❹ ☼ 𝙈𝙮 𝙚𝙮𝙚𝙨 𝙞𝙣 𝙮𝙤𝙪𝙧𝙨 ☼

~ ti riconoscerei lo stesso, anche qui.
In fondo certe notti, o con un foulard sugli occhi.
Il tuo sguardo era il mio specchio, e ci vivevo dentro.
Ora siamo un faro spento nel buio più violento.

Ci pensi mai, a qualche anno fa?
Noi come luce e ombra.
Nello Skyline di questa città.

Balla Bolero il cuore, è l'unica percussione.

Tutta l'estate che manca, è in una goccia di vino che bagna le labbra.
E dove sei?
Dimmelo tu.
Ti aspetterò dove il sole incontra il leone.
Senza parole, dov'è il tuo nome?
Trova il mio nome, la notte ci muove.
E mi rimane, la sensazione, se il sole passa mi lascia il calore. ~

Bolero ( Baby k ft. Mika )

{ Arial Black }

Dopo essere tornati a casa da scuola, ognuno sta per conto suo.
Io mi faccio un toast, per non rimanere a digiuno e prendere le mie pastiglie.
Anche se ho una nausea disarmante, lo preparo.
Ripeto a me stessa come può sempre farmi stare così, senza senso, a voce molto bassa.
Non vuole nemmeno l'altro che gli ho offerto di fargli.

E quando io torno su, lui va giù.
Vivere in questo posto è come stare in una gabbia per uccellini.
Sarà pure bello e grande, questo attico, ma è una prigione, perché io non posso uscire mai.
A parte per andare a scuola.

E anche in farmacia, ma sempre con lui e i suoi due bodyguard, Seth Poison e Adam Grant.
Li ho scoperti stamattina.
Una specie di domandone, ma che diavolo ci facevano quei due lì?

poche ore prima...

~ Sono scesa senza degnarlo di uno sguardo.
Di certo i suoi genitori non lo hanno cresciuto come si deve.

Stavo per entrare in bagno, quando al piano terra sentivo il rumore di morsi e risate soffocate.
La mia curiosità ha avuto la meglio, e appena arrivata in cucina, ho visto sul tavolo i gomiti di due Men in Black, con occhiali da sole e capelli ben tirati a lucido con quintali di gel.
«E voi due chi diavolo siete!?»
Ho sbottato.

Devono essersi presi un infarto, perché si sono girati di scatto, e appena mi hanno vista, sono entrati nel panico.
Saltati giù dalle sedie, erano spaesati.

«Merda, se Blake sa che lei ci ha scoperti, ci licenzia!»
Ha detto il primo.

«Nono, lui prima ci licenzia, e poi ci ammazza!»
Ribatte il secondo, con una voce molto pesante.

Dietro di me sentivo dei passi, che si sono bloccati a poca distanza dalla sottoscritta.
«Che cosa non vi è chiaro della mia richiesta di assoluto silenzio e invisibilità!?»

Mi ha toccato la spalla, facendomi girare verso di lui.

«Abby, perdona il loro modo di fare un po'... Rustico e molto sull'attenti.
Sono i miei bodyguard, Adam Grant e Seth Poison.
Erano dei comandanti della marina militare degli U.S.A.»

Mi hanno salutato educatamente.

«Ci perdoni signorina Asher, non volevamo recarle turbamenti...»
Erano entrambi preoccupati e mortificati.
I loro occhi erano supplichevoli come quelli di due cuccioli smarriti.
Mi sono sentita una stronza... Non potevo farli sentire in colpa!

«Non dovete giustificarvi, e per favore, datemi del tu.
Abigail o Abby vanno più che bene.» ~

Alla fine ho scoperto che sono anche suoi amici, in un certo senso.
Mi chiedo come possano quei due riuscire a sopportare uno del genere.

Entrambi sono molto carini, lo ammetto.
Ma soprattutto, sono molto educati.

Mi alzo dal letto e vado a prendere dalla valigia l'ultimo libro che mamma mi ha regalato, "The love on the edge".
Vado sulla panca ben rifornita di tutti i miei oggetti.
Penna, evidenziatori, e molto altro.

Accarezzo la copertina del libro.
È blu, con intagli dorati che si intersecano tra di loro.
È lungo, come romanzo, ma ne varrà la pena leggerlo fino all'ultimo capitolo.
Mi immergo in questa storia, ma appena sento il bisogno di dormire, vedo che sono le dieci e quarantacinque.
Vado a cambiarmi, e le braccia di Morfeo mi cullano in un sogno che non ricordo appena tocco il letto.

Suona la mia sveglia, l'unica soluzione a tutti i miei problemi grazie alle sue parole.
Lo sento sbuffare.
«Ma la spegni quella suoneria da bambine?»
Stringo i pugni, evitando così di diventare irascibile già di prima mattina.
«Rise di League of Legends ti sembra una canzone da bambine?»
Gli rispondo stizzita.

«Fatto sta che comunque è completamente da pazze mettere una suoneria a tutto volume di questo genere e a quest'ora!»

«Senti chi parla, da che pulpito poi!»
Fa finta di niente.
«Muoviti ad alzarti, una ragazza che sta sul letto ogni notte è già troppo di incomodo.»

Che stronzo.

Mi giro e le mie curve lo attirano subito.

Idiota.

«Oh, non lo sapevo, vostra grazia.
Non pensavo che questo letto era esclusivamente un materasso per giochi sessuali molto perversi.»

«Bada a come parli, ragazzina.
Ti piace proprio istigarmi, eh?»
La mia voce trasmette innocenza.
«È puramente incluso nel pacchetto "pezzo di merda".»
E l'ultima frase la metto tra le virgolette che faccio con le mani.
Alza gli occhi al cielo e si tira su scocciato.

Va a prendere i vestiti, e poi mi parla, senza girarsi nella mia direzione.
«Oggi non andiamo a scuola.»
Mi siedo istintivamente.
«Come, prego?»

