Capitolo 19
Perché ci ama,
incondizionatamente.
Finito il bagno Aurora si vesti in modo semplice, un leggins nero in pelle, una maglia bordeaux di Belphagor e delle scarpe da ginnastica.
L'aspettava la cena e non era esattamente pronta a dialogare con i demoni.
No non era decisamente pronta a tutte le domande che le avrebbero posto.
Per lo più Belzebù quando le parlava dei demoni le raccontava sempre di quanto fossero stronzi e meschini.
Specificando quelli che rimangono all'inferno, perché loro si credono quello chic.
Respirò profondamente ed uscì dalla sua camera credendo che ad aspettarla ci fosse Belphagor.
- Buonasera Aurora. - la salutò Lucifero senza emozione e lei abbassò leggermente lo sguardo a disagio.
L'aveva giudicato male ed ora si sentiva in colpa.
Ma il motivo di quella sensazione era perché lui sapeva.
- Buonasera Lucifero - rispose fingendosi tranquilla.
Lui le lanciò uno sguardo indifferente e iniziò a camminare, lo seguì guardando il suo abbigliamento abbastanza sbarazzino, chiaramente nero, jeans e camicia.
- Sai, Aurora... Dovresti darmi del lei. Dopotutto io qui sono il Re. - le disse il demone in modo provocatorio.
La ragazza dai capelli argento storse il naso, non le piaceva il modo di fare del demone e più di ogni altra cosa non voleva sottostare a nessuno.
- Certo Lucifero, lo comprendo. Non ti devi mostrar debolezze davanti ai tuoi sudditi, ma lo farò solo quando saremmo in compagnia. - rispose lei con un sorriso.
Lucifero la guardò male ma non disse nulla.
Arrivarono in una amplia sala piena di tavoli e tra tutti spiccava il trono nero e possente del Re. Classico ed Elegante.
- Vieni. - le disse semplice l'uomo.
Appena entrarono nella sala gli occhi dei pochi presenti fu immediatamente su di loro, o meglio, su Aurora.
Nonostante fosse abituata alle strane occhiate e sguardi, quelle dei demoni la mettevano in soggezione.
Se lo aspettava.
Dopotutto anche lei guardandosi allo specchio se non fosse per i suoi aguzzi canini e le vene nere sotto gli occhi, avrebbe dubitato di essere un demone, eppure eccola lì.
La donna che estremamente era sempre stata un'angelo ed internamente era sempre stata un demone.
Divertente.
Pensò irritata la ragazza alzando gli occhi al cielo.
- Tu Aurora siediti pure li. - Lucifero arrivò al suo tavolo e le indicò il terzo posto a sedere sulla sua sinistra. Lei annuì e si sedette, sperando che la persona di cui prendeva il posto non fosse troppo incazzata, non aveva voglia di litigare al suo primo giorno.
- Dolcezza! Quello è il mio posto. - le disse una voce che conosceva come le sue tasche, Belphagor.
Sorrise in direzione del suo amico e l'uomo si sedette accanto a lei.
Presto la stanza si riempì, lanciò uno sguardo all'orario in modo da sapere a che ore nei prossimi giorni si sarebbe dovuta recare nella Sala.
È arrivato il mio momento.
Pensò la demone mentre Lucifero si alzava zittendo tutti.
- Buonasera a tutti, noto che la maggior parte di voi osserva questa ragazza dai capelli bianchi. Tranquilli: non è un angelo. Lei è una nostra nuova amica, si chiama Aurora ed è diventata oggi una demone non siamo ancora certi delle motivazioni per cui abbia mantenuto il suo aspetto angelico ma presto lo scopriremo. Detto questo, spero accoglierete al meglio Aurora.
Si posso servire le pietanze. -
Immediatamente ogni demone iniziò a farsi gli affari propri, chi parlava, chi leggeva, chi semplicemente stava in silenzio immerso nei suoi pensieri.
