◈ Kore Shop| P.Jm pt.2





«Quindi gli hai fatto un pompino»

«Elia cazzo! Siamo in un supermercato chiudi quella bocca»

«Intanto qui l'unica che l'ha aperta per succhiargli l'uccello sei tu Iris»


Iris pestò furiosamente il piede al suo migliore, e per poco quest'ultimo non cacciò un urlo di inizio battaglia. «Sei proprio piccola e stronza» ringhiò lanciandogli la confezione delle merendine addosso.

«E ne vado fiera» fece la linguaccia sistemandosi il suo cappellino da mezza stagione sul capo.

Era nervosa, aveva i nervi a fior di pelle e Elia non aiutava ad alleggerire la tensione. Dopo l'intenso pomeriggio passato insieme a Jimin nella camera della castana, i due si sentirono poco e soltanto al telefono. Iris non volle saltare a conclusioni affrettate o entrare in negozio come una fidanzata pazza e gelosa, ma sentiva che qualcosa non andava.

Lo percepiva.

«Ascoltami» iniziò l'amico «È inutile che ti incazzi con quel cappellino o con me, se le cose non ti quadrano chiamalo e basta» disse ovvio spingendo il carrello.

«Dopo risulto pensante» bofonchiò buttando dentro il cesto del gelato. Tanto gelato.

«Siete stati appiccicati per un mese e mezzo, perché dovresti risultare pesante adesso? Specialmente dopo gli hai leccato il cazzo come un calippo al limone?» disse puntiglioso avvicinandosi alla cassa. Una vecchietta passò vicino e li squadrò male con una smorfia.

«Grazie di aver urlato ai quattro venti la mia vita sessuale» lo guardò male come la vecchietta in fondo alla corsia. «Figurati, non c'è di che» rispose come un coglione primordiale.

Non appena i due uscirono per dirigersi in macchina Iris guardò nuovamente il cellulare; niente.
Nessun messaggio.
Nemmeno uno spam.

«Si sarà stancato di me...Forse sono pessima a fare i pompini» spiaccicò la fronte sul vetro della macchina. Elia, alla guida, sospirò angosciato «I pompini non fanno mai schifo, se non mordi ovviamente, e poi sarà stato più facile farglielo no?» domandò dando la precedenza ad una macchina.

Iris lo guardò con un sopracciglio alzato «Ma che cazzo stai dicendo?»

«Oh andiamo, hai capito dai!» smanettò con la mano sul cambio «Sai...Gli orientali..» disse pensando alle parole giuste da riporre alla sua amica.

«Gli orientali cosa?» lo guardò male.

«Che palle Iris, statisticamente non sono famosi per le loro dimensioni»

«Oh Gesù Elia, statisticamente potresti anche andare a fare in culo» nascose il viso con le mani e la voglia di morire a portata di mano. Iris penso che la macchina con una velocità costante di circa ottanta chilometri orari potesse bastare per lanciarsi fuori e sfracellarsi in corsia.

«Non prendertela con me, io riporto solo le classifiche del web» disse cercando di dare una motivazione valida alle sue parole inopportune.

«Jimin è messo molto meglio di te, e di tutti quegli stronzi messi insieme che esaltano il proprio cazzo come una sbarra da autostrada»

«Mi sono offeso»

«La butto lì, non mi interessa» rispose isterica con gli occhi lucidi.

Elia capì che il sarcasmo questa volta non fu per niente d'aiuto. Iris stava soffrendo e non servivano le battutine o le risposte da idiota per confortarla.

«Okay, va bene» disse fermando la macchina in una strada fuori dal centro. Accese le quattro frecce e abbassò i finestrini per far circolare l'aria.

«Dimmi tutto quello che ti sta passando per la testa, forza. Usami come un pungiball di una ragazzina di tredici anni in preadolescenza» tolse la cintura girandosi verso di lei.

«Non voglio» sussurrò vitrea.

«Non vuoi!?» schizzò sul sedile.

«Potrei mettermi a piangere» sospirò guardandolo. «E non voglio farlo» Elia scosse la testa battendo a ritmo una mano sul volante.

«L'ho visto solamente al Kore Shop prima di aver compreso che tra te e lui fosse nato qualcosa Iris. E tutto sommato mi è sembrato un ragazzo tranquillo, a differenza della madre» borbottò l'ultima frase. Iris lo guardò attenta. «Quindi devi chiamarlo e parlarci Iris, è un bel ragazzo e state bene insieme però non puoi rimandare la cosa. Non dire a te stessa "Domani gli chiederò che cosa siamo, però oggi no" ogni volta che lo vedi»

«Perché no?» tremò insieme alla voce.

«Perché hai paura che ti usi e basta, detto francamente non penso che ti stia usando perché nessun ragazzo sano di mente starebbe appresso ad una ragazza per un mese senza averci fatto niente» disse sincero.

Elia lo pensò veramente, non credeva che Jimin fosse un puttaniere approfittatore. Iris non era una ragazza da una botta e via e non c'era stato del sesso fra di loro, tralasciando il pompino.

Iris cercò il telefono e guardò l'ora del tardo pomeriggio «Stasera deve fare la chiusura e stamattina mi aveva detto che forse sarebbe uscito con gli amici in un posto» si sentì il tichettiò dei suoi polpastrelli sul vetro.

«Che stai facendo?» chiese incuriosito dai maneggi della castana. Vide aprire vari profili Instagram e Facebook «La cosa per cui sono nata; la stalker» disse con un ghigno.

Elia vide una strana luce malefica nel suo sguardo.

«Oh no..»

«Oh si!» lo corresse vittoriosa. «Guarda qui!» spiaccicò il telefono sul viso del ragazzo «Guarda, questa è una raccolta di storie. Sono state fatte tutte nello stesso pub e anche quelli dei suoi amici» cinguettò come Sherlock Holmes.