«Mi hai sentito benissimo.
Ho detto che oggi non andiamo a scuola.
Ho altro da fare.»
C'era da aspettarselo.
Mi sono illusa che avrebbe preso sul serio il suo ruolo, ma a quanto pare l'ho sopravvalutato.
«Beh, io ci vado.»

«Oh, non pensarci neanche.
Tu stai qui.
Prova a contraddirmi.
Vediamo se ci riesci.»
Incrocia le braccia e si appoggia al muro, aspettando una mia reazione.
Mi alzo tranquillamente prendendo le mie cose, e mi dirigo in bagno.

Mi levo il pigiama, e mi faccio una doccia veloce, legando i capelli per evitare di bagnarli.
L'acqua fresca mi fa smettere di pensare, o di preoccuparmi per la miriade di problemi che ho.

Esco e mi asciugo, e dopo essermi vestita, sciolgo i capelli, che rimangono un groviglio di ricci.

Appena riapro la porta, mi ritrovo davanti il gigante.
«Scommetto che volevi solo vedere che cosa avrei fatto.»
Lo fisso.
«Anche se fosse?
Almeno io il coraggio ce l'ho!»

«Sei proprio ottusa.»
Mi blocca al muro del bagno senza preavviso, con le sue gambe attaccate alle mie, senza via di scampo.
«Lasciami!»
Mi continua a guardare ma non dice nulla.
«Ma sei sordo?»

«No, ci sento benissimo... È che non prendo ordini da una che non sa nemmeno controllarsi quando ha un ragazzo davanti.»
Oh, no.
Mi sa che il fatto di continuare a guardargli il petto da sopra la maglia aderente e di tremare non sia d'aiuto.
Non mi sento in pericolo, ma mi deve lasciare andare.
Non deve toccarmi.

«Ti prego, staccati.»

«Posso tranquillamente slacciare i tuoi jeans...»
Li sfiora, all'altezza della coscia.
Un brivido mi sale lungo la schiena.

«Blake, lasciami andare.»
«Oppure, provocando piacere al tuo seno...»
Lo sfiora, e mi scappa un sospiro.

Il suo sopracciglio alzato mi fa eccitare ancora di più.
«È questo che vuoi?
Un obbligo, dove ti senti in trappola, e non c'è modo di scappare?
Io rimarrei a casa, almeno puoi stare tranquilla e serena.»

«E non sapere nemmeno dove vai?
Entreresti nel primo strip club, e non torneresti prima di mezzanotte.»

Oh no, ho per cas-

«È... Gelosia, quella che sento?
Sei seria?»

«Vai a fanculo.
Esci e fatti tutte quelle che respirano.
Io resto a casa.
Da te non voglio nemmeno la compassione.»
Mi libera all'istante.
Ride sotto i baffi e mi scompiglia i capelli.
Me li risistemo, infastidita dalla sua azione apparentemente giocosa.
«Scelta saggia.»

Si veste al piano terra e poi prende le chiavi.

«Goditi lo spettacolo da quassù, piccolo Usignolo.»

Chiude la porta e io rimango sola con i due ragazzi.
Guardo il cellulare per vedere se ci sono messaggi o chiamate di Lulu.
No, neanche l'ombra.

È arrabbiata con me?
Penso ad alta voce, magari solo per avere qualcuno con cui parlare.
«Mia madre ha pensato che lasciarmi con lui era scelta migliore.
Ma non lo è maledizione!»

Dei passi sulle scale attirano la mia attenzione.
È Adam.
«Ehi, è tutto ok?»

Faccio finta di non aver appena scandalizzato la questione.
«Sisi, non preoccuparti... Fai finta di non aver sentito nulla di tutto questo.»

Mi guarda confuso.
«Avevi detto qualcosa?»

Mi fa l'occhiolino, e capisco subito che sta al gioco.

«Grazie mille, ora vorrei però stare per i fatti miei, se non ti dispiace.»

Coglie al balzo e mi saluta.
«Se hai bisogno chiamaci!»

Mi lascia da sola.
Blake non sta neanche a preoccuparsi della sua enorme casa.

Non faccio tante cose, guardo solo in giro per curiosità, mentre nel pomeriggio leggo il libro.

Spiccano il volo in un amore impossibile.
Per ora mi fa piangere un po'.

Torna poco dopo e inizia a infastidirmi, ma il trucchetto per guardarlo di sottecchi a petto nudo non ha funzionato, e lo scopre subito.

Se ne va più tardi, lasciandomi di nuovo sola.
È difficile capire che tutto questo è come un fastidio che vorresti levarti di torno.
Non mangio niente.

Non accetto nemmeno quello che mi hanno preparato Adam e Seth.
Il mio appetito si è perso.
Come previsto, non torna prima di mezzanotte, e allora mi addormento.

Esco di casa, e finalmente mi sento libero, anche se solo temporaneamente da Tornado forza cinque.
Quella piccola guastafeste rovina i miei piani ogni volta e non mi lascia un attimo di tregua.
Ha pure scoperto quei due lì.
Ma so che la terranno d'occhio, anche se inizio a sentire una fitta di preoccupazione.

Sono miei amici, ma chi impedirebbe loro di provarci?
Oppure sono io che cerco di definire ciò che "provo" per lei, una specie di esasperazione mentale?

Ora basta, passiamo alle cose serie.
Prendo il cellulare e cerco il numero di Jordan.
Lo trovo nel gruppo classe e gli scrivo senza esitare.

Blake : Sono io, ti va di prendere un caffé?

Sono le otto e trenta, penso che sia già sveglia.

Mi risponde subito, come
previsto.

Jordan : Ciao.
Si, mi farebbe piacere passare la giornata con te.
Incontriamoci al Midnight café.
Credo che sarà una giornata moooolto lunga...😏

Diretta, direi.
Non è andata a scuola, come me.
Alla fine era oggi il giorno prefissato per il nostro incontro.
Mi manda la posizione e mi incammino.
Raggiunta la destinazione, osservo il locale.

