Capitolo 9
Cerco di mascherare lo stupore meglio che posso mostrando un sorriso tirato. Mi accorgo di essere rimasta impalata a fissarlo così mi metto completamente dritta allontanandomi leggermente. L'uomo mi scruta con uno sguardo indecifrabile per poi mettere dello zucchero sulle fette di arancia che ho tagliato poco prima. Ne prende un pezzetto per poi portarselo alla bocca, l'aria è parecchio tesa o forse sono semplicemente io ad essere tesa come una corda di violino. L'uomo seduto al tavolo fa un cenno col capo al signor Whitfield che subito va via perché probabilmente deve continuare a svolgere il suo lavoro. Deglutisco in preda all'ansia cercando di mantenere quel sorriso cordiale che mi sono imposta io stessa di mantenere ma, maledizione, è talmente difficile. Il mio capo mangia un altro pezzo d'arancia per poi voltarsi verso di me guardandomi fisso negli occhi.
- Vieni - mi dice semplicemente invitandomi ad accomodarmi al suo fianco con un gesto della mano.
Mi irrigidisco sul posto, inizio a sudare freddo, non ho mai provato una sensazione del genere in vita mia.
- Ma signore.. -
- Niente ma, dai vieni - insiste facendo nuovamente quel gesto con la mano.
Leggermente titubante annuisco facendo quello che mi ha detto, infondo è il mio capo. Sollevo la sedia di fronte a me per evitare di fare rumore e mi siedo, non riesco ad appoggiare la schiena alla sedia per la tensione. Nuovamente ritorna il silenzio e il mio sguardo è fisso sulla mia pancia in preda all'imbarazzo più totale. Mi sento come una formica di fronte a un leone, una nullità, e questo mi terrorizza. L'uomo ha appena appoggiato la forchettina nel piatto a giudicare dal piccolo rumore che ho appena udito. Sento il suo sguardo su di me, so di non doverlo fare ma chino le spalle cercando di nascondermi ancora di più.
- Ehi? -
L'uomo mi chiama e quando alzo leggermente lo sguardo per poco sobbalzo per lo spavento, si è chinato con la testa per scorgere il mio viso ed è dannatamente troppo vicino al mio viso. Gli occhiali da vista sono perfettamente appoggiati sul suo naso fine e ha uno sguardo incuriosito. Sicuramente gli sono sembrata una gran maleducata così mi metto composta facendolo quasi sobbalzare per il gesto improvviso.
- Sai una cosa? - inizia a parlare.
Io mi mostro incuriosita mentre aspetto che continui il discorso.
- I tuoi biscotti sono la cosa più buona che abbia mai mangiato -
Stavo per ringraziarlo ma lui continua.
- Persino il latte e questa arancia sembrano più buone, eppure, è del semplice latte e una semplice arancia - continua mostrando l'ombra di un sorriso.
- La ringrazio signore -
- Non chiamarmi "signore", chiamami semplicemente Michael - dice allargando il suo sorriso.
Io annuisco anche se, probabilmente, continuerò a dargli del lei.
- Tu invece come ti chiami? - mi domanda.
- Madeleine Cruz - rispondo immediatamente.
- Madeleine - ripete quasi assorto nei suoi pensieri.
- E' un bellissimo nome - continua.
- La ringrazio - dico mostrando un leggero sorriso.
E' una situazione assurda quella che sto vivendo in questo istante, seduta allo stesso tavolo con una leggenda vivente. "Il re del pop" come lo definisce tutto il mondo, al pensiero che ieri stavo ascoltando una sua canzone alla radio e ora me lo trovo proprio di fronte a me mi fa salire un brivido lungo la spina dorsale. Non sono una sua fan ma so perfettamente chi sia, tra notizie alla radio, copertine di riviste e cartelloni pubblicitari sparsi per Los Angeles. Conosco solo alcune sue canzoni che, dicono, siano passate alla storia per il grande successo ottenuto. Mai, e dico mai, mi sarei aspettata di lavorare per una persona del calibro di Michael Jackson. Le mie mani stanno sudando in una maniera assurda, ho paura di dire o fare qualsiasi cosa ed è una sensazione orribile. L'uomo di fronte a me mi osserva con un sorriso, praticamente sono a pochi metri di distanza da un dio della musica internazionale e l'unica cosa che riesco a fare è imbarazzarmi, sono veramente una frana.
