Capitolo 7

«Signora mi ha seguito?» domandò Crystal, lo sguardo languido, la carnagione più pallida del solito.

Due mani si sfregarono nervosamente, per poi adagiarsi ai fianchi del loro padrone: « Mi avvalgo della possibilità di non rispondere. » decretò Sivade con tono piatto e assente, gli occhi fissi su quelli del suo interlocutore.

Crystal sorrise, la schiena posata al petto di Tom che lo stringeva a sé « Dovrò pur essere messo a corrente se il Signorino ha deciso di pedinarmi finché morte non ci separi. » disse gongolante, sostenendo il suo sguardo con assoluta indifferenza.

Sivade chiuse per un attimo gli occhi, sentendo la pressione che San imponeva sul suo braccio. Quel calore che gli trasmetteva dava forza a sufficienza.

Sospirò « So bene che non sarei gradito alla vostra presenza neppure per un secondo di più, ma ho preferito arrischiarmi lo stesso e pormi al vostro cinereo cospetto. » commentò vacuo, stanco dei giochetti attuati dal moro stante davanti a lui.

Crystal sospirò a sua volta, chiudendo gli occhi, abbandonato completamente contro il corpo del fratello. Fece un breve gesto, invitando il mago a sedersi al loro fianco
« Come desidera », terminò allora baciando il collo di Tom che s’irrigidì all’istante.

Lo sguardo di Sivade si fece sottile e annoiato, quasi strafottente « Smettila di darmi del lei. » sbottò, sedendosi a qualche metro da quei due, invitando San sulle sue ginocchia.
Crystal si voltò, guardandolo di sbieco:
« Io non vi ho permesso di smettere. » disse seccamente, prima di tornare a lambire la pelle del fratello con le sue labbra
« E non intendo mancarle di rispetto…», sibilò trattenendosi dal mordere quella carne tenera e palpitante.

San guardava la scena in disparte, dietro il fratello, lo sguardo leggermente preoccupato. Anche se avevano viaggiato a lungo per arrivare sin lì, anche se Sivade era caduto a terra più volte, senza che lei riuscisse a comprenderne il motivo, ora quei due giocavano a provocarsi, rendendo tutto più difficile.

Perché Sivade non diceva quello che aveva detto a lei? Forse, così facendo lui e Crystal sarebbero tornati amici. Notò che il fratello la stava guardando, cercando probabilmente di capire che le passasse per la testa, quando la bimba prese una decisione.

« Crystal, Sivade voleva venire da te a tutti i costi. Ha fatto decine d’incantesimi d’inseguimento per avere la strada giusta e per giunta… » una mano sulla bocca, e le fu impedito di parlare.
« Zitta. » ringhiò il mago, guardandola con severità.

Crystal scoppiò a ridere, una risata liberatoria e alquanto provocante
« Mi dispiace avervi affaticato in questa maniera! » esclamò mentre Tom affondò una mano ai suoi capelli per spingerselo più contro.

Il moro lo guardò per un breve istante, prima di tornare a fissare Sivade, i canini affilati in bella mostra.

La risata divenne un impreciso suono gutturale, proprio mentre affondava le zanne nella carne tenera del fratello che socchiuse gli occhi sospirando soddisfatto.
Sivade coprì gli occhi di San con un breve respiro, prima di prenderla in braccio e allontanarsi di qualche passo « Non è il caso di far vedere certe cose alla mia sorellina. Forse è il caso che io sparisca davvero. » disse con voce nuovamente tranquilla, come se la repulsione, che dentro provava, non fosse altro che un fastidioso ronzio nelle orecchie.

Un ronzio che Sivade aveva già udito in precedenza, nel campo di battaglia, quando una persona a lui cara gli aveva voltato le spalle, portandosi dalla parte del nemico, decretando il destino della milizie di Amestris.

Ed in quel momento, dove Crystal rivelava noncurante la sua identità di vampiro, l’unica cosa che colpì Sivade non fu il pericolo che il giovane costituiva, piuttosto la consapevolezza che gli era stata nascosta la verità.

Nuovamente, il sentore del tradimento avvolse le membra del mago dai capelli corvini, trascinandolo nell’abisso dell’incertezza e della paura.

Lasciò cadere San a terra, finendole accanto qualche istante dopo, del tutto privo di conoscenza. Solo gli occhi, aperti, sembravano asserire che non era del tutto svenuto.

