Capitolo 18
Neverland Ranch, sarebbe una bugia dire che non ne avevo mai sentito parlare, da come ne parlano sembra che non esista davvero. Il signor Jackson e i figli hanno mangiato ciò che ho preparato e il mio capo è stato così gentile da farmi mangiare insieme a loro, inoltre ha richiesto che fossero servite due porzioni anche per il signor Whitfield e il signor Beard. Ora sto lavando i piatti e la teglia che ho utilizzato mentre due camerieri mettevano apposto tutto, non mi lasciano nemmeno il tempo di appoggiare le stoviglie sul ripiano che loro le prendevano, le asciugavano e le mettevano al loro posto. I bambini stanno gironzolando per la stanza mentre il padre ha sempre un occhio vigile verso di loro. Stavo per prendere l'ultimo bicchiere quando il piccolo Prince corre verso di me per poi nascondersi dietro le mie gambe, Paris lo sta inseguendo mentre ride divertita. Il bambino, come si accorge di non avere scampo, mi tocca il pantalone invitandomi a prenderlo in braccio. Io divertita lo afferro velocemente e la sorellina cerca di alzarsi sulle punte dei piedi per poterlo acciuffare ma senza successo. Il bambino tra le mie braccia le fa delle linguaccia in segno di vittoria mentre io guardo il suo profilo divertita dalla situazione. La bambina inizia a lamentarsi così decido di mettere giù Prince che subito inizia a correre attorno all'isolotto, Paris felice inizia a rincorrerlo con la sua corsa incerta. Mi rimetto dritta e noto di essere osservata dal signor Jackson così ritorno a fare il mio lavoro, lavo gli ultimi bicchieri per poi asciugarmi le mani su un telo da cucina al mio fianco, lo ripiego ordinatamente mettendolo al suo posto per poi aggiustarmi la coda di cavallo che si è allentata un po'.
- Madeleine? - mi richiama il mio capo.
- Si? - dico voltandomi verso di lui.
Lui si alza dalla sedia facendo per l'ennesima volta il giro dell'isolotto per poi appoggiarsi con la schiena al ripiano in marmo dietro di se.
- Hai già comprato qualcosa per la bambina? - mi domanda così a bruciapelo.
Io nego con la testa sconsolata.
- Purtroppo non ho mai avuto modo di andare a fare compere, da quando sono rimasta incinta ho cambiato completamente stile di vita, sono diventata una conservatrice. Ho speso la maggior parte del tempo a lavorare per poter pagare l'affitto, poi quando avrei avuto abbastanza soldi avrei comprato tutto il necessario per la mia bambina - spiego.
L'uomo annuisce durante tutto il mio discorso per poi uscire dalla stanza lasciandomi interdetta per un attimo. Alzo le spalle mentre vado a prendere un bicchiere d'acqua, sentivo la gola secco, non sono una persona che parla molto anzi preferisco ascoltare. Circa mezz'ora dopo il mio capo ritorna in cucina e si è cambiato, porta un completo nero e si intravede la camicia del medesimo colore con dei ricami bianchi, porta gli occhiali da sole e i suoi capelli ricci sono legati in una coda bassa. E' al telefono e non riesco bene a capire il filo del discorso. Chiude la chiamata per poi rivolgermi un sorriso.
- Forza, togliti il grembiule andiamo - dice iniziando ad incamminarsi verso l'uscita della cucina.
L'uomo si ferma quando capisce di non essere seguito, gira la testa nella mia direzione e nota la mia espressione confusa.
- Dove dobbiamo andare? - chiedo ingenuamente.
- Ti porto a fare un po' di shopping per la bambina - dice semplicemente alzando le spalle.
- Ma come - inizio a parlare in preda alla sorpresa.
- Niente ma! Forza togliti il grembiule, Bill ci sta aspettando all'entrata - dice invitandomi con una mano a seguirla.