- Sono felice che tu abbia accettato di lavorare qui Madeleine - afferma mostrandosi estremamente sincero.
Rimango esterrefatta dalla sua confessione, le mie guance si fanno letteralmente bordeaux e sono talmente allibita che non riesco nemmeno a nascondere il mio viso.
- Sono felice anche io di lavorare per lei signore, è un onore - rispondo e dalla mia voce traspare tutta l'emozione che sto provando in questo momento.
Il signor Jackson alza gli occhi al cielo sbuffando.
- Non darmi del signore, chiamami Michael - mi rimprovera giocosamente.
- Mi scusi - tento di giustificarmi in qualche modo.
- Non preoccuparti, anche Bill e Javon si ostinano a chiamarmi "signore" nonostante mi ostino a ripetere ad entrambi di non chiamarmi quindi non sei l'unica - spiega mostrandosi divertito.
Rimango quasi incantata dal suo modo di fare, in ogni singola parola e gesto traspare eleganza e sobrietà. La sua voce e fine e delicata, non avevo mai sentito la sua voce prima d'ora e ne sono rimasta affascinata. Possibile che quella voce tanto potente che sentivo nelle canzoni provenga dalla stessa persona che ha una voce così fine e delicata? Lo sguardo del signor Jackson si posa sul mio ventre, ecco ora è finita davvero, probabilmente a causa delle mie condizioni mi licenzierà seduta stante. Invece, contro tutte le mie aspettativa, i suoi occhi si illuminano e il suo sorriso diventa incredibilmente dolce.
- Sei incinta! - constata osservando il mio ventre quasi rapito.
- Si - dico confermando la sua ipotesi.
Lo vedo leggermente incerto, quasi come se mi volesse chiedere qualcosa ma non trova le parole o il coraggio di farlo. Lo vedo sollevare esitante una mano per poi guardarmi quasi implorante, cosa che mi lascia senza parole.
- Posso? - domanda esitante.
Ah voleva toccare il mio ventre, io mostro un sorriso intenerita dal suo atteggiamento quasi impaurito.
- Certamente - gli do il consenso appoggiandomi allo schienale della sedia.
Lo vedo sospirare ed esitante appoggia la sua grande mano sul mio ventre gonfio.
- Wow - si lascia sfuggire in un sussurro.
I suoi capelli neri lievemente mossi gli coprono leggermente il viso e rivolge uno sguardo alla mia pancia che non ho mai visto in nessuno, sembra quasi in adorazione mentre ogni tanto fa una carezza. Io lo lascio fare, infondo non mi sta dando alcun fastidio. Il mio sguardo passa dalla sua mano al suo avviso assorto in chissà quali pensieri, non posso fare a meno di sorridere trovando questo gesto tanto semplice ma allo stesso adorabile. Decido di non dire una parola non volendo rovinare questo bel momento, la mano del signor Jackson ha un leggero tremolio che non riesco minimamente a spiegarmi. Improvvisamente una strana sensazione mi colpisce facendomi sobbalzare sulla sedia e appoggiare la mia mano, involontariamente, su quella del mio capo. Quest'ultimo alza lo sguardo mostrando uno sguardo a dir poco terrorizzato.
- Madeleine che succede? - mi domanda preoccupato senza però allontanare la mano.
Cerco di prendere aria, delle lacrime scendono sul mio viso e con la mano libera mi copro la bocca cercando di nascondere un singhiozzo. Il mio sguardo va a finire sulla mia pancia e un enorme sorriso si forma tra le lacrime. L'uomo mi guarda confuso e quando sussulto di nuovo si irrigidisce sul posto, fa un'altra carezza e di nuovo quella strana e nuova sensazione mi pervade. Sono appena entrata in un uragano di emozioni che mi hanno lasciato senza fiato.
- Ha scalciato, mio figlio ha appena scalciato - dico semplicemente esterrefatta.
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