Cαριƚσʅσ 23 (Pαɾƚҽ 1)

Jisoo stava rientrando a casa.
Era andata a fare una corsetta per sciogliere la tensione.
Erano passati quattro giorni da quando avevano discusso in macchina e non si erano più sentiti, a parte per un messaggio di lui di quella sera stessa in cui le chiedeva scusa.

Non sapeva se preferisse non sentirlo o se il suo silenzio la facesse stare peggio.
Ripensando a quel momento sembrava sinceramente dispiaciuto.
Forse non era riuscita a cogliere quella sfumatura in quell'istante, perché troppo arrabbiata, ma riflettendoci, le venivano in mente i suoi occhi, il modo in cui le aveva preso la mano, come le aveva sussurrato quella frase tenendola stretta a sé, come se non volesse lasciarla andare via da lui.

Si sentiva confusa, non riusciva più a distinguere la verità dalla falsità.
Non capiva più chi poteva celarsi dietro di lui: era quello che aveva creduto di conoscere, oppure qualcun'altro?
Se pensava al passato, Taehyung aveva sempre giocato a non darle certezze, a non lasciarsi inquadrare.
Ma stavolta credeva fosse diverso, pensava che si stessero conoscendo veramente.

Sentiva un caos interiore perché, da un lato percepiva le ragioni della sua mente, che le suggeriva di allontanarsi da tutto ciò che non le era chiaro, dall'altra, invece, capiva che le stava mancando.
Le mancava tutto di lui: dal semplice messaggio della buonanotte e del buongiorno, la sua abitudine di andarla a trovare dopo il lavoro, il modo in cui la stringeva, il suo odore, il suo sapore, il suo tocco, la sua risata, il suo sguardo mentre facevano sesso immerso in lei.

Forse un'altra se ne sarebbe fregata, lo avrebbe ricontattato solo per viverlo a prescindere da chi fosse veramente.
Ma lei non ci riusciva.
Jisoo sperava di conoscere la persona che aveva di fronte.
Non sarebbe riuscita neppure ad avvicinarsi a lui, perché sarebbe stato come accostarsi a uno sconosciuto.
Sapeva di essere complicata, forse pesante, ma era fatta così e, a quasi trent'anni, difficilmente sarebbe cambiata.

Arrivò a casa.
Salì le scale che portavano al suo appartamento e, davanti alla porta, notò un incarto rivestito con carta da pacchi.
Si abbassò ad afferrarlo.
Non c'era scritto nulla, nessun biglietto.
Non aveva fatto alcun ordine online, quindi non riusciva a capire cosa potesse essere.

Entrò in casa, continuando a guardare il pacchetto. Al tocco sembrava contenere dei libri.
Si mise sul divano e decise di scartarlo.
Sentiva il cuore batterle nel petto, dal momento che non sapeva cosa aspettarsi, era curiosa e spaventata allo stesso tempo.

Trovò dei quaderni, con copertine di colori diversi che andavano dal nero al marrone in carta riciclata.
D'improvviso cadde a terra un piccolo biglietto bianco, che evidentemente si trovava in mezzo all'incarto.
Jisoo si piegò a raccoglierlo, sempre più confusa, e scoprì che c'era scritto qualcosa con una grafia sottile in stampatello minuscolo, sembrava maschile.

"Ricominciamo dall'inizio.
Ciao, mi chiamo Kim Taehyung.
Questo sono io senza alcun filtro"

Il cuore cominciò a martellarle dentro.
Quel pacchetto lo aveva lasciato lui, era passato a casa sua.
Ma cosa voleva dire?
Prese il primo quaderno e iniziò a sfogliarlo. Riconobbe la stessa grafia del biglietto.
Capì che si trattava di un diario.

"Sono i suoi diari", pensó Jisoo.

