𝖊𝖓𝖎𝖙𝖔 𝖇𝖆𝖘𝖙𝖆𝖗𝖉𝖔.
«𝐻𝑜 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑠𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑒𝑟𝑎̀ 𝑎 𝑐𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑚𝑖𝑜 𝖕𝖆𝖌𝖌𝖎𝖔, 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑒 𝑝𝑜𝑖𝑐𝒉𝑒̀ 𝑚𝑖 𝑒̀ 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑓𝑎𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑙𝑜, 𝑐𝒉𝑖𝑒𝑑𝑜 𝑎𝑙 𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑛𝑜𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑞𝑢𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑀𝑎𝑒𝑙𝑒𝑟𝑦𝑜𝑛 𝑊𝑎𝑡𝑒𝑟𝑠, 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑎𝑠𝑠𝑖𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑔𝑎𝑛𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜𝑟𝑖 𝑐𝑢𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑎𝑚𝑜».
Quel teatrino non altro aveva che suscitato l'indignazione d'ogni singolo cortigiano presente nella stanza.
«𝐹𝑖𝑟𝑚𝑒𝑟𝑎𝑖 𝑙𝑎 𝑡𝑢𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑛𝑛𝑎 𝐴𝑒𝑔𝑎𝑟𝑎𝑥, 𝑑𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑎𝑛𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑙 𝑚𝑒𝑡𝑖𝑐𝑐𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑛𝑡𝑜» aveva sentenziato Aegon, superandoli ed uscendo dalla sala, paonazzo.

«𝑀𝑖 𝑎𝑓𝑓𝑖𝑎𝑛𝑐𝒉𝑒𝑟𝑎𝑖 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑖𝑠𝑖𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖 𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑟𝑎𝑖 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑎𝑙𝑙'𝑢𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑟𝑚𝑖, 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑟𝑒𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑡𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑒𝑔𝑛𝑖 𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑏𝑎𝑠𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑠𝑐𝒉𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑠𝑏𝑟𝑎𝑛𝑎𝑡𝑜, 𝑜𝑟𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑚𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑡𝑢𝑜𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑢𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑡𝑒, 𝑠𝑖𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑡𝑎𝑛𝑡𝑜».
Ma s'era rivelato un allievo ben più brillante di quanto da lui si pretendesse: aveva affinato la sua rudimentale arte dello scrivere, aveva imparato il corretto Valyriano ed aveva mostrato propensione innata per il 𝖈𝖆𝖑𝖈𝖔𝖑𝖔... s'era dedicato mente e cuore allo studio, cercando di colmare le lacune che la povertà aveva creato.
Se Aegarax s'ammativa per studiare, per sete di conoscenza, per evasione da una realtà ben peggiore di quella dell'acquitrino in cuineta nato, lui lo faceva per una 𝖋𝖊𝖗𝖛𝖊𝖓𝖙𝖊 𝖕𝖆𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖊: perchè era libero da ogni vincolo, da ogni obbligo.
S'era dimostrato 𝖘𝖛𝖊𝖑𝖙𝖔 𝖉𝖎 𝖎𝖌𝖓𝖊𝖌𝖓𝖔 e 𝖘𝖊𝖌𝖆𝖈𝖊, abile perfino nella 𝖘𝖈𝖍𝖊𝖗𝖒𝖆, 𝖛𝖊𝖑𝖔𝖈𝖊 𝖉𝖎 𝖈𝖔𝖒𝖕𝖗𝖊𝖓𝖉𝖔𝖓𝖎𝖔 e 𝖘𝖔𝖑𝖎𝖉𝖔 𝖉𝖎 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖎, strutturando un carattere dotato d'un 𝖈𝖆𝖗𝖎𝖘𝖒𝖆 𝖓𝖔𝖓 𝖎𝖓𝖉𝖎𝖋𝖋𝖊𝖗𝖊𝖓𝖙𝖊, lungi dall'arroganza quanto piuttosto 𝖊𝖘𝖊𝖓𝖙𝖊 𝖉𝖆 𝖔𝖌𝖓𝖎 𝖕𝖗𝖊𝖘𝖚𝖕𝖕𝖔𝖘𝖙𝖔.
Gli anni trascorsi come paggio, ruolo quantomai più onorifico che altro, gli avevano aperto gli occhi ed aveva visto.
Aveva visto, aveva visto il 𝖒𝖆𝖗𝖈𝖎𝖔 in ogni suo grado, in ogni suo aspetto: era stato il 𝖙𝖊𝖒𝖕𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖗𝖊𝖆𝖑𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖘𝖆𝖔𝖊𝖛𝖔𝖑𝖊𝖟𝖟𝖆 𝖉𝖎 𝖈𝖍𝖎 𝖋𝖔𝖘𝖘𝖊 𝖊 𝖉𝖎 𝖉𝖔𝖛𝖊 𝖋𝖔𝖘𝖘𝖊 𝖆𝖗𝖗𝖎𝖛𝖆𝖙𝖔, o 𝖆𝖓𝖈𝖍𝖊 𝖘𝖔𝖑𝖔 𝖉𝖎 𝖉𝖔𝖛𝖊 𝖘𝖆𝖗𝖊𝖇𝖇𝖊 𝖕𝖔𝖙𝖚𝖙𝖔 𝖆𝖗𝖗𝖎𝖛𝖆𝖗𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖆𝖓𝖉𝖔 𝖘𝖔𝖑𝖔 𝖘𝖚𝖑𝖑𝖊 𝖘𝖚𝖊 𝖘𝖔𝖑𝖊 𝖋𝖔𝖗𝖟𝖊.

Ma più cresceva, più la gente sottolineava la differenza tra colui che 𝖆𝖛𝖊𝖛𝖆 𝖉𝖎𝖗𝖎𝖙𝖙𝖔 solo per essere nato dall'utero esatto e quel ragazzo che col suo 𝖙𝖊𝖒𝖕𝖊𝖗𝖆𝖒𝖊𝖓𝖙𝖔 avrebbe potuto oscurare un giovane all'apparenza ben più fragile.

«𝑁𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑜 𝑚𝑖 𝑟𝑒𝑐𝒉𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑖𝑡𝑡𝑎𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑀𝑎𝑒𝑠𝑡𝑟𝑜» aveva esordito, dopo attimi di titubanza e solo allora Aegarax s'era degnato di posare la penna.
«𝐸 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑣𝑎𝑐𝑐𝑖, 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎 𝑑'𝑎𝑙𝑡𝑟𝑜𝑛𝑑𝑒 𝑖𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜, 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑎𝑠𝑡𝑟𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎 𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑙𝑐𝑜𝑙𝑜?» aveva ripreso a scrivere...
«𝑁𝑜𝑛 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑙𝑖𝑚𝑖𝑡𝑖, 𝐴𝑒𝑔𝑎𝑟𝑎𝑥... 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑛𝑒 𝒉𝑜 𝑎𝑣𝑢𝑡𝑖 𝑓𝑖𝑛 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑖»
«𝑀𝑎𝑙𝑒𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒...» il principe aveva fatto colare un po' di inchiostro di troppo, provocando sbavature.
«𝑆𝑝𝑒𝑟𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑎 𝑢𝑛 𝑎𝑑𝑑𝑖𝑜, 𝑚𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑢𝑛 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖» aveva esordito.
«𝐿𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀, 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑜 𝑒𝑣𝑖𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑎 𝑚𝑖𝑜 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑡𝑖» gracchiò l'altro.
«𝐹𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎... 𝑠𝑡𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑎𝑟𝑎̀ 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑒𝑚𝑚𝑖𝑛𝑎, 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜𝑛𝑜», s'era inginocchiato ed era uscito ragazzo.

Era tornato che era uomo.
«𝐷𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒, 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑖 𝒉𝑎𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑔𝑖𝑎𝑡𝑜?» gli domandò Aegon IV, il nuovo re, con un sorriso di scherno sul viso.
«𝑆𝑒𝑡𝑡𝑒⁴ ... 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑎𝑠𝑖 𝑛𝑜𝑣𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑖... 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑡𝑟𝑒 𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑠𝑎𝑟𝑒𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑜 𝑚𝑎𝑒𝑠𝑡𝑟𝑜, 𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑜 𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎𝑟𝑙𝑎 𝑑𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑎 𝑖𝑛 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑒... 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑝𝑜𝑐𝒉𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑙𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑜» aveva imparato a non mostrare nessuna emozione, nella strada come a corte, ma solo nel silenzio della sua camera.
«𝐷𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝒉𝑎𝑖 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑡𝑜» aveva sputacchiato suo padre, facendo oscillare l'osceno doppio mento, così simile allo scroto di un porco.

Il ruolo che s'era ricreato a corte aveva ravvivato le malelingue che s'erano solo all'apparenza chetate dopo la sua partenza alle volte del 𝖛𝖊𝖘𝖘𝖎𝖑𝖑𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖙𝖔𝖗𝖗𝖊.
Camminava sicuro delle sue capacità, sicuro di chi era diventato, certo che poch'altri lì dentro avrebbero potuto anche solo eguagliarlo.
Aveva 𝖘𝖈𝖊𝖑𝖙𝖔.
Scelto di servire la 𝖈𝖔𝖓𝖔𝖘𝖈𝖊𝖓𝖟𝖆, libero dai dogmi di qualsiasi ordine a cui fosse stato iniziato.
Era lui e lui soltanto a fare i conti con se stesso e l'incarico che gli era stato concesso andava oltre l'apparenza di semplicità, di marginalità con cui veniva definito il suo ruolo.
𝕿𝖚𝖙𝖔𝖗𝖊 e 𝖕𝖗𝖊𝖈𝖊𝖙𝖙𝖔𝖗𝖊, aveva la responsabilità più letale di tutte: quella di 𝖎𝖓𝖘𝖊𝖌𝖓𝖆𝖗𝖊 alle future teste coronate.
Che vi erano innumerevoli 𝖛𝖎𝖊 che si percorrevano solo con 𝖘𝖆𝖕𝖎𝖊𝖓𝖙𝖎 𝖘𝖈𝖊𝖑𝖙𝖊.