Ma erano del tutto vuoti, velati come quando era cieco. Sembrava un essere in fin di vita, che non riusciva ad accettare ciò che lo circondava. La bimba dai capelli neri rimase terrorizzata a vederlo, fissando Crystal boccheggiante.
Il vampiro, nonostante tutto, continuò devotamente a bere dal collo del fratello finché non si sentì, per così dire, sazio.

La sua sete era eterna, mai avrebbe potuto porvi rimedio, se non con la morte di un qualche innocente di passaggio...Che lo avrebbe dissetato non per più di due giorni consecutivi.

Solo quando sentì le membra di Tom abbandonarsi contro di lui, si allontanò, posandolo contro un tronco d’albero lì vicino, con cautela. Poi, con un esile mano adornata da un anello d’acciaio, si avvicinò a Sivade, noncurante della reazione che la piccola San avrebbe potuto avere con un sospiro prese il giovane fra le sue braccia di marmo, osservandolo con sguardo vacuo.

Non aveva idea di dove portarlo per porre rimedio a quella morte apparente; ma qualcosa doveva pur fare. Con la coda dell’occhio, controllò nuovamente il fratello tornato ad essere quella clessidra che a lungo lo aveva accompagnato nelle sue missioni…E, improvvisamente, seppe dove portarlo.

Il senso di vuoto, l’apparente volontà di reagire, in quel frangente erano le uniche cose che appagavano Sivade. Nulla più dell’oblio poteva restituirgli la sicurezza di vivere una vita che, nelle sue parvenze, fosse definibile normale.

Il mago si sentiva stanco, stanco di tutto ciò che lo circondava e che voleva riempirlo.
Aveva provato a riporre fiducia su Crystal, ma anche il ragazzo non si era dimostrato…Come Sivade avrebbe voluto che fosse.

« Ti prego… » si lasciò sfuggire, mentre sentiva il gelo avvolgerlo nuovamente in un abbraccio.

Un sussurro che la piccola San non riuscì a cogliere, al contrario di un ombra rossastra dietro il folto degli alberi. Goito scosse il capo, una mano che le copriva la fronte, ed un attimo dopo era nuovamente svanita.

Il vampiro fece atto di non sentir nulla, la mente lontana dal voler curarsi di altri.
« Ti porto in un luogo dove saprai riprenderti… » disse sottovoce a Sivade, come a non voler spezzare quel silenzio che regnava in quel recondito angolo di mondo.

Gli stava dando nuovamente del tu, dimentico di tutto quello che era successo fino a pochi minuti prima, troppo intenti a provocarsi a causa dell’orgoglio che li soggiogava a suo piacimento.
Le mani dell’altro si strinsero debolmente al petto di lui, in segno di debole assenso. Incapaci di spingersi più in là.

Ed era come se San stesse guardando qualcosa di prezioso, una cosa che nessuno avrebbe dovuto vedere.

Eppure lei era lì, unica testimone di…Qualcosa, qualcosa di così carezzevole che sembrava sul punto di svanire in una folata di vento.
Non come la prima volta che Crystal aveva preso in braccio Sivade.

Il moro respirò a fondo, trattenendo quel sentore di perdizione e colpa che rinchiuse in sé stesso un peso in più da addossarsi.
La clessidra volò verso di lui, mentre s’incamminava verso un tempio di sua conoscenza.
Un tempio dove per un lungo periodo aveva cercato quella pace che, con così tanta facilità, era riuscito a perdere.

Sospirò...Dopotutto la sua anima era dannata, nulla ci si doveva aspettare da lui.
E la bimba dai capelli neri lo seguiva, a pochi passi di distanza, guardando con occhi persi quei due, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Un fuoco nel profondo del suo animo stava avvampando, piano piano, imbarazzato.

Quei due le stavano trasmettendo…calore.

Sivade stesso sembrava assumere le forme di un esile figura tra quelle braccia che lo stringevano con sicurezza. O forse era solo un’impressione erronea, San non poteva saperlo. Alla fine, non l’avrebbe mai saputo.

Il viaggio non sarebbe stato molto lungo, ma sapeva che avrebbe faticato a resistere.

Trasportare quel corpo così caldo, lo faceva desiderare di tornare a vivere.
Sentire quel tepore fra le sue braccia insensibili al dolore, lo faceva sentire perduto.
Vederlo debole, stretto a lui, lo faceva sentire un verme, la cui esistenza inutile si prolungava oltre la morte, un luogo di pace eterna con una propria volontà.

