Cαριƚσʅσ 46

Jisoo parcheggiò di fronte alla palazzina dai mattoncini rossi.
Era presto, doveva entrare al lavoro circa mezz'ora dopo, eppure stava sotto casa di Taehyung, sperando di riuscire finalmente a parlare con lui.

Era passata quasi una settimana dalla loro discussione e lui si era reso completamente irraggiungibile: l'aveva bloccata sui social e le staccava ogni chiamata.
Taehyung voleva cancellarla dalla sua vita, era chiaro e lampante.

Eppure Jisoo non ci stava, non voleva rinunciare a lui e buttare tutto quello che erano e che stavano diventando giorno dopo giorno.
Una volta asciugate le lacrime, aveva tentato in ogni modo di mettersi in contatto con lui o di incontrarlo, ma senza alcun risultato.
Più volte era passata all' ON, fermandosi nel parcheggio in cerca della sua auto, che pareva essersi volatilizzata con lui.
Sembrava che non andasse al lavoro.
Jisoo non se l'era sentita di entrare nel locale e chiedere di lui, vista la brutta figura fatta l'ultima volta quando era stata ingaggiata come cameriera.
Così si limitava a sperare di incontrarlo nel parcheggio: se avesse visto il suo suv sarebbe stata disposta ad aspettarlo in macchina fino alla fine del turno, per riuscire a vederlo e parlargli, ma nulla.

Non si rassegnava al fatto di lasciare che le cose finissero così.
Non poteva permetterlo.
L'assenza di Taehyung era come un buco nel petto, una morsa allo stomaco che non le dava tregua.
Dovevano parlare, chiarire, doveva capire quanto lei tenesse a lui, quanto ormai la sua vita non avesse colore o sapore senza di lui.

Trovò il portone aperto come sempre e cominciò a salire le scale fino all'ultimo piano.
Suonò il campanello agitata.
Sperava che le comparisse davanti, appoggiato allo stipite della porta, in pigiama, con la faccia assonnata e stropicciato.
Non avrebbe detto nulla, avrebbe solo tentato di abbracciarlo e di non essere respinta.

Invece no, comparve Seojoon al posto di Taehyung, come tutte le altre volte che si era recata a casa loro per riuscire a vederlo.
Aveva una camicia celeste ed era intento ad allacciarsi i bottoni al polso, evidentemente stava per andare al lavoro.
La guardò con aria rassegnata e al tempo stesso dispiaciuta.

«Jisoo, immaginavo fossi tu»

«Scusa, mi dispiace piombare qui quasi ogni giorno a orari diversi tra l'altro, ma devo riuscire a parlare con lui! È in casa?»

«No...»

Jisoo abbassò lo sguardo, sentendo la delusione invaderla nuovamente.
Seojoon la guardò, per poi dirle:

«Se lo sapesse mi ucciderebbe, ma
vieni dentro»

Jisoo colse quell'invito come un'opportunità per capire meglio la situazione e non se lo fece ripetere due volte.
Appena varcata la soglia di casa, venne assalita dal piccolo Yeontan, che cominciò a scodinzolare e a farle le feste.
Le si strinse il cuore, pensando che quell'esserino era un pezzo di lui, l'unico che voleva ancora avere a che fare con lei.
Lo prese in braccio e affondò il viso nel suo soffice pelo. Yeontan cominciò a leccarle una guancia e Jisoo lo lasciò fare, avendo bisogno di qualsiasi gesto d'affetto.

«Se vuoi controllare in camera sua vedrai che non c'è, nel caso pensi che io cerchi di coprirlo o nasconderlo da te», disse Seojoon.

«Mi fido, e anche se fosse, so che lo faresti solo per rispettare la volontà del tuo migliore amico. Tu non c'entri nulla Seojoon, non ce l'ho con te e nemmeno con lui in realtà...», fece Jisoo rassegnata, poggiando Yeontan a terra.

«Ti posso offrire qualcosa? Da bere, da mangiare...»

Jisoo aveva lo stomaco serrato, mangiava a stento da giorni ormai.

«Un bicchiere d'acqua, grazie», si limitò a chiedere, sedendosi sul divano.

Quella casa senza di lui era come vuota, privata della sua anima.
Guardò verso la sua camera e inconsciamente sperò di vederlo uscire da lì e dirigersi verso di lei per darle il bacio del buongiorno come faceva sempre.
Fissò il giradischi, la cucina e ogni cosa la riportò a quella sera e alla mattina seguente passate insieme.
Sembrava tutto così lontano, visto come stavano andando le cose.

«Lo vedo poco anche io, prende la mia moto e parte all'alba. Non torna fino alle una o le due di notte. Credo che vada a lavorare e poi rincasa, dorme poche ore e riparte», fece Seojoon, porgendole il bicchiere.

Jisoo pensò che quello spiegava il perché non avesse mai visto il suv di Taehyung parcheggiato all' ON: andava al lavoro con la moto di Seojoon.

«Lo lascio fare perché tanto so che cercare di parlargli in questo momento sarebbe controproducente. Vuole stare da solo, è palese»

«Sì, ma io ho bisogno che mi ascolti. Ha fatto tutto da solo senza darmi la minima possibilità di spiegare.
Io tengo a lui Seojoon, ho bisogno di lui.
Ma come posso farglielo capire se mi evita?», disse Jisoo quasi disperata.

