Capitolo 17

La rottura della Corona

In Paradiso tutto gelò per un'istante.

Le candide nuvole si fecero più scure, come quando dalla terra si vedevano cariche di pioggia. Il cielo s'incupì  e il vento che passava tra le loro case divenne freddo e tenebroso. Partì una luce accecante che svegliò la maggior parte degli angeli a quelle che dovevano essere le prime luci dell'alba, dopo la luce il rombo di un tuono forte e imponente spezzò il silenzio che solitamente regnava pacifico a quell'ora.

Tutti gli angeli volarono fuori dalle proprie abituazioni, chi addirittura con i propri cuccioli d'angelo al loro fianco o in braccio. Si guardarono tutti intorno, rendendonsi conto del caos che si stava creando senza comprenderne il motivo.

Negli occhi di molti vigeva il terrore e la paura di ciò che stava o che sarebbe potuto succedere, negli altri la curiosità di comprendere effetivamente le motivazioni di quel trambusto.

Michele si era appena svegliato quando vide gli angeli radunati sotto di lui, nella piazza, chiedendosi immediatamente il perché uscì dalla camera e volò dai suoi fratelli e sorelle.

Arrivò presto e tutti si fecero in silenzio, sperando e pregando che lui potesse dar loro risposte, ma nell'istante in cui si resero conto che nemmeno quello che si proclama il loro Re sapeva che diamine stesse succedendo si sentirono sprofondare, che il Paradiso si stesse estinguendo?

- Che cosa succede! Dove sono i Troni? - urlò un Serafino, normalmente i Troni seppur in ritardo tornavano sempre, eppure di loro non c'era alcuna traccia.

Il Re del Paradiso non rispose, voleva farlo, voleva davvero rispondere a quella domanda, ma chiaramente non poteva. Se gli angeli avessero saputo la verità, se avesse scoperto che i Troni al momento era rinchiusi con quella stramba ragazzina sarebbe sicuramente stata la fine di ogni cosa.

Raphael si affiancò al fratello maggiore, che aveva un sguardo perso nel nulla, ragionando su cosa potesse dire o fare per calmare lo spirito e i cuori di tutti i prsenti, non trovando risposta.

Il curatore poggiò una mano sulla spalla del guerriero e gli sorrise, fancedolo tornare con la mente alla realtà, amava sua sorella Aurora, ma non avrebbe mai abbandonato la sua famiglia, il Paradiso e gli angeli.

- Fratello, che sia la Corona? - si ritrovò a pensare Raphael consapevole del fatto che Aurora volesse distruggerla, non credendo che sarebbe accaduto così velocemente, infondo era ancora molto giovane e inesperta.

E la Corona non certo stava creata da loro ma dal Padre.

Michele spalancò gli occhi e ìnsieme a Raphael volarono in fretta verso la Reggia dove era stata rinchiusa Aurora e dove aveva lasciato la sua Corona sigillata in una teca.

La trovarono lì, per sul pavimento ridotta in mille pezzi. La corona, era stata distrutta in mille pezzi, mille? Ma che dico! Miliardi di pezzi. Si riconoscevano le varie parti solo dal colore che avevano prima finire così rovinosamente dov'erano adesso.

- Raphael, vai dai nostri fratelli e calmali, io andrò da nostro Padre. - il minore annuì e il maggiore si diresse verso la fine della Reggia, dove era stata sigillata una porta che apparentemente dava su una sola stanza.

Fece per bussare ma la porta si aprì da sola, venendo accolto da suo Padre, che era come al solito vestito con un pantalone bianco e una camicia dello stesso colore.

- Figlio mio, vieni, vieni pure entra su, non è la prima volta che ti accolgo nella mia dimora. - gli disse l'uomo dall'aspetto giovane che però aveva millenni di secoli sulle spalle.

- Padre... - iniziò Michele ma sua Padre lo interruppe bruscamente, mantenendo però una voce gentile.

- Si lo so, la Corona è stata distrutta. Credo sia stata Aurora, quella piccola megera. - digrignò leggermente i denti con una velata cattiveria che Michele non colse.

- Padre, cosa possiamo fare per ristabilire il Paradiso? - l'uomo dai capelli castani e gli occhi azzurri ignorò la domanda del figlio ma si girò a guardarlo.

Si incamminò verso una parte della casa ben precisa e Michele lo seguì in silenzio.

Scesero delle scale arrivarono in una zona buia, accese la luce e trovò per prima la stessa ragazzina dagli occhi color ghiaccio e i capelli rossi mossi, dopo di lei i Troni.

