π·πππππ "πΜ π πππ π’π πππππππ ππ©π π©π πππππ π π"
L'indomani viene a prendermi lei, la aspetto sotto casa camminando avanti e dietro come se fosse la prima volta che dovessi incontrarla.
Sono agitato, mi sudano le mani, non accendo sigarette perchΓ© non voglio puzzare dovendo stare con il piccolo, altrimenti mi sarei finito un pacchetto.
La vedo arrivare, frena accanto a me, così faccio il giro dell'auto e mi siedo al posto del passeggero.
"Dorme." Mi sussurra, così butto un'occhiata indietro e vedo Daniele dormire nella sua sediolina. "In macchina lo fa sempre." Sorride e afferra il volante.
"Dove vuoi andare?" Mi chiede.
"Prendiamo ciambelle e cappuccino e ce ne andiamo in spiaggia?" Propongo sorridente.
Annuisce e mette in moto, ricambia il sorriso e
presta poi attenzione alla strada.
"Hai detto alla tua ragazza di Daniele?" Chiede senza nemmeno guardarmi.
Butto giΓΉ la testa, non voglio pensare a Sara in questo momento.
"Non glielo hai detto." Increspa la fronte.
"Lo farΓ²." Alzo le mani.
"Lauro, quanto prima. Non mi va che tu ci debba incontrare di nascosto, Γ¨ una mancanza di rispetto nei suoi confronti." Spiega la sua posizione.
"Perché ti preme così tanto?" Le chiedo fissandola.
"Avrei voluto ragionasse come me anche la ragazza con la quale ti stringevi a New York." Quasi me lo sussurra come se me lo stesse confidando. "Ecco il bar, vai." Parcheggia e mi fa segno di andare.
Ritorno in macchina una volta prese le cose, ho lasciato Morena quasi imbronciata ma la ritrovo con un sorriso.
Sforzato, certo, ma pur sempre un sorriso.
"Ecco qua." Dico e mi sento quasi in imbarazzo, lei ha ragione, ma io non riesco a fare a meno di passare del tempo insieme, per questo non riesco a dirlo a Sara.
"Non ti voglio rovinare la giornata, promesso, mi farΓ² gli affari miei." Alza le mani in segno di resa e rimette in moto.
Io me ne resto zitto a pensare a quanto Γ¨ donna questa donna, a quanto Γ¨ immensa, a quanto Γ¨ troppo.
Sei troppo per me, Morè, mi sono illuso di meritarti, di poterti avere e tenere per sempre ma mi rendo conto che sono il nulla cosmico in confronto alla tua anima.
Arriviamo in spiaggia, Morena afferra la sediolina con dentro Daniele che ancora dorme.
"Posso?" Le chiedo di portarla al posto suo, così me la porge.
Ci sistemiamo sulla sabbia e prendiamo la nostra colazione.
"Quanto dorme." Dico e addento la mia ciambella.
"Γ un pacioccone, un bimbo piΓΉ buono non potevo averlo." Mi dice e sorseggia il cappuccino. "Ti somiglia." Cala il viso quasi come se quella somiglianza fosse un peso, quasi come se le urlasse la mia presenza al mondo costantemente.
"Allora nun me so impressionato? Pure io vedo che me somiglia." Mi illumino e fisso Daniele.
"No, nun te sei impressionato, me l'hanno detto tutti e l'ho visto dal primo momento che Γ¨ venuto al mondo." Spiega quasi malinconica.
"Però 'a capoccia spero che l'ha presa da me." Mi dice spettinandomi i capelli, così parto a punzecchiarla, mi fiondo su di lei e le faccio il solletico, ci facciamo i dispetti e sembriamo quegli stessi bambini che si scazzottavano giù al cortile anni fa.
Daniele si sveglia e interrompe i nostri giochi, ci ricomponiamo e Morena lo prende in braccio respirando a fatica per le risate.
"Eccolo il piccolo di mamma." Se lo sbaciucchia così Daniele se la ride beato.
Quanto te capisco, Daniè.
Pure a me, tu madre, fa questo effetto.
"Vuoi andare un po' con papΓ ?" Gli dice e me lo porge.
La sua frase mi colpisce dritto in faccia, mi scioglie e mi rade al suolo.
PapΓ , io.
Γ il mio bambino questo, io sono il suo papΓ .
E quanto sembra musica questa frase nella bocca di Morena.
Passiamo così la mattinata a giocare sulla sabbia, Daniele ci poggia i piedini, ride al contatto, si diverte e noi con lui.
Rientriamo all'ora di pranzo, Morena mi riaccompagna a casa.
"Vuoi...vuoi salire?" Le chiedo grattandomi la nuca imbarazzato.
Ride e scuote la testa. "No Lauro, vai. Fai il bravo." Mi dice sarcastica e cala il viso.