«Ma che-» strappò il telefono per vedere meglio. Era il profilo Instagram di Jimin ed effettivamente tutte le uscite con gli amici venivano fatte in quel posto.

«Tu sei malata» la guardò sottecchi.

«Mi sono offesa» mise il broncio.

«Indovina un po' la butto lì. Non mi interessa» usò la stessa frase della castana. Quest'ultima lo schiaffeggiò sul ginocchio e riprese a parlare.

«Lo farò Elia, stasera ci parlerò» disse determinata.

«Quindi vorresti andare lì davanti a tutti i suoi amici come una fidanzata gelosa e dargli un ultimatium?»

La guardò per un secondo impassibile.

Lei annuì «Esatto»

«Ora si che ti riconosco mangiatrice di noodles e cazzi coreani»


❀ ❀ ❀


«Ho cambiato idea, non ce la faccio»

«Riporta il tuo grosso culo fuori da questa macchina Iris, mi hai obbligato a far parte di questa pagliacciata. Ora scendi e lo fai»


Jimin non scrisse nessun messaggio a Iris per tutto il pomeriggio, e questo fece salire la voglia di sapere e vendetta alla ragazza.

Si vestì e si truccò in modo impeccabile, se doveva piangere o ribaltare i tavoli del pub doveva farlo in modo perfetto. Non era arrabbiata con il coreano, era semplicemente affranta e dispiaciuta.

Iris rimase molto male davanti a questo cambiamento così radicale fra i due. Le mancavano i viaggi in macchina con il ragazzo nei posti più sperduti del mondo. Ebbe addirittura nostalgia dei focosi baci interrotti dalle chiamate isteriche della madre, sentirla urlare in coreano era davvero esilarante. Mai quanto la faccia del figlio mentre ruotava gli occhi al cielo con le labbra ancora gonfi e il fiato dimezzato.

Jimin le mancava.

Respirò profondamente e richiuse lo sportello dell'auto. Elia avrebbe aspettato dentro in macchina ma dalla sua posizione poteva vedere ogni cosa.
Nella via del centro storico si sentì solamente il rumore degli stivaletti rialzati di Iris, arrivò davanti alla porta di vetro e la spinse con la spalla.

La musica soft rock arrivò fino alle orecchie di Iris: il locale era molto rustico e pieno di persone. I muri rispecchiavano lo stile del posto e le luci soffuse rendevano il tutto caldo e accogliente. C'erano poltrone e tavoli con sedie di legno e cuscini enormi.

Alzò la testa puntando le punte dei piedi sul parquet del pavimento. Non vide nessuna testa bionda con due grosse labbra a canotto.

Maledizione, pensò sentendosi quasi male vendendo tutta quella marmaglia di persone nel locale. Passò lo sguardo sulle cosce nude e toniche delle sue coetanee, molte ragazze le conosceva solo di vista o via social. Erano tutte così belle e perfette che le fecero venire il mal di stomaco.

Si sentí quasi ridicola nel suo cappotto semi primaverile insieme alle sue cosce scoperte. Niente a che vedere con l'eleganza da cigno bianco delle ragazze.

Cominciò a perdere le speranze fino a quando non sentì una risata famigliare nel tavolo in fondo. Un tavolo numeroso di ragazzi e poche ragazze, vide un capello nero sopra una zazzera bionda e la cosa che fece confermare la sua teoria furono gli amici. La maggior parte asiatici, fatta eccezione per un paio di persone.

Sentì il cuore battere forte, doveva andare lì davanti a tutta quella gente?

Strinse forte la borsa e camminò, camminò lenta e silenziosa fino alla cerchia. Jimin le dava le spalle, seduto comodamente sulla sedia coperto da una maglia a maniche lunghe e un jeans chiaro.

Mancavano pochi metri al tavolo ma un ragazzo dai capelli scuri a scodella la fissò stranito. La vide immediatamente, nel suo passo insicuro e traballante. Iris non si rese conto che in realtà quella sera catturò diversi guardi curiosi e interessanti.

Il corpo velato da un vestito da passeggio coperto dal cappotto stretto in vita, che evidenziava il suo seno prosperoso, le gambe nude e bianche contrastate dagli stivaletti alti fino al ginocchio, attirarono miriadi di occhi.

Insieme al ragazzo dai capelli a scodella si aggiunsero anche altri tre ragazzi con occhiate fameliche, ma la castana ebbe solamente occhi per il suo angelo biondo.

«Jimin»

Lo fece.
Lo chiamò fermandosi ad un metro dalla sua schiena ampia, tutti i ragazzi si girarono in silenzio a fissarla, mentre il biondo riconobbe subito la voce candida e delicata di Iris.

Alzò immediatamente le spalle ricurve per girarsi, si girò e la vide in tutta la sua armonia. Rivide i suoi meravigliosi capelli dalle punte rosso fuoco, e passò lo sguardo languido sul suo corpo.

Si sentì geloso.

«I-Iris» la voce tremò sorpreso «Cosa ci fai qui?» domandò osservandola negli occhi.

Iris sentì tutta la pressione comprimerle il petto, vide lo sguardo furioso di una ragazza orientale dal lungo collo da cigno. Era bellissima, pensò dentro di lei vedendo la sua eleganza imbiancare il corpo della castana.

«Ho bisogno di parlarti» disse solamente con voce sottomessa.

Gli amici guardarono l'amico in modo curioso.

«Quindi è lei la famosa Iris» sorrise sornione lo strambo ragazzo dai capelli azzurri. Sembrava un principe.

«Taehyung stai zitto» lo guardò serio, non era il momento dei giochi. Jimin vide lo sguardo vuoto e perso della ragazza.

«Quanto sei maleducato, piacere Iris io sono Taehyung, mentre loro sono Jungkook, Namjoon, Hoseok, Seokjin, Yoongi, Minsoo, Chane, Luca e Claudio» disse indicando ogni testa presente sul tavolo, dedicò alla ragazza uno splendente sorriso rettangolare.