Sembra molto carino.
Le mattonelle rosse sono molto belle, e all'interno ci sono tante mensole con decine di libri da scegliere e leggere gratuitamente.
È piccolo, ma accogliente, e ci sono i soliti vecchietti, i clienti abituali e anche qualche coppietta a godersi l'aria leggera e rinfrescante.
Mi siedo in un luogo riparato dal sole, e aspetto.
Guardo l'orologio del campanile e passano dieci, venti, trenta minuti.

«Che spreco di tempo assurdo.
Io me ne vado.»
Ma quando mi alzo, arriva.
Anche se in ritardo, lo fa con grande stile.
Tipico di quelle che pensano di essere sempre al centro dell'attenzione e di essere estremamente vitali per tutti gli altri.
Direi che è molto vanitosa solo a guardare i movimenti.

Forse è un eufemismo, dire che si trova disgustata a stare vicino a un signore anziano che le sorride.
Pensavo che le tipe come lei avrebbero preferito quelli con sessant'anni in più e un conto in banca a sette zeri.

«Wow, non mi avevi detto che saresti venuto in jeans e maglietta!»
Mi guarda scioccata.
«E allora?
Ti crea problemi?»

«Oh no no!
È che non sono abituata vedere ragazzi, beh, vestiti in modo così semplice e informale...»
Oddio, questa è fissata con la mania del controllo!
«Beh, abituati almeno per oggi, Principessina.
Non ho tutta la giornata.»

Passiamo la mattinata a parlare di cose assurde e senza una base solida per la concretezza.
Mi stufo e le chiedo qualcosa, restando sul vago.

«Dimmi, ti va di andare a fare un giro?»
Le si illuminano gli occhi.
«Si, con piacere!»
Che sollievo.

Pago il conto della colazione che si è presa lei.
Appena usciamo e vede la mia macchina, sembra che stia esplodendo dall'eccitazione.
«Evita di sprecarla.
Più tardi dovrai averne una quantità esagerata.»

«Ricevuto.»
Saliamo in auto e controllo l'orario.
Sono le tredici, cazzo.
«Cambio di programma.»

«Cosa?
Perché?»
Risponde delusa.

«Ho alcune cose da fare ed è già tardi.
Ti riporto a casa, ma stasera vestiti in modo decente.
Non spreco tempo con una ragazza che non ci sa fare.»
Schiocca la lingua.
«Oh, non preoccuparti.
Ci so fare eccome.»
Lo spero vivamente.

Le chiedo la via, e raggiungo in fretta casa sua.
Ora ho capito perché è così altezzosa.
Questa sarà una villa da due milioni di dollari!
«Allora a stasera.»
Il suo saluto sembra sia stato ripetuto un centinaio di volte, anche di più.

Torno a casa e trovo Abby sulla panca attaccata alla finestra intenta a leggere un libro.
Sono le diciotto e trenta, e il pomeriggio a cercare in ogni posto possibile da mangiare è stato invano.

«È qualcosa di piccante?»
Non stacca gli occhi dal libro e mi risponde.
«E a te che cosa importa?»
Il suo modo di fare dà fastidio, maledizione!
«No, mi chiedevo solo se c'è qualche parte dove il classico ragazzo abbindola la protagonista e poi fanno sesso.
Sai, quell'atto a te del tutto sconosciuto.»

Mi levo la maglia senza girarmi, per evitare ulteriori domande scomode.
Troppe informazioni verrebbero a galla.
Come se non ne fossero state scoperte già abbastanza.
Cambia posizione e si mette a pancia in giù.
Le sue caviglie fanno un movimento automatico, avanti e indietro.

Noto che mi osserva, provando a non farsi scoprire, ma senza successo.
«A che pagina sei?»

«Centocinquantasei.»

«Strano.
Leggi le cifre anche con il libro al contrario?»
Le faccio un sorriso di scherno e lei arrossisce.
Colta in flagrante.
«Fatti gli affaracci tuoi.»

«Mi spiace, ma i cazzi tuoi ora sono anche miei.
Primo, perché ora sei sotto la mia ala protettrice.
Secondo, perché in casa mia non tollero bugie e segreti.»
Mi avvicino a lei, ancora a petto nudo.
«Guardami quando ti parlo.»

«E che cosa sono io, il tuo cane?»
Cerca di non guardarmi, concentrandosi sulla lettura.
«Come se tu non le dicessi e non stessi nascondendo nulla.
Sembri un bambino così!
Pensi di essere adulto e invece non sai fare altro che insospettirmi e basta!»

«O forse sei solo paranoica.»
È incredibile come in così poco tempo, mi faccia perdere le staffe.

Due ore dopo, con controlli telefonici con il mio cecchino, e nascondere la mia roba, vado a cambiarmi, finalmente.
Scendo le scale, e, prima di uscire, le lancio un urlo per farmi sentire.
«Io vado, non aspettarmi per cena!»
Sono quasi le nove quando arrivo e manca poco alle dieci quando incontro quella lì.
Ma dal suo vestito, da cui si intravede il mondo, non ottengo la reazione che speravo di avere.

Non andiamo nemmeno a mangiare, perché la voglia di scopare supera ogni limite.
Ci mettiamo in un vicolo della città mezzo chiuso, e inizia il divertimento.
Sbatterla al muro è estremamente facile, mentre le nostre lingue danzano con le nostre labbra giunte.
Le tengo stretta la vita, continuando poi a baciarla sul collo, e vago con le mani sul suo corpo.

Non è quello che mi sono immaginato.
Direi che è una cosa spiacevole farlo con una del genere, ma il bisogno di avere un contatto fisico è l'unica cosa che mi fa procedere, in questo momento.

• 27 marzo 2024 •

Ore dopo, apro la porta di casa con foga e appena dentro, le strappo il vestito di netto.
«Era un Louis Vuitton da quattromila dollari!»
Le copro la bocca con la mano.
«Ci sono altre persone che stanno dormendo, evita di svegliarle o le cose finiranno male, molto male.»
Annuisce e io la piego a novanta, allargandole le gambe.
Mi basta un solo tocco tra le sue cosce, per capire che è bagnata fradicia.
Le faccio cadere l'intimo come per magia, prendo un preservativo dal cassetto nascosto del bancone, lo metto e poi unisco il mio corpo al suo, muovendomi a un ritmo che scelgo io.

