◈ Kore Shop| P.Jm pt.1




«Niente serata noodles»

«Stai scherzando? Ho saltato il pranzo per riempirmi di noodles porca puttana»

Gridò lanciando lo zaino per terra, esasperata e affamata. Elia raccolse lo zaino della sua migliore amica per riporlo decentemente sul divano. «Certo che diventi proprio un animale quando sei affamata Iris»

Iris gonfiò le guance infastidita. «Fingerò di non aver sentito questa cazzata uscire dalla tua bocca. Ma ora spiegami perché non mangeremo i noodles!»

«È semplice» appoggiò le mani sui fianchi platealmente. «Non mangeremo noodles perché non ci sono i noodles cretina»

Il venerdì sera era sacro per Iris Vatti e Elia Rigore, nessuno poteva permettersi di sconsacrare questa tradizione secolare fra i migliori amici più strambi di questo mondo. Una serata passata fra peccati di gola piccanti e speziati orientali davanti ad un bel film con pessime recensioni con effetti speciali allucinanti.

Iris adorava ogni tipo di cibo proveniente da un qualsiasi ristorante con lanterne rosse e scritte fatiscenti davanti alla porta. Aveva persino comprato uno di quei gatti oro della fortuna che solitamente venivano piazzati vicino alla cassa dei ristoranti. Ma c'era una cosa che le faceva ruotare gli occhi dal troppo piacere sulle papille gustative.

I noodles.

Al manzo, con verdure, maiale e infinti brodi. Tutto le poteva essere tolto a Iris, ma non i noodles. E non solo la castana dai riflessi rossi non pranzò per godersi al meglio quei filetti gialli nel suo brodo caldo, ma ora il suo migliore amico Elia, amici dagli anni dell'asilo, le stava dicendo che erano finiti. Terminati.

Niente noodles.

«Perché diavolo non sei andato a comprarli?» lo indicò con l'indice mettendolo sotto accusa. Ma Elia, fece ribaltare la luce dell'interrogatorio verso di lei. «Perché era la tua settimana, dovevi fare tu la spesa perché io avevo la chiusura al negozio»

Iris restò ferma con la bocca aperta e un occhio leggermente socchiuso come un clown. Era la sua settimana e neanche se n'era ricordata. Elia gongolò buttandosi sul suo divano di pelle. «Quindi se li vuoi mangiare dovrai andare a comprarli da sola» la ribeccò.

Vide la castana sbattere un piede a terra come una bambina «Ma perché io? Non puoi andarci tu?» disse piagnucolando. Elia la ignorò accendendo la televisione intento a fare zapping. «Ah! Non ci provare a fare la vocina da bambina. Ci andrai tu e ti conviene sbrigarti prima che il negozio chiuda» si grattò il petto afflosciandosi sul cuscino.

«Ma-ma io non conosco questa zona...Dove dovrei prenderli a quest'ora?» chiese guardando l'ora ormai tarda. «A due vie da qui c'è il Kore Shop, vai lì e prendili. Restano aperti fino alle nove, e ora sbrigati che ho fame» allungò una banconota senza guardarla.

«Sei proprio uno stronzo» strappò dalle mani i soldi facendogli un dito medio.

«Io lo voglio con il manzo e verdure!»

Iris girò a vuoto per circa dieci minuti non sapendo minimamente dove andare. Elia si era dimenticato di dirle la via precisa e quello stronzo non rispondeva al cellulare.

«Fottiti stronzo» sputò con nervosismo togliendo nuovamente il contatto dallo schermo. «E ora? Dove diamine si trova questo posto cinese?» parlò da sola guardando attentamente ogni negozio.

Dopo altri cinque minuti il suo sguardo vagò in tondo fino ad una scritta piccola ma luminosa. Dal fuori sembrava un comunissimo negozio cinese dove poterci trovare il mondo a pochi centesimi.

«Ma questo non è un alimentari..» borbottò accigliata restando impalata davanti all'ingresso. Sbuffò e spinse controvoglia la porta di vetro per entrare, face un passo e il classico rumore del campanello con i tubi di pan risuonò in ogni singolo angolo del negozio.

Bene, pensò subito di essersi persa nuovamente. Perché dinanzi a lei trovò solamente scaffali pieni di cianfrusaglie, oggetti inutili e cosa strane.

Un comunissimo negozio cinese.

Una donna di bassa statura con i tipici tratti somatici orientali squadrò la strana ragazza dai capelli castani dalla testa ai piedi. La donna non perse di vista il più piccolo movimento di Iris, non si fidava ed era palese.