Iris seguì tutti quanti con lo sguardo, alzò timidamente la mano e salutò tutti con educazione.

«Il piacere è tutto mio»

«Jimin ora è occupato con noi»

A parlare fu Chane, la ragazza che fulminò da subito la povera Iris. Quest'ultima rimase di sasso di fronte ad una frase del genere, sembrava la signora Park più giovane.

«Penso che Jimin non abbia bisogno di intermediari, se ha qualche problema che lo dica subito» l'asfaltò zittendola con lo sguardo. Involontariamente tirò una grossa frecciata anche al ragazzo, ovviamente Jimin la captò.

Jimin deglutì stringendo il pugno destro frustrato.

«Jimin è troppo buono per dire quello che pensa realmente delle persone» Chane la guardò ghignando «Ed io lo conosco molto bene»

«Chane non ti devi intromettere cazzo! Quando imparerai a stare zitta!?» sbraitò Jimin ormai pieno dalle sue cazzate.

Ma la frase ferì Iris più di cento spade, non volle nemmeno sentire quello che aveva da dire Jimin su quella stronza, e fece retro front fino all'uscita.

Si sentì male, molto.
Le veniva la nausea e l'unica cosa che voleva era parlare con Jimin, il Jimin del Kore Shop e non quello di pochi secondi fa ingessato e anonimo.

Aprì la porta per dirigersi fino al fondo della via per salire in macchina con Elia. Ma sentì la voce ansimante del coreano urlare il suo nome nel freddo di fine aprile.

«Iris aspetta!»

Jimin la vide fermarsi in mezzo alla via con le mani dentro le tasche. Le gambe tremavano insieme al corpo e sapeva che non furono solamente tremolii per il freddo. In cuor suo non voleva vederla piangere per colpa di quella stronza.

«Non devi ascoltare quello che dice Chan-»

«Che cosa siamo Jimin?»

La frase lasciò le labbra velate e umide di Iris, non ascoltò nemmeno una parola di Jimin. Non le fregava niente della stronza, lei voleva soltanto lui.

Jimin spalancò gli occhi fissandoli sulle spalle di lei, la frase lo mozzò completamente. Capì che Iris era venuto a cercarlo per questo, in un modo a lui sconosciuto, lui lo aveva trovato e voleva risolvere la questione.

«I-io..» provò a parlare ma le corde vocali si paralizzarono.

«Bastava dirlo» mormorò con le lacrime cristalline agli occhi «Non volevi una cosa seria, volevi solamente divertirti come hai sempre fatto» disse riferendosi alle storie passate.

«Stai fraintendendo le cose Iris, tu mi piaci. Moltissimo» disse serio avvicinandosi alla sua figura.

Iris si girò di qualche grado verso il biondo. I suoi erano gli occhi più belli che la castana avesse mai visto in vita sua. Così profondi ed espressivi da metterti in soggezione.

«E quindi dimostri il tuo interesse non facendoti più sentire? Non affibbiarmi la scusa del lavoro perché sei tu che non mi hai più detto i tuoi buchi liberi al Kore senza tua madre in torno»

Era comica la cosa, la loro prima discussione.

«Ho avuto da fare» finì non veritiero. Se avesse guardato i suoi occhi marroni chiaro si sarebbe sentito ancora più una merda. Le stava mentendo.

«Così tanto da fare da uscire con gli amici e non scrivermi nemmeno un messaggio. Non c'è la voglia in te Jimin, non voglio crearti altro disturbo quindi torna pure dentro insieme a quella stronza che ti sei scopato»

Jimin rimase senza parole.

«Iris cazzo stai fraintendendo ogni cosa!» riprovò nel panico ma invano, perché Iris soffocò un doloroso singhiozzo.

«Per una volta sono stata brava» iniziò girandosi
strofinandosi il naso rosso.

«Ho colto subito l'ovvietà del momento questa volta»

Lo lasciò li, finì la sua frase tremando in mezzo alle prime gocce del cielo.

Quando Iris arrivò alla macchina di Elia il diluviò aumentò. Il giovane la vide fragile e piccola afflosciarsi sul sedile del passeggero. Non le disse niente, non questa volta.

Perché alcuni momenti dovevano rimanere tali nel silenzio. E questo fu uno di quei momenti.

Elia l'accompagnò a casa, Iris ignorò le continue chiamate di Jimin insieme ai messaggi. Non l'aveva calcolata per due settimane perché mai dovrebbe farlo ora.

«Vuoi che...» Iris lo stoppò subito abbracciandolo bisognosa «Passerà» sussurrò fra le lacrime.
«Ora vai a casa che è tardi, io ho bisogno di stare un po' da sola» lo guardò negli occhi.

Elia annuì piano «Chiamami se hai bisogno piccolina, va bene?» le disse baciandogli la guancia.

Dopodiché Iris annuì a sua volta e si incamminò verso il suo appartamento. La madre la scorse di sfuggita ma non vide le lacrime rigarle il volto, vide solamente le sue gambe tremare velocemente sulle scale per il secondo piano.

Spense il telefono stufa e stanca, finì di spogliarsi completamente dei suoi abiti, indossò una maglia extra-large e raccolse i capelli in modo disordinato.

«Mi manchi» sussurrò piano ripensando al Jimin allegro e spensierato che le chiese di uscire dopo quattro coppe di noodles.

«Jimin..»



Jimin sentì il respiro mancargli.
Iris se n'era andata.
Lui l'aveva lasciata andare.

Tornò dentro per recuperare il giubbotto e lasciò li i suoi amici. Doveva fermarla, doveva spiegarle ogni cosa e si diede dello stupido per essere stato troppo codardo.