Erano numerati da uno a cinque.
Prese il primo, che sembrava essere anche il più vissuto.
Iniziò a leggere la prima pagina:

Comincio a scrivere questo diario.
Mi sembra una cosa da femmine, ma mia sorella mi ha detto che potrebbe aiutarmi a mettere in ordine i pensieri quando mi sento confuso.
Mi chiamo Taehyung, ho sedici anni e vivo a Daegu.
Frequento il terzo anno di superiori.
La scuola non mi piace granché.
Mi sento sempre imprigionato tra quelle quattro mura e vorrei vivere la mia vita al di fuori.
Mi piacerebbe diventare un pilota di motociclette da cross.
Potrei girare il mondo e fare quello che mi piace fare!
Fico!
Magari quando avrò diciotto anni ci penserò.
Per adesso i miei vogliono che studi, magari che un giorno vada all'università. Non mi ci vedo per niente.
Mi piace stare con gli amici.
e spesso ce ne scappiamo dalla città.
Quando torno tardi, papà si incazza da morire.
Per fortuna Jin, mio fratello maggiore, mi copre sempre.
Beh, per oggi penso che può bastare così.
Appena avrò voglia di raccontare qualcosa scriverò di nuovo.

La seconda pagina era datata dieci giorni dopo la prima:

Stessa vita, stesse cose.
Oggi sono stato al Lunapark con qualche amico.
Ho visto Tzuyu, una che mi viene dietro da un po'.
Mi sorride sempre quando ci incontriamo.
Secondo Mino potrei provare a baciarla. Potrebbe starci.
Non è male, anche se non mi piace il gruppo di amiche che frequenta, tutte con la puzza sotto il naso.
Vedremo.

Girò di nuovo pagina:

Oggi mi annoiavo durante la lezione di arte, così ho cominciato a lanciare palline di carta sui capelli di una mia compagna di classe. Si chiama Jisoo.
È una secchiona che prende sempre appunti, però è simpatica, ride spesso alle mie battute.
Si è accorta che le stavo dando fastidio quando aveva già tutti i capelli pieni di palline.
Morivo da ridere.
Ha cominciato a toglierseli dalla coda uno per uno.
Il professore le ha chiesto cosa fosse successo e lei ha fatto finta di niente. Non mi ha nominato, anche se sapeva benissimo che ero stato io, perché si è girata e mi ha guardato male.
Le devo un favore, altrimenti avrei passato dei guai.
Domani vedo Tzuyu, sono riuscito ad avere il suo numero.

Jisoo sorrise, vedendosi nominare tra quelle pagine. Non ricordava quell'avvenimento, evidentemente non le era rimasto troppo impresso nella memoria.

Ho baciato Tzuyu. C'ho messo anche un po' di lingua. Credo che le sia piaciuto.
Pensa che stiamo insieme.
Mi ha chiesto di rivederci domani al parco.
Non so se mi va di impegnarmi.

Un mese dopo:

Oggi mi sono quasi addormentato in classe. Ho fatto tardi ieri sera per giocare alla Playstation con Jin. Anzi mi sono proprio appisolato.
Fortuna che Jisoo mi ha svegliato, quando si è accorta che iniziavo a russare.
Ho cominciato a guardarla meglio e non è male: ha un bel culo e dei bei capelli.

Jisoo strabuzzò gli occhi e rilesse le ultime righe: pensó alla sé sedicenne e le sembrò strano che lui avesse notato il suo fondoschiena, dal momento che all'epoca, era quasi priva di forme.
Sorrise però al solo pensiero.

Continuò a leggere varie cose ininfluenti sugli allenamenti di calcio, sulle litigate con i fratelli, su quella Tzuyu che sembrava non dare pace al Taehyung ragazzino.
Poi la sua attenzione venne di nuovo attirata dal suo nome scritto tra quelle pagine:

Non so cosa mi sta capitando ma mi ritrovo a fissare Jisoo a lezione.
Mi infastidisco quando la vedo parlare con gli altri e ci rimango male quando mi ignora.
È divertente e intelligente.
Mi sa tenere testa, come non riesce a fare nessuna.
Non so perché, ma oggi le ho parlato di Tzuyu, per vedere la sua reazione.
Secondo me c'è rimasta un po' male, ma non vuole darmi soddisfazione.
A volte sembra una mia grande amica, a volte a stento ci parliamo e pare mi guardi male.
Non la riesco a capire, e questo mi piace in realtà.

