Capitolo 28

Judas?

"Fumo per tutta la notte, penso al modo per andarmene.
Ballo un mambo con la morte, giro santa Maria per rinascere.
Né accendo una per chi non c'è più ed una per chi se né andato via "

Kyle, il principe dellOmega, seduto ad un computer nella sala dei monitor osservava di nascosto la vita di sua sorella maggiore, si sentiva tremendamente male a guardarla.

Polaris... Come mi manchi, non avevo compreso fino ad adesso il bene che provo per te, finché non mi sono trovato da solo.

Solo, più o meno. Non lo sai ma ho una bellissima moglie e mentre tu secoli fa hai avuto le gemelle... Io ho avuto i gemelli.

Ironia della sorte?

Ti ammirano molto.

Che stupido. Sei stata proprio tu a dirmi che erano gemelli.

Il ragazzo si sedette meglio sulla sedia stanco e sconsolato dai suo breve monologo per la sorella lontana anni luce da lui.

Sono anche testardi come me e te, persino Fyza... Alhena, è tornata. C'è rimasta molto male del fatto che tu non l'abbia salutata.

Ma come potevi sapere che era con noi, l'hai lasciata su Luna da sua nonna.

Non prenderlo come un rimprovero, non so come tu faccia a gestire tutto.

Hai previsto ogni mossa, architettato ogni sfaccettatura.

Solo una cosa non potevi prevedere, Raphael.

***

All'Inferno i demoni erano tutti tornati al loro lavoro, e in poco tempo Lillian si era ripresa alla grande, tornando quasi subito in missione, diventando definitivamente amica con Aurora, che purtroppo aveva ricevuto la notizia che Belphagor e Belzebù erano misteriosamente morti in una casa di campagna, pareva essere accaduto molto tempo prima.

Così la demone, non riusciva a dormire bene la notte, passandola sveglia a chiacchierare con il compagno e ridere. Quella notte invece, era piena di riflessioni e problemi nella sua testa.

- Ti sei svegliata anche sta notte. - constatò Lucifero svegliandosi e girandosi verso la ragazza seduta nel letto.

- Non chiuso occhio. - gli rispose sorridendo appena con lo sguardo puntato al vuoto.

Lucifero si mise nella sua stessa posizione imitandola ed effettivamente notò che il lato della fidanzata era più scompigliato del solito, come se ci fosse passato uno tsunami; normalmente lei era tranquilla quando dormiva e non disfava il letto neanche di una virgola.

L'uomo sospirò profondamente, anche la veste da notte azzurrina scomposta.

Spostò lo sguardo sul volto di Aurora, i capelli morbidi argentei spettinati come mai era accaduto e i suoi occhi furono ciò che lo lasciò più perplesso.

L'occhio sinistro era più chiaro del destro.

Si sedette per bene lasciando tutto il busto scoperto, prese tra le mani il volto della fidanzata e le osservò attentamente gli occhi.

Uno era decisamente più chiaro dell'altro, i suoi occhi normalmente azzurro cielo, adesso era ghiaccio con il sinistro tendente al bianco.

- Che succede? - chiese la donna con voce stanca notando lo stupore di Lucifero.

- Nulla. - rispose immediatamente facendole un sorriso tirato.

Lei lasciò cadere il discorso, troppo presa dal pensiero di Michele per poter ragionare lucidamente e veramente.

Non voleva che per colpa sua Lucifero ed i demoni dovessero combattere, non era giusto.

Prese dunque la decisione peggiore e al contempo migliore della sua vita.

Avrebbe parlato con suo fratello.

Si sdraiò al fianco di Lucifero e finse di dormire, appena sentì che lui si era addormentato si alzò dal letto cercando di far meno rumore possibile.

Si vesti con una tuta classica grigia, legò i capelli ricci in una coda alta e mise un mantello nero con il cappuccio.

Tirò su il cappuccio e si spostò per vari corridoi incustoditi del castello come un'ombra, arrivando a quello dove salendo le scale si arrivava alla grotta di Eva.

Nella grotta con sua immensa sorpresa non trovò la donna dai capelli neri come sempre.