Jimin lasciò perdere il telefono e la linea inesistente di Iris, di conseguenza parcheggiò la macchina sotto casa della castana e senza badare ai vestiti ormai fradici si fiondò al campanello.

«Chi è» la voce robotica della madre di Iris risuonò sotto la pioggia. Jimin, preso in contropiede non aspettandosi la presenza della madre, esitò.

«S-Sono un amico di Iris» disse con il freddo nelle ossa.

«Ma tu non sei Elia» rispose dubbiosa, la madre conosceva bene gli amici della figlia. E l'unico amico rimasto accanto alla ragazza era solamente Elia.

«S-signora la prego, ho bisogno di parlare con sua figlia» soffocò sotto la pioggia gelida. Si sarebbe sicuramente ammalato il giorno dopo.

Dal citofono si sentì dei passi e dei rumori in sottofondo, dopodiché la madre tonò alla cornetta.

«Non credo che voglia vedere nessuno in questo momento..» disse ferma e dispiaciuta.

Jimin si sentì perso, gli occhi si fecero umidi e il petto pesante. Il dito restò fermo sul bottoncino del citofono ma il biondo appoggiò la fronte sulla mano premuta.

«Ascolti» sussurrò fragile «I-io sono stato un idiota e ho bisogno di vederla, ho bisogno di sapere che sta bene e che non soffra. Perché Iris non merita di stare male» pianse silenziosamente.

Park Jimin pianse sotto la pioggia, con la testa appoggiata al muro e le spalle ricurve.

«Quindi per favore...La supplico, ho bisogno di vederla»

In sottofondo si sentì la pioggia battente sui san pietrini e il vento torbido spaccare la città. Si unì un profondo sospirò di sconfitta e lo scatto della serratura.

La porta si aprì e Jimin giurò di aver visto la luce dietro di essa. Scattò su per le scale non curandosi minimamente dei gradini di marmo e le suole bagnate.

Poteva cadere e farsi male, ma a Jimin non importò.

Jimin voleva solamente la sua Iris.

Arrivò al quarto piano e vide la seconda porta aperta sul corridoio bianco. Si buttò sullo stipite e si fermò sul legno duro per respirare, riprese aria sentendo ogni tessuto ormai fradicio attaccarsi al corpo.

La madre di Iris si avvicinò con cautela e vide il ragazzo bagnato dalla testa ai piedi. Rimase sorpresa vedendo gli splendidi tratti somatici del ragazzo.

«Puoi lasciare le scarpe li, non è un problema. Mentre al secondo piano c'è la camera di Iris» disse in modo pacato afferrando il giubbotto zuppo del ragazzo. Le guance del ragazzo arrossirono leggermente al ricordo dell'ultimo pomeriggio passato insieme nel suo letto.

Jimin non seppe come ringraziarla «La ringrazio veramente di cuore..» la guardò grato con le lacrime agli occhi e il naso rosso.

La signora lo guardò sottecchi «Non ti preoccupare, ora vai da lei. Non credo che io debba indicarti la porta visto che sapevi già il piano dell'appartamento» ammiccò da donna da chi la sapeva lunga.

Jimin tossicchiò imbarazzato, questa non se l'aspettava. «N-no, sapevo il piano perché me l'aveva detto Iris tempo fa..» mentì come un bambino.

La madre rise e scosse la testa «Forza sali»

Jimin si scusò ancora per il disturbo e si avviò al secondo piano. Riconobbe la porta della minore dall'adorabile stiker floreale attaccato nel centro del legno.

Si fermò bussando un paio di volte su di essa con la speranza che Iris non dorma o che non lo eviti.
Si sentì solo il ronzio indistinto del televisore al piano di sotto, ma nulla dentro la stanza.

Riprovò speranzoso e esausto.

«Mamma ti ho detto che non ho fame» Sentì la voce rauca e vitrea da dietro la porta.

«Non sono tua mamma Iris»

Iris sobbalzò sul letto sentendo la voce maschile di Jimin in casa sua. Cosa cazzo ci faceva qui?
Deglutì senza rispondere, sentì il panico e le lacrime salirle agli occhi.

«Iris ho bisogno di parlarti»

«Abbiamo già parlato» rispose ferita.

«Sai bene quanto me che quello non era parlare. Ti prego Iris ho bisogno di vederti, ho bisogno di parlare con te» sussurrò con il tremolio nella voce.

Iris sentì le palpitazioni al cuore. Gli occhi ancora umidi e arrossati per il pianto intenso.

«Entra» disse piano e già pentita per la scelta appena presa. Jimin abbassò la maniglia ed entrò anche lui con il cuore a mille, la vide seduta sul letto coperta da una maglia larga da lavoro. Deglutì cercando di non fissare troppo a lungo le sue grazie scoperte.

«Ma sei completamente zuppo!» alzò la voce andandogli in contro. «La pioggia non era stata prevista» mormorò trovandola a pochi centimetri dal suo volto.

«Togliti la maglia e i pantaloni, guardo se ho dei vestiti larghi da farti indossare» disse cercando di risultare professionale davanti ai suoi occhi.
Jimin soppresse un ghigno malizioso vedendola in difficoltà davanti all'idea di vederlo spoglio.

«Vuoi che mi tolga i vestiti?» disse ammiccando piano senza esagerare. Iris ruotò gli occhi gli lanciò dei pantaloni della tuta abbastanza larghi.

«Posso ancora spedirti a calci nel culo fuori da qui»

Jimin sospirò sconfitto, si levò la maglia bagnata e la passò alla minore. Iris provò a non guardare i suoi muscoli ancora contratti per il respiro pensate, la pelle lucida e bagnata con le goccioline di pioggia gocciolanti sui capelli umidi.

Ma fu tutto inutile, la tentazione fu troppa. Voleva toccarlo come aveva fatto l'ultima volta.