Sento gemiti e ansimi.
Mi sveglio di soprassalto, pensando che Blake sia tornato.
Scendo le scale, e per poco non vomito, anche dal minimo che vedo.

Si, è tornato, ma con una ragazza che vorrei sparisse dalla mia vita.
L'odiosa, boriosa e orgogliosa Jordan Mitchell.
Si trovano sul tavolo, con lei che si fa montare.

Lui mi nota quasi subito, e si ferma.
Le stringe i fianchi con le mani in modo possessivo, quasi selvaggio.
I suoi occhi non sono più verdi.
O almeno uno si.
L'altro invece, è rosso come il sangue.

«Che cazzo ci fai qui?»
Jordan lo segue.
«Già, sparisci.
Non voglio che rovini questo... Momento intimo...»

La sua voce senza fiato è ricolma di gemiti soffocati.

Ora sono nera di rabbia.
«Tu sei un coglione!
Porti sta qua alle tre di notte, e tutto questo ti sembra normale?
E, poi, più che momento intimo mi sembra una scopata violenta!»
Mi rivolgo a quella serpe.
«Ma se a te piace tanto farti sfondare, fai pure.
Fottetevi entrambi, e male.»

Scappo su e chiudo la porta a chiave, spaventata, disgustata e delusa.
Ma quello che più mi attanaglia nella morsa è il modo in cui mi ha trattata.
Mi ha ferita, e mi ha fatto paura il suo occhio rosso.
Sembravano entrambi due luci al neon.
Inizio a piangere e mi rannicchio come una bambina che si sente minacciata.
Fa male essere trattati così, per qualcosa che non hai fatto.

Quando finisco la scorta di lacrime, cerco di addormentarmi, ma i rumori incessanti là sotto e la mia ansia me lo impediscono.

Alla fine, il sonno è riuscito ad avere la meglio, e le undici e diciassette di mattina sono in bella vista sul display dell'orologio sul muro.
«Oh, accidenti!»
Pure oggi giornata piena di noia e non sono riuscita ad andare a scuola.

«Fammi prendere un altro infarto e ti sbatto giù dal letto come un cuscino preso a calci.»
Me lo trovo vicino, con un braccio attorno alla mia vita, e mi giro di scatto.

«Oddio!
Tu me lo fa prendere l'infarto!
Scendi giù dal letto, indipendentemente se sei nudo o vestito.
Ciò che hai fatto ieri sera mi ha fatto capire che sei un maiale!
Avrei perlomeno cercato di chiudere un occhio, e di aver capito, con una ragazza normale, ma con Jordan!?
Sei così tanto disperato da commettere un errore così madornale!?»

«Sono vestito, non contaminerò nulla.
E questa è casa mia, non detti tu le regole.
Io porto chi voglio, scopo chi voglio e faccio quello che voglio.»
Ma la smette?
Anche io ho il diritto di scegliere!

«Fai schifo.
Toglimi questo braccio di dosso!
Pensavo fossi diverso, sotto sotto.
Invece mi sono illusa.
D'altronde, mi è sempre successo questo.
Quindi, dalla conclusione, posso dedurre che puoi fotterti chi vuoi.»
Inarca il sopracciglio.
«Quindi anche tu sei inclusa.
Non negare, la prima risposta è quella che conta.
Dalle tue parole sputate sembrava ti facesse ribrezzo, ma io sono sicuro, e anche tanto, che nei tuoi occhi c'era il desiderio che avresti voluto essere tu quella ragazza.»

«No, per niente!»
Ma che pessima attrice che sono.
Mi alzo, ma oggi è sabato, e non c'è scuola.
«Tonta, oggi sei a casa.
Ti tocca stare ai domiciliari con me.»
Non lo guardo nemmeno, e scendo a fare colazione.
Sto per aprire il mobile, ma vedo una piastrella che fuoriesce, che il primo giorno non avevo notato.

È praticamente fuori sede.
Con la paura che dia la colpa a me, cerco di rimetterla al suo posto, ma invece, oltre a tornare dentro al muro, apre un passaggio illuminato da luci simili a quelle a intermittenza.
La mia curiosità ha la meglio, ed entro.
È una piccola stanza, tenuta bene, con qualche mensola e dei libri.

Passo con le dita ogni volume.
«Moby Dick, Ventimila leghe sotto i mari, Robinson Crusoe... Allora alla fine legge.»

C'è anche una sedia di pelle un po' reclinata, per stare comodi.
Almeno credo.
Trovo una fila di superalcolici e un mobile bar, con bicchieri di diverso tipo.

Cammino e ogni cosa che vedo mi incuriosisce.
Poi noto una cella frigorifera.
Non so perché, ma sento che tutto questo sia abbastanza strano.
Lui è decisamente quello fuori dagli schemi, l'eccezione ecco.

Cerco un'apertura per vedere che cosa nasconde.

Trovo un lucchetto, e un campanello d'allarme si insinua nella mia mente.
Prendo due forcine che tenevo in tasca e mi metto al lavoro.
Che cosa conterrà?

Alla fine riesco ad aprire la serratura, ma prima di tirare su lo sportello, arriva Blake, che mette subito entrambe le mani sopra, bloccandomi direttamente su quello.
«Mai sentito parlare di non ficcare il naso negli affari altrui?
Mi sembrava che fosse una delle regole che ti avevo imposto.
Ma tu non rispetti mai, d'altronde.»

È estremamente serio e mi fa un po' paura.

Cerco di trovare una spiegazione.
«Non ho fatto apposta... C'era una mattonella fuori posto... E quando cercavo di rimetterla dentro... Si è aperta questa porta, e di conseguenza la camera.»
Indico con il dito tremante l'entrata.
Mi lascia andare e io mi allontano.
Meglio tenere le distanze.