Iris cercò di non farci caso e cominciò a vagare fra i numerosi scaffali ricolmi di oggetti.

«Oh mio, guarda quanto è carino questo cucciolo» toccò il piccolo peluche bianco e giallo a forma di cane con una piccola linguetta rosa sul muso. Lo trovò troppo carino per essere venduto da una donna glaciale come quella dell'ingresso.

«Giusto...I noodles» si illuminò ricordandosi della sua 'missione', si staccò dalla morbida testa di peluche e riprese la sua ricerca infinita. Si arrese poco dopo la vista di un porta dentiera giallo fluorescente, stava perdendo solo tempo.

Prese coscienza delle sue azioni -future- camminando lentamente verso la donna glaciale. Arrivò lì e aspettò che la signora finì di sistemare le carte del negozio.

«Scusami?»

Più che una richiesta, quella di Iris risultò più come un sussurro disperato. Di fatti la donna continuò il suo lavoro non sentendo la voce della castana, oppure la ignorò semplicemente.

Al limite della fame, Iris, si avvicinò ulteriormente al bancone e suonò appoggiando la mano sul ridicolo campanello argento, usato generalmente in hotel.

Ridicolo.

Senza battere ciglio la signora fermò le sue attività, alzò lentamente il viso fino ad incrociare con astio lo sguardo spazientito della castana. Raddrizzò le spalle guardandola dall'alto in basso con i suoi piccoli occhietti neri. «Si?» disse con fastidio.

Iris caricò uno dei suoi soliti sorrisi finti e spiluccò qualche frase educata di senso compiuto.

«Scusami» accentuò fintamente «Puoi dirmi dove si trovano i Noodles?» provò nella maniera più educata possibile. A mala pena usava la terza persona con i professori, figuriamoci usarlo con una stronza di un fottuto negozio cinese.

La donna sembrò non mutare di una virgola, restò ferma impassibile nella sua figura da palo infilato su per il culo.

Forse non capiva la lingua?
Iris aprì la bocca per riformulare la domanda ma quest'ultima si smosse dal suo mutismo funebre e urlò ad alta voce verso la sua sinistra.

La castana per poco non indietreggiò impaurita da cotanta voce racchiusa in una piccola donna paffuta come quella. Parlò in una lingua incomprensibile per la ragazza, ma riuscì a capire che per lo meno la donna parlasse con qualcun altro.

Si sentì una voce mascolina e delicata in risposta provenire da una porta verdognola. La signora guardò fissa la porta non trovando nessun riscontro dal ragazzo. Gonfiò nuovamente i polmoni e urlò le stesse identiche parole dette in precedenza.

Spostò il peso sul fianco, Iris, incrociando le braccia guardando la scena con fame e comicità. Qualsiasi cosa stessero facendo dovevano sbrigarsi.

Spazientita dallo spettacolino in corso provò a richiamare la signora per dirle che non servivano più i noodles. Grandissima menzogna in realtà, ma Iris ne aveva le palle piene.

Eppure le parole le morirono in gola vedendo la fastidiosa porta verdognola aprirsi e fare la sua comparsa la famosa e agognata voce del mistero.

Quello che uscì fu un ragazzo dagli stessi tratti tipici orientali, ma meno accentuati e più delicati. La bocca carnosa a cuore, le narici piccolissime e i suoi occhi neri dal taglio felino fecero partire gli ultimi neuroni rimasti nel povero cervello di Vatti.

Ma esisteva davvero?

Beh si, esisteva davvero una bellezza del genere, il ragazzo si passò una mano in mezzo ai capelli biondi e lucenti come spine di grano. Guardò prima la signora e dopodiché la piccola Iris.

Il biondo la fissò intensamente nel suo silenzio, si mosse in direzione della castana e le fece cenno di seguirlo. «Vieni, ti faccio vedere dove sono» disse con voce calma.

Persino il suo italiano era incantevole, foneticamente pulito con qualche pausa in mezzo a certe parole.

Iris annuì a vuoto e seguì silenziosamente le spalle larghe del ragazzo coperte da una maglia a maniche lunghe scura. «Preferenze?» domandò.

La sua voce uscì di getto lasciando sbigottita la minore, quest'ultima lo guardò confusa non capendo la sua frase. Il biondo ridacchiò sotto i baffi e riaprì bocca.

