Capitolo 22

"he's in my mind somewhere"

Eravamo in viaggio da tremila anni.
o almeno quella era la mia impressione.
Mia madre, Emily, era al posto di guida e non aveva fatto parola per tutto il tragitto, come anche io non avevo aperto bocca.

eravamo dirette alle Sant'Elias Mountain, in Canada. A quanto sembrava il padre adottivo di Blake possedeva una piccola riserva tra quelle montagne.

Lanciando uno sguardo fuori dal finestrino potevo vedere i rilievi vestiti da miglia di vegetazione, e le cime spoglie erano nascoste dalle nuvole. Laghi e fiumi si potevano vedere da ogni parte, nascosti tra le foreste.

Emily aveva appena imbucato una stradina di ghiaia, e il panorama era coperto dagli alberi sempreverdi. riuscii ad avvistare di sfuggita un piccolo scoiattolo che si arrampicava sul ramo di un pino, fino a scomparire tra la chioma verde scura.

-Siamo quasi arrivate. Sono sicura che ti piacerà stare qua!- esclamò lei, tentando di rompere il silenzio mentre i tornanti si facevano sempre più stretti.

-Non farlo.- sibilai io a denti stretti continuando a guardare fuori, per non incontrare il suo sguardo.
-Lo sai anche tu che hai sbagliato- conclusi.

-Sarai arrabbiata con me per tutta la permanenza qui?-

-Avresti dovuto chiedermelo!- la interruppi alzando la voce. Mia madre mi rifilò uno sguardo freddo e io lo sostenni.

-Era ovvio che avresti detto di no, altrimenti. Vedrai che non ti dispiacerà.- constatò.
fermò la macchina davanti ad un cancello. era alto almeno quattro metri, il ferro era intagliato a formare delle aquile.

sembrava di entrare in una casa abbandonata dell'ottocento, se non fosse stato che, oltrepassato quel cancello, dietro a una fitta rete di querci emerse un'imponente villa moderna.  Io e mia madre ci guardammo.

-Una piccola riserva eh?- la presi in giro, mentre scendevo dalla macchina.
mi stupii ancora di più;
la facciata della struttura era in mattoni bianchi, e il perimetro del secondo piano era costruito da una vetrata, la cui vista era un'intera vallata verde circondata da montagne con la punta innevata.

se il paradiso esisteva, allora avrebbe avuto quello scenario.

-Siete arrivate!-
udii una voce mascolina chiamarci, e quando mi voltai Oscar ci stava raggiungendo dal portico con un sorriso smagliante.
raggiunse mia madre e si salutarono con un abbraccio, poi le prese le valigie.

-Sherly? come ti sembra la casa, ti piace?-
mi chiese lui mentre mamma entrava in casa.
feci un sorriso di circostanza e annuii.

-S-si... è... davvero bello.- ammisi.

lo seguii e mi fece fare il giro dell'abitazione.
la casa era moderna ma confortevole, il camino al centro del salotto creava un ambiente caldo, i lampadari di cristallo di tendenza antica si opponevano allo stile attuale, ma non stonavano affatto.

-Infine, questa è la tua camera.-  esordì il proprietario di quel paradiso terreno, aprendo la porta con una carta magnetica. persino i sistemi di sicurezza erano all'ultima moda.
mi consegnò quella tessera prima di lasciarmi da sola.

schiusi la bocca e per poco non mi misi a piangere. il mio letto matrimoniale aveva la piena veduta delle catena montuose a nord. erano ricoperte dalla neve di quell'inverno, che non si era sciolta per le temperature basse di quell'altitudine.

mi avvicinai e posai un palmo sul vetro,come se volessi accertamenti di essere davvero in una casa del genere. abbassando lo sguardo vidi la nostra macchina e mamma che prendeva le ultime valigie. in lontananza vidi un lago che rifletteva la luce del sole e una piccola baita di legno sulla sponda.
poi mi voltai a esaminare il resto della stanza.

all'angolo c'era una toeletta bianca, con uno specchio grande quanto il letto e delle luci ai lati. aprendo i cassetti centinaia di trucchi e oggetti per la cura del viso mi apparirono davanti agli occhi.

-ma che...- sospirai confusa, poi continuai a camminare. aprendo una porta scoprii che la mia camera aveva un bagno. Era quasi tutto occupato da un box doccia gigante e una vasca da bagno al lato.

Buttandola sul ridere, quel bagno era grande quanto la camera da letto di casa mia.

e quando credevo di aver esplorato tutta la camera, scostai una tenda, che nascondeva una stanza rettangolare. ai lati di quella cabina armadio c'erano tanti scaffali, ripieni di vestiti da donna.

-non può essere vero...-
la mia incredulità mi portò a scoppiare a ridere mentre avevo gli occhi sgranati.
come poteva essere vero? tutto quel lusso non aveva niente a che fare con la modesta casa in città di Oscar.

