Capitolo 8

La notte era giunta e, con essa, la ragazza strana dai capelli rossi era svanita nel nulla.

San non se n’era nemmeno resa conto, eppure provò un senso di vuoto quando si accorse che la rossa se n’era andata senza salutare.

Era o non era un’amica di Sivade?
Inutile chiederlo a Tommy, che non si curava nemmeno di preparare qualcosa da mangiare. In compenso, Goito aveva lasciato un cestino di vimini che la bimba aveva preso felicemente in custodia.
« Per quando si sveglia.» aveva detto.

Un brontolio allo stomaco la portò ad esitare per un attimo: cedere agli istinti della fame o aspettare? Ma la scelta fu chiara, non appena tornò a guardare quelle due figure strette l’uno tra le braccia dell’altro.

Crystal sentì lo sguardo pressante della bambina, ch’era rimasta ad osservarlo per la maggior parte del tempo senza mai avvicinarsi troppo.

Fu allora che si alzò, come una fenice dalle proprie ceneri; Tom che si mise subito al suo fianco senza tradire alcuna emozione.

Avrebbero proseguito lungo il sentiero, finché non vi avrebbero trovato quell’infinita scalinata che conduceva al tempio di Ren, un loro conoscente.

Il rasta si sistemò il capello, in modo tale che il frontino nascondesse, almeno in parte, l’espressione abbattuta del suo viso Crystal si caricava delle vite di troppe persone.

San non riuscì a trattenere il desiderio di trovare appiglio nel gemello di Crystal, prendendolo all’altezza del gomito con una mano. L’altra reggeva a stento il cestino ricolmo di vivande, sperando che Sivade si risvegliasse presto, così da alleggerire il suo carico.

Tom abbassò lo sguardo tanto quanto bastava per incontrare quello della bambina che si trascinava a stento. Si bloccò un istante, inginocchiandosi davanti a lei, le braccia abbandonate sulle proprie gambe.

Notò subito il cestino: «vuoi che lo tenga io?» rise appena, cordiale « giuro che non mangio nulla» aggiunse sempre attento ai passi di Crystal, che proseguiva con il suo solito fare elegante, fendendo la notte.

La bimba scosse violentemente il capo, gonfiando le guance «L’ha affidato a me.» disse con aria decisa, tradendo un leggero sbuffo all’ultima parola.

« Allora, se porto te, non c’è problema » la prese in braccio, senza aspettare il suo consenso, altrimenti avrebbero finito per perdere le tracce di quell’ombra davanti a loro.

Lei emise un gridolino soffocato, reggendo con tutte le sue forze il cestino. Ma non protestò, le membra troppo stanche per pensare di rifiutare quell’aiuto.

Nel frattempo, Crystal aveva finito per giungere a pochi passi da quella scalinata che nei suoi ricordi serbava diversa.
Anni prima non v’erano tutte quelle fiaccole che illuminavano la via d’accesso al tempio, così come l’immenso portone rossastro che si stagliava all’entrata dello stesso.

«Ci siamo…» sussurrò allora, lanciando uno sguardo fugace a delle bandiere che svolazzavano incessantemente ai confini del tempio.

Ne rimase confuso, percependo ondate di energia vibrare attorno ad esse. Scosse il capo, ridestandosi.

Un leggero movimento gli fece sapere che Sivade era consapevole di ciò che v’era intorno a loro: una mano andò ad incontrare quella gelida del ragazzo, posandovisi sopra con un leggero fruscio.

Gli occhi di Crystal sembrarono quasi sciogliersi nel vedere quel contatto, ma non disse o fece nulla, limitandosi a salire le scale con lentezza, certo che Ren sarebbe corso ad invitarlo ad entrare.
Sorrise, sentendo come Tom giungeva di corsa alle loro spalle.

San, tra le braccia del rasta, cercava in tutti i modi di non ridere. Non sapeva perché, ma sentiva, nella sua testa, che qualcun altro si stava gustando la scena in preda a un eccesso di risa. Probabilmente, il correre maldestro di Tom doveva essere ridicolo, specie se intralciato dalla taglia dei pantaloni.

Ren giunse alla porta, come previsto da Crystal. Sembrò analizzare la scena per un breve istante gli occhi di un azzurro intenso che viaggiarono dapprima sul viso del moro, poi sul corpo che teneva fra le braccia senza troppa fatica. Trattenne a stento un sorriso.