Si slacciò i bottoni dei jeans, lentamente. Lo fece guardandola dritta negli occhi senza mai rompere la magia. Vide Iris mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore, Jimin scoprì le cosce toniche e definite delineate dai boxer scuri togliendo definitivamente ogni indumento bagnato. Ma non volle usare i pantaloni di ricambio, voleva prima risolvere con la castana.

«Mi dispiace di averti fatto stare male in questi giorni senza farmi sentire o bocciando ogni uscita» sospirò stanco pensando a quei giorni infernali.

Iris l'ascoltò in silenzio, si sedette sul letto e lo stesso fece il ragazzo. «Mia madre aveva intuito qualcosa. Ultimamente saltavo i turni al negozio e la mia presenza avveniva di rado, uscivo con te e mi dimenticavo di ogni cosa» si tirò i capelli con le mani.

Fissò i gomiti sulle cosce e nascose la testa fra le braccia, Iris sentì il ragazzo tirare su con il naso e fermarsi.

«Jimin..» gli sfiorò la spalla delicatamente con amore. «Non ce la faccio più Iris...I-io non ce la faccio più a vivere con la pressione e l'ossessione di mia madre. Le ho dovuto dire tutto quanto» alzò la testa di scatto portandola al soffitto. Chiuse gli occhi con le labbra gonfie.

«Che mi stavo frequentando con te da un po'. Ha cominciato a urlare che dovevo fidanzarmi con una ragazza coreana di buona famiglia e ti giuro che sono esploso. Mio padre l'appoggia solo per non sentirla urlare come una gallina, quindi ora in casa siamo divisi in due schieramenti»

«Tu, tuo fratello e i tuoi genitori» concluse Iris al suo posto guardandolo con amarezza. Sentiva il peso sulla sua pelle le rotture delle famiglie spezzate, pensando a suo padre e sua madre dopo il divorzio, e sapere che Jimin stesse passando lo stesso dolore la turbava.

«Perché mi hai tirato fuori da questo? Potevo aiutarti in qualche modo, potevo presentarmi e farmi conoscere. Facendo così ti sei solo allontanato da quello che avevamo costruito..» sussurrò flebile affondando il viso nel collo del ragazzo sentendo le lacrime salire.

«Perché ho avuto paura»

«Paura di cosa?»

«Di te, avrei preferito allontanarti per causa mia invece delle parole velenose di mia madre. Se ti avesse ferita non avrei risposto di me Iris, ma facendo così ho fatto una cazzata» la guardò mentre si scaldava contro la pelle calda del maggiore. Jimin non trattenne più le lacrime bagnate, rigarono la guancia in modo silenzioso.

Il cuore gli pesava.

«Jimin» lo chiamò nascosta sotto il suo mento appuntito. «Se mi avessi portato un po' di noodles ti avrei già perdonato» ridacchiò increspando le labbra per asciugargli le lacrime con il pollice.

Jimin sentì il cuore alleggerirsi insieme alle lacrime fermatosi agli angoli della bocca. La prese con sorpresa mettendola sulle sue ginocchia nude «Ti comprerò tutti i noodles che vuoi piccola» le baciò la fronte senza vergogna.

«Sei bello anche quando piangi» gli asciugò le ultime lacrime sotto gli occhi, toccò la pelle morbida e liscia del ragazzo come una pietra preziosa.

«Tu sei sempre bella»

La guardò a pochi centimetri di distanza dal suo viso pallido.

«E ti ripeterò sempre che fai schifo con le ovvietà Iris, perché io voglio stare con te»

La sua frase uscì così liscia e scabra che Iris ci mise qualche secondo ad assimilare ogni parola. Dopodiché arrivò alla conclusione dei suoi calcoli e senza dire nemmeno una parola si catapultò sulle sue labbra gommose al sapore di ciliegia e noodles.

Jimin l'afferrò per la vita facendola scivolare sotto il suo corpo mezzo nudo. «Tu...Tu e le tue labbra da stronzo» gli disse in mezzo ai baci famelici e bagnati. Il biondo ghignò malizioso, riprendendosi dal suo stato di fermo e torturandole ogni angolo del viso fino al collo.

«Lo so che ti piacciono le mie labbra da stronzo» le sussurrò arrivando alla clavicola. Jimin le afferrò i lembi della maglia alzandola con vigore e passione, la sfilò facendole smussare la pelle per lo sbalzo di temperatura. Il seno prosperoso vagò libero senza alcun reggiseno, trovando finalmente la morte fra le labbra schiuse e bagnate del biondo.

Succhiò avido ogni centimetro, lecco mordicchiando i piccoli capezzoli rosa in entrambi i seni, soddisfacendoli fino allo stremo. Passò una mano sul suo fianco tondo e pronunciato, continuò fino a giocherellare con gli slip di pizzo ormai umidi. Li tirò giù fino alle caviglie per passare una mano sulle linee della sua intimità schiusa.

«J-Jimin c'è mia ma-madre di sotto, potrebbe sentirci..» conficcò una mano dietro ai suoi capelli, e se sua madre sentisse ogni cosa?

«Quindi..» iniziò ridacchiando baciandole il ventre con trasporto, creando piccoli vertici con la lingua bagnata «Vuoi che smetta giusto?»

«Jimin..»

«Se è questo quello che vuoi...» sussurrò ghignando giocando con il suo corpo modellandolo come argilla. Sfiorò le seconde labbra con il pollice schiudendole appena, senza entrare.

«Allora mi fermo e ci rivestiamo» la schernì con il suo ghigno da bastardo imbevuto dallo sguardo di misericordia che lanciava la castana sopra le coperte.

«Sei proprio un figlio di puttana» disse senza pensare sentendo solamente il bruciore incostante dell'insoddisfazione nel mezzo delle sue gambe. Jimin puntò il gomito sul materasso per mettersi comodo appoggiando il capo sul deltoide, facendo sparpagliare i capelli biondi sul vuoto sospesi.