Titubante annuisco alla sua richiesta e, dopo aver piegato accuratamente il grembiule dentro la scatola e sciolto i capelli, lo seguo verso l'uscita. Usciamo dalla porta principale e l'ingresso mi si presenta in tutta la sua maestosità, non riesco a soffermarmi molto perché il mio capo afferra il mio braccio invitandomi a seguirlo. Ridacchio lasciandomi trascinare in una mezza corsetta giù per le scale, Il signor Whitfield ci apre la portiera mentre ci mostra un sorriso. Gentilmente il signor Jackson mi fa entrare nella vettura per prima per poi entrare lui chiudendo lo sportello. Il signor Whitfield si siede al posto di guida e, una volta acceso il motore, oltrepassiamo il cancello principale. Una folla di fan è presente all'entrata, un coro di urla si innalza al passaggio della macchina, i vetri dietro sono oscurati ma penso che sappiano che all'interno della vettura ci sia il loro idolo. L'uomo sorride mentre saluta i suoi fan anche se loro non lo possono vedere del tutto, prontamente nascondo il volto tra le mani non volendomi far riconoscere. Siamo in strada con della musica in sottofondo e non ci parliamo per la maggior parte del tempo fino a quando il signor Jackson si sporge in avanti verso il signor Whitfield.
- Bill puoi alzare il volume per favore? - chiede.
- Certo signor Jackson - risponde eseguendo l'ordine.
Una canzone rap a me sconosciuta inonda l'abitacolo, l'uomo al mio fianco sorride vistosamente iniziando a muovere le dita a ritmo sulle sue stesse ginocchia.
- Amo questa canzone - esclama felice.
Sorrido anche se lui non mi sta guardando in questo momento, inizia a muovere la testa a ritmo di musica mentre con la voce riproduce dei suoni che rispecchiano perfettamente la melodia della canzone. I miei occhi sono spalancati dalla sorpresa e io cerco lo sguardo del signor Whitfield attraverso lo specchietto retrovisore, lui sembra divertito ma non so se sia per la mia reazione o per il signor Jackson. In pochi minuti la macchina viene parcheggiata dietro quello che sembra un centro commerciale. Guardo fuori dal finestrino ed è pieno zeppo di uomini in divisa tutti abbastanza massicci, probabilmente il signor Jackson ha preannunciato il suo arrivo. Uno dei uomini della security apre lo sportello dal mio lato e mi allunga una mano per farmi scendere, con un sorriso di ringraziamento accetto il suo aiuto ritrovandomi fuori dalla vettura. Il mio capo mi è subito dietro e noto che si è messo una mascherina nera sul viso ma non mi soffermo a capirne il motivo. Poggia una mano sulla mia schiena invitandomi ad avanzare, arrossisco vistosamente iniziando a camminare. Entriamo in quelli che devono essere i corridoi che non sono accessibili ai non autorizzati. Mentre percorriamo questi cunicoli il signor Jackson mi tocca una spalla attirando la mia attenzione.
- Mettiti questa, per non farti riconoscere - dice porgendomi una cosa tra le mani.
Quando vedo ciò che ho tra le mani i miei occhi si riempiono di meraviglia, una maschera bianca con ricami neri e dorati mi fa diventare gli occhi a cuoricino. Ho sempre sognato di indossare una cosa del genere per Halloween ma mia madre me l'ha sempre proibito ritenendolo ridicolo e inopportuno. La maneggio con delicatezza per poi rivolgere uno sguardo confuso all'uomo al mio fianco.
- Non voglio che sia violata la tua privacy - spiega mostrando un sorriso leggermente tirato.
Sorrido elettrizzata annuendo, porto l'elastico dietro la mia nuca indossando la maschera. Vorrei tanto vedere come mi sta ma nella mia borsetta non porto specchietti, rivolgo uno sguardo al mio capo per cercare di capire qualcosa dall'espressione del suo viso. Lo vedo sorridere per poi accarezzarmi leggermente i capelli.
- Ti sta benissimo - commenta semplicemente.
Io sorrido raggiante e arrossisco anche se lui non può vedermi, siamo arrivati davanti a una grande porta verde e l'uomo mi prende a braccetto avvicinandomi a se. Impacciata cerco di mantenere il suo passo mentre il rossore sulle mie guance si estende ulteriormente.
- Devi starmi sempre vicino, può essere pericoloso - spiga con la sua voce leggermente camuffata dalla mascherina.