Poi i suoi occhi si spostarono su Tom, nascondendo a stento quella vena di divertimento che ne scaturiva da quella scena. Si inchinò profondamente, lasciandosi scappare uno sbuffo prima di invitarli ad entrare calorosamente.

«Mi approprio della mia vecchia stanza…Se non ti dispiace.» disse il vampiro, senza trattenere un sorriso mentre Tom giungeva al suo fianco tutto affannato.

Ren si voltò di colpo, per non ridere di fronte al fratello di Crystal.

Nonostante tutto, lo conosceva bene. Sapeva che si sarebbe offeso, e non voleva intaccare il suo orgoglio.

«Posso ridere?» chiese d’improvviso San, tremante «Non ce la faccio a trattenermi….»

Tom sbottò, mettendola a terra, per poi rimboccarsi le maniche della T-shirt che gli arrivavano fino ai gomiti:

« Che ingrata!» esclamò facendo scoppiare a ridere Ren che corse a nascondersi dietro ad una porta, in preda alle lacrime, con la scusa di dover avvisare tutti i bonzi dell’arrivo di nuovi visitatori.

La bimba invece si voltò verso Tom, le lacrime agli occhi «Ma a me stai simpatico…» si giustificò disperata, cercando di rimediare alle sue stesse parole.
«A-ah» commentò Tom, poco fiducioso, osservando il fratello scomparire dietro le mura di una stanza.

Si portò una mano a nascondere il viso, sofferente.
«Se apro gli occhi…Cosa vedrò?»

Un sussurro leggero che provenne da Sivade, come per spezzare il silenzio creatosi dopo il distacco dagli altri.

Crystal sorrise mestamente, posandolo sul letto con estrema attenzione, poi si guardò attorno sospirando: « Un letto…Quattro mura…Una finestra…» si portò una mano ai capelli «Un pianoforte…» corrucciò appena lo sguardo, trattenendo le sue emozioni « E un mostro. »
«Sempre detto che sei brutto…» fu l’unica frase che disse il mago, aprendo leggermente gli occhi per guardare il soffitto, le mani conserte al petto.

Il moro si sedette ai piedi del letto, senza commentare. La testa sorretta da entrambe le mani, lo sguardo fisso al pavimento di legno.
Era tutto maledettamente sbagliato.
Avrebbe dovuto lasciarlo andare, non erano compagni.
Avrebbe dovuto staccarsene, non poteva obbligarlo a seguirlo ovunque.
Avrebbe dovuto rispettare le regole imposte dalla Gilda…
Ma ora gli sembravano così banali ed inutili…

Non si rese conto, perso in quei pensieri, che Sivade lo stava guardando con attenzione, cercando di capire le sue preoccupazioni: « Smettila di compatirti, tra noi due sono io il più debole.» disse nervoso Sivade, portando le mani a coprirsi gli occhi, alla ricerca di sicurezza. Sicurezza che scarseggiava, in compagnia di Crystal, ma che s’imponeva di esternare, almeno per non sembrare patetico a sé stesso.

A quelle parole gli occhi del vampiro si raggelarono all’improvviso, colto impreparato: « E’ vero, scusa ». Si alzò si scatto dal letto, le mani pallide abbandonate lungo ai fianchi, strette in due pugni...Chiaro segno d’irrequietezza.
« Cosa vuoi da mangiare? » esordì poi, con voce atona.

« Non voglio mangiare, Crystal. Non mangerò finché non smetteremo di essere così immaturi. » rispose incerto l’altro, un sospiro per concludere quella decisione.
« Ebbene, morirai di fame » concluse brevemente il vampiro « Poiché quella che stiamo dimostrando non è immaturità. Deriva solamente dal fatto che siamo, e sempre saremo, nemici. Non possiamo cambiare ciò che il destino ha in serbo per noi… »
« Allora morirò per te, carino.» lo interruppe di colpo l’altro, ridendo amaramente.
« Morte vana » criticò allora il moro avvicinandosi alla finestra « Cosa ne guadagneresti da essa? Pace eterna, forse? » rise divertito da sé stesso e da quella macabra presa in giro verso i propri confronti.

« La libertà di esternare sentimenti poco graditi, ecco cosa.» disse l’altro con tono mesto, cercando di mantenere una minima aria divertita « Potrei amare chi mi pare e odiare chi mi garba. Una pacchia.»
« Puoi farlo anche ora ».