«Cercavo di accontentare la mia ragazza» mordendosi le labbra la guardò aspettandosi una reazione immediata. Di fatti Iris aprì la bocca insieme agli occhi in un velo di sbigottimento e felicità.

«C-che cosa hai detto?» farfugliò piegandosi sui gomiti. Jimin la guardò serio «Io non farò niente che tu non voglia Iris. Voglio stare con te, non voglio più perdere tempo nel limbo della frequentazione e nel dubbio» la sfiorò sulla pelle bianca.

«Sei tu quella che voglio»

Jimin si fermò e attese, attese la risposta della ragazza ormai totalmente nuda sul letto. Iris si tirò su completamente facendo ricadere i capelli sciolti sul seno come una Venere di Botticelli.

Così chiara e morbida sulla conchiglia del mare, i seni bianchi sfiorarono il petto liscio e duro del maschio. Jimin toccò le sue braccia accarezzandole con i piccoli pollici, Iris passò i suoi occhi castani dentro quelli color petrolio del biondo.

«Ho avuto così paura di perderti» affondò il viso contro il suo insieme alla fronte. «Questa lontananza mi ha fatta impazzire Jimin» il biondo la strinse circondandola con le braccia depositando piccoli baci sui capelli infuocati bisbigliando le sue parole di rammarico e dispiacere.

«Quindi ho bisogno che tu sopporti ogni mio difetto. Che sopporti le mie opening impostate come suonerie, che sopporti le mie squallide battute sul tuo conto e ho bisogno che sopporti la mia voglia irrefrenabile di noodles» ma non finì li. Perché la giovane lo afferrò per il ciondolo della sua collana trascinandolo piano sopra il suo corpo.

«E ho bisogno che sopporti le mia voglia di fare l'amore in ogni angolo del mondo insieme a te, Jimin»

Si distese completamente sulla minore depositandosi nel mezzo delle sue cosce calde, Iris passò il suo solito dito -dannato- sul suo addome fino al membro ormai duro come pietra.

«Pensi di riuscirlo a fare?» soffiò con la malizia dentro gli occhietti lucidi e languidi sulle labbra proibite del biondo. Jimin sorrise furbo, lasciandosi togliere i fastidiosi boxer della sua ragazza e la guardò con amore.

«Farò del mio meglio per sopportarti allora»

«Sei rapido a recepire i messaggi- Ah!» finì con il soffocare un urlo di piacere quando sentì un dito entrare con facilità.

«Ma sfortunatamente per te non sono rapido in tutto» ironizzò vedendola ormai in balia del piacere. Le gambe si allargarono meccanicamente e Jimin strofinò la punta bagnata sulla sua intimità già pronta. «P-prendo la pillola Jimin quindi muoviti cazzo»

Musica per le sue orecchie, rise con soddisfazione e posizionò il suo membro contro di lei, spinse piano contraendo il bacino e afferrò il cuscino per non dare di matto.

Jimin entrò con piccole spinte sentendosi fare spazio dentro le pareti calde di Iris. Percepì subito i mesi di astinenza della minore perché la presa stretta della sua vagina comprimeva il suo cazzo come una scala reale.

Iris si aggrappò alla schiena del biondo sentendosi piena e completa. Rilasciò diversi sospiri appagati e non appena Jimin iniziò il suo ritmo come le onde dell'oceano perse la ragione.

Il biondo afferrò rudemente i lati dei fianchi morbidi per affondare con più vigore dentro di lei. Spinse nascondendo il viso nell'incavo del collo della minore sentendo il controllo crollare ad ogni gemito strozzato o un unghia conficcata per il sesso.

La stanza si scaldò dei loro fiati, le loro pelli luccicavano madidi e bagnati sui raggi lunari della finestra. Iris si sentì morire dal piangere così forte e intenso che provava ad ogni sfregamento clitorideo.

«Iris..» mormorò a bocca aperta ed occhi chiusi, afferrò la mano della castana per portarla in alto alle loro teste. Le dita si incastrarono come puzzle colorati, le labbra si cercarono bisognose dì attenzioni e amore, Iris provò a tacere ma fu tutto inutile. Pregò solamente che il rumore della serie tv della madre sia più alto degli scricchiolii del letto.

Jimin sentì il sangue espandersi in tutto il corpo come una dose necessaria di adrenalina. Si fermò e si staccò con dolcezza dalle carni umide di Iris. La piccola Vatti lo guardò confusa e sfinita, sentì le sue mani sul suo bacino e si lasciò trasportare. Jimin la girò sul materasso beandosi del pallore della sua bianca schiena.

Si chinò per spostarle i capelli bagnati dal sudore dietro il collo, scoprendo così la spalla immacolata. L'accarezzò baciandola con la lingua bagnata, e Iris chiuse gli occhi sotto il suo incantesimo.

«Stasera..» iniziò scivolando con la mano sulla sua colonna vertebrale «Quando ti ho vista con quel vestito..» la mano si fermò sul gluteo tondo e bianco, Iris capì subito quello che il ragazzo stesse per fare.
Ma non lo fermò.

«Da un lato volevo cavare gli occhi a tutti quegli stronzi che ti guardavano, mentre dall'altro volevo fotterti sul quel cazzo di tavolo» sussurrò l'ultima frase ringhiando stringo il gluteo con forza, Iris strillò sorpresa spalancando gli occhi.

«Oddio!»

Jimin si risollevò ghignando e alzò il bacino della femmina verso i suoi fianchi. In meno di pochi secondi, il biondo riprese in mano il suo cazzo per stuzzicarla. Ignorò i mugolii di Iris soffocati sul cuscino e senza preavviso entrò sentendo nuovamente la pressione sulla sua pelle.