«Parlavo dei noodles, hai qualche preferenza?»

«Oh..» Iris aprì la bocca in una O immaginaria. «Ehm..Manzo e verdure vanno bene» disse un pochino imbarazzata nella sua goffaggine.

Non era mai stata brava con il sesso maschile, Iris tendeva ad allontanare gli uomini o i vari pretendenti che si presentavano per chiederle di uscire. Semplicemente entrava nel panico e finiva per rovinare ogni cosa; dall'inciampare sui suoi stessi piedi fino all'aver quasi accecato con una matita l'occhio di un ragazzo.

Imbarazzante.

Il ragazzo prese dallo scaffale le scatole di cibo per passarle nelle mani della castana. Iris accettò subito i pacchetti e accidentalmente le mani dei due giovani vennero a contatto fra di loro. Anche se breve e veloce come un colibrì, Iris ne percepì la morbidezza.

Il biondo percepì una scossa dopo il contatto, non fu dolorosa o fastidiosa. Fu piacevole. Molto.
E senza pensare parlò «Non ti ho mai vista qua dentro» la guardò reggendosi sul frigo dei surgelati. Iris fu pervasa dalla felicità per il suo improvviso interesse nei suoi confronti.

«Non sono della zona, io abito nel centro. Infatti mi sarò persa venti volte prima di trovarvi» sorrise increspando le labbra. Strinse la borsa vicino al fianco sentendo piano piano l'emozione salire incontrollata. E non riuscì a spiegarsi il perché.

«Capisco» disse abbassando il viso di lato per guardarla fra le ciocche bionde dei capelli. Passò lo sguardo sui noodles stretti al petto della ragazza.

«Quelli non sono minimamente paragonabili a quelli di Seoul» iniziò senza pensare. La ragazza lo guardò un secondo spaesata, seguì la direzione del suo sguardo e capì immediatamente.

«Ah parli di questi?» scosse le scatole di cibo «Hai detto Seoul? Quindi non sei cinese?» domandò stupidamente. Si sentì subito il colpa per la domanda inopportuna fatta al ragazzo.

Indirettamente gli aveva detto che erano tutti uguali.

Ma con sorpresa il ragazzo non si arrabbiò, rise stringendo i piccoli occhi neri a mezza luna «No» rispose ridacchiando «La mia famiglia è coreana, siamo venuti qui parecchi anni fa. "Kore Shop" non è un caso»

Iris fece due più due e collegò immediatamente le informazioni appena fornite dal ragazzo. Korean Shop....Era più che palese.

«Giusto...Sulle questioni di logica e ovvietà faccio un po' pena» uscì una risatina nervosa, quante frasi imbarazzanti si era fatta uscire in questo lasso di tempo?

«Sei carina» si fece scappare il biondo, si diede dello stupido e cercò di non arrossire come un verginello.
Iris assunse la stessa tonalità delle sue ciocche rosse sfumate nelle punte, il cuore perse un battito «T-ti ringrazio...» rimase sospesa senza sapere il nome dell'adulatore.

Il ragazzo si staccò dal frigo per tendere la mano alla giovane «Jimin, mi chiamo Park Jimin e tu sei?» La castana approfittò subito e toccò con leggerezza la sua piccola morbida mano. «Iris Vatti, è un piacere»

Iris

Nome poco comune, molto singolare ed enigmatico. Come lei d'altronde, Jimin pensò che il nome sembrava esserle cucito addosso alla perfezione. Sembrava unica nel suo genere e non fu una di quelle solite gallinelle che venivano in negozio solo per vederlo. Inutile dire che sua madre si arrabbiò più volte per questo comportamento vergognoso da parte delle ragazze.

La signora Park Sumin era una donna molto chiusa e legata alle vecchie tradizioni del suo paese. Faticò ad accettare la tinta biondo cenere del figlio e i suoi vestiti aderenti accalappia donne. Era gelosa marcia del suo bellissimo figlio, stessa cosa per il suo secondo genito ma con Jimin la cosa venne ancora di più accentuata.

Jimin era un sognatore, gli piaceva vivere una vita senza confini e sfortunatamente per la povera madre, veniva preso di mira da tante ragazze.

Il telefono di Iris si accese e la suoneria della opening di Death Note, impostata solamente per il suo stronzo migliore amico, risuonò in tutto il negozio. Jimin cercò di trattenersi dal non scoppiare a ridere vendono la povera Iris in difficoltà nella ricerca del telefono. Cercò di non far cascare a terra le scatole e per far sì che tutto restò al suo posto assunse una posizione strana.