Mi limito ad annuire e la porta viene aperta, prontamente la security e il signor Whitfield ci circondano. Il centro commerciale è immenso ed è pieno di negozi con grandi marche che per i miei standard sono irraggiungibili. Alcuni passanti si girano nella nostra direzione e prontamente la stretta sul mio braccio aumenta, il signor Jackson sembra particolarmente nervoso e lo diventa ancora di più quando alcune persone iniziano a gridare il suo nome. Io abbasso spontaneamente la testa nonostante abbia la maschera che nasconda il mio viso, non sono abituata ad essere osservata da così tanti occhi che probabilmente saranno pieni di malizia. Il mio capo saluta tutti con un gesto della mano e subito entriamo dentro un negozio per neonati. Il signor Whitfield e altri due uomini entrano insieme a noi mentre gli altri restano all'ingresso. Il negozio è deserto, ci sono solo i commessi e uno di essi ci viene incontro.
- Buonasera, posso fare qualcosa per voi? - chiede e dal tremolio della sua voce capisco che è in preda all'emozione.
L'uomo al mio fianco non se ne cura minimamente, sicuramente sarà abituato a questo genere di reazione da parte della gente, penso iniziando a guardarmi attorno.
- Prendiamo un carrello, se abbiamo bisogno di lei la chiameremo - risponde il signor Jackson mentre ha già preso l'oggetto in questione.
Il commesso, leggermente amareggiato, annuisce congedandosi. Iniziamo a gironzolare tra i vari scaffali e ci soffermiamo sulle tutine. Il mio sguardo di posa su una di esse, è nera e al centro vi è una luna con su scritto "To the moon and Back". L'uomo al mio fianco arresta la sua avanzata accorgendosi del mio sguardo assorto e si mette al mio fianco.
- Ti piace? - mi domanda.
Il mio sguardo si posa inevitabilmente sul prezzo e distolgo subito lo sguardo, costa decisamente troppo.
- E' carina - dischiaro semplicemente.
- Ma -
Non faccio in tempo a finire la frase che il signor Jackson l'ha già presa mettendola nel carrello, mi appresto a fermarlo.
- Signor Jackson non mi posso permettere niente di quello che c'è qui - spiego mostrandomi triste.
Il signor Whitfield sembra capirmi visto il suo sguardo comprensivo e purtroppo non riesco a decifrare l'espressione del signor Jackson visto è coperta dalla mascherina.
- Consideralo un regalo da parte mia - dice iniziando nuovamente a camminare.
Lo rifermo nuovamente posizionandomi davanti al carrello arrestando la sua avanzata.
- No non posso accettare, ha fatto fin troppo per me - dico cercando di mostrarmi decisa.
- Bill, chiama il commesso per favore - dichiara semplicemente il mio capo.
L'uomo in questione annuisce e dopo pochi secondi ritorna con il commesso di prima. Iniziamo a camminare tra i vari scaffali e io rimango alcuni passi indietro, il signor Jackson sembra estasiato a ogni cosa che ritiene bella. Inizia ad indicare cose a destra e a sinistra e dal suo tono di voce sembra felice.
- Voglio questo. Questo si può avere? - chiede al commesso.
- Assolutamente si - risponde il giovane che lo segue.
- Perfetto, e anche questo -
Continua così per praticamente mezz'ora e ha praticamente comprato mezzo negozio, sono amareggiata e sconsolata allo stesso tempo, io non mi sarei mai potuta permettere tutto ciò. Come posso ripagare tanta disponibilità? Una volta alla cassa si fa il conto e il prezzo è alle stelle, spalanco gli occhi e mi avvicino al carello rivolgendomi al commesso. Afferro alcune cose e gliele porgo.
- Sarebbe possibile toglierle dal conto? - chiedo gentilmente.
Il signor Jackson prontamente si avvicina a me.
- No no non farlo - mi ferma prendendomi in maniera delicata la roba dalle mani.
L'uomo passa la sua carta di credito e chiede addirittura se è possibile consegnare tutto al mio indirizzo. Sono sconcertata e non so minimamente che cosa dire, so solo una cosa, questa situazione ha dell'incredibile.
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