Non sapeva dire chi era messo peggio, la ragazzina era pallida, sporca di sangue e terra sdraita sul pavimento non riuscendo, probabilmente a muoversi. I vestiti che indossava una volta erano ridotti in stracci sul pavimento lasciando completamente nuda a chi la guardava.

Per un attimo il Re del Paradiso la guardò schifato, poi decise di guardare i Troni che erano in otto celle separate per far in modo che nessuno di loro potesse dar conforto fisico all'altro.

- Ti troverà, ti troverà e ti punirà amaramente. - sussurrò la ragazza dai capelli rossi, non avendo abbastanza forza per dire altro.

Il Padre rise divertito.

- Non è venuta fin'ora, perché dovrebbe farlo? - continuò lui screditandola, ma lei non perse la fiducia.

- Io conosco mia madre, mia madre... mia madre non si arrenderà. Ti farà passare tutto ciò che hai fatto passare.. passare a noi. - ringhiò sottomessamente con fatica.

Lui a quelle parole si innervosì non poco, aprendo con uno scatto la porta della cella, entrò letamente credendo di incuterle timore, ma lei era figlia della Regina, non si sarebbe mai fatta sottomettere.

- Io ho fiducia. - disse sorridendo leggermente.

L'uomo diventò una furia  e lei diede un calcio secco e forte nella pancia, la ragazza emise un verso strozzato e sputò sangue, ma non pianse, non aveva più molte lacrime da usare, avrebbe pianto solo alla vista di sua madre e suo padre, magari anche con quella rompiscatole della sua gemella, persino i suoi zii le mancavano. Uno dei suoi zii, padre della sua gemella, era per lei come un padre, l'altro quello naturale c'era stato ed andavano molto d'accordo perché lei infondo si comportava come una bambina, dimostrando però a volte grande maturità, sorprendendo la madre in queste situazioni.  

Le arrivò un'altro calcio, e un'altro ancora, alcuni Troni non riuscirono a sopportare la vista dell'amica che soffriva e si girarono dall'altro lato piangendo in silenzio. 

Al quinto calcio Nelka'el si alzò in piedi invendogli contro utilizzando parole poco carine ed inadatte ad un angelo, ma non importava a nessuno.

Il Padre smise di tirare calci alla ragazza quando vide che tremava e soprattutto perché Nelka'el non chiudeva la bocca, non era problema, c'avrebbe pensato lui.

- Michele, sistema il nostro ospite. -

l'Arcangelo non disse nulla, semplicemente prese l'attrezzatura che suo padre gli aveva insegnato ad usare e maneggiare, avvicinandosi alla cella del Trono aprendola e iniziando a legarlo.

- Vedi Nelka'el, tu e i tuoi fratelli potevate essere miei sudditi o addirittura amici. Purtroppo avete deciso di seguire ancora quella puttanella. Perché? - chiese con finto dispiacere, ma con interesse.

- Ce lo chiedi anche? - ringhiò Kaliy'el non distogliendo lo sguardo dal fratello che Michele stava iniziando a torturare. - Lei è la nostra guida! Non ci avrebbe mai fatto questo! Mai! - urlò fuori di sé.

- E poi sbaglio o ti sei innamorato di lei? - lo provocò Milahe'el

- Milahe'el fratello è passato molto tempo, anche se si dice che non si dimentichino le seducenti mosse della nostra signora. - Lewuwiyah si intromise nella conversazione con un sorriso, e poi scoppiarono tutti a ridere.

Lo stavano facendo a posta, speravano come era capitato a volte che dalla troppa rabbia li lasciasse lì incostuditi e andasse a bere qualcosa.

E in quei momenti si rassicuravano a vicenda. Nessuno avrebbe parlato comunque.

- Volete fare gli spiritosi eh? Bene! Ditemi dove si trova Aurora? Fatelo ed io non taglierò la gola alla piccola Ilia. - disse il Padre, andando dalla figlia di Marte e la tirò su per i lunghi capelli, puntandole un pugnale alla gola.

- Prova nel tuo letto. - rispose Pehaliyah che in quel periodo assieme a Hahewuyah era diventato un gran chiacchierone, abbandonando ogni maschera di saggezza che li non sarebbe servita.

- Pensi, anzi pensate che io non la ucciderò? So che vi importa di lei. -

- Oh no caro amico, sappiamo che lo farai, ma da dietro queste sbarre non possiamo fare niente. Almeno morirà con il sorriso. - disse Hahewuyah con un sorriso soddisfatto, vedendo l'uomo dai capelli castani rosso di rabbia.