Sembra sconfitto.
«Forza, andiamo via da qui.
Tutto questo è pesante per te.»
Mi giro verso di lui.
«Pesante per me?
Bello, tu non sai che cosa ho vissuto davvero!
Sono nel mirino di una gang della mafia ora, e mia madre è stata uccisa da loro.
Il suo corpo non c'era cavolo!»

«Ma perché cerchi di rendermi la vita una guerra non-stop?»

«Semplice.
Voglio sapere cosa contiene quel frigo.»
Incrocio le braccia.

«Mi spiace, ma non posso dirtelo.»
Mi impunto, sebbene il mio gesto sia ridicolo e mi faccia sembrare una ragazza testarda.
«Se continui a negare di potermelo riferire, penso proprio che tu abbia da nascondere molte più cose di quelle già successe, e se è così, mi hai fatto conoscere solo la punta del tuo iceberg.»

"Sono nel mirino di una gang della mafia."

E nello stesso momento, sei nel quartier generale di quella al primo posto che ti salva il culo.

Ok, ora però sono in guai seri.
Cerco di fare dei bei respiri profondi, ma non fa altro che peggiorare le cose.
Sento solo una gran voglia di saltarle addosso.
«Ascoltami, per la tua incolumità, è meglio che tu esca da qui.»

«Ehm, no... Non ci penso minimamente!»
Inizio a perdere la concentrazione e il marchio mi fa perdere l'equilibrio.
Sento ancora il dolore che mi ha creato all'inizio.

«Vai in camera, è un ordine!»
Il mio tono, simile a un tuono a ciel sereno la fa spaventare.
Indietreggia.
«Basta!
Io me ne vado da qui!»
La sento correre su per le scale, e mi metto il viso tra le mani.

Che cosa ho sbagliato con lei?

Vado su e, in fretta e furia, metto via tutto ciò che mi è rimasto.
Vado a cambiarmi e racimolo qualche soldo per pagare un taxi.
Se Lulu non c'è, mi toccherà andare da Chris.

Torno giù e lo vedo davanti alla porta, come se fosse una statua di pietra, freddo e crudele.
Lo sfido guardandolo negli occhi, senza mai battere ciglio.

Avanti, so che parlarai prima o poi.
Non sei il tipo che sta zitto.

«Tu da qui non esci, punto.»
Le maniere forti non sono il mio modo preferito di risolvere delle questioni, ma forse è meglio così.
Un calcio dove non batte il sole lo fa piegare, e così mi risulta facile uscire dalla porta, con lui inerme, incapace di muoversi normalmente.

Mi afferra la maglia e d'istinto io mi giro.
Sto per tirargli un pugno, ma il suo sguardo sofferente me lo fa cadere lentamente.

«Abby!»
Le voci di Adam e Seth arrivano nel momento in cui ci raggiungono.
«Ti prego... Non andartene così, non metterti in pericolo...»
La sua supplica mi commuove e gli accarezzo il viso, ma la realtà ritorna in superficie e smetto subito.
«Non puoi violare i diritti della mia libertà, anche solo per una buona causa.
Credimi, è meglio che noi due non ci vediamo mai più.
Sarebbe come azzannarsi solo per peggiorare le cose.»

«Blake vuole solo aiutarti...»
Alzo la mano, come per zittirli.
Mi guardano feriti.
Sono obbligati a fare quello che dice Blake, e finché non esco da questa porta, anche a quello che chiedo io.
Nessuno emette un suono.
Nessuno si muove.
Ma ovviamente luì c'è sempre.

Prende parola approfittando del silenzio.
«Io lo vedo più come un modo di drogarsi.
Più stiamo vicini e piu siamo incazzati a vicenda.
Più stiamo lontani e più abbiamo bisogno l'uno dell'altra.»
Sospiro, con lui in ginocchio davanti a me, che cerca di convincermi in ogni modo possibile.

Un sorriso amaro compare sulle mie labbra.
«Non voglio soffrire di nuovo.
Non voglio che il mio cuore ceda e le crepe lascino soltanto una disfatta di polvere rossa nella mia anima.»
Detto ciò, esco da quello che credevo essere il mio riparo, e chiamo Chris.
Risponde al terzo squillo.

«Hey Abigail, come stai?»
Mi sento strana, malinconia forse, ma gli dico una bugia.
Lui ci casca sempre.
«Io sto bene Chris, e tu?
Senti, so che è una richiesta dell'ultimo minuto, ma ho bisogno di un tetto sopra la testa.
Potrei stare a casa tua per qualche giorno?»

Passano i secondi, e l'ansia mi attanaglia come un pitone.
«Va bene, basta che tu mi dica cosa è successo... Ora dove sei?
Ti chiamo un taxi e pago io.
Non voglio farti spendere soldi.»
Mi giro a guardare il cartello che indica la via.
«Mi trovo a Knock Heaven tre, New York.»
Sento scarabocchiare su un pezzo di carta.
«Ok, resta lì, tra poco arriverà l'autista e sarai da me in men che non si dica!»
La sua gentilezza e simpatia mi scaldano il cuore, e mi strappano un piccolo sorriso.
«Grazie Christopher, di tutto.»

«Non c'è di ché, Navy Seal.»
Il mio nome segreto che usavamo per giocare mi fa tornare ai ricordi di anni fa.
Se solo non fosse successo nulla di questo, l'effetto farfalla non avrebbe portato a questa rovina catastrofica.
Qualche minuto dopo arriva, e il finestrino viene tirato giù.
Un uomo sulla trentina mi sorride timidamente.
«È lei la signorina Abigail?»

«Si, sono io.»

Quanto mi mettono imbarazzo le formalità.
Apre la portiera.
«Salga in macchina, la porterò a destinazione.»
Mi lascio cadere sul sedile posteriore.
Mi allaccio la cintura e inizio a meccanizzare con il cervello.

E se avessi sbagliato qualcosa?
Dovevo rimanere con Blake?
Sarà sicuro vivere anche a casa di Chris?