«Che vuoi?» rispose acida all'apparecchio elettronico.

«Ci stai mettendo troppo tempo» disse Elia con voce robotica.

«Fottiti ora arrivò» chiuse la chiamata dimenticandosi del ragazzo davanti a lei. Alzò lo sguardo annaspando.

«Immagino che tu abbia sentito ogni cosa..» borbottò stringendo le labbra fra i denti. Jimin infilò le mani in tasca e osservandola divertito «Senza risultare troppo ovvio...Ma siamo ad un metro di distanza»

«Giusto» sospirò afflitta «Devo andare, quanto ti devo per queste quattro scatole?» disse cercando il piccolo portafoglio nella borsa, ma Jimin sembrò pensarci su per molti secondi. Fermò il polso della ragazza e scosse la testa.

«Non voglio niente ma in cambio..» la guardò a pochi centimetri dal suo volto. «Ti chiedo solo di uscire domani con me, non prendermi per maniaco. Mi farebbe piacere rivederti» Sussurrò cercando di non farsi sentire dalla madre.

«D-dici sul serio? Non mi stai prendendo in giro vero?» balbettò sbigottita. Jimin scosse la testa sorridendo «Perché mai dovrei prenderti in giro? Ero indeciso che chiedertelo o no...Ma dopo la suoneria di Death Note non ho avuto nessun dubbio» scherzò prendendola in giro.

Iris lo seguì a ruota ridendo «Non fare caso a queste mie stranezze» si arricciò una ciocca con l'indice. Jimin la guardò intenerito «Sarebbe un peccato invece» sospese la frase.

«Perché?»

«Perché mi piacciono le tue stranezze»

I due si guardarono senza parlare, Iris si sentì strana. Emozionata, forse le veniva da piangere perché sentirsi apprezzata proprio per quelli che lei chiamava difetti le alleggeriva il cuore.

«Jimin»

La voce fredda della signora Park richiamò il figlio dal mondo delle fate. Fu come una grande valanga gelida e catastrofica «Sbrigati che dobbiamo preparare le cose per la chiusura» fece passare lo sguardo prima suo figlio e poi sulla irritante ragazzina dai capelli indefiniti.

«Mamma non vedi che sto parlando?» rispose in coreano.

«Lo vedo, stai perdendo tempo e ora muoviti» fulminò entrambi per poi lasciarli per dirigersi alla cassa.

Jimin sospirò stanco e arrabbiato «Perdona mia madre, è troppo...» non trovò le parole. «Protettiva?» finì Iris per lui, il ragazzo la guardò e annuì piano. «Stai tranquillo che mi abbia insultata o no, non fa nulla...Non capisco una ceppa della vostra lingua però ha un suono molto bello» si strofinò la testa come una bambina.

«Potrei insegnartela io se vuoi» ammiccò sdrammatizzando. «Perché no?!» esclamò ghignando «Ora però devo tornare a casa, si sta facendo molto tardi» disse camminando verso l'uscita affianco al biondo.

Jimin percepì una nota di tristezza in entrambi gli animi «Certo tranquilla, e per l'uscita...» tentennò insicuro «Che ne dici se ci incontrassimo al molo verso le quattro?»

Iris si mordicchiò il labbro annuendo.

«Vada per il molo alle quattro»


❀ ❀ ❀


«Quindi sei nato a Busan?»

«Esattamente, ecco perché mi piace il molo...Mi ricorda la mia infanzia»

Iris, una volta tornata a casa raccontò filo per segno a Elia tutto quello che era successo al Kore Shop. La voce le tremò più volte e mai in vita sua si sentì così emozionata con un ragazzo. Gli disse che aveva un po' di paura perché lo conosceva a mala pena ma una parte di lei le urlava di stare tranquilla e lasciarsi andare.

Elia la prese in giro tutta la serata, scherzò su ogni ipotetica coppia del film pessimo scelto da entrambi, e finiva per paragonali a loro due.

Una coppia si baciava? Erano Iris e Jimin.

Una coppia parlava? Erano Iris e Jimin.

Una coppia scopava? Erano Iris e Jimin.

Soffocò più volte Elia con i cuscini del divano ma fu tutto inutile. Iris aveva appena servito su un piatto d'argento la sua fine, la sua rovina.
Effettivamente la castana di pentì di essere entrata in casa dell'amico urlando: «HO PARLATO CON L'UOMO PIÙ BELLO DEL MONDO» perché bastò la faccia sconvolta ma gongolante di Elia a farla sotterrare come un verme.

