Capitolo 15

Il buio era ormai sopraggiunto, dietro le bianche coltri del cielo.

Mentre la luna salutava il sole svanire all'orizzonte, Sivade si massaggiò il collo, cercando di risvegliare le membra.
Abbassò lo sguardo sul giovane che l'aveva abbracciato, notando che non sembrava essersi ancora ripreso.

«Crystal...È tardi...» gli sussurrò gentile, posando una mano sul suo capo.
Il vampiro sembrò muovere leggermente la testa verso quel ragazzo che aveva, improvvisamente, stretto a sé: non aveva riflettuto, si era semplicemente lasciato andare ai sentimenti, abbandonando gli istinti che l'avevano travolto poco prima.

«Tu dici..?» sussurrò, nascondendo il tremore che aveva nella voce, dovuto alla vergogna che provava verso sé stesso. «Il tempo è galantuomo, saprà aspettare...» aggiunse a stento.

Sivade ridacchiò, dandogli dei leggeri colpetti sulla testa
« Stai dando di testa, vampiretto!» esclamò, sentendosi leggermente sollevato.

Non sarebbe riuscito ad affrontare un eventuale crollo del ragazzo. Un po' per un sentore d'inadeguatezza, un po' per timore.
Arrossì lievemente, senza riuscire a fermare il calore che gli salì rapido alle guance. Abbracciato a Crystal
«Mannaggia.» brontolò.

Il moro dalla carnagione perlacea percepì un flebile flusso caldo percorrere il corpo di Sivade e sospirò, nascondendo il viso nell'incavo del collo del giovane.

Non accennò nulla a riguardo.
Poteva allontanarlo se voleva...Poteva fare di lui ciò che desiderava...
Tutto questo a Crystal non importava ora.

Ciò non aiutò l'altro: il rossore si propagò su tutto il viso, senza risparmiare nemmeno le orecchie. Nonostante Sivade cercasse di nasconderlo più a sé stesso che al ragazzo, restare solo con Crystal lo ricolmava di smarrimento.

Il vampiro accarezzò la di lui schiena con dita agili e flessuose, inspirando il profumo che Sivade emanava, gli occhi serrati.

Finì per posare entrambe le pallide mani sugli esili fianchi dell'altro ragazzo, respirando pesantemente, quasi affranto dal doversi allontanare.
Lo scostò leggermente, riaprendo debolmente gli occhi.

Trovò quasi subito lo sguardo dell'altro, che lo guardava con un moto di sconforto via via crescente.

Per alcuni momenti, il desiderio di rimanere stretto al vampiro aveva dominato ogni altra ragione. Come se la sua indole nascosta, subdola e smaniosa di manifestarsi, l'avesse convinto a cedere per un lungo momento alla debolezza manifestata da Crystal.
Tuttavia il vampiro arretrò completamente, allontanando le gelide mani dal corpo di lui, stringendole con forza e rabbia maggiore.

Non sarebbe riuscito a perdonarsi per ciò che aveva fatto poco prima, ed ora sentiva come "faticoso" sostenere lo sguardo del mago.

Socchiuse gli occhi voltando appena il capo, la foresta che ululava attorno a loro.

Come perdonare la sete che aveva dimostrato di non riuscire a controllare a discapito d'altri?

Sivade, seduto a guardare il cielo, non ascoltava nulla. Né il vento, né la foresta che intimava di allontanarsi. Contemplava la luce scemare dietro la linea delle montagne, come fumo dissolto dal vento.

Distrarre la mente era la sua unica via d'uscita.

La confusione, l'imbarazzo, l'incertezza: tutto poteva essere annullato, concentrando altrove i pensieri che lo stavano ricolmando. Sorrise mestamente. Si era di nuovo creato il silenzio tra loro.

«Vogliamo andare?» sussurrò soltanto il vampiro, rimettendosi in piedi.

Forse Sivade nemmeno l'aveva sentito, ma ciò non aveva importanza poiché si decise ad allungare una mano verso di lui in una cortese proposta d'aiuto.
Badò bene a non incrociare gli occhi del ragazzo, il respiro lento ed incalzante.
Ciononostante la mano del mago lo raggiunse quasi subito, dopo un attimo d'esitazione. Strinse le pallide dita di Crystal, alzandosi con gesto stanco.

Il vampiro finì per attirarlo nuovamente a sé, il tremito delle mani sempre maggiore, la forza delle sue braccia che non dava spazio necessario a Sivade per allontanarsi da lui. Affondò il viso sulla spalla del ragazzo, lasciandosi sfuggire un gemito di evidente frustrazione, il respiro mozzo.