Uscì con un sospiro e si diresse verso il Tempio di rose, luogo neutrale per angeli e demoni.

Durante il tragitto tenne il cappuccio e quei pochi demoni di guardia presenti la osservarono un po' più a lungo, ma poi lasciarono perdere. Non era di certo la prima persona che passava di lì incappucciata nella speranza di non essere riconosciuta, senza contare che a quell'ora del notte, quasi mattina, non avevano nemmeno la voglia di fermarsi a controllare.

Così lei arrivò quasi in tranquillità alla sua meta, soffermandosi ad osservare i vari simboli presenti con un sorriso, sentendosi molto affine ad essi.

- Dai Aurora, è solo colpa tua. - bisbigliò per darsi coraggio. - Michele! - alzò notevolmente la voce per farsi sentire dalla spada del Padre.

Un potente battito d'ali arrivò subito dopo, facendo alzare un po' di polvere e terriccio presenti sul pavimento.

Solo che l'arcangelo non era solo.

Alle spalle di Michele c'era Raphael, il quale non riusciva a guardare Aurora.

- Ciao Aurora. Dimmi il tuo fidanzatino sa che sei qui? - le chiese sprezzante facendosi da parte per mostrare con fierezza di non essere solo e farle credere che Raphael fosse dalla parte del biondo, cosa quasi del tutto vera. 

- No, Lucifero non sa della mia presenza qui. Ho preferito non dirglielo. - rispose lei con fingendo tranquillità, quando in realtà dentro di sé c'era una tempesta di emozioni.

L'emozione che prevaleva in quel momento era certamente la tristezza.

- Bene, bene, bene. Raphael vattene. Io e la Reginetta dobbiamo discutere. - disse l'arcangelo con un sorriso malizioso.

Raphael seppur con riluttanza spalancò le ali e volò verso il paradiso, sapeva che Aurora era ferita dal suo comportamento, non avendole detto nulla.

Ma come poteva?

Gli angeli erano la sua famiglia e per quanto bene le volesse lei non era più un angelo. Era una demone ora e non era più un suo compito occuparsene, per quanto il cuore gli facesse male quel pensiero.

La demone rimase sola con il Re del Paradiso, l'uno davanti all'altro.

- Allora demone, raccontami perché hai richiesto un'udienza con il Re del Paradiso. - domandò altezzoso girovagando per il tempio.

- Non voglio una guerra, Michele. Risolviamo la faccenda io e te, te né prego. Una volta eri mio fratello... Ti prendevi cura di me e mi amavi. - pregò la giovane desolata, nella speranza di smuovere qualcosa nell'anima dell'angelo.

Michele rifletté sulle parole della minore, trovando l'occasione perfetta per ferirla definitivamente. Così la ingannò.

- Hai ragione sorellina. Hai ragione, davvero perdonami. Vieni fatti abbracciare. - le disse fingendosi pentito indicandosi con un gesto della mano, ed Aurora sospirò. Non era convinta, ma sperava fosse davvero così.

- Bene. - disse semplicemente lei allontanandosi leggermente con un sorriso.

- Dai piccolina vieni, fatti abbracciare! - esclamò con un sorriso Michele spalancando le braccia.

La demone convinta che fosse per "sigillare" il ritorno alla tranquillità, andò da lui con riluttanza  e lo abbracciò.

Quell'abbraccio era freddo.
Come se non fosse vero, esattamente come stava accadendo.

L'arcangelo fece comparire nella sua mano destra un pugnale, voleva uccidere la sorella minore, la figlia della sua sorella preferita.

Purtroppo però accadde una cosa abbastanza inaspettata, un avvenimento che nessuno dei due, il Paradiso e l'Inferno, si sarebbero mai aspettati.

Una forte luce scaturì dal corpo della futura Regina attraversando anche il corpo dell'Arcangelo che si allontanò da lei come scottato da quel contatto, mostrando con chiarezza il pugnale che aveva in mano.

Aurora non ci mise molto a capire cosa volesse fare l'ex fratello, lui la voleva uccidere, solo una cosa non le quadrava, cos'era accaduto?

