Capitolo 13
L'uomo si toglie lo stetoscopio dalle orecchie e con un sospiro lo ripone nella sua borsa in pelle. Sistema bene la giacca e, dopo essersi alzato dal letto, esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Il signor Jackson, seduto poco più in la, si alza di scatto seguito a ruota da Bill e Javon.
- Allora dottore? - domanda repentinamente Bill.
L'uomo si gratta il mento per poi riportare il braccio lungo il corpo di peso.
- La ragazza sta bene, ha solo avuto un abbassamento di pressione probabilmente dovuto allo stress - dice mentre tira fuori un foglio.
- Però le consiglio di farle una visita ginecologica quanto prima, io non mi sono permesso di prescriverle nulla in quanto non sono qualificato per questi casi - continua consegnando il foglio a una delle due guardie.
I due omoni si guardano quasi complicità ma nessuno sa a cosa effettivamente stiano pensando.
- Grazie dottor Conrad Murrey - lo ringrazia Michael porgendogli la mano.
- E' un piacere signor Jackson - ricambia la stretta per poi farsi scortare da Javon verso l'uscita della villa.
Bill e il suo capo rimangono da soli in uno dei tanti corridoi della villa e il silenzio regna sovrano, nemmeno dalla stanza dove è stata portata poco prima la giovane si percepisce qualche suono. Un sospiro pesante del signor Jackson interrompe l'apparente quiete che si è creata.
- Bill? - chiama il signor Jackson con voce leggermente tremante.
- Si signore? -
Ancora qualche minuto di silenzio dove Michael non riesce a staccare gli occhi dal pavimento. Agli occhi del signor Whitfield sembrava quasi un bambino spaventato ma non l'avrebbe mai detto ad alta voce, sarà una cosa che terrà nascosta da qualche parte dentro di se.
- Conviene che torni a svolgere il tuo lavoro - dice semplicemente l'uomo dai lunghi capelli neri.
- Scusi signore, vado subito - si riporta sull'attenti la guardia per poi sparire, anche lui, tra i corridoi di quell'immensa casa.
Una volta solo vorrebbe andarsene ma una strana ansia lo pervade proprio mentre passa davanti alla camera i cui si trova la ragazza. E se le dovesse succedere qualcosa? E se non riuscisse a chiamare aiuto se si dovesse sentire male? Pensa ma, nel frattempo, ha già socchiuso la porta della stanza senza accorgersene. Apre lentamente la porta per evitare che scricchioli e la prima cosa che si nota è l'abat-jour accesa, la luce e tenue e calda quindi non da minimamente fastidio. Entra definitivamente nella stanza cercando di chiudere la porta il più piano possibile e, in punta di piedi, si avvicina al letto. La ragazza è rannicchiata su un fianco e il suo viso è illuminato dalla live luce. Il signor Jackson prende una sedia e, senza farla strisciare sul pavimento, la posiziona proprio accanto alla giovane ancora dormiente. Una volta seduto si sorregge con le mani sulle ginocchia e scruta il viso sereno della sua cuoca lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. Qualcosa però cambia, il viso della ragazza cambia espressione diventando quasi sofferente che Michael non può fare a meno di notare. Sembra che si stesse per svegliare ma non è così, l'uomo si avvicina maggiormente al letto e le sue ginocchia sfiorano leggermente il materasso. Il letto è leggermente scoperchiato così decide di sistemare bene le lenzuola e il copriletto per poter coprire la ragazza ma a quanto pare non basta. Michael sgrana leggermente gli occhi quando intravede qualcosa scorrere sulle guance della ragazza, quelle erano lacrime. Parecchio intenerito asciuga i suoi zigomi cercando di non svegliarla, nonostante il gesto la ragazza continua a piangere nel sonno così si china con la schiena iniziando ad accarezzarle i capelli. La chioma della giovane non è più legata con la coda come la mattina, ora i suoi capelli sono sciolti e ribelli. Il grano, è questo che l'uomo pensa osservando le varie sfumature dei folti capelli di Madeleine. Michael si incanta fissando un punto indefinito della stanza ma un singhiozzo gli fa riportare lo sguardo sulla giovane che ha iniziato a piangere molto più di prima. La scena è straziante e la voglia di svegliarla da quel, probabilmente, incubo è tanta ma non ci riesce. Con il pollice fa dei cerchi cercando di scacciare le nuove lacrime che si sono depositate sui suoi zigomi. Mostra uno sguardo intenerito mentre continua ad accarezzare i capelli della ragazza, sembra così desiderosa di affetto. Un affetto che anche lui desidererebbe tanto ricevere a sua volta da qualcuno. Una mano si posa sulla sua e quando gira lo sguardo vede che la ragazza ha fermato i movimenti della sua mano e dopo essersi stiracchiata un po' apre lentamente gli occhi.
Avendo percepito qualcosa tra i capelli e nonostante vado a toccare cos'ho tra di essi non riesco ad identificare cosa sia. Mi stiracchio leggermente aprendo gli occhi, una luce me li fa richiudere immediatamente. Dopo qualche minuto li riapro e noto di non essere in cucina poco fa e non percepisco nemmeno il freddo del pavimento sotto di me, al contrario un calore mi avvolge. La mano libera inizia a tastare ciò che si trova su di me e come abbasso lo sguardo capisco che sono delle coperte. La cosa non identificata si muove tra i miei capelli e intuisco che sia una mano e quando capisco a chi appartiene sobbalzo. Il signor Jackson mi sta accarezzando la testa mostrando uno sguardo dolce ma allo stesso tempo malinconico, una malinconia che non riesco a capire da dove derivi.