- Sai Aurora, qui si possono fare tante cose e lavori oltre quelli da demoni. È il nostro modo poi di infiltrarci tra gli umani. - le spiegò Belphagor mentre mangiavano della carne al sangue con contorno di verdure.
Gli occhi della ragazza caddero sopra un demone quasi completamente tatuato e con alcuni piercing.
Il demone al suo fianco ridacchiò.
Sapeva che l'avrebbe subito notato e non solo per i tatuaggi.
Due delle tante passioni della ragazza erano proprio piercing e tatuaggi e a dimostrarlo erano i numerosi buchi alle orecchie che aveva.
- Nergel, la mia amica è interessata ai tuoi tatuaggi. Gliene faresti mica uno? -
Nergel si girò richiamato da Belphagor e sorrise vedendo la ragazza con gli occhi brillanti, pieni di desiderio.
- Certo, sai già cosa fare Aurora? - lei presa dall'emozione ci mise un po' a comprendere la domanda, ma appena si risvegliò negò con la testa.
Belzebù e Nastia non avevano mai voluto asserendo che catturavano l'attenzione, così come piercing... Per lo stesso motivo non né aveva.
Lucifero la guardava in silenzio incuriosito, aveva fatto anche lui due tatuaggi, non erano nulla di ché.
Non capiva perché lei provasse quell'amore verso qualcosa di così inutile.
- Tranquilla. Dopo vedremo insieme, finita la cena andiamo a farlo che né dici? - lei sorrise e Nergel lo prese per un assenso.
Sembra una bambina.
Aurora osservò Nergel, quella era sua voce... Ma non lui non aveva spiccicato parola.
Scosse la testa e tornò con il pensiero alla sua cena e a cosa poteva tatuarsi.
Sicuramente qualcosa che per me esprima ciò che ho sempre desiderato: Libertà.
La cena finì in fretta e parte un paio di demoni era andata bene.
Per fortuna.
In quel momento Aurora stava seguendo Nergel per quei corridoi che le erano pressoché identici.
- Eccoci. - annunciò il demone entrando nella stanza riservata ai tatuaggi.
La osservò un attimo, piena di quadri raffiguranti tattoo.
La demone prese in mano un album che le stava passando Nergel. All'interno c'erano vari disegni e dire che erano bellissimi era veramente riduttivo.
Farfalle, teschi, fiori, mandala. C'era di tutto e in posti più disparati.
Ma lei voleva qualcosa di significativo.
- Nergel, perdonami... Io ecco, volevo un tatuaggio che rappresentasse la libertà. - disse con una leggera timidezza, che non le era mai appartenuta.
Diamine da quando sono all'inferno sembro una bambina alle prese sul mondo.
Ed in parte era effettivamente così, conosceva troppo poco di quel posto.
- Ho ciò che fa per te, ti piacciono le sorprese? - le chiese lui iniziando a disegnare.
- No. - rispose lei in modo secco, Nergel cercò di nascondere una leggera risata con della tosse, ma non funzionò.
Il demone si alzò dalla sedia e le andò davanti mostrandole un disegno che la lasciò a bocca aperta.
- Una manta. - disse Aurora prendendo in mano il foglio con il disegno e seguendo con le dite le linee del disegno.
- Esatto. Non tutti l'azzeccano al primo colpo sai? Ad ogni modo la manta proprio perché è un animale marino simboleggia la libertà. Io ho una tatuaggio polinesiano con questa splendida creatura, ma non mi sembrava il tuo genere, dunque ecco a te. -
- È perfetto. - rispose lei con le lacrime che rischiavano l'uscita.
Il demone preparò la macchinetta per i tatuaggi, fece sedere la ragazza e decisero il punto. Scelse il braccio destro.
Si mise seduta e lui applicò lo stencil, iniziando subito dopo a passare l'inchiostro con la macchinetta non propriamente silenziosa mettendole un po' d'ansia.
- Allora, parliamo un po', ti va? - le chiese Nergel percependo l'ansia della ragazza.