Passa un quarto d'ora, e la villa imponente color mogano del mio migliore amico si erge nascondendo il sole alla mia vista.
Lui si trova in giardino su una sedia, intento a leggere un libro.
I suoi genitori sono sempre via per il lavoro, ma lo amano con tutto il cuore.
Su questo fatto lo invidio.
Mi rivolgo al taxista.
«Grazie mille signore, le auguro una buona giornata!»
Mi saluta senza parlare, e torna alla guida, sfrecciando per il vialetto.
Mi giro di nuovo e leggo di sfuggita il nome del libro.
«Il fantasma di Canterville?
Pensavo che quella storia ti avesse fatto paura da bambino!»
Alza la testa e posa lo sguardo su di me.
«A quanto pare non è più così, eheh.»
Si alza a fatica, aiutandosi con l'appoggio della sua stampella.

«Sei sconvolta.
Che cosa ti è successo?
Sai che sono qui per te.»
Mi accarezza la guancia e io sorrido leggermente.
«Per farla breve: mia madre è stata assassinata dai mafiosi, la mia casa distrutta, Ludivine non risponde né riceve i miei messaggi e Blake ha deciso di farmi vivere a casa sua temporaneamente.
Alla fine non avevo scelta.»
Il suo viso cambia e diventa pallido come un cadavere.
«Entriamo, voglio che tu stia lontana da occhi indiscreti e accusatori.»
Entro dal portone in legno massello, e appoggio le mie valigie sul pavimento di marmo lucido.
Rimango in piedi, non sapendo dove sedermi, e sentendomi un po' a disagio.
«Vieni sul divano.
Vuoi qualcosa da bere?»

«Un bicchiere d'acqua è più che sufficiente, grazie.»
Poco dopo torna e bevo tutto d'un fiato, con fare quasi avido.
«Blake è quello che ha lavorato con te in biblioteca, giusto?
Ti ha fatto qualcosa?»
Mi controlla, ma non vede alcun segno o Livido.
Gli prendo le mani, stringendogliele.
Lo guardo con determinazione.
«Non mi ha fatto nulla Chris.
Non preoccuparti per cose inesistenti.»

Lo sollecito a parlare, dato che non vuole aprire bocca.
Sembra perso nei suoi pensieri.

«Non è affidabile.
Stagli lontana, non dovrebbe nemmeno averti conosciuta.
E tua madre?
Come è possibile che sia morta!?»
Cerco di respingere le lacrime che vogliono riversarsi.
«I suoi carnefici sono anonimi, e lei me lo ha tenuto nascosto per mesi!
Sono riuscita a recuperare i resti dei miei ricordi e tutto il necessario da portare con me.
Mi hanno minacciata dicendo che io posseggo qualcosa che è invece loro di diritto.
Ma casa mia ora non c'è più... E io non so che cosa fare.»

Ci pensa un po' su.
«So io che cosa ci servirebbe!
Ora ti mostro la tua stanza, così ci metti le tue cose, e intanto ti metto su un film mentre ti cucino qualcosa.»

Le chiacchiere mi trasmettono un po' di allegria, alleviando il dolore che c'e in me.
Ma Blake mi è rimasto nella testa.
Non riesco a cancellarlo...


La sto seguendo.
Quei due stolti mi hanno detto di non farlo, ma io non sto ad aspettare o ascoltare.
Agisco.
Ovviamente ho preso una macchina diversa, la Porsche Panamera di colore nero traslucido.
Non sospetterà che sia io, anche perché pure questa ha i vetri oscurati.

Arrivo a destinazione, e vedo un ragazzo.
Il topo di biblioteca.
Mi sta puzzando sotto al naso, sta succedendo qualcosa, ma non so cosa, cazzo!

Sto così per due giorni, e mi sono portato dietro da mangiare.
Sono stanco di questi tira e molla.

Entro di notte e recupero tutte le cose di Abby, rimettendole in macchina.
La vedo dormire, ma sembra irrequieta.

I suoi capelli le adombrano il viso, e il pigiamino che ha su le sta d'incanto.
Sono quasi le cinque e devo andarmene.

«Scoprirò che cosa sta tenendo nascosto questo qui, dovessi stare a pedinarlo per mesi...»

• 28 marzo 2024 •

La routine va avanti così anche domani.
Il letto è comodo, ma non come quello nell'attico a più piani di quel presuntuoso ragazzo.

• 29 marzo 2024 •

Lunedì finalmente andiamo a scuola.

Saliamo sul bus e lo aiuto al meglio delle mie capacità per non fargli stirare la sua gamba malconcia.
Riparte l'enorme veicolo pieno zeppo di studenti di ogni età.

«Mi dispiace di aver rovinato i piani della tua agenda, non volevo stravolgerti la vita.»
Scuote la testa, ridacchiando.
«Tu non hai fatto nulla di male!
Chiedo scusa io per il poco tatto, perché non sono abituato ad avere una coinquilina.
Dovrei ringraziarti... Era da un po' che volevo passare più tempo con te, ma non avevo il coraggio di chiedertelo di persona.»

Ha le guance un po' rosse e si gratta la nuca evitando il mio sguardo.

«Perché?
Non devi vergognarti, sai che siamo amici dai tempi dell'asilo!»

«Il fatto è che... Ti considero molto più che un'amica, Abby.»

Oddio.
Questo vuol dire che Christopher Antlers ha una cotta per me?

«Aspetta, io ti piaccio?
Cioè nel senso, hai iniziato a provare sentimenti più forti per me?»

«Si, esattamente.
Vedere te e Blake mi ha decisamente rovinato la giornata, lì in biblioteca... Ora che ho finalmente trovato il momento perfetto non me lo lascerò scappare :
Abigail, vuoi uscire con me?»

Sbarro gli occhi e ho un sussulto.

«Intendi un appuntamento vero e proprio?»
Si avvicina al mio viso.

«Il nostro appuntamento vero e proprio.»
Mi sorride e io mi agito tantissimo.