Un sospiro, poi Sivade volse il corpo verso il muro, chiudendo gli occhi: « Quello che trovi in cucina mi va bene, il mio stomaco è ben allenato.» tentò di chiudere, senza un minimo di entusiasmo.
« Come vuoi » concluse a quel punto il vampiro, dileguandosi.

San aveva posato il cestino ad un tavolo in legno di noce, collocato poco lontano dalla porta d’entrata della mensa del tempio. Poi aveva iniziato ad esplorare quel luogo, ricolma di curiosità. Tutti quei simboli religiosi, così diversi da quelli che conosceva, l’avevano affascinata al punto ch’era rimasta per un buon lasso di tempo di fronte ad una statuetta dorata.

Non sapeva nemmeno chi fosse quella donna dagli occhi stretti. Forse era una cieca, che nella vita non aveva avuto bisogno di giudicare le persone in base al loro aspetto, o alla loro natura.

In quel frangente, la bimba pensava a Crystal.
« Più ci pensi, più ti verrà mal di testa, dato che il tuo presunto fratello si sta scervellando per accettare del tutto la cosa.»

La bimba si voltò di scatto, ritrovandosi di fronte la ragazza dai capelli scarlatti: « Perché dici questo? » chiese innocentemente.
L’altra roteò leggermente gli occhi, in una tipica espressione esasperata: « Cosa mi tocca sentire…Detesto quando nasconde le cose agli altri, pretendendo di sapere tutto di loro.» sbuffò, accostandosi alla bambina: « Se poi consideriamo che tu sei sua…»

« Moglie? » chiese Tom speranzoso, posato ad uno stipite della porta; Ren che gli stava alle spalle con un vassoio carico di tazze di tè caldo.
«Certo che sarebbe un bastardo» commentò poi iniziando un monologo «Ma che pedofilo! Lo denuncio!.»

Un sibilo appena indistinto, e una lama di sangue si bloccò a pochi centimetri dalla gola del biondo. Goito lo fissava con odio puro, le mani strette a pugno.

Tom si portò una mano alla bocca: « Oh cacchio! Sei tu la moglie! » esclamò prendendo la lama fra il pollice e l’indice.
La osservò con interesse « Ma che bella…».

San rimaneva impietrita ad ascoltare quell’alterco dai toni pericolosi, rimanendo dietro a quella strana ragazza. Le sembrava che i capelli della giovane fossero legati, in un qualche modo, alla lama che Tom teneva tra le dita e, dall’espressione dipinta sul volto di Goito, quest’ultima non sopportava che lui la stesse toccando.

« Sivade non può avere una moglie. Sarebbe come dire che tu coronerai il sogno di sposarti tuo fratello.» sibilò la rossa con una risata leggera.

Tom la guardò sognante, mentre Ren si metteva in mezzo ai due:

« Giù le armi, rammento a tutti voi che questo è un luogo sacro » disse mantenendo la sua proverbiale calma «Non è un albergo» concluse posando il vassoio sul tavolo, proprio quando Crystal apparve dalla porta con espressione spettrale. Lo sguardo languido, travolto dall’ondata di sangue che riempiva la cucina.

S’irrigidì: « Devo portargli qualcosa da mangiare » disse con tono pacato, nonostante tutto ciò che stava accadendo e che lo stava turbando profondamente.

Goito lo fissò con sguardo nervoso: « Se tuo fratello mi lascia andare, posso sparire, vampiro.»

Tom si voltò a guardare con attenzione prima il viso della ragazza e poi la lama che teneva fra le dita, senza metterci troppa forza.

La sua espressione cambiò da perplessa ad allucinata « Ooh!!!» esclamò allora iniziando ad esaminare la lama con sguardo allampanato.

Incominciò ad accarezzarla incuriosito dalla reazione che la rossa avrebbe potuto manifestare: “eccitante?” chiese allora seriamente interessato.

La giovane ridusse lo sguardo a due fessure, per niente felice del comportamento che lui le stava riservando. Il sangue tra le mani di Tom iniziò a vibrare fortemente, come in preda alla rabbia, pari solo a quella che traspariva dagli occhi di Goito: « Signor Crystal. Me lo tolga di dosso, per la sua incolumità…» ringhiò tra i denti, i pugni serrati al punto che le nocche erano di un colore biancastro.

Il vampiro si voltò a guardare il fratello, le braccia incrociate al petto, lo sguardo esasperato.