Gira la chiave, la macchina le restituisce un rumore soffocato. Così Morena spegne, attende un attimo e riprova.
Gira la chiave, il rumore è di nuovo soffocato così inizia ad agitarsi.
"Ma che hai?" Inveisce contro l'auto, scende e la apre così del fumo la avvolge.
Tossisce e si sposta.
"Cazzo." Butta indietro la testa.
"Quel fumo non promette nulla di buono." Le dico e intanto ringrazio gli Dei, qualcuno lassΓΉ mi ama e deve aver ascoltato le mie preghiere.
"Ora mi sa che devi salire per forza." Le faccio notare e sorrido, così mi colpisce il petto.
"Dai, prendi Daniele, pranzi con me e nel pomeriggio ti chiamo un meccanico, ora sono tutti in pausa pranzo." Le spiego e la vedo rassegnata.
Così prende Daniele e sale in casa con me.
Una volta dentro facciamo i conti con un incontro ravvicinato del terzo tipo con Perla.
Sgrana gli occhi non appena vede Morena.
"Signorina, tu tornata." Dice sorridente. "L'altra non mi piasceva." Sussurra a Morena che ride.
"Ciao Perla, no, Γ¨ solo un caso." Tenta di spiegare.
"Perlì, lei mangia con me oggi, non le parte l'auto. Il piccoletto è mi figlio. Sara non deve sapere niente, capito?" Le afferro il viso e le bacio una guancia.
Perla alza gli occhi al cielo e sospira.
"Che casini che fa." Fa spallucce. "Signorina, corri lontano da lui." Dice poi a Morena.
"Quanto sei saggia, Perlina." Morena la appoggia.
"Ci prepari il pranzo, per favore, Perla di saggezza?" Dico sbuffando.
"Subito, padrone." Perla mi prende nuovamente in giro e scompare dietro la porta.
Intanto Daniele stremato dalla mattinata crolla addormentato tra le braccia di Morena che lo sistema nel suo passeggino.
"Devo ringraziare la tipa di New York." Riecco che Morena ritorna a punzecchiarmi. "Grazie a lei non mi ritrovo io ora piena di segreti da scoprire." Sospira.
"Smettila, lo dirΓ² a Sara." Dico a denti stretti.
Morena alza le mani. "Fatti vostri."
"E poi Γ¨ colpa tua, perchΓ© non sei rimasta a Londra?" Le urlo contro.
"Come? Quindi riesci ad essere fedele ad una donna solo se non ci sono io nei paraggi?" Ride sarcastica.
"Io non sto tradendo Sara." Le faccio notare anche se nella mia testa io e Morena abbiamo scopato giΓ 3/4 volte.
"Non dirle le cose Γ¨ comunque tradire la sua fiducia. Ma sai che c'Γ¨? Non sono affari miei, sei tu che sei venuto a cercarmi, non voglio prendermi anche colpe che non ho." Si agita e va verso il passeggino, fa per prenderlo.
"Che stai facendo?"
"Me ne vado a piedi." Fa per andare verso la porta così le sbarro il cammino.
"No, tu adesso resti qui, quello è pure mio figlio e andrete via solo quando avrai l'auto e sono sicuro che non sei così agitata."
"Oh, adesso usi tuo figlio per farmi fare ciΓ² che ti pare? So camminare a piedi, sono sopravvissuta a Londra da sola e non sono agitata, quello agitato sei tu. Hai tu un problema, mica io." Mi dice con la faccia da stronza e mi scosta per andarsene.
Così non ci sto, non ragiono, a me questa donna la ragione la fa perdere.
La blocco in malo modo.
"No." Le urlo contro come un bambino capriccioso al quale stanno togliendo il giocattolo preferito.
La stringo a me e la costringo in un bacio, così si divincola, cerca di scappare alla mia presa.
"Lauro, lasciami." Urla.
Le mordo il labbro così forte da sentire il sapore del suo sangue entrarmi in bocca.
"Ma che cazzo fai, eh?" Mi spinge e si porta le mani alla bocca. "Te non sei normale."
"Tanto il nostro sangue è fuso ormai, è mischiato ed è nel corpo di nostro figlio. Saremo per sempre una cosa sola io e te, lo capisci?" Le urlo come un disperato. "Possiamo scappare, nasconderci, urlarci le peggio cose, io e te saremo per sempre io e te, Morè." Le dico stringendo i denti e i pugni.
Forse c'ha pure ragione, non sono normale se non essere normale vuol dire credere fermamente che io e lei siamo predestinati e non possiamo scappare da questa cosa.
"Riconosci legalmente il bambino e lo vedrai nei giorni stabiliti da un giudice, devi starmi lontano, tu sei tossico." Mi dice mentre ancora si tampona la ferita, prende poi Daniele, apre la porta e la sbatte con forza una volta che Γ¨ fuori.
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