Jisoo sentì il cuore aumentare i battiti.
Cosa avrebbe dato all'epoca per leggere quelle parole?
Per sapere che anche lui pensava a lei.
Si stava rivedendo tramite gli occhi di un altro.
Alternava momenti in cui faceva l'amica solo per stargli accanto, per godere della sua compagnia, a momenti in cui la delusione di vederlo comportarsi "male" la freddava, l'allontanava da lui.
Come d'altronde stava accadendo ora che erano due adulti.
Continuò a leggere.

Oggi ho visto che aveva una brutta giornata.
Credo che il compito in classe di matematica non le sia andato un granché.
Nemmeno a me ovviamente, ho preso il solito quattro, ma ci sono abituato, lei no.
Così ho voluto fare qualcosa per farla sorridere.
Ho scritto su un foglio di carta bianco:

CIAO JISOO TI VOGLIO TANTO BENE
BY TAE

L'ho colorato, così intanto ho trovato qualcosa da fare durante l'ora di storia, e poi l'ho fatta girare.
È rimasta senza parole.
Era davvero bella così felice.
Gliel' ho regalato.
Per tutta la giornata mi ha guardato e parlato in modo diverso.
Mi sono sentito felice anche io.

Questa volta Jisoo ricordava perfettamente quell'evento.
Custodiva ancora gelosamente quel biglietto fatto da lui in modo così spontaneo. Ricordava che per lei era stato un regalo stupendo perché lui l'aveva pensata, l'aveva fatto solo per lei e per nessun'altra.

"Che tenerezza", pensò, riflettendo sui loro gesti così timidi e insicuri da sedicenni.

Jisoo mi piace.
Vorrei avvicinarmi a lei ma è così strana.
Non mi manda segnali chiari.
Le altre ragazze mi guardano, mi sorridono, alcune cercano di avere il mio numero e mi dicono apertamente che gli piaccio.
Provarci con loro è facile.
Ma lei continua a essere un mistero per me.
Credo che se riuscissi ad averla, con lei sarebbe tutto diverso.
Devo provare a parlarle per capire meglio.

Le ho mandato dei messaggi.
Le ho fatto capire che le voglio bene veramente. Che ci rimango male certe volte quando mi risponde acida.
Ha detto che anche lei mi vuole bene e che le dispiace, ma non si è mai accorta di ferirmi.
Le ho chiesto se avesse voglia di uscire con me domani: è San Valentino. Lei ha risposto di sì.
Io sono rimasto talmente spiazzato che cinque minuti dopo le ho detto che sarebbe stato il caso di chiamare anche altri compagni di classe.
Non so perché ma mi è salita l'ansia.
Non avrei saputo come comportarmi.
Sono un coglione.

Jisoo leggeva e si rendeva conto di sorridere. Quanto lo aveva odiato quella volta!
Per lei era stata la prova che la prendesse in giro, perché in quell'occasione aveva tirato fuori il coraggio di rispondergli di sì.
Voleva passare il San Valentino con lui, non una festa a caso, ma il giorno degli innamorati e lui si era tirato indietro.
Ora capiva il perché: se la faceva più sotto di lei.

Ho deciso di guardarmi intorno.
Lei non mi vuole, è chiaro.
Non so cosa sia successo tra noi, ma non riusciamo nemmeno più a essere amici come prima.
Con Jisoo è una continua discussione e non ci avviciniamo mai.
Non ho più voglia di starci male.
Mi piace, mi piace tanto, ma forse non è la stessa cosa per lei.

Sbam. Quello era il momento in cui Taehyung aveva rinunciato a loro.

"Come dargli torto? Sono stata una stupida a tenermi tutto dentro", pensó Jisoo.

Continuò a sfogliare i diari.
Mano a mano che leggeva, le sembrava di crescere con lui, vederlo diventare un uomo.
I discorsi si facevano via via più elaborati, più profondi e meno superficiali.
Spaziava dalle sue storielle, al rapporto con i genitori, al raccontare sue riflessioni esistenziali, fino a citazioni di libri che aveva letto e che aveva voluto scrivere tra quelle pagine come memorandum per il futuro.

Arrivò a un punto quando Taehyung doveva avere all'incirca ventidue anni e la sua attenzione venne attratta da un nome: Wheein.
Iniziava a raccontare della sua storia d'amore più importante.

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