Iris aspettò con ansia le quattro del pomeriggio, per non fare ritardi o imprevisti si presentò circa trenta minuti prima sotto l'ombra di un bar di fortuna.

Jimin arrivò puntale, parcheggiò la macchina vicino all'entrata e si incamminò stringendosi nel suo giubbotto di pelle nera. I capelli biondi mossi e scompigliati dal vento marittimo fecero stridire pure i gabbiani sul mare. Per non parlare degli occhiali neri a specchio che completava il suo outfit da modello.

«E vorresti ritornarci? A viverci intendo» domandò sedendosi sui gradoni di scogli e sassi sul molo. Jimin guardò il mare per pochi secondi e si affiancò alla castana dai riflessi rossi.

Sotto il sole di marzo sembrano prendere fuoco come una fenice nelle fiamme. Erano bellissimi, Iris era bellissima.

La pelle bianca, le labbra rosse ma piccole e i suoi meravigliosi occhi felini castani chiaro erano incorniciati da una serie di ciglia lunghe e nere dandole quell'aria da bambina innocente.

«Non saprei...La Corea mi manca, è pur sempre il posto dove sono nato...Però qui mi sento bene, e se un domani non dovessi sentirmi più bene potrei scegliere di andare via» pensò ad alta voce.

«Ti invidio» disse ridendo amaramente la castana. Jimin la guardò confuso schiudendo di poco le labbra gommose.

«Ti invidio perché vorrei essere come te. Ci conosciamo da poco ma si vede che sei un ragazzo che vive e si gode il momento. Non ti rovini il fegato per i problemi inutili come faccio ogni volta io» disse con gli occhi puntati sul terreno.

Jimin allargò di poco le cosce per poter appoggiare i gomiti su di esse. Vide lo sguardo triste e ammutolito di Iris e gli venne voglia di stringerla fra le braccia.

«Magari per te sono problemi veramente importanti, non dovresti criticarti così tanto Iris. Anche io soffro per molte cose, penso al futuro più di quanto pensi»
Strinse la mascella cercando di non pensare alle dure restrizioni dei suoi genitori o alle male lingue dei passanti verso il suo aspetto fisico.

«Come siamo arrivati a parlare di cose così tristi?» sdrammatizzò la castana appoggiando per sbaglio una mano sulla gamba fasciata dal jeans aderente di Jimin. La ritirò subito scusandosi in sottofondo, sapeva che il contatto fisico per gli orientali era un argomento tabù.

Jimin sentì la zona bruciare, aveva toccato una zona molto vicino al bacino e la cosa non gli dispiacque per niente.

«Non devi scusarti, non mi ha dato fastidio» si leccò le labbra guardandola intensamente «Hai le mani morbide»

Iris sghignazzò ironica «Dici così solitamente alle ragazze che vuoi rimorchiare?» Jimin ridacchiò piegando il viso verso la spalla della ragazza «Solitamente sono io che tocco le ragazze» disse malizioso. Iris colpì la sua spalla facendolo scoppiare a ridere.

«Sei proprio uno stupido» lo prese in giro ruotando gli occhi sotto un sorriso. «Quindi...» si riprese mordendosi le labbra «Deduco che io non sia il tuo tipo visto che non mi hai nemmeno sfiorata per sbaglio»

Iris fece uscire la frase con strana determinazione, il ghiaccio si stava rompendo e per lei fu una cosa inevitabile. Jimin le piaceva e anche tanto.

Il biondo la guardò sorpreso e con interesse, le piaceva sempre di più e questo suo lato piccante infiammava gli animi.

«Avevi ragione su una cosa» si mordicchiò piano le labbra.

«Che cosa?» domandò incantata da quel gesto.

Jimin si stiracchiò il collo creando dell finta suspense, si avvicinò piano al viso bianco della giovane. «Non sei brava nelle ovvietà» sussurrò piano arrivando ad un palmo dal suo viso. Iris lo guardò tremante, sentì la gola pizzicare e del calore dentro il ventre.

«Jimin..» disse con occhi languidi «Io non so come funziona da voi in Corea, ma se non riprendi un minimo di distanza dalla mia faccia..» disse cercando di ingoiare il groppo di saliva giù nella gola.