⁴ ᵇʳᵒⁿᶻᵒ: ᵃˢᵗʳᵒⁿᵒᵐⁱᵃ
ᵉˡᵉᵗᵗʳᵒ: ᵃˢᵗʳᵒˡᵒᵍⁱᵃ
ʳᵃᵐᵉ: ˢᵗᵒʳⁱᵃ
ᵒʳᵒ: ᵉᶜᵒⁿᵒᵐⁱᵃ
ᵒʳᵒ ʳᵒˢˢᵒ: ⁿᵘᵐᵉʳⁱ
ᵃʳᵍᵉⁿᵗᵒ: ᵐᵉᵈⁱᶜⁱⁿᵃ
ᶠᵉʳʳᵒ: ᵍᵘᵉʳʳᵃ
ˡⁱ ᶜᵒⁿˢᵉʳᵛᵃᵛᵃ ⁱⁿ ᵘⁿᵒ ˢᶜʳⁱᵍⁿᵒ ᵈⁱ ˡᵉᵍⁿᵒ ᵈⁱ ⁿᵒᶜᵉ ᵃˡ ᵈⁱ ˢᵒᵗᵗᵒ ᵈᵉˡ ˢᵘᵒ ˡᵉᵗᵗᵒ.

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² 𝕹𝔬𝔪𝔢 ⟢ ᴍᴀᴇʟ ; ᴍᴀᴇʟʏʀɪᴏɴ ; ɪʟ ᴍᴀᴄᴄʜɪᴀᴛᴏ; ɪʟ ᴘʀɪɴᴄɪᴘᴇ ᴅᴇɪ ᴘᴏᴠᴇʀɪ

Agli occhi di molti, 𝖖𝖚𝖊𝖑𝖑𝖎 𝖈𝖔𝖒𝖊 𝖑𝖚𝖎 che non avrebbero dovuto esser al monndo, non avrebbero dovuto avere neppure diritto d'un nome.
Sua madre non gli aveva rivelato il suo finchè non aveva preteso conferme sulle malelingue che riguardavano suo padre.
Fino ad allora era semplicemente stato 𝕸𝖆𝖊𝖑, un vezzegiativo che a pronunciarlo, stuzzicava la lingua 𝖉𝖔𝖑𝖈𝖊 𝖈𝖔𝖒𝖊 il 𝖒𝖎𝖊𝖑𝖊.
Per anni era stato ovunque conosciuto con quel diminuitivo atto a cercare di salvare in qualsimodo le apparenze.
𝕸𝖆𝖊𝖑𝖞𝖗𝖎𝖔𝖓⁴ risultava decisamente più
«𝑃𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜, 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎? » le aveva chiesto con la fronte aggrottata.
«𝐸𝑟𝑎 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑚𝑖 𝑠𝑖 𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐𝒉𝑒 𝑚𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑎, 𝑖𝑛𝑑𝑜𝑠𝑠𝑎𝑣𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑠𝑐𝒉𝑒𝑟𝑎... 𝑔𝑙𝑖 𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑠𝑐𝑜𝑝𝑒𝑟𝑡𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑙𝑎 𝑏𝑜𝑐𝑐𝑎, 𝑔𝑙𝑖 𝑐𝒉𝑖𝑒𝑠𝑖 ❝─ 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑖 𝑐𝒉𝑒 𝑣𝑖 𝑐𝒉𝑖𝑎𝑚𝑖?❞; ❝─ 𝑀𝑎𝑒𝑙𝑦𝑟𝑖𝑜𝑛 ❞;
❝─ 𝐵𝑜𝑐𝑐𝑎 𝑑𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑙𝑒❞⁵ 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑠𝑖... 𝑒𝑟𝑎 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑠𝑖𝑔𝑖𝑙𝑙𝑜.
𝐴𝑣𝑒𝑣𝑜 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑐𝒉𝑒 𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑠𝑠𝑒
𝑑'𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑜, 𝑠𝑒 𝑚𝑎𝑖 𝑚𝑖 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑑𝑢𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎».
Era stata una risposta sufficiente.

Per i più, a corte era divenuto 𝖎𝖑 𝕸𝖆𝖈𝖈𝖍𝖎𝖆𝖙𝖔. Per coloro che più credevano a scaramantiche superstizioni era quella la punizione che l'aveva colpito per essere nato da qualcosa che era malato e che dunque doveva essere reciso.
Se l'era fatto cucire addosso come l'altro epiteto che agitava i bassifondi, quello che i suoi sostenitori osannavano, quello che i suoi detrattori, sbeffeggiavano: lo avano nominato 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖌𝖑𝖎 𝖚𝖑𝖙𝖎𝖒𝖎, 𝖎𝖑 𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖎 𝖕𝖔𝖛𝖊𝖗𝖎, 𝖎𝖑 𝖛𝖊𝖗𝖔 𝖘𝖔𝖛𝖗𝖆𝖓𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝖕𝖔𝖕𝖔𝖑𝖔.
Ed era così difficile, sopprimere quelle voci.

⁵ ⁿᵒᵗᵃ ˢᵘˡˡᵃ ᵖʳᵒⁿᵘⁿᶜⁱᵃ: ᵐᵃ̈ᵉ̈ˡᵉʳⁱᵒⁿ
⁶ ˡᵃ ᶜᵒʳʳᵉᵗᵗᵃ ᵗʳᵃᵈᵘᶻⁱᵒⁿᵉ ˢᵃʳᵉᵇᵇᵉᵇᵇᵉ ❝─ ᶜᵒˡᵘⁱ ᵈᵃˡˡᵃ ᶜᵘⁱ ᵇᵒᶜᶜᵃ ˢⁱ ᵒᵈᵒⁿᵒ ᵖᵃʳᵒˡᵉ ᵈⁱ ᵐⁱᵉˡᵉ❞, ᵐᵃ ᵃᵉᵍᵒⁿ ⁱᵛ ⁿᵒⁿ ᵇʳⁱˡˡᵃᵛᵃ ᵖᵉʳ ⁱⁿᵗᵉˡˡᵉᵗᵗᵒ.

³ 𝕮𝔬𝔤𝔫𝔬𝔪𝔢 ⟢ ᴡᴀᴛᴇʀs ; ɴᴇsᴛᴇʀɪs ; ᴛᴀʀɢᴀʀʏᴇɴ

Se ne trovavano a migliaia, con quel cognome, con quel vuoto 𝖂𝖆𝖙𝖊𝖗𝖘 che gli omologava tutti, che li marchiava ancor prima di essere nati, che già li giudicava ❝─ 𝕱𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝕻𝖚𝖑𝖈𝖎❞ - l'unità di misura che più amava utilizzare- perchè in quel letamaio ci potevi trovare di tutto, pullulava di quelli come loro: di bastardini senza arte nè parte.

Non appena ne aveva avuto facoltà, aveva -senza troppe cerimonie- lasciato che finisse in disuso, nel collettivo dimenticatoiosebbene qualcuno talvolta, aveva la splendida idea d'usarlo.
N

on batteva ciglio, a quelle allusioni così concrete... perchè mai avrebbe dovuto rinnegare chi era?
Avrebbe dato solamente la soddisfazione agli altri di scalfirlo.

Aveva scelto di renderle un ultimo omaggio, appropriandosi del suo cognome affinché la sua memoria sopravvivesse per quanto gli fosse stato concesso.
𝕹𝖊𝖘𝖙𝖆𝖗𝖎𝖘, possedeva una forma ed un colore... possedeva una storia - la sua storia- e quella dei suoi 𝖆𝖓𝖙𝖊𝖓𝖆𝖙𝖎 𝖌𝖍𝖎𝖘𝖈𝖆𝖗𝖎.
Più volte, infondo gli era stato ricordato qual era il suo posto... e non era tra i 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓, non era nella 𝕮𝖆𝖘𝖆 𝖉𝖊𝖑 𝕯𝖗𝖆𝖌𝖔, sebbene alla fine anche lui lo era divenuto, con l'ultima, mediocre volontà di Aegon IV.
Ora gli spettava di diritto, come tale era segnato nei documenti d'ufficio.

Un giorno, volenti o nolenti avrebbero pagato lo scotto delle loro scelleratissime scelte.

⁴ 𝕬𝔫𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝖓𝔞𝔰𝔠𝔦𝔱𝔞 ⟢ ᴏᴄᴛᴀᴠᴏ ᴍᴇɴsᴇ ఌ︎
149 ᴀ.ᴄ ; 38 ᴀɴɴɪ

Era nato tra i liquami e il lezzo di uno dei più fatiscenti ma altrettanto frequentati 𝖕𝖔𝖘𝖙𝖗𝖎𝖇𝖔𝖑𝖎 di 𝕱𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝕻𝖚𝖑𝖈𝖎 e mentre sua madre partoriva lui, il 𝖋𝖗𝖚𝖙𝖙𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝖕𝖊𝖈𝖈𝖆𝖙𝖔, lasciata sola in una stanza lurida nell'attesa che lei o il feto morissero, la gente si riversava per le strade: ipocrita, esultante, ubriaca per la nascita del 𝕻𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝕮𝖆𝖘𝖆 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓.
Null'altro lui sarebbe stato invece, che il 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖋𝖔𝖌𝖓𝖆.
«𝐺𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑡𝑒... 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝖋𝖎𝖌𝖑𝖎𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔, 𝑖𝑙 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑢𝑡𝑡𝑎𝑛𝑎» annunciando al mondo la sua venuta, la venuta 𝖉'𝖚𝖓 𝖗𝖊 il cui titolo era impresso nella 𝖕𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖒𝖆𝖈𝖈𝖍𝖎𝖆𝖙𝖆: 𝖇𝖆𝖘𝖙𝖆𝖗𝖉𝖔.

Con le ultime forze che aveva in petto sua madre l'aveva stretto al seno, s'era alzata sporca, sudata, demolita dal parto e l'aveva sporto dalla finestra singhiozzando, senza che nessuno l'udisse -qual rilievo avrebbe avuto mai dopotutto, la voce d'una 𝖘𝖎𝖌𝖓𝖔𝖗𝖆 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖘𝖙𝖗𝖆𝖉𝖆?- nel frastuono mai quieto di quelle vie:
«𝑀𝑎𝑒𝑙𝑦𝑟𝑖𝑜𝑛... 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒, 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑜» e s'era aggrappata a quel 𝖋𝖎𝖌𝖑𝖎𝖔 𝖒𝖆𝖑𝖊𝖉𝖊𝖙𝖙𝖔 con tutte le sue forze, in anima e corpo.
Non sarebbe mai stato né principe, né un bambino, non quando crescevi in quel posto.

