𝒫𝓇𝑜𝓁𝑜𝑔𝑜

«────── « ⋅ʚ♡ɞ⋅ » ──────»

In verità chi non c'è è
stato solo nascosto ai nostri occhi
ma la sua presenza respira l'aria.
Come noi respiriamo l'attimo del ricordo.
Insieme siamo l'impossibile presente che
torna indietro mentre gli andiamo incontro...
"Il ricordo è un modo d' incontrarsi",
mi porta lontano.

||Kahlil Gibran||

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Ivy non aveva mai avuto problemi a gestire il suo Juggernaut, anche se con qualche problema ai comandi, ma ben presto si rese conto che in quel momento la situazione era diversa.

Era da poco stata colpita, e lo scontro era stato così violento che il suo veicolo aveva subito danni in maniera considerevole. Alcuni comandi non rispondevano, un forte odore di fumo e terra riempiva l'abitacolo, infastidendo e lasciando un lieve bruciore alle narici. Un caldo liquido scorreva sul viso di Ivy, andando a gocciare sui vestiti.

Stava cercando di riprendersi dalla botta, che l'aveva stordita quanto bastava per modificare i suoni di ciò che la circondava.
I rumori arrivavano ovattati alle sue orecchie. La vista si alternava a momenti di lucidità ad altri di offuscamento. L'intero corpo era in tensione e i muscoli delle braccia cominciavano a farle male. La testa vorticò fino a crearle una sensazione di nausea, che le ribaltò lo stomaco e le serrò la gola.

La pioggia scendeva dal cielo con prepotenza, e ad un ritmo così spedito che trovare una via d'uscita appariva complicato. Una nebbia di lacrime si estendeva per quelli che sembrarono chilometri, faticava a scorgerne le macerie.

Deve pur esserci una via d'uscita per andarsene da questa trappola! Pensò mentre tentava di trovare anche solo uno spazio libero da poter sfruttare per scappare da lì, non intendeva arrendersi senza combattere.

Assottigliò lo sguardo, si focalizzò su dei punti precisi, mise a fuoco ciò che i suoi occhi riuscivano ad acchiappare, ma più cercava e più le sue speranze si riducevano ad un mucchio di polvere.

Una crudele consapevolezza si fece largo nella sua mente, che fino a quel momento aveva volutamente ignorato.

Non ce la farò. Bastava il pensiero a farle correre un gelido brivido lungo la schiena.

Non aveva mai pensato così intensamente alla morte come in quell'istante. Non credeva ne avrebbe avuto così paura, e se ne rese conto quando vide come stavano tremando le sue mani.

In un certo senso lo trovò ironico. Loro, giovani soldati che si lanciavano sul campo da battaglia a tutte le ore del giorno se la missione lo richiedeva, sapevano a cosa sarebbero potuti andare incontro. La morte non è mai stata troppo lontana dai loro respiri, eppure quando era ad un passo dal toccarli un'antica paura - da sempre presente nell'essere umano - si risvegliava e li attanagliava. Tornavano, nel modo più brusco, ad essere dei semplici ragazzi che avrebbero voluto vivere più a lungo.

||Play: Experience - Ludovico Einaudi (slowed + reverb)||

Ivy sorrise, ma il suo fu un sorriso debole ed amaro.
«A questo punto non credo ci sia molto che io possa fare.» Era consapevole che i suoi compagni la stessero ascoltando, e proprio per questo motivo decise di esprimere loro ciò che voleva dirgli da tempo.
«Sapete... Insieme a voi questa guerra non è stata poi così pesante da affrontare.»

Cercava di mantenere il controllo, di non lasciare che la sua voce tremasse nel pronunciare quelle parole, non era da lei lasciarsi invadere dalle emozioni durante una battaglia.

«Shin... È stato bello poter passare del tempo con te.» Si morse il labbro inferiore prima di continuare, sentendo il ferreo sapore del sangue entrarle in bocca.
«Sedermi accanto a te, su quel divano scricchiolante per poter leggere un libro era la parte della giornata che preferivo. Mi infondeva molta calma.»

«Ivy! Non darti per vinta! Stiamo cercando di venire da te per darti una mano!» Esclamò Raiden, incapace di nascondere il timore per ciò che stava accadendo.
«Qui abbiamo praticamente finito!»

«Non venite!» Ivy si intromise quanto più velocemente poteva per poterlo interrompere.
«Rischierete solo di rimanere bloccati qui con me!»

La ragazza sapeva che i suoi compagni conoscevano la gravità della situazione. Sapevano benissimo che non dovevano andare lì, però Raiden sembrava non volerlo accettare.

«Non possiamo abbandonarti!» Disse ancora il ragazzo, stringendo la presa sui manubri del suo Juggernaut.

«No, non voglio che rimaniate coinvolti anche voi. Qui la situazione non è delle migliori, potete capirlo anche da soli, senza che ve lo dica io» insistette Ivy con tutta la foga a cui poteva attingere.