Michele osservò con orrore il pugnale nella sua mano, comprendendo realmente le proprie intenzioni: voleva uccidere la sua amata sorella.

Lanciò via il coltello e cercò di avvicinarsi ad Aurora che man mano si allontanava da lui fino a correre via, lontano, sparendo tra gli alberi interrompendo il contatto visivo che Michele, la spada del Padre, aveva cercato di creare.

Cadde per terra. I pantaloni di un candido ed immaccolato bianco si sporcarono immediatamente di terra.

Si fissò le mani tremanti mentre dai suoi occhi scendevano delle amare lacrime.

Perché diamine si era comportato così? era questa la domanda che si stavano continuando a porre l'arcangelo e la demone superiore.

La demone era letteralmente scappata da quello che teoricamente era suo fratello, lui l'avrebbe uccisa se lei... se lei non l'avesse purificato. Era abbastanza certa d'averlo fatto. Dopotutto ricordava ancora bene la sensazione di calore e forza che si provava a togliere le negatività degli altri angeli assorbendoli all'interno della sua anima, in una parte remota che si sarebbe dovuta purificare da sola, ma che chiaramente non era in grado di farlo.

Un pensiero più forte ronzava nella sua testa, lei non era più un'angelo, non era più nulla di ciò che era una volta, dunque come era riuscita a fare tutto ciò.

Si accovacciò alle radici di un albero tremante, esattamente come Michele.

Portò lo sguardo alle stelle.

Le luminose, meravigliose stelle.

Erano così tante e belle.

Sorrise prendendo un pacchetto di sigarette dalla tasca, accendo poi la sigaretta con l'accendino.

Osservò ogni cosa in quel luogo, il fitto bosco, illuminato a tratti dalle candide padrone del cielo notturno.

Alcuni animali sugli alberi che dormivano, altri come lei alle radici dei possenti arbusti presenti.

Chiuse gli occhi ed aspirò un tiro di sigaretta, lo buttò fuori rilassando i suoi muscoli.

Tutto le sembrava così famigliare.

Il bosco, le stelle.

Un rumore di un ramo spezzato la fece tornare alla realtà, lanciando via la sigaretta dopo averla spenta.

Scattò in piedi e puntò lo sguardo verso dove aveva sentito il rumore, vedendo una figura avvicinarsi a lei.

- Buongiorno. - pronunciò una voce femminile tristemente.

- Io direi buonanotte. - rispose Aurora con tranquillità. Pareva una voce assai conosciuta.

- Forse è vero. È notte, ma da qualche parte è sempre giorno. - sorrise la figura portando lo sguardo verso il cielo, ad Aurora sembrò anche di vedere una stella brillare più delle altre.

- Si. Può darsi. - annuì la demone alla persona a lei ancora sconosciuta.

- Il mio nome è Fyza, ma mi faccio chiamare con il nome che mi diede il mio bisnonno, Alhena. - rispose la figura porgendo la mano alla demone.

- Vittoria. - pronunciò la ragazza dai capelli argento pensierosa e Alhena sorrise più ampiamente. - Il mio nome è Aurora. - strinse la mano alla ragazza che finalmente riuscì a vedere chiaramente.

Aveva dei lunghi capelli viola ricci lunghi fino al seno, gli occhi color ghiaccio, fisicamente snella e leggermente muscolosa, quasi priva delle classiche forme femminili, vestita con un jeans militare e un top nero senza spalline.

- Dunque, cosa ci fa una ragazza tutta sola nel bosco durante la notte? - chiese la giovane spostandosi al suo fianco.

- Potrei farti la stessa domanda. - rispose atona la demone facendo perdere il sorriso alla ragazza, non riuscendo a comprendere che cosa fosse, esattamente come con Marte.

- Chiedo venia. Mi annoiavo e mi sono messa a camminare, mi rilassa. Lo faceva sempre una delle mie madri. - rispose puntando lo sguardo sul cielo.

- Capisco. Sempre meglio di me, mio fratello ha cercato di uccidermi. - confessò Aurora pensierosa seguendo l'esempio della ragazza.