Correva 𝖑'𝖔𝖙𝖙𝖆𝖛𝖔 𝖒𝖊𝖘𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑'𝖆𝖓𝖓𝖔 𝟏𝟒𝟗 𝕬.𝕮, quello stesso dì nelle stanze di palazzo si festeggiava la venuta al mondo di 𝕬𝖊𝖌𝖆𝖗𝖆𝖝 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓, 𝕻𝖗𝖎𝖒𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝖘𝖚𝖔 𝖓𝖔𝖒𝖊, 𝕰𝖗𝖊𝖉𝖊 𝖉𝖎 𝕮𝖆𝖘𝖆 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓.
La notizia della sua nascita era rimasta anonima, anonima per molti, lunghi anni, ma alla scoperta del dì in cui era nato taluni avevano avanzato la pretesa all'allora 𝖗𝖊 𝕭𝖆𝖊𝖑𝖔𝖗 che fosse ucciso, per evitare in futuro che ci fossero 𝖗𝖎𝖕𝖊𝖗𝖈𝖚𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖎 𝖉𝖎 𝖘𝖙𝖆𝖒𝖕𝖔 𝖕𝖔𝖑𝖎𝖙𝖎𝖈𝖔.
Era il 𝖘𝖊𝖈𝖔𝖓𝖉𝖔, perfino in quell'intimissimo aspetto.

Non si dimostrava nel corpo né più giovane, né più anziano dei 𝖙𝖗𝖊𝖓𝖙𝖔𝖙𝖙𝖔 𝖆𝖓𝖓𝖎 che gli era stato concesso di vivere: anni in cui aveva visto re susseguirsi, persone care andarsene, le stagioni passare.
Poteva ammettere ancora d'essere un uomo piuttosto piacente e nel pieno del vigore fisico, ma diverso da quello di un adolescente, 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖒𝖆𝖙𝖚𝖗𝖔 e 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖈𝖔𝖓𝖘𝖆𝖕𝖊𝖛𝖔𝖑𝖊.
Si maturava in fretta, nel mondo da cui proveniva: aveva spesso bruciato tappe che un bambino non avrebbe dovuto percorrere, non prima che ne fosse pienamente cosciente.
Gli era stato tolto il diritto di giocare, di vivere i sentimenti come un comune adolescente.

S'era affacciato all'adultità che era già adulto.
Il corso degli eventi che scorreva via, che gli scivolava tra le dita, lo inquietava, conferendogli un senso di perdita, costringendolo in una posizione di rassegnata impotenza che lo portava a domandarsi, a chiedersi:

«𝐶𝑜𝑠𝑎 𝒉𝑜 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜? 𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑢𝑛 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑚𝑝𝑖𝑢𝑡𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑎𝑙 𝑏𝑢𝑖𝑜»

⁵ 𝕬𝔰𝔭𝔢𝔱𝔱𝔬 𝕱𝔦𝔰𝔦𝔠𝔬 ⟢ ᴍᴀʀᴋ sᴛʀᴏɴɢ

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ᶜʳᵉᵈⁱᵗˢ: metts_

La 𝖘𝖚𝖆 𝖆𝖒𝖆𝖓𝖙𝖊, come egli chiamava quella 𝖘𝖇𝖎𝖆𝖉𝖎𝖙𝖚𝖗𝖆 che coinvolgeva innumerevoli parti del suo corpo non s'era palesata che poche settimane dopo la sua nascita.

Nulla nel suo aspetto avrebbe fatto presupporre la sua 𝖉𝖎𝖘𝖈𝖊𝖓𝖉𝖊𝖓𝖟𝖆 𝖛𝖆𝖑𝖞𝖗𝖎𝖆𝖓𝖆, ma dopotutto in casi come quello non contava forse, più il sangue?
Non era stata messa in discussione al legittimità dei figli di 𝕽𝖍𝖆𝖊𝖓𝖞𝖗𝖆 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓 per via delle loro fattezze? Ma non avevano essi dimostrato in seguito d'appartenere alla 𝖘𝖙𝖎𝖗𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖑 𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔, solcando i cieli?
A lui era avvenuto altrettanto.
Era stato dato alla luce con quasi ordinario aspetto ghiscaro, occhi color ferro ossidato e pelle d'una tinta caramello.
Ma più passavano i giorni, più sembrava che qualcosa lavasse via la tinta dall'epidermide di quel neonato come se una mano invisibile scrostasse via il colore dal suo viso, dalle sue braccia, dal suo torace.
Ed allora era stato lampante, che in lui vi fosse un 𝖖𝖚𝖆𝖑𝖈𝖔𝖘𝖆 𝖉𝖎 𝖒𝖆𝖑𝖆𝖙𝖔, 𝖉𝖎 𝖎𝖓𝖘𝖆𝖓𝖔, 𝖉𝖎 𝖒𝖆𝖑𝖊𝖉𝖊𝖙𝖙𝖔.
E la potenza del sangue s'era dimostrata deturpandogli la faccia, rendendogli la 𝖕𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖎𝖓𝖘𝖆𝖓𝖆 d'un candido lattiginoso, in netto contrasto col resto... facendo sì che la 𝖕𝖊𝖑𝖚𝖗𝖎𝖆 crescesse 𝖆𝖗𝖌𝖊𝖓𝖙𝖊𝖆 nelle zone colpite.
Ma quel che più d'ogni altra cosa confermava il suo essere uno sbaglio era l'𝖔𝖈𝖈𝖍𝖎𝖔 𝖉𝖊𝖘𝖙𝖗𝖔: d'un 𝖛𝖎𝖔𝖑𝖆𝖈𝖊𝖔 𝖎𝖓𝖙𝖊𝖓𝖘𝖔, 𝖓𝖊𝖙𝖙𝖔, 𝖈𝖆𝖕𝖆𝖈𝖊 𝖉𝖎 𝖘𝖖𝖚𝖆𝖗𝖈𝖎𝖆𝖗𝖙𝖎 𝖑'𝖆𝖓𝖎𝖒𝖆.
Erano in pochi quelli che riuscivano a sostenere quello 𝖘𝖌𝖚𝖆𝖗𝖉𝖔 𝖘𝖕𝖆𝖎𝖆𝖙𝖔.

La forza del suo carisma si rifletteva nei 𝖑𝖎𝖓𝖊𝖆𝖒𝖊𝖓𝖙𝖎 𝖘𝖕𝖎𝖌𝖔𝖑𝖔𝖘𝖎 del suo volto ancora affascinante per quanto le prime rughe solcassero la fronte ampia e le occhiaie si facessero più evidenti.
Era attentissimo alla 𝖈𝖚𝖗𝖆 𝖉𝖊𝖑 𝖘𝖚𝖔 𝖈𝖔𝖗𝖕𝖕, un tempio che s'era giurato mai più sarebbe stato dissacrato in modo osceno, ma solo col più profondo rispetto per esso.
Si manteneva in forma assumendo una 𝖉𝖎𝖊𝖙𝖆 𝖋𝖗𝖚𝖌𝖆𝖑𝖊, 𝖗𝖎𝖋𝖎𝖚𝖙𝖆𝖓𝖉𝖔 𝖎𝖑 𝖈𝖔𝖓𝖘𝖚𝖒𝖔 𝖉𝖎 𝖈𝖆𝖗𝖓𝖊 e conducendo una 𝖛𝖎𝖙𝖆 𝖆𝖙𝖙𝖎𝖛𝖆 che rendeva 𝖎𝖑 𝖘𝖚𝖔 𝖋𝖎𝖘𝖎𝖈𝖔 𝖙𝖔𝖓𝖎𝖈𝖔 𝖊𝖉 𝖆𝖘𝖈𝖎𝖚𝖙𝖙𝖔
Era d'una 𝖇𝖊𝖑𝖑𝖊𝖟𝖟𝖆 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖉𝖚𝖗𝖆, 𝖙𝖊𝖗𝖗𝖊𝖓𝖆 𝖊 𝖒𝖊𝖓𝖔 𝖊𝖙𝖊𝖗𝖆, 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖛𝖎𝖗𝖎𝖑𝖊 rispetto alla consueta delicatezza della stirpe da cui discendeva.
Forse 𝖕𝖎𝖚̀ 𝖙𝖔𝖟𝖟𝖔 𝖊 𝖒𝖊𝖓𝖔 𝖑𝖔𝖓𝖌𝖎𝖑𝖎𝖓𝖊𝖔 di altri suoi fratelli, possedeva un 𝖆𝖑𝖙𝖊𝖟𝖟𝖆 che sfiorava il 𝖒𝖊𝖙𝖗𝖔 𝖊𝖉 𝖔𝖙𝖙𝖆𝖓𝖙𝖔𝖙𝖙𝖔, caratteristica di certo ereditata dalla linea paterna.
Le premure e la vita di corte avevano cancellato gli stenti, attimi passati a sperare che alla sera ci si ritrovasse in tavola un pezzo di pane e ciò aveva riempito le carenze che in parte l'avevano reso un adolescente smunto e patito.
Non mostrava che quei difetti che la rasatura del capo, atta più per norme igieniche che a cancellare i sintomi dei primi sintomi di calvizie, accentuando la 𝖛𝖎𝖙𝖎𝖑𝖎𝖌𝖎𝖓𝖊 che non si interrompeva che al di sopra del pube, avvolgendogli il busto nella parte destra come l'abbraccio d'una donna.
Il dorso della sua mano non dominante era chiazzato, così come la caviglia, rendendo difatti quel difetto, una stupenda spirale.
Non aveva cicatrici che dovute a cadute ed inciampi, insignificanti rispetto a quella che gli squarciava il palmo della sinistra.

Era sobrio nel vestire e nell'indossare gioielli, fatta eccezzione per un anello in 𝖛𝖊𝖙𝖗𝖔 𝖉𝖎 𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔 al mignolo, con inciso lo stemma e la parola 𝕯𝖔𝖍𝖆𝖊𝖗𝖎𝖘, unico ed ultimo regalo di suo padre, l'ultimo sbeffeggiamento prima che spirasse.