Il mago sospirò, accogliendolo tra le braccia. Non sapeva che altro fare, vedendolo in quello stato. Indeciso per un istante, deglutì pesantemente prima di baciargli una tempia, sentendosi andare letteralmente a fuoco.

Vergogna, vergogna e ancora vergogna.
Non riusciva a pensare altro, mentre sentiva il freddo della pelle di Crystal.

Questi posò le labbra di ghiaccio sul collo del ragazzo dalla pelle dorata, muovendo leggermente la bocca sino a comporre una frase a senso compiuto, più o meno:

«Caldo?» sorrise debole.
Sivade grugnì appena, trattenendo una risata amara
« Colpa tua.» rispose, stringendolo con maggior vigore, la sensazione delle labbra di lui che lo facevano rabbrividire senza motivo valido.
«Mmh...».

Crystal staccò le labbra dal collo del giovane per poi posarle sulla sua guancia rosea, vicino all'angolo della bocca di Sivade, le mani che gli sfioravano la schiena con lentezza. Richiuse gli occhi assaporando quel breve attimo. Non rendendosi conto dello stupore completo dipinto sul volto dell'altro.

Sivade si sentiva percorrere da uno strano flusso d'energia, misto ad un'agitazione interiore che lo portò a fare una cosa di cui si sarebbe pentito un attimo dopo, e senza nemmeno accorgersene i loro due respiri s'incontrarono.

Quando Crystal allontanò le labbra da quelle dell'altro ragazzo, si decise a riaprire gli occhi con disinvoltura, abbandonando le braccia lungo ai fianchi aspettando la reazione di Sivade, pronto al peggio.

Respirò profondamente, gli occhi che fissavano il fogliame a terra non sapendo che dire o che fare...

«Ti devo portare dalla mia maestra, se non ti dispiace.» mormorò il mago all'improvviso, interrompendo quell'imbarazzante silenzio.

Una mano ora in tasca, l'altra che afferrò nervosamente il vampiro per trascinarselo dietro, senza riuscire ad aprir bocca.

Era tutto troppo strano, troppo assurdo.
Crystal non poteva saperlo. Oppure sì?
No. Non lo poteva sapere, ne era sicuro.

L'altro lo assecondò senza aprir bocca, gli occhi celesti che altro non facevano se non fissare vacui la schiena di Sivade, confuso lui stesso dal comportamento che aveva tenuto nei suoi confronti.

Abbozzò un leggero sorriso: «Come mai desidera tenere una conversazione con il sottoscritto?» chiese cercando di non rimuginare su cose che ormai aveva fatto, le cui conseguenze si stavano riversando su di lui come un fiume in piena.

Il mago scrollò le spalle, chiudendo gli occhi per un attimo, prendendo un sentiero sterrato tra gli alberi. Sollevò il capo al manto stellato che ormai li circondava e mormorò qualche parola indistinta, mentre alcuni bagliori illuminavano loro la via.

« Madama Ixal trova interessante l'idea di poterti conoscere, credo.» rispose tranquillo, almeno in apparenza.

«Va bene allora portami da lei».

Sivade sospirò pesantemente, poco incline alla cosa.

Si fermò, i bagliori che andarono a circondarli con rapidità mentre si voltava ad affrontare Crystal. Cercando immediatamente gli occhi zaffiro di lui che, prontamente, lo scansarono, guardando da tutt'altra parte.

«Muoviti» lo incitò seccato l'altro.
« Volevo solo dirti di stare attento...» disse il mago, lasciandolo andare per incamminarsi da solo tra quelle pallide luci.
Aveva deciso di far finta di niente. Così tutto sarebbe stato più facile o almeno... così sperava.

Il vampiro dagli occhi color turchese tirò un lungo sospiro ma non di sollievo.
Entrambe le mani nascoste nelle tasche dei jeans di pelle che indossava, s'avviò, seguendo con passo scapestrato.

In fin dei conti non poteva fare altro.

Fu con quel pensiero che si lasciò immergere dalle luci richiamate dal giovane Sivade.

Luci che ricordavano vagamente i raggi del sole, ma erano così tenui che il loro fioco bagliore illuminava a malapena la strada che stavano percorrendo.

Talvolta, si poteva scorgere un guizzo variopinto al centro di queste, mano a mano che il loro evocatore faceva strada.