L'uomo teneva il pugnale ben saldo alla gola della giovane.

Mollò la presa sapendo che avevano ragione e che in ogni caso era la sua arma contro Esteban e tutta la famiglia reale, contro di Lei.

La donna che anche se per poco lui aveva amato, ma lei non lo aveva mai sto così tanto come la sua prima cotta.

Il primo amore della sua ex... Si erano anche sposate e progettavano in un qualche modo di avere un figlio o una figlia.

Stupide.

Lui l'aveva uccisa, avevo ucciso l'amore della sua ex in modo abbastanza secco, fin troppo. L'aveva trafitta con la sua spade e aveva goduto nel vedere il dolore sul volto dell'altra donna.

C'era mancato poco che uccidesse che Lei lo uccidesse. Purtroppo per lei e fortunatamente per lui era stata fermata e lui quasi finito in esilio.

Ma non a lungo.

- Be' stai pensando a com'era bello rotolarsi nelle lenzuola con mia madre? - chiese con un fil di voce Ilia, mantenendo però un sorriso divertito.

- Taci puttanella. Sei proprio come tua madre. Vedrai, vedrai cosa vi farò. -

Uscì velocemente dalla stanza ordinando però a Michele di fare più forza nel divertirsi con Nelka'el.

Tornò indietro cambiando idea, doveva farlo andare via o davvero gli altri angeli  avrebbero distrutto tutto.

- Michele, vieni. -

l'Arcangelo seguì suo padre dopo aver pulito e messo in ordine l'attrezzatura usata, si ripulì anche del sangue che aveva addosso, non dovendo destare alcun tipo di sospetto.

- Ora Michele, primo arcangelo e mia spada, uscirai da quella porta ricordando  che i Troni sono con me assieme ad una ragazzina dai capelli rossi che tramava contro il mondo. Rammenterai anche di avermi parlato ma non ricorderai il mio volto o la mia voce. Saprai che ti ho detto di non preoccuparti e che avrei sistemato io tutto nel giro di un paio d'ore. Ora va. -

Gli occhi del guerriero si fecero vitrei, si girò e uscì prima dalla porta e poi dalla Reggia.

Gli angeli erano ancora lì dove lo aveva lasciato due ore prima con Raphael che cercava di mantenere la calma assieme agli altri Arcangeli.

- Fratelli e sorelle, ho parlato con nostro Padre: il motivo di quello che è accaduto è la rottura della Corona di Venere. Non preoccupatevi in un paio d'ore sarà tutto come prima. - sorrise lui

Gli angeli non risposero ma rimasero un po' troppo a guardarlo, il sorriso che aveva fatto, non era normale, ormai lo avevano capito quasi tutti che di normale in lui ultimamente.

Anzi forse addirittura da quando Aeriela era rimasta incinta.

Fortunatamente per loro, gli Arcangeli dissero loro di tornare ognuno a casa propria e di attendere, non era sicuro stare fuori durante quelle ore in cui loro Padre avrebbe aggiustato la frattura che si era momentaneamente creata.

- Tutto bene? Sei sparito per due ore. - chiese Raphael accostandosi al fratello seriamente preoccupato dal suo atteggiamento.

- Si Raph, tutto bene. Non ricordo molto tutto ciò di cui abbiamo discusso abbiamo intrapreso molto argomenti. - rispose con noncuranza il Re.

- Andiamo fratello, sai che puoi dirmi tutto. - lo rassicurò il curatore.

- Raphael. Non dimenticare che adesso sono il Re e soprattutto, ricorda qual'è il tuo posto. - rispose freddo il guerriero.

- Certo, credo che andrò anch'io. Come dicevano i nostri fratelli non è sicuro stare fuori in questo momento. Dovresti andare anche tu. -

Raphael aprì le ali e volò verso casa intento a tornare a dormire.

Si stese sul suo letto e chiuse gli occhi.

Iniziò a sentire qualcosa di diverso dentro di sé.

C'erano due voci contrastanti.

Una voce maschile gli diceva di cedere al suo potere, che insieme il Paradiso sarebbe stato un'incredibile potenza.

Una voce femminile gli diceva di non cedere alle tentazioni e di credere in se stesso che dentro di lui ci sarebbe sempre stata la risposta alle sue domande.

Riuscì a scacciare via i suoi pensieri e riposare in santa pace, o quasi.

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