⁶ 𝕮𝔞𝔯𝔞𝔱𝔱𝔢𝔯𝔢 ⟢ ᴇx ғʟᴀᴍᴍᴀ, ɪɴᴄᴇɴᴅɪᴀ

La vita non era stata troppo clemente con lui, ma lui aveva deciso di cercar d'esserlo con essa.
𝕸𝖆𝖊𝖑𝖞𝖗𝖎𝖔𝖓 𝖂𝖆𝖙𝖊𝖗𝖘, era stato questo: un 𝖆𝖓𝖎𝖒𝖔 𝖈𝖔𝖗𝖙𝖊𝖘𝖊 nella sozzura di quello 𝖘𝖙𝖗𝖆𝖙𝖔 𝖘𝖔𝖈𝖎𝖆𝖑𝖊 𝖎𝖓 𝖈𝖚𝖎 𝖘𝖎 𝖘𝖔𝖒𝖒𝖆𝖓𝖔 𝖎𝖑 𝖛𝖎𝖟𝖎𝖔, 𝖑𝖆 𝖒𝖎𝖘𝖊𝖗𝖎𝖆 𝖊 𝖑𝖆 𝖈𝖗𝖎𝖒𝖎𝖓𝖆𝖑𝖎𝖙𝖆̀.
Aveva appreso l'arte della 𝖗𝖊𝖒𝖎𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖊, dell' 𝖆𝖇𝖓𝖊𝖌𝖆𝖟𝖎𝖔𝖓𝖊 poichè bisognava subito imparare a capire quale fosse il proprio posto e a lui non era concesso possederne uno che non fosse così in basso.
Aveva imparato a 𝖉𝖎𝖋𝖋𝖊𝖗𝖊𝖓𝖟𝖎𝖆𝖗𝖊, 𝖆 𝖘𝖈𝖔𝖒𝖕𝖆𝖗𝖙𝖎𝖟𝖟𝖆𝖗𝖊 le reazioni, ad archiviare il prima per concentrarsi sul dopo.
S'era creato dei 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖎 per affrontare quel 𝖒𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖈𝖆𝖔𝖙𝖎𝖈𝖔, dove era pressocchè impossibile rimanere 𝖋𝖊𝖉𝖊𝖑𝖎 𝖆 𝖘𝖊́ 𝖘𝖙𝖊𝖘𝖘𝖎.

Non rinnegava chi fosse.
Non s'era mai vergognato di provenire dalle cloache, non s'era mai imbarazzato della professione di sua madre come mai aveva coperto quelle macchie che gli avevano fruttato non altro che dileggio.
Era stato un bambino 𝖒𝖆𝖓𝖘𝖚𝖊𝖙𝖔, 𝖉𝖔𝖈𝖎𝖑𝖊... differente dalla vivacità violenta che spesso caratterizzava i suoi coetanei nella becera lotta per la sopravvivenza.
Aveva imparato come la miglior arma di difesa fosse sconcertare l'altro:
«𝑆𝑒 𝑡𝑖 𝑑𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑢𝑛 𝑝𝑢𝑔𝑛𝑜, 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑜... 𝑐𝒉𝑖𝑒𝑑𝑖 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑝𝑖𝑢𝑡𝑡𝑜𝑠𝑡𝑜» gli aveva insegnato la buon anima di sua madre, che di pugni dalla vita ne aveva ricevuti fin troppi.

Non concedeva facilmente la soddisfazione di vederlo 𝖋𝖗𝖆𝖌𝖎𝖑𝖊 𝖓𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖘𝖚𝖆 𝖎𝖓𝖘𝖔𝖋𝖋𝖊𝖗𝖊𝖓𝖟𝖆, nella sua 𝖗𝖆𝖇𝖇𝖎𝖆, nella sua 𝖎𝖓𝖙𝖎𝖒𝖎𝖙𝖆̀ 𝖙𝖚𝖙𝖙'𝖆𝖑𝖙𝖗𝖔 𝖈𝖍𝖊 𝖉𝖊𝖇𝖔𝖑𝖊.
Non aveva avuto l'occasione d'esser bambino, quelli come lui dovevano presto crescere e mentre s'affogava nella merda, non c'era spazio per 𝖚𝖑𝖙𝖊𝖗𝖎𝖔𝖗𝖊 𝖊𝖌𝖔𝖎𝖘𝖒𝖔, ma solo di uno 𝖘𝖕𝖎𝖈𝖈𝖆𝖙𝖎𝖘𝖘𝖎𝖒𝖔 𝖆𝖒𝖔𝖗 𝖕𝖗𝖔𝖕𝖗𝖎𝖔.
S'era 𝖚𝖒𝖎𝖑𝖎𝖆𝖙𝖔 fino all'ultimo brandello e che mai nessuno osasse anche solo di pensare che non avesse sofferto, che non avesse sputato sangue.
Semplicemente aveva deciso di non rispondere a quella violenza con altra violenza.
Era caduto in ginocchio e non poteva far altro che trascinarsi fuori dal fondo, non poteva far altro che andare avanti: poteva essere 𝖉𝖎 𝖕𝖎𝖚̀, 𝖆𝖘𝖕𝖎𝖗𝖆𝖗𝖊 𝖆 𝖉𝖎𝖛𝖊𝖓𝖎𝖗𝖊 𝖚𝖓 𝖌𝖗𝖆𝖓𝖉𝖊.

Col tempo aveva compreso che infondo, a nulla serviva rivangare il passato, che sempre l'uomo provvederà odio per l'altro uomo e che ciò che è stato non si può cambiare ; ma possono mutare gli occhi di chi guarda.
Molti venivano definiti per il proprio passato, lui cercava di non esserlo, non lasciando che chi era influisse oltre, chi fosse diventato.
S'era lasciato scivolare addosso 𝖌𝖑𝖎 𝖔𝖉𝖎, 𝖑𝖊 𝖎𝖓𝖛𝖎𝖉𝖎𝖊, 𝖑𝖊 𝖒𝖆𝖑𝖊𝖑𝖎𝖓𝖌𝖚𝖊 di chi spinto dai pregiudizi, da intime gelosie aveva cercato di distoglierlo, di abbatterlo.

D'atteggiamento tendezialmente 𝖈𝖆𝖑𝖒𝖔 𝖊 𝖕𝖆𝖈𝖆𝖙𝖔, la sua 𝖗𝖎𝖘𝖊𝖗𝖛𝖆𝖙𝖊𝖟𝖟𝖆 è il frutto di una 𝖉𝖎𝖋𝖋𝖎𝖉𝖊𝖓𝖟𝖆 costruita nel tempo che alimenta un 𝖋𝖆𝖘𝖈𝖎𝖓𝖔 non scevro di una sana dose di 𝖆𝖑𝖙𝖊𝖗𝖎𝖌𝖎𝖆.
Poichè Maelyrion è 𝖕𝖎𝖊𝖓𝖆𝖒𝖊𝖓𝖙𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖘𝖈𝖎𝖔 𝖉𝖎 𝖈𝖍𝖎 𝖘𝖎𝖆, 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖘𝖚𝖊 𝖖𝖚𝖆𝖑𝖎𝖙𝖆̀, 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖘𝖚𝖊 𝖈𝖆𝖕𝖆𝖈𝖎𝖙𝖆̀.
Da adolescente 𝖎𝖓𝖘𝖎𝖈𝖚𝖗𝖔 e 𝖙𝖎𝖒𝖔𝖗𝖔𝖘𝖔 il tempo gli aveva concesso una sana dose di 𝖘𝖕𝖆𝖛𝖆𝖑𝖉𝖊𝖗𝖎𝖆 unita alla 𝖈𝖔𝖓𝖘𝖆𝖕𝖊𝖛𝖔𝖑𝖊𝖟𝖟𝖆 𝖈𝖍𝖊 𝖓𝖔𝖓 𝖋𝖔𝖘𝖘𝖊 𝖘𝖊𝖈𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖆 𝖓𝖊𝖘𝖘𝖚𝖓𝖔 contrariamente a quanto il resto del mondo ritenesse.

Aveva imparato bene cosa fosse l'attendere, la fatica, il 𝖉𝖔𝖛𝖊𝖗 𝖉𝖎𝖒𝖔𝖘𝖙𝖗𝖆𝖗𝖊 𝖌𝖎𝖔𝖗𝖓𝖔 𝖕𝖊𝖗 𝖌𝖎𝖔𝖗𝖓𝖔 𝖈𝖍𝖊 𝖑𝖚𝖎 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖆𝖛𝖆 𝖖𝖚𝖆𝖑𝖈𝖔𝖘𝖆.

𝕹𝖔𝖓 𝖆𝖚𝖙𝖔𝖗𝖎𝖙𝖆𝖗𝖎𝖔 bensì 𝖆𝖚𝖙𝖔𝖗𝖊𝖛𝖔𝖑𝖊, 𝖇𝖚𝖔𝖓𝖔 ma 𝖓𝖔𝖓 𝖘𝖈𝖎𝖔𝖈𝖈𝖔, chi gli aveva dato voce aveva presto imparato quanto questa potesse essere 𝖆𝖈𝖈𝖔𝖗𝖆𝖙𝖆, 𝖘𝖚𝖆𝖉𝖊𝖓𝖙𝖊, 𝖘𝖔𝖑𝖎𝖉𝖆 nell'esprimere la propria opinione.
Come fosse capace a conquistarsi goccia a goccia, la fiducia altrui o di quanti erano disposti ad ascoltarlo.