Ogni filo d'erba, così come ogni ramo, sembrava vagamente attirato da quei piccoli soli, da quelle due figure che camminavano in mezzo a loro. Dietro i cespugli, gli abitanti della foresta spiavano intimoriti ed incantati quell'insolito passaggio. Tutti, nella notte, sapevano che c'era qualcuno di estraneo in mezzo a loro.

Sivade sentiva la loro agitazione nel frusciare delle foglie, nella brezza notturna che portava silenziosi messaggi, negli scricchiolii frammentati che si potevano udire di lontano. Sorrise, incantato dall'interesse della natura.

Per un attimo, si pentì di non aver prestato attenzione a ciò che lo circondava. Alzò il cielo, ed incontrò l'argenteo bagliore della luna.

Di colpo, s'incupì, rallentando il passo. Un viottolo acciottolato che prese spazio davanti a loro.

Crystal altro non fece se non proseguire lungo quel breve sentiero precedendo Sivade di poco. Non era tempo di titubare o lasciarsi andare ai ricordi o ai timori: se ve n'erano, quello era il momento giusto per lasciarli andare o affrontarli.

Calciò un sasso a terra osservando con completo disinteresse la traiettoria da lui presa. Con tristezza, si ritrovò ad ammettere la monotonia della vita:

indugiare e rimanere con l'amaro in bocca, attaccare e ritrovarsi nel dubbio o lasciar scorrere per poi ritrovarsi a riflettere su ciò che sarebbe potuto succedere.

Tutto ciò era davvero frustrante.
Calciò un altro sasso.
A quel punto, sentì qualcosa colpirgli il piede da dietro: Sivade, inconsciamente o meno, l'aveva imitato con un gesto quasi automatico.

Alzò un sopracciglio scuotendo leggermente il capo prima di riprendere a camminare verso un trascurabile cancello in ottone.

L'osservò con irrisoria attenzione: sembrava abbandonato a sé stesso, l'edera che cresceva coprendolo in buona parte. Di là di questo poteva vedere una casa modica, apparentemente abbandonata da anni, con le imposte che dondolavano lentamente al soffio del vento, i vetri rotti e incupiti dalla polvere e dalle intemperie.

In poche parole, tutto quel luogo appariva, fuorché la casa di una signora.

Eppure Sivade fissava il cancello con un'espressione tanto annebbiata quanto scocciata, le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni.

«Vogliamo entrare?» si ritrovò a chiedere Crystal per forza di cose.

Di certo non poteva fare irruzione in casa...O meglio, in quella baracca in cui presumeva esserci questa famosa "maestra" che tanto desiderava incontrarlo.

Si passò una mano ai capelli, pensieroso: chiunque fosse quella donna, poteva almeno sprecarsi di invitarlo in un ostello.

Nel mentre, Sivade si era arrotolato ai gomiti le maniche della maglia che indossava, sputando su entrambe le palme aperte delle mani.

Chiudendo gli occhi, il mago posò le mani alla base del cancello con gesto aggraziato, tradendo una sorta di nervosismo alla mano destra, vicino al piede di Crystal. Dopo aver preso un lungo respiro, lasciò fluire il suo potere tutto attorno al perimetro della proprietà, ridandole il suo vero aspetto, molto più accogliente e sontuoso di quello apparente.

« Sei invitato ad entrare, signorino Crystal. » bofonchiò rialzandosi stancamente. L'acqua delle fontane si faceva sentire, allegra e briosa come una sorgente di montagna, mentre il cancello s'apriva senza alcun rumore, verso l'interno.

Il vampiro si esibì in un profondo inchino, tutto rivolto a Sivade, prima di entrare con la sua consueta classe nel giardino che gli si stagliava davanti.

«Il luogo mi è già più consono» commentò tradendo un non so che di sadico, le labbra stranamente incurvate in un sorriso carico d'eloquenza mentre percepiva chiaramente il nervosismo del gemello nascosto sotto la sua giacca.

Qualcosa lo infastidiva.
Si passò un dito sulle labbra sorridendo maggiormente.
Si sentiva veramente...Bastardo.

Dietro di lui, Sivade gli faceva il verso: faceva finta di avere una gonna che non avrebbe mai portato, le labbra unite come per mandare un sonoro bacio bavoso. Tra i due, odiava essere quello consapevole di cosa stavano andando incontro. Si sentiva confuso, perché non gli era ben chiaro lo scopo di Ixal.

L'unica soluzione che gli restava era sdrammatizzare la cosa. Null'altro.

In quel momento, Crystal bussò alla porta, facendo finta di non aver sentito i versi di Sivade. Dopotutto moccioso era e lo sarebbe sempre stato se messo in confronto a lui. Ghignò, in attesa che qualcuno venisse ad aprire.

