4. Missione pericolosa

Il brusio delle decine di voci presenti nella stanza divenne sempre più persistente man mano che Sunshine riprendeva conoscenza. La ragazza aprì lentamente gli occhi, quasi non volesse tornare alla realtà degli avvenimenti precedenti. Si guardò intorno, vedendo quello che sembrava essere un ospedale d'emergenza costruito in fretta e furia.

Alcune assi di legno erano state impilate nel terreno per formare una recinzione e dei vestiti stracciati erano stati sistemati in modo da creare un tetto sotto cui far riparare i feriti. La "barella" su cui era stata fatta sdraiare Sunshine, era una semplice lastra legnosa sul quale era stato appoggiato un telo, ormai impolverato a causa del via vai di coloro che si occupavano dei feriti. Non sapeva chi l'avesse portata o da quanto tempo si trovasse lì ma non aveva intenzione di rimanerci ancora per molto. Si alzò di scatto per lasciare il posto libero e prese da terra la sua borsa, controllando che ci fossero ancora i suoi effetti personali. I frutti di bosco che aveva raccolto erano ormai ridotti in poltiglia e avevano ricoperto di succo scuro il blocco di appunti, rendendolo illeggibile. «Non potrò più darle alla nonna...» sussurrò a bassa voce, prendendo i resti delle bacche fra le sue mani.

Il ricordo della brutale morte di sua nonna si fece vivido in lei e, mischiato alla puzza del sangue marcescente, le fece mancare il fiato, trattenendosi con difficoltà dal vomitare.

"E ora cosa farò senza di te?" Non aveva la risposta, sapeva solo che doveva allontanarsi da quel luogo così pieno di dolore. Nemmeno i bambini erano stati risparmiati alla furia omicida dei nemici e molti di essi giacevano sulle brandine con le ali spezzate.

I loro pianti erano strazianti ma non c'era nessuno che potesse aiutarli a sopprimere il dolore. Qualche unicorno si prendeva la briga di restare accanto a loro, mentre gli altri si davano un gran daffare per fermare l'emorragia dei feriti più gravi, sopratutto centauri, a cui spesso mancavano arti o presentavano profonde ferite al petto e al collo. La loro specie era quella che aveva accusato le perdite maggiori: i centauri, infatti, avevano come ruolo principale quello di proteggere il villaggio da eventuali assalti.
La loro prestanza fisica, dovuta al fatto di possedere in parte il corpo di un cavallo, li rendeva i più adatti a questo genere di compito. Appena i soldati avevano invaso la piazza, molti avevano abbandonato le loro arpe per impugnare mazze e asce di pietra. Anche se in minoranza, erano comunque riusciti a dare del filo da torcere alle forze nemiche prima che fosse eretto l'incantesimo di protezione.

Una fata le si avvicinò lentamente e la osservò con occhi pieni di tristezza. Le sue ali erano ricoperte di fango e Sunshine notò che mancava un grosso pezzo dell'ala destra: probabilmente era stato un tentativo fallito di reciderle l'ala. Constatò che in futuro avrebbe avuto qualche difficoltà a volare ma che, almeno, era ancora in vita. «Sono Mira. Tu sei Sunshine, vero? Vieni con me, ti stanno cercando...» disse quest'ultima porgendole la mano, anch'essa ricoperta di terra e sangue. Sunshine fu tentata di ignorare il gesto della fata di fronte a lei ma alla fine cedette e le strinse la mano, sentendo l'umido del liquido scuro scivolarle fra le dita.

Fuori da quel ricovero di fortuna, dovettero scansare tutte le creature ammassate davanti all'ingresso che aspettavano di essere curate o di sapere le condizioni dei loro cari.

«Per favore, salvate la mia bambina!» gridò un uomo privo di un'ala, tenendo fra le braccia il corpo esanime di sua figlia, quest'ultima senza entrambe le ali. Gli arti le cadevano pesanti e il colore cadaverico del suo volto non dava spazio ad altre interpretazioni.

«Si è svegliato?» chiese una centaura, tentando di introdursi nell'ospedale e guardandosi intorno per cercare il compagno ferito.

«Fa male!»
«Aiutatemi!»
«Sono ferito!»