«Che cosa succede Iris? Che cosa faresti se ciò non avvenisse?» la voce con cui disse la frase fu rotta e roca. Così graffiata e trattenuta. Stavano giocando entrambi.

E nessuno dei due aveva intenzione di mollare per primo.

«Una cosa che non dovrei fare»

Il cuore batteva impazzito, sembrava prossimo ad un collasso cardiaco.

«Tu non lo faresti, ma io si»

«E allora perché stai sprecando fiato?»

Jimin rise, fece uscire la sua bellissima dentatura bianca dalle sue grosse labbra rosse. I nasi si scontrarono e finalmente le bocche entrarono in collisione fra loro. In modo dolce e lento, entrambi si gustarono ogni momento del bacio.

Iris si avvicinò andando in contro al suo corpo caldo e tonico, Jimin ne approfittò portando entrambe le mani calde ai lati delle guance fredde della minore. Il biondo schiuse le labbra liberando la lingua famelica, ma al con tempo delicata, verso quella della castana.

Esistevano soltanto le loro anime di quel giorno di Marzo, stretti e uniti sull'agglomerato di scogli, e gli schizzi di salsedine ai loro piedi.

La minore passò le mani dietro al suo collo per stringerli maggiormente a sé, beandosi della morbidezza dei suoi ciuffi color grano. Jimin le avvolse il fianco con le braccia schiacciandola sul suo petto ampio.

«Mi piaci» sussurrò Iris fra i piccoli baci a stampo del biondo «Sai di noodles»

Jimin rise con le labbra ancora ancorate a quelle di lei «Non ci credo...l'hai detto davvero» disse strofinando il naso sulla sua pelle.

La minore lo guardò sbuffando «Almeno sono stata sincera» mise su il broncio stringendo le labbra. Jimin passò un braccio dietro le sue spalle coperte dal giubbotto di jeans per affondare il capo sul suo collo. «Mi piaci» le accarezzò il viso con il pollice prendendole il mento e mormorando fra le labbra grosse.

«E sai semplicemente di te»



❀ ❀ ❀


Passò un mese e il sentimento che legava Iris e Jimin crebbe a dismisura. La minore più volte passò a trovarlo in negozio durante gli orari di cambio per incontrare Jimin, ovviamente lo fece solo nelle ore dove la signora Park lasciava il negozio per delle commissioni.

Ma i due non accennarono mai al l'argomento: "Che cosa siamo?"

Iris moriva dalla voglia di stare insieme a lui anche a livello affettivo e mentale. Sapeva che non sarebbe stato facile dire ai suoi di essersi fidanzata con un ragazzo orientale proveniente da una famiglia con la mentalità chiusa e antica. Ma forse la consapevolezza più grande sarà sempre quella della madre di Jimin; non stavano insieme, ma se un domani lo fossero stati lei non sarebbe stata d'accordo.

Lo percepiva.

«Elia ti vuole conoscere» disse strofinando il naso sul collo muscoloso del ragazzo. Jimin la guardò appena con la testa sul cuscino del letto di Iris.

I due si erano rintanati in camera di lei durante le ore di lavoro dei suoi genitori. Godendosi finalmente della pace e intimità che non fosse baciarsi di nascosto fra gli scaffali del Kore Shop o qualche denuncia per atti osceni in luogo pubblico.

«Il tuo migliore amico?» domandò leggermente assonnato. La castana annuì piano passando un dito sulla linea dei pettorali nascosti dalla felpa.

«Stai cercando di corrompermi?» sussurrò con un ghigno sotto le guance gonfie. L'attirò a sé guardandola dall'alto.

«Forse...» morse il labbro con le iridi sui suoi, il biondo scosse la testa «Sei terribile» e cominciò a giocare con i lembi del suo collo già marchiati il giorno prima.

«Ma in questo gioco vinco sempre Iris» fiatò leccando nell'incavo del collo.

Iris socchiuse gli occhi nuovamente sotto la tortura del biondo, sentì il suo collo bruciare sotto il tepore dei suoi baci. Arrivò sulla clavicola e si fermò un secondo per guardarla; la vide eccitata e succube come una marionetta.

«Mi fai impazzire» accarezzò la pelle scoperta della minore, scese continuando a viziare ogni centimetro. Osò sperando con tutto se stesso che la ragazza si facesse toccare, non voleva farle male. Arrivò allo scollo di lei e passò delicatamente una mano sulla coppa del suo seno prosperoso.

Iris trattenne il fiato sorpresa, ma si rilassò subito dopo.