𝕻𝖗𝖆𝖌𝖒𝖆𝖙𝖎𝖈𝖔, risultava estremamente legato a suoi personalissimi ideali ed idealismi ripudiando la scaramanzia che derivava dall'ignoranza, rendendolo 𝖆𝖙𝖊𝖔, 𝖘𝖈𝖊𝖙𝖙𝖎𝖈𝖔 nei confronti delle religioni e delle superstizioni.
𝕮𝖔𝖒𝖕𝖔𝖘𝖙𝖊𝖟𝖟𝖆, 𝖉𝖎𝖘𝖈𝖗𝖊𝖟𝖎𝖔𝖓𝖊, 𝖕𝖚𝖓𝖙𝖚𝖆𝖑𝖎𝖙𝖆̀ rendono di lui un uomo 𝖆𝖋𝖋𝖎𝖉𝖆𝖇𝖎𝖑𝖊, caro da tenersi stretto nelle alleanza, in quanto 𝖆𝖕𝖊𝖗𝖙𝖔 𝖆𝖑 𝖉𝖎𝖆𝖑𝖔𝖌𝖔, 𝖆𝖑 𝖈𝖔𝖓𝖋𝖗𝖔𝖓𝖙𝖔 ma 𝖘𝖙𝖗𝖊𝖓𝖚𝖔 𝖉𝖎𝖋𝖊𝖓𝖘𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖎 𝖕𝖗𝖔𝖕𝖗𝖎 𝖕𝖗𝖔𝖕𝖔𝖘𝖎𝖙𝖎 𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖕𝖗𝖔𝖕𝖗𝖎𝖊 𝖕𝖔𝖘𝖎𝖟𝖎𝖔𝖓𝖎.

𝕬𝖕𝖕𝖆𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖆𝖙𝖔 e 𝖕𝖆𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖆𝖑𝖊 senza cadere in eccessi emotivi che avrebbero solo adombrato la figura dell" 𝖚𝖔𝖒𝖔 𝖈𝖆𝖗𝖎𝖘𝖒𝖆𝖙𝖎𝖈𝖔 che s'era costruita, più d'una volta la sua cortesia, un bel sorriso, una parola schietta gli avevano fruttato più risultati che se avesse mosso guerra.
Lui chi è, se l'è guadagnato sudando, ingoiando le lame affilate del lingue altrui... ha saputo sfruttare l'occasione che la vita gli ha parato davanti.
Lo studio, la voglia di sapere, la voglia di esplorare il cielo e le fondamenta della terra l'avevano innalzato fin dove ora si erge, un pilastro atto a plasmare le menti di giovani, futuri regnanti il che significava 𝖕𝖔𝖙𝖊𝖗𝖊: 𝖗𝖊𝖌𝖆𝖓𝖗𝖊 𝖊𝖌𝖑𝖎 𝖘𝖙𝖊𝖘𝖘𝖔.

𝕬𝖗𝖌𝖚𝖙𝖔, 𝖉𝖎 𝖚𝖓𝖆 𝖘𝖆𝖓𝖆 𝖎𝖗𝖔𝖓𝖎𝖆, 𝖉𝖊𝖘𝖎𝖉𝖊𝖗𝖔𝖘𝖔, 𝖉𝖊𝖉𝖎𝖙𝖔 𝖆𝖑𝖑𝖊 𝖆𝖗𝖒𝖎 𝖖𝖚𝖆𝖓𝖙𝖔 𝖆𝖑𝖑𝖊 𝖈𝖔𝖓𝖔𝖘𝖈𝖊𝖓𝖟𝖊 nulla gli si potrebbe invidiare: da sempre abituato a non poter passare inosservato e per le sue fattezze e per il suo status.
Voci sussurrano spesso al suo orecchio che sarebbe lui, a dover sedere sul trono; voci atte a voler farlo inciampare a voler far crollare l'impeccabile figura d'un uomo che sembra aver a cuore null'altro che lo Stato.

La sua è una missione che va al di là del giusto e dello sbagliato, è la ricerca di un 𝖊𝖙𝖊𝖗𝖓𝖔 𝖗𝖎𝖙𝖔𝖗𝖓𝖔 𝖆𝖑𝖑'𝖚𝖌𝖚𝖆𝖑𝖊, di un 𝖊𝖖𝖚𝖎𝖑𝖎𝖇𝖗𝖎𝖔, di un ordine... del 𝖘𝖚𝖔 𝖔𝖗𝖉𝖎𝖓𝖊 che è pronto a difendere con ogni mezzo.
Nessuno mai aveva notato infondo ai suoi occhi, come s'𝖆𝖌𝖎𝖙𝖆𝖘𝖘𝖊 𝖎𝖓𝖖𝖚𝖎𝖊𝖙𝖆 𝖚𝖓𝖆 𝖕𝖔𝖟𝖟𝖆 𝖉𝖎 𝖘𝖆𝖓𝖌𝖚𝖊.

⁷ 𝕾𝔱𝔬𝔯𝔦𝔞 ⟢ ᴅᴇ ᴄɪɴᴇʀɪ sᴜʀɢᴏ

Era nato tra i liquami e il lezzo di uno dei più fatiscenti ma altrettanto frequentati 𝖕𝖔𝖘𝖙𝖗𝖎𝖇𝖔𝖑𝖎 di 𝕱𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝕻𝖚𝖑𝖈𝖎 e mentre sua madre partoriva lui, il 𝖋𝖗𝖚𝖙𝖙𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝖕𝖊𝖈𝖈𝖆𝖙𝖔, lasciata sola in una stanza lurida nell'attesa che lei o il feto morissero, la gente si riversava per le strade: ipocrita, esultante, ubriaca per la nascita del 𝕻𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝕮𝖆𝖘𝖆 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓.
Null'altro lui sarebbe stato invece, che il 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖋𝖔𝖌𝖓𝖆.

𝕴𝖓𝖎𝖗𝖆 𝕹𝖊𝖘𝖙𝖆𝖗𝖎𝖘 aveva avuto solo diciassette anni quand'ebbe la sciagura d'incontare in spirito e carne l'allora 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖊 𝕬𝖊𝖌𝖔𝖓 𝕴𝖁 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓.
Il 𝖇𝖔𝖈𝖈𝖎𝖔𝖑𝖔 𝖉𝖎 𝕷𝖞𝖘⁵ -com'era allora conosciuta tra le schiave di piacere dell' 𝕬𝖙𝖗𝖎𝖔 𝖉𝖎 𝕽𝖍𝖆𝖊𝖓𝖞𝖘, il bordello in cui lavorava- per mesi aveva intessuto quella relazione col giovanissimo principe.
Infranta fu la promessa d'una vita migliore, da parte di un imberbe annebbiato dai fumi del sesso e dell'alcool e lasciandola con la sciagura d'una gravidanza.
Non era raro, in quel mondo marcio che una donna come lei restasse incinta e non raro era altrettanto che quell'incidente venisse presto cancellato.
Ma lei, l'aveva tenuto... aveva tenuto quel bambino.

Era cresciuto nel più 𝖓𝖔𝖇𝖎𝖑𝖊, 𝖒𝖎𝖘𝖊𝖗𝖔 𝖉𝖎𝖘𝖙𝖗𝖊𝖙𝖙𝖔 che 𝕬𝖕𝖕𝖗𝖔𝖉𝖔 𝖉𝖊𝖑 𝕽𝖊 potesse offrire, ricettacolo di reietti ed assassini dove il cielo azzurro non rifletteva la sua pace, nel 𝖇𝖚𝖎𝖔 di quelle strade.
Un 𝖍𝖆𝖗𝖊𝖒 di figli di madri, senza padri.
Era nato nel crudele mondo dei 𝖇𝖆𝖘𝖘𝖎𝖋𝖔𝖓𝖉𝖎 ma non se n'era fatto fagocitare: le prese in giro, le violenze l'avevano solo fatto crescere più velocemente.
Era stato un bambino sveglio, curioso oltremodo, dall'intelletto vivace, che voleva sapere... voleva capire perchè lì non ci fossero giardini come nelle favole.

La strada era la sua seconda casa: passava ore ed ore nei vicoli a tentare di capire la gente, a chiedere ai passanti cosa fosse questo o quello e spesso le risposte che ne riceveva erano solo risposte di scherno, o nel migliore dei casi un gesto scaramantico perchè lui era ❝─ 𝖉𝖎𝖛𝖊𝖗𝖘𝖔 ❞ ; nei peggiori un calcio.
Col tempo, aveva imparato a non piangere, quando la gente lo scacciava, lo picchiava, quando i ragazzini giocavano a ❝─ 𝖙𝖎𝖗𝖆 𝖎 𝖘𝖆𝖘𝖘𝖎 𝖆𝖑 𝖗𝖆𝖙𝖙𝖔❞ il qual topo, era quasi sempre, lui.
Non c'era spazio per le lacrime, non v'era clemenza che non fosse becera.

«𝐿𝑒 𝑒̀ 𝑐𝑎𝑑𝑢𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜, 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒».
Ricordava bene quando per la prima volta aveva incontrato 𝕯𝖊𝖗𝖗𝖎𝖐 𝕯𝖆𝖗𝖊, 𝖎𝖑 𝖗𝖎𝖌𝖆𝖙𝖙𝖎𝖊𝖗𝖊, aveva perso la cognizione del tempo e s'era allontanato un po' troppo.
Si era chinato ad accarezzargli i capelli, sorridendo col suo sorriso un po' sghembo e s'era offerto, per ricambiare la gentilezza, di accompagnarlo a casa «𝐷𝑜𝑝𝑜𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑏𝑒𝑛𝑒, 𝑐𝒉𝑒 𝑢𝑛 𝑏𝑖𝑚𝑏𝑜 𝑏𝑟𝑎𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑡𝑒, 𝑡𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡'𝑜𝑟𝑎 𝑑𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜».
«𝑉𝑒𝑑𝑒 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒... 𝑖𝑜 𝑎𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜, 𝑣𝑒𝑑𝑒? 𝐸̇ 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜, 𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑎𝑛𝑡𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑒 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑒 𝑚𝑎... 𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑖 𝑝𝑎𝑝𝑎̀, 𝑏𝑒𝒉... 𝑐'𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑜𝑛𝑒 𝑚𝑎 𝑡𝑢 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑖𝑟𝑙𝑜 𝑎 𝑛𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛𝑜 𝑓𝑎 𝑢𝑛 𝑠𝑎𝑎𝑎𝑐𝑐𝑜 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑎» aveva detto dall'alto delle spalle dell'uomo, mentre sua madre correva fuori dal postribolo pronta a rimproverare quel figlio che le dava tante pene coi suoi vagabondaggi.
«𝑀𝑎𝑒𝑙... 𝑀𝑎𝑒𝑙, 𝑐𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑐𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑜... 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝒉𝑜 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎𝑛𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑜𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑔𝑛𝑎 𝑒𝑠𝑡... » ma lui l'aveva subito rassicurata e lei non poteva altro che amare quel piccolo dagli occhi diversi.
«𝐿𝑢𝑖 𝑒̀ 𝐷𝑒𝑟𝑟𝑖𝑘, 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑚𝑖𝑜 𝑎𝑚𝑖𝑐𝑜» le aveva detto con l'entusiasmo di un frugolo di 𝖔𝖙𝖙𝖔 𝖆𝖓𝖓𝖎, mentre il padrone richiamava la donna ai suoi obblighi.