Questo vociare continuo risuonava nelle orecchie di Sunshine, che dovette fare appello a tutta la sua sanità mentale per non iniziare ad urlare in preda ad un attacco di panico.

Si concentrò quindi sulla donna, osservando i riflessi dorati che si intravedevano nella sua chioma castana, raccolta in una lunga treccia. Non ricordava di averle mai parlato ma d'altronde, a parte il naso un po' aquilino, non aveva particolari tratti del viso in grado di farla spiccare fra gli altri. Eppure i suoi occhi verdi erano stati in grado di ispirarle fiducia, infatti la stava seguendo senza neanche averle chiesto da chi o dove la stesse portando.

"Beh, ogni luogo è meglio di questo." si disse infine la fata, osservando la folla impaurita e continuando a camminare per allontanarsi dalla zona colma di persone.

Sunshine presumeva che fossero passate alcune ore dall'attacco, eppure stentava a riconoscere la piazza del villaggio, che era stata per anni il fulcro di serate all'insegna del divertimento e gioia. Il grande albero su cui prima svettavano le case delle fate, presentava la corteccia completamente bruciata e le abitazioni sottostanti erano state distrutte dai rami che erano crollati durante l'incendio. Pochi edifici si erano salvati dalla distruzione totale ma anche quelli erano ricoperti dalla cenere nerastra che ancora saturava l'aria e faceva bruciare la gola alla fata.

Erano ancora presenti diverse chiazze di sangue sul terreno ma i corpi erano già stati spostati.

«Per evitare che si diffondano infezioni quando saranno in decomposizione. Presto si alzeranno le temperature.» le aveva spiegato impassibile Mira, anche se Sunshine avrebbe fatto volentieri a meno di quell'informazione. Ciò non aveva fatto altro che farle immaginare il corpo di sua nonna mentre veniva mangiato dai vermi.

«Come puoi dire queste cose senza un briciolo di emozione?!» 

«Cambierebbe qualcosa? Molti di quelli che amavo sono morti.» rispose l'altra fata senza esitazione.

Sunshine rimase sbigottita, comprendendo che sì, non sarebbe cambiato niente. Avevano entrambe perso qualcuno di importante.

Forse agire con freddezza era l'unico meccanismo di difesa veramente efficace e chi era lei per giudicare il modo di reagire degli altri?

Rimase perciò in silenzio per il resto del tragitto ed erano ormai una decina di minuti che percorrevano un sentiero boschivo. Il baccano che aveva sentito fino a poco prima era stato sostituito dal suono dei respiri affannosi delle due ragazze. Il percorso su cui la stava guidando era sterrato e la forte pendenza del terreno, unita alle grosse pozzanghere formatesi durante il temporale, causava ulteriore fatica nel vagare per il bosco.

«Manca ancora molto?» domandò Sunshine, gettando a terra l'ennesimo ramoscello agganciatosi ai suoi abiti. Ottenne un lapidario «No.» come risposta e comprese che Mira non le avrebbe fornito altre informazioni.

Dopo qualche minuto, la donna si fermò di colpo: «Puoi andare. Io non posso proseguire oltre.» affermò, spingendo Sunshine per invitarla ad avanzare. «Andare dove? Non c'è niente...» rispose confusa. Mira le indicò il terreno smussato e ricoperto di foglie gialle davanti a loro. Osservandolo con attenzione, si poteva notare come fossero disposte in modo innaturale, a partire dal fatto che nella zona non era presente alcun albero con foglie di quel colore. Inoltre, aveva da poco piovuto, eppure erano stranamente pulite per essere rimaste nel terreno fangoso durante un temporale. Sunshine fece quindi come le aveva detto Mira e si avvicinò al cumulo giallastro. Sotto i suoi passi, oltre allo scricchiolio delle foglie cadute, percepiva come uno strano bussare ogni volta che appoggiava il piede. Scostò il fogliame e scoprì sotto di esso una lastra legnosa.

«Mira ma cosa...»

SPAZIO AUTRICE

Dove l'avrà portata Mira?

A presto con il prossimo capitolo, come sempre grazie a chi legge, vota o commenta!

BACIONIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

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