Non era vergine ma era da troppi anni che non aveva rapporti intimi con degli uomini, senza contare che la sua prima volta fu veramente triste e imbarazzante.

Una relazione durata poco più di due mesi al terzo anno di liceo; la prima volta di Iris fu breve, veloce e per niente intensa. Ma si disse che la prima volta non era quasi mai così speciale come tutti raccontavano. E ci riprovò più volte con quel ragazzo fino a che la loro storia non finì con la rottura da parte di entrambi, il sesso continuò ad essere insoddisfacente.

Ma sapeva che con Jimin sarebbe stato diverso, in queste settimane parlarono di ogni cosa: dal loro passato, al periodo di ansia e terrore che il ragazzo provò per colpa degli stereotipi della sua nazionalità, il rapporto morboso che aveva sua madre con i figli e le ragazze.

Esattamente: ragazze.

Jimin non era un santo.
Era buono, divertente e di cuore, ma non era un santo. Almeno fu sincero dall'inizio; ebbe diverse esperienze con diverse ragazze anche se per lo più orientali.

Iris scoppiò a ridere quando gli disse che secondo la madre del ragazzo, Jimin, doveva rimanere puro e candido per la sua futura moglie.
Rise così tanto che inciampò per terra sui san pietrini, e Jimin l'aiutò ad alzarsi esasperato e imbarazzato. Odiava quando rideva delle sue sventure.

Jimin calò leggermente lo scollo facendo uscire la parte superiore del seno. Ne approfittò per succhiarlo in modo avido e liberatorio, Iris afferrò le spalle di Jimin con decisione a ardore. Dio se le piaceva, il biondo era dannatamente bravo con la lingua.

Jimin, muovendosi fra le gambe della minore, sfiorò per sbaglio la sua coscia con il suo membro ormai duro e eccitato. Ma Iris lo sentì ugualmente e nella maggior parte delle volte che il loro rapporto sfociava sempre di più nell'intimo il ragazzo non finivano mai di concludere. Né con il sesso e né con i preliminari
Jimin rimaneva pur sempre un uomo, quindi come si sfogava i suoi 'bisogni' manualmente non era affar suo.

«J-Jimin, fermati un-un secondo» balbettò cercando di allontanarlo dal suo seno. Jimin si staccò immediatamente con gli occhi languidi e confusi «Ho fatto qualcosa di sbagliato? Forse sono and-» la castana lo zittì con un dito sulla labbra gonfie.

«Shh, voglio che ti rilassi e stai zitto ora» gli disse lasciandolo a bocca aperta, in pochi secondi lo portò sotto di sé sul letto di camera sua. Lo cavalcò sotto la cintura facendo scontrare le loro intimità ancora coperte.

«C-cosa stai facendo?» domandò afferrandola per i fianchi cercando di non pensare alle varie volte che immaginò la ragazza sopra di lui ansimante per l'orgasmo.

Iris si chinò sul suo collo e cominciò a torturarlo mentre nel frattempo iniziò a ruotare i fianchi inumidendo gli slip dentro i jeans. «Iris porca puttana..» disse affannato, affondò le unghie sui suoi fianchi formosi. Lo stava istigando.

La ragazza rise sotto i baffi e continuò il suo percorso, tirò su la felpa nera del maggiore fino al petto. Deglutì vedendo tutto quel ben di Dio nascosto dai vestiti, ci passò le mani sopra.

Toccò ogni linea, ogni rilievo e curvatura iniziando dal petto; trascinò il dito piano e lento. Guardò il suo viso sofferente contrarsi ad ogni contatto con l'indice, le guance rosse e gli occhi nascosti fra le pieghe delle palpebre la fecero sorridere.

Iris si sentì potente, si sentì una donna capace di provare e dare piacere ad un uomo.

«Non ti piace?» ghignò guardando il suo dito arrivare giù fino in fondo, fino all'elastico del boxer scuri che uscivano dal jeans.

«Non farmi diventare volgare Iris» la ribeccò serio con la mascella contratta. Ma la piccola rise solamente bloccandolo con l'altra mano.

Scivolò oltre le ginocchia e posò le mani sulla sua cerniera ormai bloccata per il rigonfiamento. La tirò giù piano dando luce il nero dei suoi boxer insieme alla erezione incontrollata.

«Mi piace questo lato di te» lo guardò dritto negli occhi rapita «Mi piace il tuo lato dolce e affettuoso...» fece calare di poco i jeans del biondo insieme ai boxer.