Ad ogni spinta Iris si sentì bruciare, allungò le mani per afferrare le lenzuola come unica salvezza. Jimin portò le mani sotto di lei, sui seni prorompenti. Li massaggiò mentre con la destra la mise in mezzo alle cosce bagnate, Iris le allargò bisognosa sentendo la frizione delle sue dita.

Jimin la sollevò in alto fino a farle scontrare la schiena contro il suo petto muscoloso. Iris fece passare un braccio dietro al suo collo per guardarlo negli occhi. I loro occhi erano entrambi rossi e patinati di sesso e amore.

Jimin riprese il contatto con le sue labbra sentendone già la mancanza, strizzò i suoi seni con forza mentre l'altra mano sfiorò in un ritmò indefinibile la sua intimità. Iris urlò sulle sue labbra e fra i denti sentendo il suo membro viziare il suo punto sensibile e nascosto.

Il maschio lo sentì, sentì i fluidi aumentare e di conseguenza la sua erezione sembrò scoppiare vicino all'orgasmo. Lasciò stare il bottoncino rosa del seno per afferrarla e colpirla con le ultime spinte.

Arrivarono insieme, l'orgasmo arrivò fra i loro ventri stanchi, e una volta che i fluidi del ragazzo finirono e colarono giù per le cosce piene della minore si staccò. Si sdraiarono entrambi sul letto infilandosi sotto le lenzuola della ragazza.

«Avevi ragione» disse sentendo il fiato tornargli mano a mano «Non sei rapido in tutto» ironizzò sulla durata del rapporto.

Jimin scoppiò a ridere sul cuscino, strinse gli occhi come due mezze lune e l'abbracciò sfinito.

«Dici che se dormirò qui tua madre mi ammazzerà al risveglio?» picchiettò sulla sua guancia. Iris sorrise scuotendo la testa. «Non credo che si farà problemi dopo tutto il rumore che abbiamo fatto fino adesso» menzionò la loro intensiva ora di sesso sfrenato.

«Le compreremo dei tappi per le orecchie» sghignazzò gonfiando il suo petto.

«Sgonfia il tuo ego da porno star che ho bisogno di dormire ora...» storse il nasino accoccolandosi sul suo corpo. Jimin le accarezzò il braccio e annuì.

«Ti prometto che domani mattina ti comprerò i noodles, tutti quelli che voi»

«Lo prometti?»


«Lo prometto»






❀ ❀ ❀




«J-Jimin ma non possiamo farlo qui»

«Sbaglio o quando ci siamo messi insieme tu mi avevi chiesto di 'sopportare' la tua voglia di fare l'amore in ogni angolo del mondo?»

«Ma era sotto inteso l'esclusione totale del Kore Shop negli angoli del mondo, Jimin!»


Il mattino dopo Jimin mantenne la sua promessa, si svegliò prima per andare a comprare i noodles per Iris e fortunatamente trovò la madre a reggergli il gioco aprendogli la porta.

Per la sfortuna della ragazza sua madre, una volta che il ragazzo fece ritorno nella sua casa, la tempestò di domande. Le chiese la provenienza, gli anni, il lavoro e si raccomandò alla figlia di ricordarsi di prendere la pillola ogni giorno per evitare sorprese, perché si, la madre quella sera sentì il materasso cigolare.

Eccome se lo sentì.

Sua madre non fece storie sulla nazionalità del fidanzato, lo accettò tranquillamente pavoneggiandosi con le sue amiche pettegole di quanto fosse bello il ragazzo di sua figlia. Iris la sgridò più volte, le disse di non raccontare ogni morte e miracoli che avvenivano in casa loro, e la castana potè giocarsi le scarpe sulla linguaccia della madre, perché percepiva gli sguardi maliziosi e invidiosi di quelle pettegole.

Come disse Iris fin dall'inizio, Jimin non era un santo. E dopo che provò il suo noodles coreano non potè più farne a meno, ovviamente si riferì ai vermicelli trasparenti sul brodo con veri ingredienti coreani. Ma si, anche a letto non scherzava.

Mentre con la famiglia di Jimin la questione fu molto più complicata del previsto, non la presero bene. Un po' come il padre di Iris, ma subito dopo si arrese e imparò a conoscere il coreano nella sua bontà e educazione, ed infine finì per adorarlo.

Tornando ai Park, la madre sbraitò dalla rabbia quando lo venne a sapere, e Iris stanca di questa assurda situazione andò a parlare con lei. Quel giorno si presentò al Kore Shop senza preavviso, Jimin si trovava in casa a godersi le sue ore di riposo ignaro, mentre Iris fronteggiò la madre al piano terra.

Le disse che amava suo figlio e che non avrebbe mai mollato la presa su di lui. Sumin la fulminò facendo volare in aria le varie pratiche del negozio, le puntò il dito dicendole che non aveva il cuore e l'anima giusta per amare il suo 'bambino'.

La discussione durò per quasi un ora facendo scappare ogni cliente presente nel negozio, e alla fine Iris con gli occhi lucidi le disse che questo avrebbe spezzato il suo legame con i figli.

Avrebbe allontanato lei stessa Jimin e Jihyun, suo fratello, e che se non avesse cambiato la sua visione del mondo per il bene dei figli avrebbe spaccato la sua graziosa famiglia felice in due metà. Dopodiché lasciò il suo numero sul bancone per ricevere una sua telefonata nel caso avesse cambiato idea.

E dopo due giorni Sumin lo fece, la chiamò in tono pacato nel suo italiano non perfetto dicendole che le voleva parlare con calma. Perché Sumin notò subito il distacco di Jimin e di Jihyun dai coniugi Park provocandogli dispiacere.

Si incontrarono davanti ad un caffè in centro e Sumin accettò. Le disse che accettava la relazione anche se non convinta al cento per cento. Iris scoppiò dalla felicità e per ricambiare la sua 'benedizione' gli chiese di insegnarle le varie tradizioni coreane che Jimin apprezzava di più.