Alhena osservava di nascosto con la coda dell'occhio la donna. Come poteva davvero non ricordare?

- La stella che osservi, Diphda, è la mia preferita... Non so bene il motivo. - scrollò le spalle Aurora e l'altra sorrise.

Nacque il silenzio dopo quel osservazione.

Aurora semplicemente osserva le stelle tranquilla sentendo che lo sguardo della giovane addosso, meditando sul fatto che il suo secondo nome fosse quello di una stella.

Alhena dal canto suo non sapeva cosa dire, si sentiva bloccata. Aveva paura di dire parole sbagliate e si rese del perché sua madre Polaris non le avesse detto nulla del suo piano. Lei a differenza delle sue sorelle minori non sarebbe rimasta in panchina creando tante inutili sfaccettature che avrebbe portato al caos.

- Mia madre, una delle due è morta. Ero già abbastanza grande quando accadde ma erroneamente diedi la colpa comunque all'altra mia madre. - disse sorridendo tristemente.

- Anche delle persone a cui tenevo sono morte, in realtà anche persone di famiglia. È da lei che hai preso i capelli? - chiese curiosa Aurora appoggiandosi al tronco di un'albero.

- No. Da nessuna delle due in realtà, sono nata da una specie di incantesimo. Perciò sono geneticamente figlia di entrambe e i miei capelli sono viola del colore preferito della mia defunta madre, mentre gli occhi sono dell'altra. - sorrise triste posando definivamente lo sguardo sulla demone.  

- Credo che fosse una donna magnifica. -

- Lo era. Mia madre Chandra era la cosa migliore che mi fosse mai capitata. -

Aurora corrugò le sopracciglia di nascosto, Chandra? Aveva seriamente detto quel nome?

- Mentre l'altra tua madre? - chiese la demone intenta a carpire informazioni dalla ragazza.

- L'altra è una donna enigmatica, credo di non averla mai compresa davvero. Ho passato con lei forse troppo poco tempo e forse non voleva nemmeno essere madre all'inizio, ma solo da poco mi sono resa conto del sacrificio enorme che sta facendo per me e tutte le persone che ama. Solo non riuscivo a perdonarla del tutto per la morte della mamma, l'aveva portata con sé e non l'aveva vendicata. Vidi la freddezza nei suoi ma pensai che fosse perché non le importava niente. - confessò Fyza con gli occhi lucidi.

- Oppure essendo enigmatica come dici tu, lei è diventata fredda proprio perché la persona che amava alla follia era morta. Sbagliando ha buttato fuori anche te dal suo mondo, ma se sta rimediando allora perdonala, non tutti sono in grado di farlo. -

- Perdonare o Rimediare? - domandò Alhena tentennante.

- Entrambi probabilmente. - pronunciò seria Aurora osservando il volto pallido della giovane rigato da una lacrima.

La demone si avvicinò alla ragazza dai capelli viola e la strinse a sé, abbraccio subito ricambiato dalla più piccola.

***

- Sono una stupida! Come non ho potuto accorgimene! - urlava Alhena entrando nel castello di suo nonno Esteban.

- Che succede sorella? - chiese Ilia alla maggiore osservadola seguita dalla gemella.

- Ho incontrato Aurora, ho parlato troppo. Posso assicurarvi che non è minimamente cambiata però. - rispose nervosa.

- Concordo, mai visto persona più stupida ed ignorante. Hai pienamente disobbedito agli ordini. - si avvicinò severa Deva ed ancora una volta Alhena si sentì risentita del fatto che la minore fosse più matura di lei.

- Deva, non essere così dura. -
Ilia, adesso con i capelli corti a caschetto fermò la gemella.

- Gemella ti rendi conto? Stava per buttare via trent'anni di lavoro e sofferenza! Speriamo che vada tutto per il verso giusto o la mia faccia sarà l'ultima cosa che Alhena vedrà, possa Vega assistermi. -

Detto ciò Deva trascinò via Ilia dispiaciuta ma concordante con la gemella.

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