Erano stati per un periodo, felici dopo che s'erano sposati.
La mamma ora faceva solo la sua mamma, Derrik poi era divertente, li faceva ridere.
Lo portava in bottega, gli insegnava il mestiere, a leggere, a scrivere e lui si dimostrava un allievo segace ed intelligente... non avrebbe saputo definire quando aveva iniziato ad esse 𝖈𝖔𝖘𝖎̀ 𝖙𝖆𝖓𝖙𝖔 𝖌𝖊𝖓𝖙𝖎𝖑𝖊.
« 𝑀𝑎𝑒𝑙, 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑜...» gli accarezzava lascivo le guance, mentre la sua mano gli scivolava nelle brache e lui rimaneva in silenzio, impietrito, impaurito perchè 𝖎𝖓𝖋𝖔𝖓𝖉𝖔 𝖌𝖑𝖎 𝖕𝖎𝖆𝖈𝖊𝖛𝖆... perchè gli faceva ribrezzo.
Perchè era stato come ritornare indietro e lui non aveva avuto il coraggio di rovinarle quello sprazzo di lietezza, perchè era meglio accadesse a lui che era un bastardo, che alla donna che per lui era caduta tanto in basso.
Non avrebbe saputo dire quando l'alito di quell'uomo era divenuto così pesante di vino scadente, non avrebbe saputo dire quando aveva iniziato a violentare sua madre, ad offenderla...
𝕼𝖚𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖘𝖊𝖗𝖆, 𝖑'𝖆𝖛𝖊𝖛𝖆 𝖆𝖈𝖈𝖆𝖗𝖊𝖟𝖟𝖆𝖙𝖔 𝖎𝖑 𝖈𝖆𝖑𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖑 𝖘𝖆𝖓𝖌𝖚𝖊...

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15 ᴅᴇʟʟ'ᴏᴛᴛᴀᴠᴏ ᴍᴇsᴇ ᴅᴇʟ 161 ᴄᴀ

«𝐼𝑛𝑔𝑖𝑛𝑜𝑐𝑐𝒉𝑖𝑎𝑡𝑖, 𝑑𝑎 𝑏𝑟𝑎𝑣𝑜... 𝑠𝑡𝑎𝑠𝑒𝑟𝑎 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑎𝑛𝑛𝑜, 𝑚𝑒𝑟𝑖𝑡𝑖 𝑢𝑛 𝑟𝑒𝑔𝑎𝑙𝑜... 𝑠𝑡𝑎𝑖 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑖𝑛𝑜...» sua madre s'era da poco addormentata.
Derrik attendeva sempre la notte per sgusciare nella sua camera, per accarezzarlo, per toccarlo... per trastullarsi col suo corpo come una bambola.
E provava vergogna, e provava ribrezzo... ed Derrik lo minacciava che se non l'avesse fatto, avrebbe stuprato sua madre, fino a farla sanguinare... che l'avrebbe uccisa come era nata: una puttana.
Lui sapeva... sapeva che ne era capace perchè la miseria rendeva l'uomo una bestia.
Ma non quella sera.
S'era rifiutato, s'era dimenato, ma Derrik gli aveva tappato la bocca, l'aveva costretto ad inginocchiarsi, tirandolo per i capelli e cosa poteva un ragazzino di appena 𝖉𝖔𝖉𝖎𝖈𝖎 𝖆𝖓𝖓𝖎, tutto pelle ed ossa contro un uomo fatto e finito come quello?
«𝑀𝑖 𝑓𝑎𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑒...
𝐷𝑒𝑟𝑟𝑖𝑘 𝑛𝑜... 𝑛𝑜 𝑡𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑔𝑜... 𝐷𝑒𝑟𝑟𝑖𝑘 𝑛𝑜...» l'aveva trascinato per le scale della loro stamberga fino al salotto dove ancora il camino scoppiettante illuminava d'ombre la mobilia marcia.
«𝐷𝑒𝑟𝑟𝑖𝑘... 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑡𝑎 𝑠𝑢𝑐𝑐𝑒𝑑𝑒𝑛𝑑𝑜... » sua madre assonnata s'era affacciata dalla balaustra con lo scialle logoro e cadente sulle spalle ed aveva spalancato gli occhi bellissimi, a quella visione.
«𝑂𝒉... 𝑙'𝑎𝑙𝑙𝑒𝑔𝑟𝑎 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜𝑙𝑎 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑢𝑛𝑖𝑠𝑐𝑒... 𝑉𝑖𝑒𝑛𝑖... 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑚𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒... 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎 𝑡𝑢𝑜 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜, 𝑖𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑢𝑐𝑐𝒉𝑖𝑎 𝑏𝑒𝑛𝑒» Inira era confusa, scioccata da quell'accesso di violenza ingiustificata.
«𝑀𝑖 𝑓𝑎𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑒... 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎... 𝑛𝑜... 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑖 𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎𝑛𝑎... 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑒𝑣𝑒 𝑡𝑜𝑐𝑐𝑎𝑟𝑡𝑖... 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑡𝑜𝑐𝑐𝑎𝑟𝑙𝑎... 𝑓𝑎𝑟𝑜̀ 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑣𝑢𝑜𝑖, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒... » aveva iniziato a singhiozzare dalla paura che lui le facesse del male.
«𝑀𝑎𝑒𝑙... 𝐷𝑒𝑟𝑟𝑖𝑘... 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎...» l'uomo s'era voltato a guardarla ridendo sguaiato.
«𝑆𝑖 𝑑𝑎̀ 𝑖𝑙 𝑐𝑎𝑠𝑜, 𝐼𝑛𝑖𝑟𝑎... 𝑐𝒉𝑒 𝑡𝑢𝑜 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑠𝑖𝑎 𝑢𝑛 𝑡𝑖𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑛𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑚𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑐𝒉𝑒𝑡𝑡𝑖, 𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑢𝑐𝑐𝒉𝑖𝑎𝑐𝑎𝑧𝑧𝑖? 𝐸 𝑠𝑖 𝑑𝑖𝑎 𝑖𝑙 𝑐𝑎𝑠𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑖 𝑢𝑛 𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑎 𝑠𝑎𝑙𝑖𝑟𝑒 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑠𝑒𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑒𝑟𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑟𝑚𝑒𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑟𝑒𝑚𝑒𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑏𝑒𝑛𝑒» per la prima volta sentì qualcosa incrinarsi... le lacrime che non aveva versato per un'intera vita riversarsi sul suo viso come cascate d'un fiume in piena.
«𝑀... 𝑚𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒... 𝑚... 𝑚𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎» aveva singhiozzato.
«𝑆𝑎𝑖 𝑚𝑖𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑎... 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑐𝒉𝑖𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑢𝑑𝑖𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑟𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑎𝑝𝑒𝑟𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑎 𝑠𝑢𝑜 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒 𝑡𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑔𝑖𝑛𝑜𝑐𝑐𝒉𝑖𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑎𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜» e gli diede un ceffone «𝐶𝒉𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜» e gli diede un calcio.
«𝐶𝒉𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒...» ma la donna gli si scaraventò addosso, cercando di fermare la sua furia cieca nei confronti della sua stessa carne.
Fu un attimo... nella colluttazione avevano urtato uno specchio ormai ossidato che s'era infranto in grosse schegge...
«𝑁𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑡𝑜𝑐𝑐𝑎𝑟𝑒... 𝑠𝑐𝒉𝑖𝑓𝑜𝑠𝑜... 𝑙𝑢𝑟𝑖𝑑𝑜 𝑚𝑎𝑖𝑎𝑙𝑒» aveva stretto il coccio fino a tagliarsi il palmo, mentre lo scagliava nella gola dell'uomo chino su sua madre pronto a rendere a lei il favore di cui lui si era rifiutato.
Il calore del sangue gli toccò il viso, mentre colpiva e colpiva e colpiva, febbricitante

«𝑅𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑚𝑖 𝑑𝑖 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒» le aveva chiesto.
«𝑀𝑎𝑚𝑚𝑎... » lei lo aveva guardato con le lacrime, col cadavere riverso al suolo tra di loro « 𝑀𝑎𝑚𝑚𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑝𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑒𝑟𝑎 𝑚𝑎𝑙𝑒𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜.. 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎 𝑖𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑒̀ 𝐴𝑒𝑔𝑜𝑛 𝐼𝑉 𝑇𝑎𝑒𝑔𝑎𝑟𝑦𝑒𝑛».
Gli aveva raccontato tutto, commossa ma senza piangere.
«𝑀𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎... 𝑙𝑢𝑖... 𝑙𝑢𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑔𝑖𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑎𝑙𝑒»
«𝐷𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖 𝑀𝑎𝑒𝑙𝑒𝑟𝑦𝑜𝑛... 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖 𝑐𝒉𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑜 𝑎𝑛𝑑𝑟𝑎𝑖 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒, 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖 𝑐𝒉𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑛𝑑𝑟𝑎𝑖 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑡𝑢𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒. 𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑜 𝑒 𝑡𝑒 𝑎𝑑𝑒𝑠𝑠𝑜» fu la prima volta che si sentì chiamato col suo vero nome.