«E allora stesso tempo amo la tua voglia, questo lato sexy e dominante che tiri fuori solo con me»

Jimin si sentì scoppiare, sentiva il suo cazzo incendiarsi sotto le cosce della minore. E quando Iris lo toccò prendendolo in mano sospirò di piacere.

Finalmente.

«Ah...» un gemito strozzato uscì dalle sue labbra disegnate.

Dio, pensò nella sua mente contorta, la ragazza cominciò a fare su e giù su tutta la lunghezza. Passò il pollice sulle vene più grosse e gonfie fino al frenulo sensibile.
Jimin aprì la bocca senza parlare, puntò lo sguardo su Iris e strabuzzò gli occhi vedendola sorridere sadica ed abbassarsi fino a pube per inglobare il pene gonfio.

Sentì la lingua scivolare lubrificata con la saliva sulla sua pelle, percepì le labbra soffici e angeliche contornare ogni lato del membro. Usò la mano continuando a pompare a ritmo lento sulla base.

Succhiò tenendo la bocca ferma in una grande O fino al glande. Fece su e giù sentendo il cazzo del ragazzo raschiare la gola della minore, non era la prima volta che faceva un pompino. Ma con Jimin sembrava di ritornare alle sue primissime volte, voleva il meglio per lui e sentì di sforzare se stessa per dargli il massimo piacere.

«I-Iris cazzo» il ritmo aumentò diventando veloce e incontrollato. Jimin strinse le piccole mani fra i soffici capelli della castana in una coda invisibile e la spinse, con dolcezza, verso i fianchi con bisogno.

Iris lo stava prosciugando, tolse ogni forza e energia al biondo. La sua fottuta lingua stava sfibrando il povero corpo del ragazzo in una maniera straziante.

La castana sentì i fianchi spingere con più forza e necessità. Ci siamo quasi, pensò nella sua mente con tono di soddisfazione, i versi del biondo diventarono come musica per lei. Le piaceva così tanto sentirlo straziante e sospirante sotto di lei e per pochi secondi si immaginò di cavalcarlo sul suo letto.

Fregandosene dei vicini o di sua madre al piano di sotto, lo voleva. Lo desiderava.

La sua fantasia vagò fino all'immaginabile sentendo la sua intimità bruciare bisognosa. Voleva sentirsi piena e gridare insieme a lui. Respirare così affannosamente da appannare ogni vetri della stanza fino al culmine della pace.

E lì lo sentì.

Jimin non riuscì nemmeno ad avvisare la povera ragazza che il suo sperma si liberò nella sua bocca facendo ruotare gli occhi al cielo, artigliò le dita alla coperta inclinando di poco il busto sopra i novanta gradi. Gli addominali si contrarono madidi di sudore e sesso.

Iris si staccò piano facendo salire un brivido di freddo al ragazzo disteso, ingoiò il suo seme e ringraziò Jimin per il fazzoletto di carta che tirò fuori  dalla tasca dei jeans. Si pulì le ultime gocce appiccicose e lo buttò nel cestino.

Jimin fissò il soffitto con gli occhi socchiusi e rossi, i capelli rimasero attaccati alla fronte fronte mentre con le mani tremanti richiuse i jeans tirandosi su prima i boxer.

Il cuore batteva veloce e sapeva benissimo che non fu merito solo al potentissimo orgasmo.

Ma era molto di più.

«Ti è piaciuto?» cinguettò stendendosi al suo fianco. Jimin passò il braccio muscoloso sotto il suo capo per stringerla al suo petto e annuì strisciando il nasino sulla sua guancia.

«Non sai quanto» respirò lento.

«Oh, l'ho visto» lo schernì piccola e bastarda.

Jimin la squadrò male, e nella sua mente si appuntò di farla contorcere su quel cazzo di letto fino a farla strappare i capelli dal piacere.

«Maledetta» soffiò sul suo viso trattenendo un sorriso di vendetta.

«Però è un peccato sai...» soppesò la frase con faccia innocente. Jimin corrucciò le sopracciglia. Quando Iris lasciava le frasi nella suspence doveva preoccuparsi, sempre.

«Non capisco»

«Mi aspettavo che sapessi di noodles anche la sotto»












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PRIMA PARTE!!!

Eccola qui la one con Jimin!!
Cosa ne pensate?
Parleremo meglio nel prossimo capitolo quando arriverà anche la seconda.
Votate e commentate!!
Alla prossima
💜🌸💜

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