« Oh!» esclamò ancora il rasta, sorpreso « C’è anche la modalità vibro!!», rise prima di specchiarsi negli occhi furiosi della ragazza: « Ma dai!»

Crystal si portò una mano ai capelli, trascinandolo via con forza.

Ora non voleva avere gente fra i piedi, era preoccupato già di suo « Mi serve da mangiare!» ribadì nervoso.

San rimase a guardare la ragazza accanto a sé: aveva lo sguardo livido di rabbia, come se avesse ricevuto un insulto tra i peggiori esistenti. Sconsolata, posò le mani su quelle di Goito e quella si voltò a guardarla, nervosa. Respirava a fatica, a causa della pressione che quel giovane le aveva sottoposto, ma non voleva darlo a vedere alla bambina.

« Tutto bene San?» chiese la rossa, un’ombra della rabbia che cercava di eliminare, il pugnale di sangue che svaniva nel nulla.
La bimba annuì, i capelli che si muovevano come onde.

Nel frattempo Ren, che aveva disposto tutte le tazze sul tavolo, si sedette a gambe incrociate, socchiudendo appena gli occhi, completamente concentrato.

In quella stanza aleggiavano vibrazioni negative, che lui faticava a controllare.
«Stiamo alterando tutta l’energia insita nel tempio. Per favore, controllate i vostri pensieri ».

Tom sospirò, in sincrono con Crystal entrambi si mossero per favorire il lavoro del monaco.
«Il cibo è nel frigo, prendi tutto ciò che vuoi » disse Ren, prendendo una tazza fra le mani « Tom, vedi se riesci ad aiutarlo…».

I due annuirono, ancora una volta in contemporanea, svanendo.
«Sei il loro papà?» chiese a quel punto San, cogliendo l’attenzione del bonzo.
Goito trattenne un sorriso e scosse il capo, lasciandosi andare con un sospiro.

Ren rigirò la tazza che aveva fra le mani, sorridendo alla bambina con attenta disponibilità: « No, solo che a volte bisogna saperli riprendere » spiegò educato, invitando la bimba a sedersi a tavola con un cenno del capo.

« Bevete, altrimenti si raffredda » concluse poi,lanciando un’occhiata accorta ai due che giravano in cucina.

« Sì…Scusi…» disse rispettosa San, sentendo in quell’uomo un’aura simile a quella del Maestro di Corte di Amestris: ricca di spirito e di saggezza.

La rossa si alzò, andando a prendersi una tazza, per poi posarsi al muro, dietro alla bambina. Guardava di sottecchi il bonzo, leggermente divertita: « Ti distingui molto tra i monaci di questo tempio?» chiese con aria sardonica, sorseggiando il suo tè.

Ren spostò lo sguardo sulla ragazza, studiando i suoi occhi con accortezza «Non direi» rispose semplicemente, accarezzando la tazza con cui tentava di scaldare le proprie mani «Solo le mie origini sono diverse da quelle di molti altri» concluse, mantenendo salda la sua concentrazione.

Osservò Crystal dileguarsi, Tom che si adombrava in disparte.
Presto sarebbe giunto il momento del confronto.

« Non sono le origini che fanno di un uomo ciò che è…» disse d’improvviso Goito, rompendo quel silenzio carico di tensione. Posò una mano su una spalla di San e le si sedette di fianco: « Come un principe non è quello che è per nascita e un legame fraterno non è un vincolo indissolubile…Piccolo Tom…» precisò tranquilla, sorridendo. Era più forte di lei. Certe volte non riusciva a nascondere la sua vera indole.

« Ciò che dici è vero » confermò Ren, scrutando la reazione di Tom che si irrigidì all’istante, incrociando le braccia al petto, gli occhi scuri.

« Ma è vero anche che il nostro punto di partenza influirà su ciò che diverremo in seguito. E’ stato Crystal ad insegnarmelo» ribadì iniziando a bere il suo the con calma insondabile.

La giovane si bloccò un attimo, corrucciando lo sguardo: « Cambiamo argomento ora…» chiese, un tono amaro nella voce che stupì San.

Il bonzo finì di sorseggiare dalla sua tazza fissando per un breve istante ciò che rimaneva nel fondo di essa « Chiedi ciò perché, in realtà, altro non sei che un’emanazione?».

Spostò lo sguardo sulla rossa, posando la tazza sul tavolo mentre lei annuiva.

Sorrise.

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