«Beh, sarebbe maleducazione rifiutare un invito così dolce e galante da un ragazzo così carino... Quindi la risposta è si!»
Mi abbraccia, e io ricambio.

«Adoro i tuoi capelli.
Sono così unici.»

«Ei, basta con i complimenti!
Sai molto bene che mi fanno arrossire!»
Mi dà un buffetto sul naso.

«Me lo ricordo benissimo, infatti è un'azione completamente volontaria.»
Faccio la finta offesa.
«Quanto sei dispettoso!»
E alla fine scoppiamo a ridere insieme.

Arriviamo a scuola, ma prima di entrare, vedo qualcuno, appena fuori il portone principale nero e pesante.

Ma cosa non ha capito della frase "io e te non siamo compatibili?".
E come se lo avessi appena nominato urlando a squarciagola, intercetta il mio sguardo che si era posato su di lui.

Una palla al piede, eppure non riesco a dimenticarlo.
Vede che sono vicino al mio migliore amico e mi viene incontro, facendo finta che lui non esista.

«Te ne vai da me e già un altro ragazzino prende il mio posto di protettore?
Ah, sei quello della biblioteca.
Direi che hai dei gusti molto bassi in fatto di relazioni.
Sei davvero bislacca, lo sai?»

Mi si para davanti Chris, e, seppur piu basso e meno robusto di Blake, cerca di difendermi.
«Salti fuori così all'improvviso in questa scuola e già rompi le scatole ad Abby?
Non saresti nemmeno in grado di proteggerla, lei è solo un passatempo per te, vero?
Sai cosa ti dico?
Vai al diavolo!»

Mi prende per mano e lo supera senza aspettare una sua risposta.
L'ultima cosa che vedo sono i suoi occhi pieni di un dolore pesante.

Penso subito alla mia migliore amica, quando mi siedo in classe.
Spero sia tutto a posto, ma lo stomaco si annoda dalla preoccupazione.
Cerco di non darlo a vedere e inizia la lezione di matematica con il professor Hook.

Poi con la professoressa Mulligan in letteratura, il professor Roman in geografia, e infine chimica e fisica con il professor Cooper.

«L'ora di fisica è noiosa!
Ma come fai ad essere così interessata a questi argomenti totalmente inutili?»
Passate diverse ore, siamo alla sesta, e mi sto mettendo a scrivere come una dannata, ma a me piace alla fine.

Mi giro per vedere la sua faccia, ma in realtà ha il libro che gliela copre.
Trattengo una risata che potrebbe farmi fare figure di merda con una mano, anche se è difficile per quanto è divertente vederlo così.

«Ho passioni per ogni cosa, e adoro la scuola, lo sai bene.
Ti copri gli occhi per fare il riposino pomeridiano?
Fai il serio, dai!
È l'ultimo anno, e ci diplomiamo, non sprecare gli ultimi mesi così...»

Sbuffa, ma si toglie dal viso tutto quel peso, e cerca di riconnettere un po' il cervello.
«Lo faccio, ok?
Ma solo perché sei tu, ricordalo!»
Alzo il pollice insù.

Sento il bisogno di fare una pausa, e alzo il braccio.
«Prof, posso andare in bagno?»
L'uomo di mezza età, con degli occhiali che sembrano due fondi di bottiglia, si gira dalla mia parte.
«Si, Abigail.»

Lo ringrazio mentalmente, e mi alzo.
Passo vicino al banco di Jordan e mi tira la maglia.
Il sussurro è appena percettibile.

«Tesoro, per caso ti ha dato fastidio la scena a cui hai assistito l'altra notte?
O ci sei rimasta male?»
Le due amiche ridono come delle oche, ma il mio ego, seppur poco, mi fa rispondere da strafottente.

«Penso che ci sia rimasto di merda Blake, da quanto sei ripetitiva e sottona.
Talmente abituata a queste cose che non sai più fare nuove mosse.»
Le faccio il dito medio e lei non sa nemmeno cosa dire.

Appena fuori dalla classe corro in bagno e mi guardo allo specchio.
Ho delle occhiaie assurde, e mi sento stordita.

Pochi minuti dopo entra qualcuno.
Alzo lo sguardo e vedo Chris.
«Finalmente nessuno ci disturberà per un po'.»
Chiude la porta, e si avvicina a me.

«Ma sei impazzito!?
È il bagno delle ragazze, e non dovresti essere qui!
Ti vuoi beccare una nota per caso?
Dai, torniamo in classe, i tuoi scherzetti dopo un po' rompono le palle.»
Cerco di superarlo, ma non faccio in tempo, perché mi sbatte contro il muro, facendomi cadere per terra.

«Credevi davvero che tutta questa messa in scena smielosa, dolce e disgustosamente romantica sarebbe andata avanti ancora per molto?»
Mi blocco, e il mio sussurro esce come da uno spiraglio.

«Quale messa in scena?
Di che cosa stai parlando?»

Mi guarda con sdegno, e una voce sadica spacca il silenzio di diversi secondi, prorompendo in una risata allarmante.

Si asciuga una finta lacrima con la mano e incrocia le braccia.
Oddio, sta camminando normalmente...

«Quello che voglio dire, piccola, è che sei caduta in una trappola.
Sei troppo buona e altruista, molto timida e paziente.
Mi fa venire il vomito dire queste parole, ma sono costretto purtroppo.
I cosiddetti "mafiosi" che hanno portato via qualcosa a te, ora vogliono cio che hai e non sai ancora utilizzare, ma quando penseranno di aver raggiunto l'obiettivo, sarà troppo tardi.»

Mi prende un braccio e me lo stringe sempre piu forte.
Tirarlo indietro è inutile, la sua presa è salda.
«Chris, mi stai spaventando, smettila, o giuro che ti faccio rinsavire!»
Mi tira uno schiaffo, che risuona in tutta la stanza.