«Taehyung è fatto così: ama stare a contatto con le persone, dona il suo cuore e tutto se stesso.
Poi quando per qualsiasi ragione si sente tradito o ferito, scatta e si chiude a riccio.
Crea queste barriere per non farsi più colpire, per autodifesa»

«Alla fine a quanto pare non sono riuscita a mantenere la promessa che ti avevo fatto la prima volta che ci siamo conosciuti...», fece Jisoo amareggiata.

«Quale promessa?»

«Quella di non farlo soffrire...», disse con le lacrime agli occhi.

Si sentiva impotente e svuotata.
Avrebbe fatto di tutto per recuperare, per riportarlo a sé e non lasciarlo andare più, ma come? Se lui non glie lo permetteva?

«Se lo hai fatto non è stato volontario, altrimenti non saresti qui...», disse Seojoon, cercando di consolarla.

«Pensi che possa avere qualche possibilità con lui?
O devo rassegnarmi?»

«Non so darti una risposta perché era da molto tempo che non lo vedevo così. Non è mai arrivato a questo grado di coinvolgimento dopo Wheein.
La fine delle sue frequentazioni gli scivolava addosso come acqua fresca.
Il dolore che manifesta adesso è sintomo di qualcosa di molto profondo che sente nei tuoi confronti.
Ma come saprai anche tu, più si abbassano le difese più si rimane scottati»

«Mi ha detto di essersi innamorato di me...», ammise Jisoo con un filo di voce.

Seojoon fece un sorrisetto e disse:

«Lo sapevo, non ho voluto dirtelo perché non ero sicuro che fosse riuscito a dichiararsi.
Me lo ha detto prima che partiste per Seoul. Aveva organizzato quella vacanza proprio per trovare il momento perfetto.
Mi ha costretto a guardarlo mentre faceva le prove su come confessartelo, io dovevo interpretare te, in verità»

Jisoo sorrise, immaginandosi la scena.

«Mi ha detto: "Potrebbe essere quella giusta".
Mi ha intenerito perché notavo quanto fosse vero e preso da te...»

Jisoo, a quelle parole, non riuscì a trattenere una lacrima.
Perché non era riuscito a dirglielo a Seoul? Perché era arrivato a urlarglielo in faccia in quell' attimo di rabbia, anzi che sussurrarglielo dolcemente durante uno dei mille momenti che avevano trascorso insieme da soli?

"Forse sarebbe stato tutto diverso. Forse", pensó Jisoo tra sé.

«Io credo che tu debba persistere Jisoo, sarebbe veramente uno spreco mandare a monte tutto.
Taehyung era diverso con te.
Non dico che prima non stesse bene, ma era una serenità apparente quella che ostentava.
La classica vita da scapolo impenitente che richiede il massimo divertimento con il minimo sforzo. Con te è stato diverso e io l'ho notato subito.
L'hai cambiato, forse vi siete cambiati a vicenda...»

«Ha ribaltato la mia vita», ammise Jisoo.

«Ma la vera domanda è: visto che lui sa quello che sente per te, tu cosa provi per lui?»

Jisoo lo guardò sorpresa da una domanda così diretta e personale.
Seojoon era quasi uno sconosciuto per lei, ma d'altronde, era anche la sola persona al corrente della situazione e con la quale avesse parlato negli ultimi giorni.

«So quello che sento, ma che tu ci creda o no faccio fatica a pronunciarlo. Ho troppa paura»

Lui le sorrise bonariamente come un fratello maggiore.

«Sono sicuro che la paura di perderlo sarà più forte di tutte le altre Jisoo. È chiaro e lampante quello che provi.
Forse però Tae ha bisogno di sentirselo dire...»

Jisoo abbassò lo sguardo, consapevole che Seojoon avesse ragione.
Si odiava per non avere lo stesso coraggio di Taehyung: la capacità di dare un nome alle sue emozioni, di accettarle e non avere la paura di esternarle.
Le sue parole le rimbombavano in testa come un martello:

"Sai quale è la differenza tra noi due? Che tu vivi di dubbi, io non ne ho nessuno ...perché come un idota mi sono innamorato di te!"

Aveva ragione, perché i suoi blocchi emotivi continuavano a essere il suo ostacolo più grande.
Avrebbe dovuto superarli, doveva farlo per lui... per loro.

«Si è fatto tardi, dovrai andare al lavoro e io ti sto trattenendo qui con i miei casini», disse Jisoo, alzandosi.

«Nessun problema...», fece Seojoon, abbozzando un sorriso.

Accompagnò Jisoo davanti alla porta di casa.

«Proverò a parlare con lui»

«Ti prego non dirgli che sono venuta qui»

«Certo, non ti preoccupare»

«Grazie per tutto Seojoon...»

«Figurati e non perdere la speranza. Tae è un vero zuccone, ma sa anche leggersi dentro»

«Spero che sia così. Buona giornata!», fece Jisoo, aprendo la porta di casa e uscendo nel pianerottolo.

«Ciao Jisoo», la salutò Seojoon, guardandola scendere le scale del palazzo.

Jisoo si diresse verso la sua macchina.
Mentre stava cercando le chiavi nella borsetta, sentì un forte rombo che la fece voltare.
Lo vide.
Una moto nera stava ripartendo davanti ai suoi occhi, sfrecciando lontano da lì.

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