- Ehi - mi richiama dolcemente.
Io accenno un sorriso in risposta per fargli capire che l'ho sentito. Il suo tono di voce è talmente basso che sembra quasi inudibile, sta cercando di non spaventarmi. Sento dell'umido sulle mie guance e spalanco gli occhi quando capisco che sono lacrime. Repentinamente allontano la mano che si è appoggiata sulla sua e mi asciugo velocemente le lacrime pregando che non le abbia notate.
- Signor Jackson - cerco di alzarmi per ricompormi.
L'uomo, vedendomi nervosa, appoggia entrambe le sue grandi mani sulle mie spalle cercando di farmi rimanere in quel letto a me sconosciuto. Mi guardo velocemente attorno e capisco di non essere sul divano letto di casa mia, questa è sicuramente una delle tante stanze della villa.
- Sta giù, devi riposarti - quasi mi ordina cercando di non essere troppo brusco.
L'imbarazzo mi assale. come sono arrivata fino a qui? Un senso d'ansia mi assale, non dovrei trovarmi su questo letto. Probabilmente il mio capo mi sta prendendo per una maleducata.
- Signor Jackson non so come sono arrivata fin qui. Non volevo, mi dispiace. Le prometto che non ricapiterà mai più una cosa del genere. Se mi vuole licenziare la capisco, il mio comportamento è stato poco dignitoso e professionale, non ho parole per esprimere quanto io sia mortificata signore - inizio a parlare a raffica mettendo in luce le mie innumerevoli insicurezze.
Nel mentre l'uomo continua scuotere la testa guardandomi come se fossi un'alieno.
- Non dire stupidaggini - mi tranquillizza lasciandosi andare a un sorriso divertito.
In quel momento, dopo aver ripreso fiato ed essermi calmata un po', mi sorge spontanea una domanda.
- Che ore sono? - domando dimenticandomi di avere un'orologio al polso.
Vedo il signor Jackson puntare lo sguardo sulla sveglia situata sul comodino che ho notato solo in questo momento.
- Sono le 04:42 - risponde.
Inizialmente rimango perplessa ma poi mi siedo con uno scatto rendendomi conto che io sono arrivata alla villa alle 07:30 circa.
- La colazione e il pranzo - sussurro non riuscendo a staccare lo sguardo dalle mie mani.
- Signore mi dispiace tanto - tento di giustificarmi.
- Ehi - mi richiama l'uomo seduto al mio fianco.
Alzo finalmente lo sguardo puntando i miei occhi nei suoi.
- Non preoccuparti, la colazione l'abbiamo ordinata da Starbuks e il pranzo da KFC. Amo le alette di pollo fritte - confessa cercando di sdrammatizzare.
Mi lascio sfuggire un risolino divertito a quella dichiarazione ma comunque sono mortificata per quanto riguarda il mio svenimento. Seguono attimi di silenzio a dir poco strazianti, sono completamente a disagio e non riesco a dire una mezza parola ma ci pensa il mio capo a smorzare il tutto.
- Come ti senti ora? -
- Bene la ringrazio - rispondo sorridendogli.
Riporto lo sguardo sulle mie mani che sono strette alle lenzuola e, non so per quale ragione, mi viene spontaneo alzare il viso per poter osservare il mio capo. L'uomo sta osservando la mia pancia assorto nei suoi pensieri ma poco dopo, sentendosi osservato, punta i suoi occhi nei miei. La camicia rossa è leggermente sgualcita e le maniche sono leggermente più larghe rispetto ai suoi polsi, il trucco è impeccabile nonostante i capelli siano leggermente crespi probabilmente per colpa dell'umidita. La sua espressione muta in un'istante, i suoi occhi si fanno improvvisamente lucidi e si porta una mano sul viso cercando di coprirsi.
Io spaventata tolgo le coperte dalle gambe e mi ritrovo seduta di fronte a lui, non faccio nemmeno caso alle nostre ginocchia che si toccano. Non ho mai affrontato una situazione di questo tipo e i respiri tremanti provenienti dal signor Jackson mi mettono ansia e tristezza allo stesso tempo. Alzo una mano volendola appoggiare sulla sua spalla ma la ritiro, ho troppa paura della reazione che potrebbe avere. Abbasso la testa cercando il suo sguardo ma l'uomo si nasconde ancora di più facendomi preoccupare maggiormente. Senza rendermene conto mi ritrovo stretta in un suo abbraccio, i miei occhi sono spalancati dalla sorpresa e non riesco a ricambiare il suo gesto. Al contrario il mio capo mi stringe ancora di più facendoci dondolare per poi insinuare una mano tra i miei capelli facendomi avvicinare ancora di più.
- Signor Jackson - lo richiamo imbarazzata e schioccata.
La stretta aumenta e un singhiozzo da parte dell'uomo mi fa sospirare, appoggio la testa sulla sua spalla e le mani attorno ai fianchi cercando di rassicurarlo anche se dentro di me sto morendo dalla vergogna.
- Mi sono spaventato tanto - dice semplicemente con la voce tremante non volendosi allontanare da me.
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