«Handler One! Non c'è qualche strada che possiamo prendere?» Chiese Anju, cercando disperatamente un'alternativa che l'aiutasse a salvare la loro amica.

Dei secondi di silenzio seguirono quella domanda. Secondi che sembrarono interminabili. Poi, la voce sommessa di Lena si fece sentire.
«No, mi dispiace... Se doveste andare da quella parte sarà difficile uscirne vivi, nemmeno io potrei aiutarvi.»

Si sentiva impotente nel non poter fare niente per Ivy. Lei, che aveva molti più mezzi a disposizione, non poteva fare niente per cambiare quella situazione.

«Handler One, va bene così, lei ha fatto ciò che poteva per aiutarci... e per aiutarmi.» Tentò di rassicurarla Ivy, non era difficile comprendere quali fossero le sue emozioni in quel momento.

Le voci di tutti la stavano raggiungendo, tranne quella di Shin, che invece non aveva pronunciato parola. Si era ammutolito, ma nel trambusto circostante e nell'ansia creata da quello che sembrava essere un orribile incubo, nessuno se ne accorse.

Non poteva credere che stesse succedendo sul serio. Non a lei.

Aveva visto tanti dei suoi compagni morire, allora perché l'idea che fosse Ivy la prossima lo faceva sentire in quel modo?

Una morsa gli stringeva il petto, faticava persino a prendere un respiro che potesse essere considerato tale, ma allo stesso tempo il suo cuore batteva all'impazzata, come se volesse uscirgli dalla gabbia toracica.

Era agitato. Agitato all'idea di perderla per sempre. Aveva paura, e quella paura lo stava divorando.

Chiuse gli occhi e fece diventare le nocche delle sue mani bianche per quanto stava stringendo i manubri del veicolo.

Doveva pensare razionalmente. Ivy aveva ragione quando affermava che sarebbe stato un suicidio raggiungerla.

«Ti troverò» disse con tono basso, ma non così tanto da non essere sentito.
«Ti troverò... e farò in modo di portarti con noi insieme agli altri. Il tuo ricordo non svanirà nel tempo.»

Con sua grande sorpresa Shin riuscì a parlare senza lasciar trapelare ciò che sentiva realmente. Agli occhi degli altri era sicuramente apparso stoico come sempre, ma dentro di sé ogni cellula gridava in preda alla ribellione, agitandosi in un vano tentativo di fermare quella folle scelta.

«Grazie. Vi voglio bene ragazzi» rispose Ivy con un piccolo sorriso sul volto, contornato da delle lacrime che non era riuscita a frenare.

Il suo intero corpo voleva lasciarsi andare in un pianto liberatorio.
Nessuno vorrebbe andare incontro alla morte, però era felice che quelle sarebbero state le sue ultime parole, almeno i suoi amici le avrebbero udite quando le voci della Legione si sarebbero fatte sentire.

Prese un profondo respiro e si passò la manica sugli occhi, asciugandoseli. Deglutì e guardò dritta di fronte a sé. Controllò velocemente che qualche braccio del veicolo funzionasse ancora e prese un grosso respiro.

Non me ne andrò senza combattere, cercherò di farne fuori il più possibile. Pensò prima di lanciarsi tra gli Juggernaut della Legione.

Fu solo questione di minuti prima che le comunicazioni si interruppero.
Un rumore simile ad un interminabile e strusciante strappo gli lacerò i timpani, facendogli saltare dei battiti e trattenere il fiato.

Il silenzio che ne derivò fu opprimente, riempito solo dal triste scrosciare della pioggia. I ragazzi sentivano i loro corpi pesanti, come se la gravità terrestre fosse stata duplicata.

«Ivy!» La chiamò Anju a gran voce, e le parole caddero nel vuoto.

«Alla fine se ne è andata anche lei» commentò Theo con sguardo perso, abbattuto.

Un colpo secco li fece sobbalzare. Raiden aveva appena sbattuto un pugno contro il metallo del suo Juggernaut, e le sue nocche assunsero una colorazione rossastra.
«Maledizione!» Urlò con tutta la frustrazione che aveva in corpo.

Shin allentò la presa sui manubri, rendendosi conto che ci stava mettendo troppa forza.
«Il ricordo è un modo di incontrarsi» disse, attirando l'attenzione dei suoi compagni.
«Lo diceva sempre. Quindi non se ne andrà mai sul serio, non fino a che la ricorderemo.»

Un vuoto si era appena espanso nel suo petto, alla consapevolezza che da quel momento in poi se avesse voluto rivederla avrebbe dovuto sondare tra i suoi ricordi.

Non sapeva per quanto sarebbe riuscito ad andare avanti in quel modo, con quella convinzione che si era autoimposto pur di non crollare. Non lo sapeva, ma in quel momento non aveva altre idee per poter andare avanti senza di lei.

Doveva aggrapparsi a qualcosa, e il suo ricordo fu la prima cosa che gli venne in mente di prendere come ancora di salvezza.

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