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«𝐶𝒉𝑖 𝑟𝑖𝑐𝒉𝑖𝑒𝑑𝑒 𝑢𝑑𝑖𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎 𝑅𝑒 𝐵𝑎𝑒𝑙𝑜𝑟, 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑛𝑜𝑚𝑒, 𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝐴𝑛𝑑𝑎𝑙𝑖, 𝑑𝑒𝑖 𝑅𝑜𝒉𝑦𝑛𝑎𝑟 𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑜 𝑈𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖, 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑆𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑅𝑒𝑔𝑛𝑖 𝑒 𝑃𝑟𝑜𝑡𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑅𝑒𝑎𝑚𝑒?»
La voce del ciambellano gli aveva smosso un brivido lungo la schiena.
Fece un passo avanti, attingendo a quella forza che per tanti anni l'aveva preservato. Perchè si trattava di allora o mai più.
Una benda gli copriva la metà del viso corrotta... s'era figurato in sogno tante volte quel momento, quel riconoscimento da parte di suo padre... quell'accoglienza da parte della famiglia di cu in cuor suo sapeva di aver diritto di far parte.
«𝐼𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑒̀ 𝑀𝑎𝑒𝑙 𝑊𝑎𝑡𝑒𝑟𝑠» al voce ancora non matura di un ragazzino di 𝖖𝖚𝖆𝖙𝖙𝖔𝖗𝖉𝖎𝖈𝖎 𝖆𝖓𝖓𝖎 aveva rimbombato lungo le pareti della Fortezza come se mille risate lo stessero in quel momento schernendo.
«𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑞𝑢𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒» aveva passato lo sguardo per l'intera sala, alla ricerca di quegli occhi che sperava l'avrebbero riconosciuto.
Lo sconcerto si dipinse sullo sguardo del sovrano che avrebbe potuto avere pochi anni in più di quel ragazzetto ansioso di perorare la sua causa.
«𝑉𝑒𝑑𝑒𝑡𝑒... 𝑚𝑖𝑎 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑒̀ 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑎, 𝒉𝑎 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑟𝑒... 𝐴 𝐹𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑃𝑢𝑙𝑐𝑖 𝑐'𝑒̀ 𝑢𝑛'𝑒𝑝𝑖𝑑𝑒𝑚𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑓𝑙𝑢𝑠𝑠𝑜 𝑠𝑎𝑛𝑔𝑢𝑖𝑛𝑎𝑛𝑡𝑒, 𝑙𝑒... 𝑙𝑒 𝑐𝑙𝑜𝑎𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜... 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑑𝑒 𝑝𝑢𝑙𝑙𝑢𝑙𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑧𝑧𝑢𝑚𝑒... 𝑙𝑒... 𝑙𝑒 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑒 𝑟𝑒𝑓𝑙𝑢𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑚𝑖𝑛𝑎𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑐𝑎 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎 𝑑𝑜𝑙𝑐𝑒 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒... 𝐻𝑜, 𝑒𝑐𝑐𝑜... 𝒉𝑜 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑟 𝑏𝑜𝑛𝑖𝑓𝑜𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑧𝑜𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑛... 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑒𝑣𝑒 𝑒 𝑝𝑜𝑚𝑝𝑒 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎𝑛𝑒𝑒. 𝐼𝑜... »⁶ aveva tirato fuori dei rotoli di pergamena, alcuni, nella sbadata emozione erano caduti in terra.
Maelyrion aveva tirato un sospiro, mentre già le guardie s'apprestavano a scacciar via quel tipo molesto... umiliato, al centro della corte chiedeva solo una cosa: pietà per ogni suo peccato, pietà per la donna che l'aveva partorito.
«𝐼𝑜... 𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑟𝑒𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑚𝑖 𝑎𝑠𝑐𝑜𝑙𝑡𝑎𝑡𝑒... 𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑟𝑒𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎... 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒 𝐴𝑒𝑔𝑜𝑛 𝑠𝑎𝑝𝑝𝑖𝑎 𝑐𝒉𝑒 𝑙𝑒𝑖 𝑠𝑡𝑎 𝑚𝑜𝑟𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑀𝑎𝑒𝑙𝑦𝑟𝑖𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑣𝑖𝑣𝑜.»
Un solo... un briciolo di riconoscimento.
Si inginocchiò, dinanzi a quel re che sapeva clemente, inalando per cercare di calmare il battito accelerato.
Si sciolse la benda, rivelando l'occhio più viola delle ametiste incastonate nella corona ed una voce profonda, gli colpì le orecchie.
La voce di suo padre.
«𝑃𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑠𝑔𝑜𝑟𝑏𝑖𝑜, 𝑣𝑖𝑎 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑣𝑖𝑠𝑡𝑎».

«𝑉𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒» alzò lo sguardo arrossato, ritrovandosi innanzi iridi così simili alle sue, mentre la mano candida del ragazzo era tesa nella sua direzione.
Era la stessa rabbia... lo stesso odio che aveva provato nell'uccidere Derrek...
Sua madre aveva avuto ragione, ed ora lui era lì a supplicare per un uomo che l'aveva rifiutato... che l'aveva allontanato come chiunque altro.
«𝑁𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑝𝑜𝑛𝑠𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑜𝑟𝑎, 𝑑𝑖 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑎 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒».
Se Maelyrion avesse mai avuto qualcosa da perdere, allora avrebbe perso tutto, stringendo quella mano pur di salvare ciò che di una famiglia gli restava.

Erano cresciuti fianco a fianco.
Erano divenuto uomini assieme: 𝕬𝖊𝖌𝖆𝖗𝖆𝖝 era divenuto colui che per la prima volta l'aveva fatto sentire importante.
Gli aveva ridato una voce, una dignità, un'identità: non era più il 𝖒𝖊𝖙𝖎𝖈𝖈𝖎𝖔 𝖒𝖆𝖈𝖚𝖑𝖆𝖙𝖔, non era più 𝕸𝖆𝖊𝖑𝖊𝖗𝖞𝖔𝖓 𝖂𝖆𝖙𝖊𝖗𝖘, il cencioso ragazzo-ombra di fondo delle pulci ma 𝕸𝖆𝖊𝖑𝖞𝖗𝖎𝖔𝖓 𝕹𝖊𝖘𝖙𝖆𝖗𝖎𝖘, 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖔 𝖕𝖆𝖌𝖌𝖎𝖔, 𝖕𝖗𝖊𝖈𝖊𝖙𝖙𝖔𝖗𝖊 𝖊 𝖙𝖚𝖙𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖎 𝖕𝖗𝖎𝖓𝖈𝖎𝖕𝖎 𝖉𝖎 𝕮𝖆𝖘𝖆 𝕿𝖆𝖗𝖌𝖆𝖗𝖞𝖊𝖓.
La sua figura era vista con sconcerto a corte, la loro amicizia insita in sè nascondeva il frutto della loro distruzione... agli occhi di tutti era solo un quello che per tutta la vita era stato: un bastardo, un arrampicatore sociale, la pericolosa 𝖔𝖒𝖇𝖗𝖆 𝖉𝖊𝖑 𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔.
Lui più d'ogni altro.
L'aveva guardato in viso, al capezzale di loro padre e per la prima volta aveva percepito Aegarax come un totale estraneo.

⁵ ⁱⁿⁱʳᵃ ᵉʳᵃ ᵒʳⁱᵍⁱⁿᵃʳⁱᵃ ᵈⁱ ʸᵘⁿᵏᵃⁱ. ˢᵘᵒ ᵖᵃᵈʳᵉ ᵉʳᵃ ᵘⁿ ᵐᵉʳᶜᵃⁿᵗᵉ ᵈⁱ ˢᶜʰⁱᵃᵛⁱ, ᶜᵃᵈᵘᵗᵒ ⁱⁿ ˢᵉᵍᵘⁱᵗᵒ ⁱⁿ ᵈⁱˢᵍʳᵃᶻⁱᵃ ᵖᵉʳ ᵈᵉⁱ ᵐᵃˡᵃᶠᶠᵃʳⁱ. ᶠᵘ ᶜᵒˢᵗʳᵉᵗᵗˡᵐᵒ ᵃ ᵛᵉⁿᵈᵉʳᵉ ˡᵃ ˢᵘᵃ ˢᵗᵉˢˢᵃ ᶠⁱᵍˡⁱᵃ ᶜᵒᵐᵉ ˢᶜʰⁱᵃᵛᵃ ᵈⁱ ᵖⁱᵃᶜᵉʳᵉ ᵃ ˡʸˢ ᵖᵘʳ ᵈⁱ ˢᵃˡᵛᵃʳˢⁱ ˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ. ᵃˡˡ'ᵉᵖᵒᶜᵃ, ⁱⁿⁱʳᵃ ᵃᵛᵉᵛᵃ ˢᵒˡᵒ ⁿᵒᵛᵉ ᵃⁿⁿⁱ.
ᵛᵉⁿᵉⁿᵈᵒ ᵈᵘⁿᵠᵘᵉ ᵃⁱ ᶠᵃᵗᵗⁱ, ᵉˢˢᵃ ⁿᵒⁿ ʰᵃ ⁱ ᵗʳᵃᵗᵗⁱ ᵗⁱᵖⁱᶜⁱ ˡʸˢⁱᵃⁿⁱ: ᵖᵉˡˡᵉ ᶜʰⁱᵃʳᵃ, ᵒᶜᶜʰⁱ ᵃᶻᶻᵘʳʳⁱ, ᶜᵃᵖᵉˡˡⁱ ᵇⁱᵒⁿᵈⁱ ᵐᵃ ᵖᵉˡˡᵉ ᵃᵐᵇʳᵃᵗᵃ, ᵒᶜᶜʰⁱ ᵈᵉˡˡᵃ ᵍᵃᵐᵐᵃ ᵈᵃˡ ⁿᵒᶜᶜⁱᵒˡᵃ ᶜʰⁱᵃʳᵒ ᵃˡˡ'ᵒˢˢⁱᵈⁱᵃⁿᵃ ᵉ ᶜᵃᵖᵉˡˡⁱ ˢᶜᵘʳⁱ ᵈᵃⁱ ʳⁱᶠˡᵉˢˢⁱ ʳᵃᵐᵃᵗⁱ ᵗⁱᵖⁱᶜⁱ ᵈᵉˡˡᵉ ᶠᵃᵗᵗᵉᶻᶻᵉ ᵍʰⁱˢᶜᵃʳⁱ.