Un volere che aveva voluto castigarlo offrendogli una seconda possibilità.
Protese una mano, accarezzando il viso di Sivade prudentemente.
Ma il ragazzo non era lì, in quel momento. Non con la mente.

Era dove tutto era iniziato, in un palazzo di cristallo dalle volte a crociera, simile ad una cattedrale gotica dei tempi d’oro di Amestris.

Un luogo che Sivade odiava dal profondo, e al contempo voleva tener caro a tutti i costi nei suoi ricordi.

La sua casa…

Sentiva il desiderio di ritornarvi, ben conscio che l’accoglienza non sarebbe stata delle migliori, come ogniqualvolta assecondava quel capriccio stupido e infantile.

Reclinò il capo, posandolo al petto di Crystal con un sospiro, trovandovi ristoro.

Si chiese, d’improvviso più lucido, se tutto quello che il moro stesse facendo per lui fosse eticamente corretto. Non avrebbe dovuto sprecare il suo tempo per un mago fallito. Non avevano accordi tra loro, indi per cui Crystal poteva lasciar perdere.

Quello finì per sospirare una seconda volta.

Per “vivere” non gli era necessario respirare, ma era un abitudine che non riusciva a dimenticare.

Spostò lo sguardo da Sivade, al sentiero davanti a loro, attento ad evitare quei raggi di sole che filtravano dai rami della boscaglia.

Di fatto, la costante allerta, lo faceva sentire affaticato: il sole era suo nemico perenne che lo opprimeva.
Assottigliò gli occhi, mentre il numero di alberi iniziava a diminuire.
Avrebbero dovuto fermarsi in quel luogo almeno fino al tramonto.

«Perdonami… » disse allora, crollando in ginocchio, tenendolo ben saldo a lui.

Dietro, San sussultò violentemente, correndo in loro soccorso: « Tutto bene? Cosa posso fare? » chiese agitata, guardando prima il viso di Crystal, poi quello del fratello, cercando di mantenere un minimo di calma.

Tom riapparve in quello stesso istante, l’aria evidentemente seccata a causa dell’intera situazione in cui Crystal si trovava:

« Non sai che le creature della notte non possono vedere la luce? » sibilò mentre il moro si voltò a guardarlo esasperato.

La bimba portò di scatto le mani al petto terrorizzata, mentre dietro di lei appariva Goito, i capelli rosso sangue che sembravano aver vita propria, grazie ai mille raggi di sole che penetravano le fronde degli alberi.

« Non sai che lei ha solo sette anni? » chiese gelida, le mani conserte.

« Non ti preoccupare ragazzina, la istruirò per bene. Vuoi unirti alle lezioni? » ghignò, avvicinandosi al fratello per coprirlo dalla luce che,fiocamente, lo colpiva.

Lei lo fulminò con lo sguardo, chinandosi su San con espressione del tutto differente. Gentile oltre ogni dire, quasi materna: « Vedrai che quello sgorbio saprà che fare…In teoria ha un cervello, ok? » la rassicurò, prendendola per le spalle e baciandole il capo.

San rimase un po’ perplessa, non conoscendo quella ragazza se non di vista. L’aveva incontrata solo molto tempo prima, o almeno così ricordava.

Tom si contorse « Uuh!! Crys, hai sentito?? Ho un cervello! ».
Il moro non rispose, posando il capo a quello di Sivade. Al che il fratello ritornò serio, spostandolo in corrispondenza di un luogo all’ombra grazie ai suoi poteri innati.

La rossa lasciò che San corresse al fianco dei due, mentre lei incrociava le braccia al petto e si posava ad un albero morto. Guardava il vampiro abbracciare il mago senza dire nulla, cercando dentro di sé un modo per impedire quel che stava accadendo.

« Chissà che il maghetto si prodighi a riprendersi in fretta… » commentò con voce pacata, tutta la sua attenzione rivolta al fratello.

Nervosamente, si portò le mani in tasca, tradendo la paura che sentiva crescere in lui con forza dirompente.

Avrebbe finito per perderlo...Lo sapeva.

Goito soffermò lo sguardo su di lui e trattenne un eccesso di risa, portando una mano alla bocca: « Il tuo sangue trema come una foglia secca in procinto di staccarsi dal suo albero. » commentò sarcastica, chiudendo gli occhi leggermente. « Ti conviene solo aspettare…»

Tom non la stette nemmeno a sentire, andando a posare la schiena allo stesso tronco su cui si reggeva Crystal, nascondendosi alla vista di tutti.

Alzò lo sguardo al cielo, pregando la notte di giungere in fretta.

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