- Certo, come mai la passione per i tatuaggi? -
Lui sorrise apertamente, nonostante fosse concentrato a disegnare le dolci linee.
- Trovo, esattamente come te, che sia un modo per esprimersi. C'è chi scrive, chi dialoga e chi disegna, chi cucina, chi canta... Io tatuo. Ogni disegno che ho sul corpo rappresenta qualcosa: un ricordo, un momento felice o triste che sia, un qualcosa che ha per me un significato profondo e particolare. - disse e Aurora notò che gli occhi brillavano pieni di amore.
- Hai una passione molto bella Nergel, piacerebbe anche a me saper tatuare. - rispose lei con un sorriso felice, storcendo un po' il naso quando passò su una determinata linea.
- Potrei insegnarti, sai disegnare? -
Aurora annuì sorridente.
- Bene, allora vedremo. -
~~~
Una ragazza dagli occhi grigi stava scrivendo su un quaderno degli appunti riguardanti le sue scoperte riguardanti la Terra, suo padre non voleva che lei guardasse troppo quel televisore.
Ma la ragazza non né voleva sapere, amava troppo sua madre per non poterla vedere.
Persino la sua gemella le mancava e aveva scoperto che era stata rapita, purtroppo non poteva fare nulla.
Sua madre glielo aveva severamente proibito.
Era stata dura accettarlo, dopo il tradimento dell'amante della madre e della morte della nonna.
Senza contare la sparizione del fratello neonato e del isterica sorella maggiore.
Lei era la più tranquilla in famiglia esattamente come la gemella. Pressoché l'unica cosa che avevano in comune.
Smise di scrivere, aveva troppi pensieri per la testa.
La voglia che aveva nella caviglia iniziò a bruciarle, segno che qualcuno la voleva contattare.
Chiuse gli occhi e sentì il nome dell'altra persona.
Etamin?
- Dimmi cugino. - salutò lei l'apparizione del giovane identico alla zia adottiva.
- Cugina, è un piacere rivederti. Mi ci è voluto un bel po' di tempo per contattarti, ho cambiato rotta stellare fin troppe volte. Vega era molto lontana da Etamin. - le rispose con un sorriso stanco.
- Lo so Atlas. Mi sono spostata da mio padre, non potevo rimanere lì, lo sai. Dobbiamo rimanere il più separati possibili e così andrai in sofferenza. - lo sgridò come una madre farebbe con il proprio figlio.
- Lo so Deva. Il problema è che tua sorella è qui. -
Atlas guardò ovunque tranne che sua cugina.
- Ilia è stata... Alhena. Fyza è lì con te? Da voi? È pericoloso! - scattò in piedi.
- Cosa devo fare? -
- Mandala qui da mio padre, dille che adesso abito su Mercurio e che se vuole parlare dovrà farlo con me. - rispose Deva freneticamente. Non andava molto d'accordo con la sorella maggiore, ma le voleva bene.
Il ragazzo annuì e scomparve, Deva andò immediatamente nella sala principale ad attendere la maggiore, spiegando tutto al padre che decise di partecipare a quella riunione. Lui non era il padre di Fyza, ma le era affezionato.
Non ci volle molto prima che la ragazza dai capelli viola entrasse in fretta nella stanza.
Dire furiosa era un eufemismo.
- Deva! Sorella cara... Stavo cercando... - iniziò aspra ma venne immediatamente bloccata dalla sorella minore.
- Alhena, non pronunciare quel nome! Troppe sono le orecchie in ascolto, è rischioso. So che sei arrabbiata con lei e quindi non dirai nostra madre, dunque chiamala con il suo nome di battesimo datole da nostro nonno. - rispose piccata incrociando le braccia sotto il seno.
- Va bene. Stavo cercando Polaris. Perché pare essere sparita da ogni mondo? - chiese più tranquilla.
- Cercavi nostra madre? Deve essere accaduto qualcosa di tragico. - la prese in giro Deva.