⁶ ⁿᵉˡ ᵖᵉʳⁱᵒᵈᵒ ˢᵘᶜᶜᵉˢˢⁱᵛᵒ ᵃˡˡᵃ ᵐᵒʳᵗᵉ ᵈⁱ ᵈᵉʳʳᵉᵏ, ˢᵘᵃ ᵐᵃᵈʳᵉ ᵃᵛᵉᵛᵃ ʳⁱᵖʳᵉˢᵒ ᵃ ˡᵃᵛᵒʳᵃʳᵉ ᶜᵒᵐᵉ ᵈᵒⁿⁿᵃ ᵈⁱ ᵖⁱᵃᶜᵉʳᵉ ᵐᵉⁿᵗʳᵉ ˡᵘⁱ ᵉʳᵃ ᵈⁱᵛᵉⁿᵗᵃᵗᵒ ᵃᵖᵖʳᵉⁿᵈⁱˢᵗᵃ ᵐᵃⁿᵒᵛᵃˡᵉ.
ⁱˡ ᵛᵃᵖᵒ ᵈᵉˡ ᶜᵃⁿᵗⁱᵉʳᵉ ᵗᵘᵗᵗᵃᵛⁱᵃ ᵃᵛᵉᵛᵃ ⁿᵒᵗᵃᵗᵒ ˡᵃ ˢᵘᵃ ᵖʳᵒᵖᵉⁿˢⁱᵒⁿᵉ ᵉᵈⁱˡⁱᶻⁱᵃ ᵠᵘᵃⁿᵈᵒ ᵐᵃᵉˡʸʳⁱᵒⁿ ᵃᵛᵉᵛᵃ ˢᵘᵍᵍᵉʳⁱᵗᵒ ᵘⁿᵃ ᵐᵒᵈⁱᶠⁱᶜᵃᵃᵈ ᵘⁿ ᶜᵒⁿᵗʳᵃᶠᶠᵒʳᵗᵉ. ˡ'ᵃᵛᵉᵛᵃ ᵈᵘⁿᵠᵘᵉ ⁱⁿⁱᶻⁱᵃᵗᵒ ᵃˡˡᵃ ᵖʳᵃᵗⁱᶜᵃ ᵈᵉˡˡᵃ ᵖʳᵒᵍᵉᵗᵗⁱˢᵗⁱᶜᵃ.

☬

«𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑡𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑠𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑠𝑡𝑖 𝑎 𝑠𝑢𝑝𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑒: 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑒𝑖 𝑑𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑖, 𝑠𝑜𝑙𝑡𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑟𝑐𝑖»
« 𝑆𝑒 𝑡𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑑𝑖𝑟𝑜̀, 𝑚𝑖 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑖 »
«𝑁𝑜𝑛 𝑙𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑎𝑖»
«𝑃𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑛𝑜?»
«𝑃𝑒𝑟𝑐𝒉𝑒̀ 𝑚𝑜𝑟𝑖𝑟𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑐𝒉𝑒 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑖 𝑠𝑓𝑖𝑜𝑟𝑖»
«𝑆𝑝𝑒𝑟𝑜 𝑐𝒉𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑎 𝑢𝑛 𝑎𝑑𝑑𝑖𝑜, 𝐴𝑒𝑔𝑎𝑟𝑎𝑥. 𝑆𝑝𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑖𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑢𝑛 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖»
«𝐿𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀»

⁸𝕺𝔟𝔦𝔢𝔱𝔱𝔦𝔳𝔦 ⟢ sᴜᴘᴇʀ ɴᴏs, ᴄɪᴇʟᴏ

⟢ 𝖛𝖔𝖝 𝖕𝖔𝖕𝖚𝖑𝖎: per troppo tempo era rimasto in silenzio, per troppo tempo la sua voce era rimasta inascoltata,
per continuare a tacere innanzi alla condizione di miseria che volente o nolente dilagava tra il popolo.
Ancor prima che Aegarax possedesse la corona, quella era la 𝖘𝖚𝖆 𝖌𝖊𝖓𝖙𝖊 e lui il 𝖘𝖚𝖔 𝖕𝖔𝖗𝖙𝖆𝖛𝖔𝖈𝖊, il 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖔 𝖙𝖗𝖆 𝖌𝖑𝖎 𝖚𝖑𝖙𝖎𝖒𝖎.

⟢ 𝖋𝖆𝖒𝖎𝖑𝖎𝖆: Quanti altri avevano avuto la sciagura di nascere dal seme perverso di Aegon? Non per solo buon cuore s'era arrogato il diritto di volerli ritrovare, quanto per la curiosità di quegli incontri... voleva bere le loro storie, conoscere le loro vite, le loro ragioni.
Osservarli da lontano, controllarli come un guardiano

⟢ 𝖎𝖚𝖘𝖙𝖎𝖙𝖎𝖆 𝖒𝖚𝖓𝖉𝖎: rientrava nello schema di quell'equilibrio, di quell'ordo che s'era a fatica conquistato.
La giustizia era un concetto così... semplice, ma che veniva complessato, intricato per stravolgere la realtà.
Non aveva avuto l'onore di viverla sulla sua pelle: 𝖛𝖆𝖑𝖆𝖗 𝖒𝖔𝖗𝖌𝖍𝖚𝖑𝖎𝖘.

⁹𝕮𝔲𝔯𝔦𝔬𝔰𝔦𝔱𝔞̀ ⟢ ᴄᴏᴍɪᴛɪᴀ

⟢ 𝖋𝖗𝖆𝖌𝖒𝖊𝖓𝖙𝖚𝖒: s'era ormai ossidata, quella scheggia di vetro che gli aveva donato la libertà, ma a quale prezzo? Quello di renderlo un assassino... se ci si rifletteva dentro si riscopriva quel bambino schizzato di sangue, con gli occhi invasi dalla folle lussuria che solo chi abbia mai ucciso può aver sperimentato.
Era la scintilla del potere.
La scintilla di aver avuto la facoltà di togliere a vita ad un uomo... non aveva provato disgusto per sé stesso.
Era stato così incredibilmente, corretto e per quanto aborriva il sangue era pronto a rifarlo.
Era stato così maledettamente bello, vederlo soffocare nel suo stesso flusso.
Stringeva nel palmo quel vetro rotto, il cui filo coincideva come un pezzo ad incastro al tessuro cicatriziale che s'era creato a causa dello sforzo convulso con cui l'aveva stretto e sentiva alcune goccioline stillare, d'un rosso vivo, scarlatto...

⟢ 𝖓𝖊𝖝𝖎: s'affezzionava in modo lento e costante. Preferiva tuttavia restare al limitare di una conoscenza basata sul reciproco rispetto che dare agli altri il piena concessione del suo cuore. Si contavano sulle dita della mano le persone con cui poteva dire d'aver creato davvero qualcosa di profondo per via di una 𝖕𝖊𝖘𝖘𝖎𝖒𝖎𝖘𝖙𝖎𝖈𝖆, 𝖕𝖆𝖗𝖆𝖓𝖔𝖎𝖈𝖆 𝖉𝖎𝖋𝖋𝖎𝖉𝖊𝖓𝖟𝖆.
Di tanto in tanto tuttavia, si era concesso ai 𝖕𝖎𝖆𝖈𝖊𝖗𝖎 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖈𝖆𝖗𝖓𝖊, sentendo il desiderio di volersi legare a qualcuno... qualcosa che andasse oltre quella facciata di stima di coloro che erano costretti a far buon viso a cattivo gioco.
Aveva sperimentato in più occasioni, il 𝖘𝖊𝖘𝖘𝖔, quello vero andando oltre il 𝖉𝖎𝖘𝖌𝖚𝖘𝖙𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖊 𝖛𝖔𝖑𝖙𝖊... per quanto traumatizzante fossero stati quei momenti, per quanto talvolta gli paresse di sentire di notte, il fiato fetido di Derrik sul collo.
Aveva scoperto quale fosse il 𝖛𝖊𝖗𝖔 𝖕𝖎𝖆𝖈𝖊𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖑𝖑'𝖆𝖒𝖕𝖑𝖊𝖘𝖘𝖔, le differenze d'una notte trascorsa con 𝖉𝖔𝖓𝖓𝖊 e per un'inspiegabile bisogno, seppur assai raramente, 𝖚𝖔𝖒𝖎𝖓𝖎. Di come fosse una questione non solo di corpi, ma di menti.
Provava ribrezzo al solo pensiero di quel che suo padre aveva fatto...

⟢ 𝖓𝖊𝖗𝖔: era piuttosto una mera questione d'estetica, ma preferiva indossare quasi esclusivamente vesti del colore del buio, che facessero risaltare il candore delle sue macchie

⟢𝖆𝖘𝖙𝖗𝖆: aveva sete di verità la verità era nelle stelle. S'annoverava tra le sue più care passioni, lo scrutare il cielo per ore, di notte, nel silenzio dell'osservatorio a mappare la volta celeste, ad interpretare i mutamenti delle stagioni, i movimenti.
Erano formiche sotto un cielo da giganti.

┗━━━━•⟢• ━ ☬ ━ •⟣•━━━━┛

𝕭𝖎𝖘𝖐'𝖘 𝖐𝖎𝖙𝖈𝖍𝖊𝖓

ᵖⁱᵍˡⁱᵃᵗᵉᵛⁱ ᵘⁿ ᵇⁱˢᶜᵒᵗᵗᵒ

Credo che mi verrà la sindrome del carpale per quanto velocemente ho mosso i pollici per digitare.
Vorrei fare alcune precisazioni:

1. non è presente la voce ❝─ 𝖗𝖊𝖑𝖆𝖟𝖎𝖔𝖓𝖎 ❞ in quanto con molte persone non ho ancora avuto modo del tutto di chiarire ma non è solo questa la motivazione.
Quanto piuttosto il lasciare nel vago, possa spronarmi a ruolare e a definire volta per volta le varie interazioni fungendomi da stimolo.

2. ho davvero accorciato i tempi in una maniera atroce per rispettare le scadenze perchè come mio solito, la svogliatezza di iscrivermi ad una role, impegnarmici e poi guardarla morire bloccano quelli che possono essere i tentativi di partecipare.
Finchè qualcuno non mi coinvolge, spronandomi a tentare e per questo ringrazio quanti imperterriti hanno minacciato la mia persona a dover assolutamente partecipare.

3. la scheda non è perfetta, me ne rendo conto e vi prego di farmi notare eventuali errori di date, eventi e quant'altro perchè potrei aver fatto un melting pot atroce.
Non nascondo che ho avuto seria difficoltà nella stesura e il perfezionismo che deriva da voler consegnare qualcosa di ben fatto mi sta facendo nascere mille e mille dubbi.
L' insoddisfazione sta largamente prendendo piede, ma so che é solo il mio cervello.