Jimin per poco non si strozzò con la sua stessa saliva quando beccò la sua ragazza e sua madre scherzare sul banco da cucina nella preparazione del kimchi senza lanciarsi coltelli e piatti.


«Stai tranquilla, non ci beccherà nessuno» disse fra un bacio e un altro morsicando il collo scoperto.


Iris quel pomeriggio si presentò al Kore Shop con una minigonna a vita alta di jeans insieme ad un top aderente sul seno. Jimin aveva il turno alla cassa nel bancone quando entrò la sua ragazza con quell'outfit provocante nel caldo di giugno.

Jimin la fulminò immediatamente squadrando ogni lembo di pelle nuda. Iris, per niente spaventata, si avvicinò alla ciotola delle caramelle davanti al registratore di cassa, prese un lecca lecca rosso e se lo mise in bocca stringendolo sulle labbra cremisi. Tutto davanti al coreano, sghignazzò maliziosa e si allontanò sparendo innocentemente fra i reparti del Kore.

Jimin strinse la mascella pressando le mani sotto il bancone. Guardò l'orario e sorrise furbamente vedendo che mancavano solo una decina di minuti alla chiusura. Saltò letteralmente il bancone in modo atletico e camminò lento come un predatore alla ricerca della sua preda nei reparti.

Seguì l'odore della sua donna, trovandola dietro uno scaffale con le braccia conserte e il suo fottuto lecca lecca bagnato sulle labbra.

«Sei finita, sappilo»


Chiusi nello stanzino delle scope, Jimin le abbassò gli slip di pizzo mentre con la lingua scostava il tessuto del top per viziare nuovamente il seno scoperto fuori dalle coppe del reggiseno.

Ai loro piedi giaceva il povero lecca lecca alla ciliegia buttato malamente a terra da Jimin, cosa che fece scoppiare a ridere la piccola Iris.

Iris allacciò le mani dietro il collo del suo uomo mentre quest'ultimo la tenne ferma nel mobiletto dei detersivi. Jimin si staccò per guardarla sadicamente in faccia e si slacciò la cintura dei pantaloni facendolo calare di poco sulle cosce.

«Se tua madre ci scopre giuro che ti ucciderò Jimin» ringhiò dai suoi petali di rosa boccheggianti alla ricerca di aria. «Tu pensa a non urlare, al resto ci penso io» le sussurrò all'orecchio leccandole il lobo eccitato.

Jimin ancorò i suoi fianchi ed entrò dentro di lei in un battito di ciglia. Iris si tappò la bocca quasi con le lacrime agli occhi, sentì la sua schiena fare su e giù sul muro nello stanzino. Allacciò le gambe nei fianchi stretti del ragazzo sentendo la sue erezione più prorompente del solito.

Troppa provocazione.

Troppa, pensò sentendo le sue pareti stringersi intorno a lui. Jimin sfogò ogni sua emozione in quell' atto. Vedere la sua ragazza vestita in quel modo e succhiare per lecca lecca in quel modo l'aveva mandato in bestia.

«J-Jimin cazzo, c-così ci farai scoprire» soffocò nel ritmò troppo veloce e letale del suo ragazzo. «Non ti piace amore?» e nel mentre fece cascare una scopa a terra, ma ignorò anche quella.

«Sei uno stronzo» disse fra i sospiri e i gemiti acuti prossima al piacere. Jimin rise divertito, ansimò sul seno scoperto della sua ragazza e pensò che se mai sua madre li dovesse scoprire proprio ora...Non desiderò morte migliore di questa.

«Oddi-oddio s-» farfugliò confusa in principio, ma subito dopo artigliò i bicipiti di Jimin e soffocò l'urlo intenso dell'orgasmo sul suo collo muscoloso, come un bacio sulla mano di una donna.

Jimin venne fra le cosce del suo amore, la testa appoggiata oltre la spalla della piccola insieme agli arti tremanti.

Per pochi minuti si sentirono solo i sospiri affannati dei due amanti.

«Ti amo» sussurrò Jimin baciandole il collo con dolcezza, le piaceva ricordare l'emozioni che provava per la castana ogni volta che facevano l'amore. Era una caratteristica che Iris trovò così unica e speciale.

«Ti amo anche io Jimin» ricambiò il bacio sul collo con la stessa tenerezza. I due si diedero un lungo bacio passionale per poi staccarsi e sistemare lo stanzino. Ma la voce di Jihyun fece sobbalzare i due sul posto.

«Spero che voi due abbiate finito, perché qui c'è un negozio da chiudere Jimin e sappi che non ti coprirò più» urlò divertito dall'altra parte della porta.

Iris sbiancò come un lenzuolo mentre Jimin alzò un sopracciglio scocciato.

«Levati dalla porta Jihyun!» alzò la voce allacciandosi i pantaloni. Aiutò Iris a scendere dal mobiletto e raccolse la scopa da terra.

«Solo se mi fate un bis» sghignazzò ridendo ad alta voce facendo innervosire il maggiore. Iris scosse la testa disperata; se Jimin era un idiota, Jihyun lo batteva su ogni fronte.

«Giuro che lo uccido» borbottò aprendo la porta e inseguire il fratello minore per pestarlo a sangue. Iris una volta sistemata del tutto uscì guardando la comica scena davanti al reparto surgelati. Guardò dietro alle loro schiene e le venne in mente un'idea.

«Ehi ragazzi!» li richiamò fra i loro schiamazzi e botte.



«Che ne dite se stasera ci mangiassimo dei noodles?»

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Buongiorno!!!

Iris Vatti:

BUON COMPLEANNO JONNYY❤️❤️
Penso di non aver mai scritto così tanto in tutta la mi vita. Questa è una delle mie storie preferite, penso che si sia notato.
Come vi è sembrato? Vi è piaciuto?
Fatemelo sapere nei commenti.
Alla prossima!!
🌸💜🌸

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