Non era educazione far attendere gli ospiti.

Fu subito in seguito a quel pensiero che la porta si aprì lentamente, lasciando far capolino al viso pallido di San. La piccola, vedendo il fratello, gli si gettò tra le braccia, lasciando che fosse Goito ad aprire del tutto la porta.

Le due sembravano appena uscite da due film di generi completamente opposti: un film dai toni sdolcinati la più giovane, e dai toni piccanti la più longeva. Quest'ultima, in particolare, era vestita per così dire, tanto leggero era il completo che indossava.

« Che peccato, non c'è il piccoletto?» notò, prima di svanire dietro all'uscio, lasciando libera l'entrata.

San, sconcertata, corse via urlando il nome della rossa, seguito da Tom che compariva al suo fianco con un abbozzo di sorriso sulle labbra rosee.

Sivade ignorò entrambi, andando a sedere sull'unica poltrona in velluto presente nella stanza, anch'essa rigorosamente in nero come tutte le altre.

Fu in quel momento che apparve Ixal dalla porta dietro di lui, un abito in seta nera che le lasciava scoperto l'abbondante seno. Un sorriso palesemente falso sul volto incipriato, andò a sedersi su una delle poltrone in pelle, lasciando libere quelle accanto a lei, isolando Sivade.

« Sedete, gentili ed incantevoli ospiti, prego.» accennò la donna, indicando le due poltrone al suo fianco.

Con un grosso sospiro Crystal si avvicinò alla donna, inginocchiandosi con innato stile davanti a lei
«La ringrazio per l'invito, mia Signora...» sussurrò prendendole una mano e baciandola mentre la fissava negli occhi con ricercatezza.

Ixal, ridendo gaia, congedò con un gesto vago Crystal permettendogli di rialzarsi, guardando Sivade che aveva una mano davanti agli occhi.

« Sivade, il tuo uomo è così...» mugolò appena «Piacente...» guardò Crystal con un sospiro. «Povera me, lui ti prenderà, e io dovrò ammettere d'invidiarti tanto che potrei ucciderti!»

Il giovane si passò la stessa mano, che aveva prima sugli occhi, sul collo, guardando Crystal con aria disinteressata. Un comportamento del tutto menefreghista:
« Fanne ciò che vuoi, mia maestra, se questo è in tuo potere. D'altronde, egli non è e mai sarà mio milady...» disse annoiato, accennando a Tom con la testa.

« Io non appartengo a nessuno, se non a me stesso» rispose prontamente il vampiro in una risposta dalle parole tanto decise quanto dette con palese gentilezza. Rivolse un sorriso ad Ixal, esibendosi in un teatrale inchino prima di prendere posto sulla poltrona al fianco della signora, accavallando le gambe fasciate dai jeans di pelle che ancora calzava.

«Cosa ne pensate voi dei miei cesti di frutta?» chiese vaga.
Il vampiro trattenne il fiato un millesimo di secondo in più, continuando a mantenere la sua aria composta e compiacente.

Spostò lo sguardo sulla cesta di frutta «Hanno uno stile...Ricercato...» rispose soltanto, continuando a sorriderle accondiscendente.

«Altroché...Devono essere succosi.» aggiunse Tom fissando un punto imprecisato dietro alla donna.

A quelle parole, saturo di simili discorsi, Sivade si alzò in piedi.
I cesti di frutta sparirono con un rumore sordo.

Ixal si trovò coperta sul davanti da uno scialle il raso, che accettò garbatamente sorridendo al suo allievo.

Tra i due ci fu un breve scambio di sguardi, indecifrabile agli altri presenti.
Fin troppo eloquente tra i due.
Dopo qualche secondo, Ixal sorrise mesta: « Non resti?» gli chiese.

L'altro la guardò con un sorriso tirato sulle labbra:
« Necessito di prendere dell'aria fresca, se ciò non turba le vostre stanche membra. Sono certo che non direte nulla che vada a mio discapito, durante la mia momentanea assenza...»

La donna rise rocamente, una mano davanti alla bocca: « Sivade, sembra quasi tu non voglia vederlo con me!»

Lo sguardo di questi s'incupì tremendamente. Di quali sentimenti, era difficile a dirlo: « Io non ho simili pretese, milady. Buon proseguimento.»

Detto ciò, il ragazzo passò di fianco a Crystal, per poi svanire su per le scale in marmo bianco. Il rumore dei passi che andò via via affievolendosi.

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