-Allora, cosa ne pensi della tua camera?-

continuavo a tagliuzzare nervosamente la mia fetta di carne mentre il compagno di mia madre mi rimbombava di domande.

-è bella... solo che non capisco... perché ci sono tutti quegli oggetti da donna?-

lui si girò a guardarmi, aveva uno sguardo malinconico.

-Io avevo una figlia. la mia vera figlia.-

cominciò ad affettare del salame e continuava a parlarmi con voce spezzata.

-Lei adorava questa casa. Un giorno io e la mia ex-moglie litigammo pesantemente per questioni economiche. Lei se ne andò portando sua figlia con lei-

alzai la testa per incrociare i suoi occhi. erano lucidi e sul suo viso c'era un sorrisetto triste.
poi un colpo di tosse mi fece voltare verso la porta.
è lì che lo vidi.

le sue sopracciglia corvine erano tese, così come la sua mascella. le sue iridi del colore del ghiaccio mi fecero provare un brivido di freddo.
indossava un maglioncino nero con lo scollo a V, che serviva solo un piccolo assaggio del suo corpo perfetto.

dei pantaloni sportivi e delle scarpe da trekking mi fecero dedurre che era appena tornato da un'escursione.

-Oh, Blake sei tornato!-
Oscar lo accolse con un abbraccio e invitò suo figlio a mangiare con noi. si sedette accanto a me, ma non mi rivolse parola.

poco dopo entrò anche mamma e cominciammo a cenare insieme. mentre i due adulti avevano intrapreso un'accesa conversazione, io e il ragazzo non aprivamo bocca. si riguardava bene dal non sfiorarmi nemmeno con la punta del gomito, era freddo e distante, con me.

-Sherly, tu frequenti qualcuno?-

per poco non mi affogai a quella domanda. cominciai a tossire e tutti mi guardarono storto. il compagno di mia madre me l'aveva appena chiesto, e avrei sperato tutto, veramente tutto, ma non che mi facessero quella domanda.

-Beh..In realtà... no, nessuno-
risposi un pò insicura ma nessuno se ne accorse. nessuno, tranne Blake che aveva cominciato a trattenere una risatina malefica.
mi guardò di sottecchi e poi scosse la testa.

dopo cena aiutai a sparecchiare e guardai un film insieme a Emily, mentre Oscar stava lavorando in un piccolo studio all'ultimo piano.

verso la mezzanotte ero pronta per andare a dormire. mi alzai dal divano salutando mia mamma, per poi incamminarmi sulle scale.
indossavo ancora i vestiti del viaggio, cioè un maglione e dei jeans stretti che erano scomodissimi, perciò non vedevo l'ora di indossare il pigiama.

e proprio davanti alla porta di camera mia, cominciai a tastare le tasche dei pantaloni alla ricerca della tessera magnetica per accederci.
cercai anche nelle piccole tasche del maglioncino.

-ma dove...-

-Stai cercando questa, per caso?-

mi bloccai, capendo al primo istante di chi era quella voce bassa e sensuale.
mi voltai verso la fine del corridoio e trovai subito la sua figura, scurita dall'ombra.
i capelli neri gli ricadevano sulla fronte coprendo gli occhi. sul suo volto si aprì un sorriso che spiccò sul buio di quell'ambiente.
in mano teneva la mia carta.

camminai a passo spedito verso di lui per niente intimorita dalla sua figura tetra.
-Dammela.- sibilai a tono basso. non avevo intenzione di giocare dopo quella che era successo due settimane prima, al Glamour.
quando fui abbastanza vicina lui alzò il braccio rendendomi impossibile afferrarla.

-Prendila.- ribattè lui smettendo di ridere. mi osservava sull'attenti come se potessi scattare da un momento all'altro.

infatti quando mi alzai sulle punte con uno scatto felino il secondo dopo mi ritrovai spalle al muro. feci per urlare per lo spavento ma Blake mi fermò schiacciando la sua mano contro le mie labbra. il suo corpo si trovava a un centimetro dal mio, la tensione era alle stelle.

i suoi occhi però tradivano tutto:
ardevano di odio.
un brivido mi attraversò la schiena e scrollai le spalle.
lui parlò sussurrando al mio orecchio:
-Quindi non frequenti nessuno, eh?-
prese un ciuffo dei miei capelli rossi e se lo rigirò tra le dita.
-il britannico non ne è tanto d'accordo, scommetto-
definì lui sorridendo, e il secondo dopo mi ritrovai di nuovo da sola in quel corridoio, come se tutto quello fosse stato un miraggio.

abbassai lo sguardo alla mia mano, e in pugno tenevo la tessera. Poteva essere stato tutto frutto della mia immaginazione?
avevo ancora i suoi occhi azzurri impressi nella mia mente.

solo una cosa era certa: quella notte non avrei dormito.

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