I miei occhi sono offuscati dal terrore, perché tutto questo sta diventando troppo sinistro.
«Perché fai così?
Che cosa ti ho fatto?»
Mi prende il mento con forza e mi costringe a guardarlo negli occhi.

«Nessun rancore, dolcezza.
Sono io che ho questo "carattere irascibile, violento e tenebroso".
Sembra che alla fine-»
Ma non riesce a concludere la sua frase, che la porta viene aperta da Blake.

«Che cazzo le stai facendo?
Levale quella mano dal suo braccio!»
Il suo ringhio animalesco mi tranquillizza, perché lui lo fa per proteggermi.
Il ragazzo, che credevo mio amico, gira lentamente la testa verso di lui.

«Altrimenti?»
Blake fa scrocchiare le ossa del collo e delle mani, e poi si gratta il mento.
«Potrei staccarti quella mano dal corpo all'istante, e credimi, conosco un centinaio di modi per farlo.
In realtà, pure la tua faccia mi sta sui coglioni, ora ho voglia di rifarti i connotati personali.»

Le parole profonde e serie sembrano sconvolgere il suo avversario, che scappa via, come un codardo.
Non perde tempo e si fionda su di me.

«Dimmi che non ti ha fatto niente più di questo.»
Guarda il mio braccio, con un livido enorme, e il mio viso rosso sulla guancia.
Sto guardando il pavimento, perché mi sento malissimo.

«N-n-no... non ha fatto nulla di più...»

«Credevo di non riuscire a salvarti, ma io ero nell'aula accanto e ho sentito qualcosa di quello che ha detto.
Mi dispiace, non volevo che ti accadesse qualcosa del genere...»

Cerco di alzarmi da sola, e quando incontro i suoi occhi, capisco che non posso continuare a negarlo.
Mi fiondo tra le sue braccia, accarezzando la sua schiena.

«Shhh, tranquilla.
Non ti lascerò mai più sola.
Perché ovunque tu andrai, io sarò lì con te.»

«Grazie.»
Continua ad abbracciarmi, finché non mi riprendo e mi sento un po' meglio.
«Non avrò mai guardato abbastanza i tuoi occhi.
Sono meravigliosi.»
Inarco un sopracciglio.

«Meravigliosi?»
Mi aiuta a stare in piedi, continuando a parlare.
«Si.
Di mattina sembrano due orizzonti del mare, di sera invece brillano come le stelle.
Se ti arrabbi, invece, sembra che ci sia una tempesta o uno tsunami.»

Suona la campanella dell'ultima ora, e tutti stanno uscendo.
«Vieni, ti ho già preso lo zaino.
Ora torniamo a casa

«Ma le mie cose sono ancora là!»
Mi mette un braccio sulle spalle mentre camminiamo.
«Non preoccuparti, le ho già recuperate.»

Aspetta un attimo...
«Quindi mi hai seguita!
E sei pure entrato a casa sua!»

«Certo.»
Penso due secondi.
«C'era una Panamera nera, nel vialetto.
Eri tu?»

«ovvio.»

«E sei stato in macchina per due giorni!?»

«Si.
Ho giurato di mantenere la promessa di proteggerti, sempre.»

Finalmente ritorno a casa sua, e mi sembra di vederla per la prima volta.
«Cucino io Abby, tu stai sul divano e metti un po' di musica.
Voglio sentire la tua voce, e so che ti farebbe stare più tranquilla.»
Faccio come mi dice, stanca e un po' dolorante, sdraiandomi sul morbido isolotto, e metto Birds di Imagine Dragons.

Canticchio un po' mentre lo guardo cucinare.
È abile e ci sa fare parecchio, mi chiedo perché prima non lo faceva...

«Ecco qua la cena, spero ti piaccia!»
Lo vedo un po' imbarazzato, in attesa della mia risposta in merito alla bontà del suo piatto.
Eppure non ho nemmeno voglia di tirare su la forchetta.
Finalmente si siede vicino a me.

«Mangia.»
Mi dice.
Questa è la prima volta che viene a tavola.
«Assaggiala, ti prego!»

«non posso...»

E fa qualcosa di inaspettato.
Prende il piatto e si avvia verso il bidone dell'umido.

«Penso che sia stato inutile cucinare per quasi un'ora.»
Il senso di colpa mi assale e balzo in piedi, recuperando il piatto dalle due mani.
«No!
Non buttarla via!»

Mi siedo di nuovo, e riluttante, ne prendo un boccone.
Le mie papille gustative sono alle stelle.
«Oh.
Mio.
Dio.
È semplicemente spettacolare!
Assaggiala anche tu!»
Gli avvicino la pasta al forno, ma la scansa via.
«Declino.
Non mi piace questo piatto.»
Ecco, è ritornato lo stronzo freddo e insensibile.

Torno a mangiare in silenzio, fino a lasciare solo le briciole.
Solo lui è riuscito a farmi mangiare così tanto facendomi provare colpevolezza.

Di scatto, arriva una notizia dell'ultimo minuto e alzo il volume per sentire di che cosa si tratta.

«È stato appena confermato il suicidio del diciassettenne Christopher Antlers, studente dell'ultimo anno alla Nocturne High School.
Una revolver calibro cinquanta è stata usata dal giovane stesso per mettere fine alla sua vita.
Non si sanno i motivi, ma presto vi inoltreremo nuove notizie.
A voi la linea...»

Il mio viso diventa una rappresentazione della perfetta disperazione, mentre vedo il corpo senza vita di quel ragazzo, che viene portato via dai paramedici ripreso dalle videocamere.

I suoi genitori, ripresi anche loro, sono in lacrime.
Sua madre è accasciata a terra, che singhiozza rumorosamente.

Una vita portata via.
Un'amicizia spezzata.

Qualsiasi cosa sia successa, sono sicura che è collegata a Blake.

***

Spazio autrice

Scusatemi ancora, ho avuto lo studio intenso e devo finire gli esami, ma ora pubblico questo capitolo e quello che lo segue.
Spero vi piacciano...
Buona lettura, mie piccole Eclissi!
🌑⚜️🪷

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