- In realtà cercavo nostra sorella e visto che non la trovato ho provato con Polaris. Un'altro buca nell'acqua. -
Deva guardò attentamente sua sorella Fyza, si girò verso il padre e gli sorrise per fargli capire che andava tutto bene.
Con una mano fece un cenno alla sorella dirigendosi verso lo studio privato dove faceva le sue ricerche.
Fyza seguì la sorella in silenzio e non poté far a meno di notare quanto fosse simile a Polaris. L'unica cosa che aveva diversa erano gli occhi.
Stessi capelli, stesso portamento, stessa freddezza.
Le unghie laccate di smalto, i capelli impeccabili, i vestiti eleganti, gli immancabili tacchi.
Probabilmente era anche perché il padre della ragazza era molto simile alla madre, su quel lato per lo meno.
Lei non odiava sua madre, non più almeno, solo c'era stato un periodo dove l'aveva fatto... Non la poteva nemmeno vedere.
Alla nascita delle gemelle si era decisa momentaneamente di mettere l'ascia di guerra da parte, insomma, quante volte capitava che un essere immortale facesse così pochi figli?
Si era presto ricreduta, quando la donna si era messa con il bastardo peccatore.
- Eccoci. -
Deva interruppe il filo di pensiero e fu decisamente un bene.
- Allora Deva? -
La minore guardò attentamente un documento che aveva davanti e poi lo porse alla più grande, sperando non desse di matto.
Giorno 10.223.
Sono passati esattamente 10.223 giorni da quando mia madre è partita per la sua missione segreta sulla Terra e da quando non vedo il resto della mia famiglia, a parte chiaramente mio padre, con cui vivo.
Ho scoperto quest'oggi che la mia gemella è stata rapita e che viene torturata. Non so bene come e non sono certa di volerlo nemmeno sapere.
Mia madre è ignara di tutto ciò, lei non sa nulla di ciò che accade qui nel resto dei pianeti.
Mi manca la mia famiglia.
Anche quella odiosa di mia sorella Alhena.
Ogni tanto sento i miei cugini, una volta a mese a turno per i resoconti, so che c'è mio nonno Esteban a controllare tutto, ma voglio essere certa che sia tutto in ordine.
Temo le conseguenze di tutto ciò.
Ma confido in mia madre, se ha preso questa scelta, vuol dire che era quella giusta.
Stella Vega, Deva.
Fyza alzò gli occhi ormai lucidi verso la sorella minore e corse ad abbracciarla, venendo subito ricambiata.
- Nostra madre è partita? - sussurrò nell'orecchio della più piccola.
- Si, trent'anni fa. - annuì stringendo la sorella più forte, le era mancata.
- Perché? - chiese con il magone.
- Perché ci ama, incondizionatamente. -
Fyza scoppiò a piangere e per poco non lo fece anche Deva.
Ora che si erano riunite non si sarebbero lasciate andare facilmente.
In fondo, posso anche perdonati madre.
~~~
- Cosa né pensi? - chiese Nergel ad Aurora una volta finito di pulire tutto il tatuaggio.
- Lo adoro. - rispose osservando il tatuaggio e accarezzandolo leggermente con la punta delle dita.
- Perfetto, sono contento. Ora goditi la libertà. -
Nergel le fece l'occhiolino, ma qualcosa la bloccò e sentì un emozione strana, come sollievo.
Sollievo di cosa?
NB
Questo è il tatuaggio della mia protagonista, nonché effettivamente il mio.
Volevo che lei come me avesse qualcosa di significativo ed importante.
Ad ogni modo lunedì ho ripreso la scuola, si il 30 agosto 🥲
Quindi aggiornerò sicuramente meno in quanto tra un paio di mesi ho l'esame e devo passarlo.
A nota informativa, il libro avrà circa trenta capitoli più epilogo.
Un bacio e un ringraziamento per chi sta leggendo il libro, Rora.
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